Sono oltre 750 i gruppi di preghiera di Padre Pio, distribuiti in circa 60 paesi nei cinque Continenti, più gli oltre 2000 che si trovano in Italia. Una folla di oranti che secondo qualcuno sono da paragonare all’Isis o a seguaci nazisti. Almeno a leggere i titoli del quotidiano Il Fatto e a sentire le dichiarazioni del fotografo Oliviero Toscani. In occasione dell’arrivo della salma di S. Pio a Roma per l’Anno giubilare della Misericordia, in qualità soprattutto di grande confessore, così come per l’altro cappuccino Leopoldo Mandic, i promotori del progresso hanno sentito il dovere di avvisare i benpensanti che questa è roba da secoli bui. Anzi, è peggio dell’Isis.
«L’Isis non ci serve, il nostro medioevo è qui con Padre Pio», titola suadente il giornale diretto da Marco Travaglio, mentre dalle frequenze di Radio24 il noto fotografo a cui piace prendere in giro la fede altrui, si esibiva in una spericolata equazione. «Cosa c’entra Padre Pio con il nazismo? É uguale, preciso, identico». I milioni di pellegrini che ogni anno vanno a San Giovanni Rotondo sono avvisati, la loro è un’attività pericolosa, oltre ad essere culturalmente infima. Padre Pio, da parte sua, ci è abituato a non essere immediatamente simpatico, perfino le autorità ecclesiastiche gli hanno reso l’esistenza difficile. D’altronde alcune cronache un po’ carbonare rilevano che il Santo amava ricordare che stiamo vivendo «l’epoca dello scatascio» e per questo si immergeva nella Santa Messa e invitava a convertirsi per accogliere quel mare di misericordia che la Chiesa sta celebrando proprio in questo anno giubilare.
Nonostante San Pio fosse uno che non le mandava a dire, ha sempre sopportato tutto con grande umiltà e spirito di obbedienza. Per questo il cardinale Comastri, che venerdì ha accolto le spoglie dei due santi in piazza San Pietro, ha ricordato che «quando nel Magnificat ha promesso che saranno esaltati gli umili, la Madonna prevedeva questo momento del quale oggi noi siamo testimoni». Padre Pio lo hanno accusato un po’ di tutto, di profumarsi e incipriarsi, di procurarsi le stimmate con acido, di nevrosi, di isteria, di andare a donne, di lucrare sulle offerte. Sempre tanta curiosità, per lo più interessata, intorno al frate stimmatizzato, anche se chi gli si avvicinava per semplice curiosità a lui non piaceva molto. Lo ha ricordato di recente Renzo Arbore che, dopo essere stato allontanato più volte dal frate, portò anche Pippo Baudo. «E lui ci mise alla porta», ha dichiarato. «Padre Pio chiese a Pippo se fosse venuto per fede o per curiosità. Lui fu sincero: per curiosità. “E allora ve ne potete ire!” rispose il santo».
La devozione popolare intorno a San Pio è sempre stata enorme, di proporzioni incalcolabili. Una pietà che evidentemente dà fastidio. Papa Francesco nella magna carta del suo pontificato, l’esortazione Evangelii guadium, ha usato parole forti per la pietà del popolo. «Si tratta di una vera spiritualità incarnata nella cultura dei semplici», ha scritto citando il documento di Aparecida 2007. E poi con parole di Paolo VI: la pietà popolare «manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere».
Quindi i titoli de Il Fatto e tutti gli altri detrattori di S. Pio probabilmente hanno un doppio problema: se ne fregano di Dio e ce l’hanno con i poveri e i semplici. Forse non è così, sarebbe un insulto alla loro intelligenza e al loro spirito democratico (di cui fanno sempre ampio sfoggio). Perché fregarsene di Dio e disprezzare i semplici e i poveri, non è proprio sinonimo di grande acume. Nel caso, come disse padre Pio a Pippo Baudo, «ve ne potete ire!».
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