Il teologo tedesco ritorna su uno dei suoi vecchi cavalli di battaglia: l'abolizione del dogma dell'infallibilità del pontefice. Ma il teologo Padre Coggi lo smonta: «La riforma della Chiesa non riguarda i dogmi, riguarda al massimo la pastorale, ma di certo non la dottrina. Nessun dogma può essere abolito nella Chiesa».Infallibilità del Papa, Kung ci ricasca
Fin dai primi secoli la Chiesa di Roma mostrava che “non datur Ecclesia sine Petro”, a significare, appunto che la Chiesa di Roma era tutta presente nel successore di Pietro e da lui rappresentata. Questa Chiesa di Roma, fin dai primi secoli, era detta possedere il “carisma della verità”, riferimento certo in materia di fede, sacramenti e morale. Per cui tutte le chiese ad essa dovevano riferirsi per essere sicure di rimanere nella “Traditio Apostolica”.
Così il 18 luglio 1870, in una Roma battuta da violenti temporali, i padri riuniti per il Concilio Vaticano I approvarono la costituzione “Pastor Aeternus” che proclamava il dogma dell’infallibilità del Papa. Oggi, Anno Domini 2016, il noto teologo tedesco Hans Kung, 88enne, pubblica il 5° volume della sua opera omnia e coglie l’occasione per fare un appello a Papa Francesco. Perché abolisca il dogma dell’infallibilità.
Per l’occasione abbiamO incontrato il teologo domenicano P. Roberto Coggi.
Per cominciare gli leggo il titolo che il quotidiano Repubblica ha scelto per l’appello di Hans Kung: Aboliamo l’infallibilità del Papa. «Evviva!», risponde d’amblè il teologo domenicano. Poi ride.
Mi scusi P. Coggi, ma si può abolire un dogma?
No di certo, è un’assurdità. Il dogma, qualsiasi dogma, per definizione è irreformabile.
In poche parole, che cosa è il dogma dell’infallibilità del Papa?
Quando il Papa, nella pienezza della sua autorità, quindi facendo chiaramente intendere che vuole esprimersi in maniera autorevole, afferma qualche cosa che appartiene alla fede o alla morale, è infallibile. Non sbaglia, in quanto assistito dallo Spirito Santo. Come recita la “Pastor Aeternus”, quelle “definizioni del Romano Pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa. Se qualcuno quindi avrà la presunzione di opporsi a questa Nostra definizione, Dio non voglia!: sia anatema”.
Ci furono forti contrasti all’approvazione di questo dogma?
Beh, il dibattito c’è stato, ma non mi sembra sia stato così imponente come taluni lo dipingono, ha riguardato soprattutto la Francia e la vicenda dei cosiddetti “vecchi cattolici”, però si arrivò all’approvazione della costituzione con 535 placet e solo 2 non placet, tra l’altro immediatamente ritirati.
Quello dell’infallibilità è un tema molto caro a Kung, ne parla dalla fine degli anni ’60 del secolo scorso…
Sì, nel 1970, guarda caso appena due anni dopo l’enciclica Humanae Vitae, pubblicò un libro dal titolo inequivocabile: “Infallibile? Una domanda.” E la risposta che si diede è: no. Perché la sua premessa era molto semplice, riteneva che Humanae Vitae fosse evidentemente sbagliata. Nonostante il Papa Paolo VI avesse impegnato tutta la sua autorità apostolica, anche se non tutta la sua infallibilità in senso stretto. In questo contesto ritenere l’enciclica come evidentemente sbagliata non mi pare proprio un gran punto di partenza.
Secondo Kung l’incapacità della Chiesa di realizzare le riforme sarebbe proprio il dogma dell’infallibilità, cosa ne pensa?
Se uno ritiene che la riforma debba riguardare i dogmi, è chiaro che il dogma dell’infallibilità è certamente un freno. Ma la riforma della Chiesa non riguarda i dogmi, riguarda al massimo la pastorale, ma di certo non la dottrina. Nessun dogma può essere abolito nella Chiesa.
Torniamo all’assurdo di cui parlavamo all’inizio...
Certo. Supponiamo che il Papa a un certo momento abolisca il dogma dell’infallibilità, mi chiedo allora: ma è infallibile in questa abolizione?
Ma cos’è un dogma?
E’ una verità di fede o di morale che appartiene alla Rivelazione divina. Ed è dichiarata come tale dal Magistero della Chiesa.
L’infallibilità del Papa in che senso è un dono per la Chiesa?
L’infallibilità ci dà la sicurezza di essere nella verità. E’ un carisma che il Papa riceve, in certi momenti, quando esercita il suo Magistero. Quando crediamo un dogma siamo sicuri di non sbagliare. Questa è una grande grazia a cui, purtroppo, troppe volte giriamo le spalle. L’infallibilità ci dona soprattutto la garanzia dell’unità di fede.
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-infallibilita-del-papa-kung-ci-ricasca-15526.htm
Articolo di Hans Küng (Repubblica 9.3.16 – Traduzione di Carlo Sandrelli) “Un appello del teologo Hans Küng a Francesco per annullare il dogma. Il testo è un’anteprima del quinto volume dell’opera omnia di Küng Unfehlbarkeit in uscita in Germania
“”È difficile immaginare che papa Francesco avrebbe fortemente voluto una proclamazione della infallibilità papale come quella che nel diciannovesimo secolo venne sollecitata da Pio IX con ogni mezzo. Si può invece ritenere che Francesco (come fece a suo tempo Giovanni XXIII davanti agli studenti del collegio greco) dichiarerebbe sorridendo: «Io non sono infallibile». Di fronte allo stupore degli studenti, Giovanni aveva aggiunto: «Sono infallibile solo quando parlo ex cathedra, ma non parlerò mai ex cathedra». Questo tema mi è familiare da tempo. Ecco qualche importante dato storico, che ho acquisito di persona e ho meticolosamente documentato nel quinto volume delle mie opere complete.
1950: Il 1° novembre Pio XII proclama come dogma di fronte a una folla gigantesca: «L’immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo». Allora, studente ventiduenne di teologia, accolsi con entusiasmo questo evento.
Fu dunque un primo infallibile pronunciamento ex cathedra del supremo maestro e pastore della Chiesa cattolica, il quale si appellò alla particolare assistenza dello Spirito Santo, in piena conformità alla proclamazione dell’infallibilità papale avvenuta nel Concilio Vaticano I!
1958: Con la morte di Pio XII giunge alla fine anche il secolo dell’eccessivo culto di Maria promosso dai papi “Pii“. Il suo successore Giovanni XXIII è contrario a nuovi dogmi e la maggioranza del Concilio decide con una votazione aperta di non promulgare un proprio decreto su Maria, anzi, mette in guardia da manifestazioni esagerate di devozione mariana.
1965: Nella costituzione pastorale sulla Chiesa si trova – capitolo III sulla gerarchia – l’articolo 25 sull’infallibilità, che però sorprendentemente non viene affatto discusso. Tanto più che di fatto il Vaticano II ha proceduto a un allargamento sconcertante, estendendo espressamente e senza motivazione all’episcopato quell’infallibilità che il Vaticano I aveva attribuito solo al papa.
1968: Appare l’Enciclica Humanae Vitae sulla regolazione delle nascite. L’enciclica, che vieta come peccato grave non solo la pillola e i mezzi meccanici, ma anche l’interruzione del rapporto sessuale per evitare una gravidanza, viene percepita come un’enorme provocazione. Con essa il papa si pone in contrasto, per così dire, con tutto il mondo civilizzato, richiamandosi al suo infallibile magistero e a quello dell’episcopato. Certo, le proteste formali e le obiezioni materiali sono importanti, ma questa pretesa di infallibilità delle dottrine papali non può proprio essere riesaminata a fondo? Ne faccio un tema di discussione nel mio libro
Infallibile? Una domanda, del 1970.
1979/1980: Revoca della mia abilitazione alla docenza in teologia cattolica. Che si trattasse di un’azione segreta preparata nel minimo dettaglio, dimostratasi contestabile sul piano giuridico, infondata su quello teologico e controproducente su quello politico, è ampiamente documentato nel secondo volume delle mie memorie, Verità contestata. A quel tempo il dibattito si soffermò a lungo su questa revoca della mia missio e sulla infallibilità. Tuttavia, la mia considerazione nella comunità religiosa non poté essere distrutta. E, come avevo previsto, le discussioni sui grandi compiti della riforma non sono cessate. Mi riferisco al dialogo interconfessionale, al reciproco riconoscimento delle funzioni e delle celebrazioni eucaristiche, alle questioni del divorzio e dell’ordinazione sacerdotale delle donne, al celibato ecclesiastico e alla drammatica crisi delle vocazioni, e soprattutto alla guida della Chiesa cattolica. Posi la questione: «Dove state portando questa nostra Chiesa?».
Dopo 35 anni, questi interrogativi sono attuali ora come allora. Ma la ragione decisiva dell’incapacità di realizzare riforme a tutti questi livelli continua ad essere la dottrina dell’infallibilità del magisterio, che ha portato alla nostra Chiesa un lungo inverno. Come allora Giovanni XXIII, anche oggi papa Francesco cerca con tutte le forze di far soffiare un vento fresco sulla Chiesa. E deve scontrarsi con una forte resistenza, come in occasione dell’ultimo sinodo mondiale dei vescovi dell’ottobre 2015. Non ci si faccia illusioni, senza una “re-visione” costruttiva del dogma dell’infallibilità un reale rinnovamento sarà ben difficilmente possibile.
Tanto più sorprendente, allora, è che la discussione su questo tema sia scomparsa dallo schermo. Molti teologi cattolici, temendo sanzioni come quelle che hanno colpito me, hanno quasi rinunciato a esprimere posizioni critiche sull’ideologia dell’infallibilità, e la gerarchia cerca, per quanto possibile, di evitare un tema così impopolare nella Chiesa e nella società. Solo poche volte Joseph Ratzinger vi si è richiamato, nella sua veste di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Ma, tacitamente, il tabù dell’infallibilità ha bloccato tutte le riforme che, a partire dal Concilio Vaticano II, avevano sollecitato una revisione di precedenti definizioni dogmatiche.
2016: È il mio ottantottesimo anno di vita, e posso dire di non essermi risparmiato per raccogliere i numerosi testi compresi nel quinto volume delle mie opere complete. Ora, con questo libro in mano, vorrei rivolgere di nuovo al papa un appello che ho più volte inutilmente lanciato nel corso di una discussione pluridecennale in materia di teologia e di politica della Chiesa. Imploro papa Francesco, che mi ha sempre risposto in modo fraterno: «Riceva questa ampia documentazione e consenta nella nostra Chiesa una discussione libera, non prevenuta e aperta su tutte le questioni irrisolte e rimosse legate al dogma dell’infallibilità. Non si tratta di banale relativismo, che mina i fondamenti etici della Chiesa e della società. E nemmeno di rigido e insulso dogmatismo legato all’interpretazione letterale. È in gioco il bene della Chiesa e dell’ecumene.
Sono ben consapevole che a lei, che vive “tra i lupi“, questa mia preghiera potrà sembrare poco opportuna. Ma lo scorso anno lei ha coraggiosamente affrontato malattie curiali e perfino scandali, e nel suo discorso di Natale del 21 dicembre 2015 alla curia romana ha ribadito la sua volontà di riforma: “Sembra doveroso affermare che ciò è stato – e lo sarà sempre – oggetto di sincera riflessione e decisivi provvedimenti. La riforma andrà avanti con determinazione, lucidità e risolutezza, perché Ecclesia semper reformanda”.
Non vorrei accrescere in modo irrealistico le aspettative di molti nella nostra Chiesa; la questione dell’infallibilità nella Chiesa cattolica non può essere risolta dal giorno alla notte. Ma per fortuna lei è più giovane di me di quasi dieci anni e, come tutti ci auguriamo, mi sopravvivrà.
E certamente comprenderà che io, da teologo alla fine dei miei giorni, sostenuto da una profonda simpatia per lei e per la sua azione pastorale, abbia voluto, finché sono in tempo, esporre la mia preghiera per una libera e seria discussione sull’infallibilità, motivata come meglio posso nel presente volume: non in destructionem, sed in aedificationem ecclesiae, “non per la distruzione, ma per l’edificazione della Chiesa“. Per me personalmente sarebbe la realizzazione di una speranza mai abbandonata».””
1950: Il 1° novembre Pio XII proclama come dogma di fronte a una folla gigantesca: «L’immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo». Allora, studente ventiduenne di teologia, accolsi con entusiasmo questo evento.
Fu dunque un primo infallibile pronunciamento ex cathedra del supremo maestro e pastore della Chiesa cattolica, il quale si appellò alla particolare assistenza dello Spirito Santo, in piena conformità alla proclamazione dell’infallibilità papale avvenuta nel Concilio Vaticano I!
1958: Con la morte di Pio XII giunge alla fine anche il secolo dell’eccessivo culto di Maria promosso dai papi “Pii“. Il suo successore Giovanni XXIII è contrario a nuovi dogmi e la maggioranza del Concilio decide con una votazione aperta di non promulgare un proprio decreto su Maria, anzi, mette in guardia da manifestazioni esagerate di devozione mariana.
1965: Nella costituzione pastorale sulla Chiesa si trova – capitolo III sulla gerarchia – l’articolo 25 sull’infallibilità, che però sorprendentemente non viene affatto discusso. Tanto più che di fatto il Vaticano II ha proceduto a un allargamento sconcertante, estendendo espressamente e senza motivazione all’episcopato quell’infallibilità che il Vaticano I aveva attribuito solo al papa.
1968: Appare l’Enciclica Humanae Vitae sulla regolazione delle nascite. L’enciclica, che vieta come peccato grave non solo la pillola e i mezzi meccanici, ma anche l’interruzione del rapporto sessuale per evitare una gravidanza, viene percepita come un’enorme provocazione. Con essa il papa si pone in contrasto, per così dire, con tutto il mondo civilizzato, richiamandosi al suo infallibile magistero e a quello dell’episcopato. Certo, le proteste formali e le obiezioni materiali sono importanti, ma questa pretesa di infallibilità delle dottrine papali non può proprio essere riesaminata a fondo? Ne faccio un tema di discussione nel mio libro
Infallibile? Una domanda, del 1970.
1979/1980: Revoca della mia abilitazione alla docenza in teologia cattolica. Che si trattasse di un’azione segreta preparata nel minimo dettaglio, dimostratasi contestabile sul piano giuridico, infondata su quello teologico e controproducente su quello politico, è ampiamente documentato nel secondo volume delle mie memorie, Verità contestata. A quel tempo il dibattito si soffermò a lungo su questa revoca della mia missio e sulla infallibilità. Tuttavia, la mia considerazione nella comunità religiosa non poté essere distrutta. E, come avevo previsto, le discussioni sui grandi compiti della riforma non sono cessate. Mi riferisco al dialogo interconfessionale, al reciproco riconoscimento delle funzioni e delle celebrazioni eucaristiche, alle questioni del divorzio e dell’ordinazione sacerdotale delle donne, al celibato ecclesiastico e alla drammatica crisi delle vocazioni, e soprattutto alla guida della Chiesa cattolica. Posi la questione: «Dove state portando questa nostra Chiesa?».
Dopo 35 anni, questi interrogativi sono attuali ora come allora. Ma la ragione decisiva dell’incapacità di realizzare riforme a tutti questi livelli continua ad essere la dottrina dell’infallibilità del magisterio, che ha portato alla nostra Chiesa un lungo inverno. Come allora Giovanni XXIII, anche oggi papa Francesco cerca con tutte le forze di far soffiare un vento fresco sulla Chiesa. E deve scontrarsi con una forte resistenza, come in occasione dell’ultimo sinodo mondiale dei vescovi dell’ottobre 2015. Non ci si faccia illusioni, senza una “re-visione” costruttiva del dogma dell’infallibilità un reale rinnovamento sarà ben difficilmente possibile.
Tanto più sorprendente, allora, è che la discussione su questo tema sia scomparsa dallo schermo. Molti teologi cattolici, temendo sanzioni come quelle che hanno colpito me, hanno quasi rinunciato a esprimere posizioni critiche sull’ideologia dell’infallibilità, e la gerarchia cerca, per quanto possibile, di evitare un tema così impopolare nella Chiesa e nella società. Solo poche volte Joseph Ratzinger vi si è richiamato, nella sua veste di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Ma, tacitamente, il tabù dell’infallibilità ha bloccato tutte le riforme che, a partire dal Concilio Vaticano II, avevano sollecitato una revisione di precedenti definizioni dogmatiche.
2016: È il mio ottantottesimo anno di vita, e posso dire di non essermi risparmiato per raccogliere i numerosi testi compresi nel quinto volume delle mie opere complete. Ora, con questo libro in mano, vorrei rivolgere di nuovo al papa un appello che ho più volte inutilmente lanciato nel corso di una discussione pluridecennale in materia di teologia e di politica della Chiesa. Imploro papa Francesco, che mi ha sempre risposto in modo fraterno: «Riceva questa ampia documentazione e consenta nella nostra Chiesa una discussione libera, non prevenuta e aperta su tutte le questioni irrisolte e rimosse legate al dogma dell’infallibilità. Non si tratta di banale relativismo, che mina i fondamenti etici della Chiesa e della società. E nemmeno di rigido e insulso dogmatismo legato all’interpretazione letterale. È in gioco il bene della Chiesa e dell’ecumene.
Sono ben consapevole che a lei, che vive “tra i lupi“, questa mia preghiera potrà sembrare poco opportuna. Ma lo scorso anno lei ha coraggiosamente affrontato malattie curiali e perfino scandali, e nel suo discorso di Natale del 21 dicembre 2015 alla curia romana ha ribadito la sua volontà di riforma: “Sembra doveroso affermare che ciò è stato – e lo sarà sempre – oggetto di sincera riflessione e decisivi provvedimenti. La riforma andrà avanti con determinazione, lucidità e risolutezza, perché Ecclesia semper reformanda”.
Non vorrei accrescere in modo irrealistico le aspettative di molti nella nostra Chiesa; la questione dell’infallibilità nella Chiesa cattolica non può essere risolta dal giorno alla notte. Ma per fortuna lei è più giovane di me di quasi dieci anni e, come tutti ci auguriamo, mi sopravvivrà.
E certamente comprenderà che io, da teologo alla fine dei miei giorni, sostenuto da una profonda simpatia per lei e per la sua azione pastorale, abbia voluto, finché sono in tempo, esporre la mia preghiera per una libera e seria discussione sull’infallibilità, motivata come meglio posso nel presente volume: non in destructionem, sed in aedificationem ecclesiae, “non per la distruzione, ma per l’edificazione della Chiesa“. Per me personalmente sarebbe la realizzazione di una speranza mai abbandonata».””
http://apocalisselaica.net/aboliamo-linfallibilita-del-papa/
Donne cardinale, Svezia e Germania ci riprovano
Donne cardinale, Svezia e Germania ci riprovano
Qualche giorno fa “Donne chiesa mondo”, inserto a tema dell'Osservatore romano, aveva lanciato l'idea delle “donne che predicano”. La teologa cattolica, femminista svedese, Madeleine Fredell, si è detta dispiaciuta di una sola cosa: «Non poter pronunciare l'omelia durante la messa», anche se si sente inclusa nella comunità cattolica.
Chissà, forse per un eccesso di slancio derivato dalla festa dell'8 marzo, sul sito della Conferenza episcopale tedesca hanno buttato il cuore oltre l'ostacolo. Con un'intervista al giornalista Gudrun Sailer hanno messo in pagina tesi che conducono fino alla possibile nomina di donne cardinale.
«Spesso - dice Sailer - le donne non sono state riconosciute [nella Chiesa] a causa di un forte pensiero gerarchico», e aggiunge che in Germania e Austria, i vescovi sono sempre più consapevoli che «qualcosa deve essere fatto» per coinvolgere le donne nei «processi decisionali».
Il problema sarebbe di diritto canonico perché, ad oggi, «solo i sacerdoti sono autorizzati a prendere decisioni giuridicamente vincolanti per altri sacerdoti». Ma, specifica Sailer, ci sono al lavoro dei canonisti per trovare un «maggiore spazio per i laici», e quindi aprire ad un nuovo ruolo delle donne nella Chiesa. La sua argomentazione conduce alla porpora romana per le donne in quanto il cardinalato sviluppato nell'XI secolo «non è stato stabilito da Gesù», quindi, conclude, «sarebbe possibile creare un tale nuovo ufficio».
Enzo Bianchi, priore di Bose e consultore del Pontificio consiglio per l'unità dei cristiani, nell'inserto dell'Osservatore romano non si era spinto fin a questo punto, ma si era limitato ad elencare le condizioni che, a suo giudizio, sarebbero necessarie per far tenere l'omelia anche alle donne. Un «mandatum praedicandim» rilasciato dal vescovo, la benedizione del sacerdote durante la messa prima di salire all'ambone e, infine, la consapevolezza da parte di chi tiene l'omelia di avere quel carisma, ratificato anche dal vescovo tramite una «imposizione delle mani che è una benedizione, non un sacramento». Una via mediana rispetto a quella del sacerdozio femminile a cui lo stesso Papa Francesco aveva già espressamente chiuso le porte: «Con riferimento all'ordinazione delle donne», disse sull'aereo di ritorno dalla GMG di Rio, «la Chiesa ha parlato e dice: No. L'ha detto Giovanni Paolo II, ma con una formulazione definitiva».
Tuttavia, allo slancio di questi giorni a favore del nuovo ruolo delle donne nella Chiesa possiamo aggiungere anche un passaggio di Padre Ermes Ronchi, sacerdote servita che in queste ore sta predicando gli esercizi al Papa e alla Curia romana nella Casa del Divin Maestro di Ariccia. Parlando dell'episodio evangelico della donna che piange e cosparge di olio profumato i piedi di Gesù, ha domandato al Papa e ai suoi collaboratori: «Se Gesù domandasse anche a me - ha detto sorridendo padre Ronchi - la vedi questi donna? Dovrei rispondere no, Signore, qui vedo solo uomini. Non è molto normale questo ammettiamolo. Dobbiamo prendere atto di un vuoto che non corrisponde alla realtà dell'umanità e della Chiesa». «Non era così nel Vangelo», dove molte donne seguivano e servivano il Maestro, ma «al nostro seguito non le vedo».
Su di un nuovo ruolo della donna nella Chiesa si è espresso più volte Papa Francesco che, sempre in quella conferenza stampa di ritorno da Rio, non aveva però dato indicazioni precise, ma soltanto una indicazione di approfondimento. «La Madonna, Maria, era più importante degli Apostoli, dei vescovi e dei diaconi e dei preti. La donna, nella Chiesa, è più importante dei vescovi e dei preti; come, è quello che dobbiamo cercare di esplicitare meglio, perché credo che manchi una esplicitazione teologica di questo».
Sull'importanza delle donne nella Chiesa si erano pronunciati anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ma nessuno ha mai parlato di istituzione cardinalizia, la quale fin dalle sue origini è sempre stata associata alla condizione clericale. E, a proposito di omelie, papa Francesco ha approvato un “Direttorio omiletico” che, tra l'altro, ricorda come «in quanto parte integrante del culto della Chiesa, l'omelia deve essere tenuta soltanto dai vescovi, dai sacerdoti o dai diaconi, […] o comunque sempre da chi è stato ordinato per presiedere o stare all'altare».
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-donne-cardinale-svezia-e-germania-ci-riprovano-15512.htm
Donne cardinale. I tedeschi rilanciano...
In occasione dell’8 marzo, festa della donna, riemerge l’idea di ordinare le donne cardinali. E questa volta lo spunto proviene dalla Germania, e addirittura dal sito ufficiale della Conferenza Episcopale tedesca.
In occasione dell’8 marzo, festa della donna, riemerge l’idea di ordinare le donne cardinali. E questa volta lo spunto proviene dalla Germania, e addirittura dal sito ufficiale della Conferenza Episcopale tedesca, una fonte continua di prese di posizione e iniziative spesso sorprendenti. Il sito pubblica un’intervista con Gudrun Sailer.
Sailer ha lavorato per il programma in lingua tedesca della Radio Vaticana dal 2003. Nell’intervista lamenta che per le donne la Chiesa è ancora un problema , perché “spesso non sono riconosciute a causa di un forte modo di pensare gerarchico”. Aggiunge che in Austria e Germania i vescovi sono sempre più coscienti che “qualche cosa deve essere fatto per essere più giusti verso le donne e coinvolgerle di più nei processi decisionali”.
Gudrun Sailer elogia il Pontefice per avere incoraggiato la discussione sul tema delle donne in Vaticano. Quando le è stato ricordato che il Papa ha detto che non saranno ammesse né donne prete né donne cardinale, risponde: “Il problema risiede nella Legge Canonica. Solo i preti hanno la possibilità di prendere decisioni che siano impegnative da un punto di vista legale per altri preti. Ma ci sono proposte di specialisti di diritto canonico, maschi e femmine, per trovare più spazio ai laici”.
Fra questi la proposta di creare un ruolo nuovo per le donne nella Chiesa. Secondo Sailer l'allargamento alle donne del cardinalato, che si è sviluppato solo nell’undicesimo secolo, come un ufficio ecclesiastico, e non è stato stabilito da Gesù. “Sarebbe possibile creare un tale nuovo ufficio di consulenza per le donne. Credo che sarebbe una buona idea creare questo tipo di ufficio e vedere come si sviluppa”.
L’intervista è stata anche pubblicata sul sito dei vescovi cattolici svizzeri.
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