“Verranno presto giorni in cui ai figli non basteranno lacrime per piangere gli errori dei propri genitori…”
Il recente fatto accaduto a Roma, dove giovani della città-bene si sono macchiati di un efferato delitto per il gusto – si dice – di “vedere l’effetto che fa”, obbliga ancora una volta a porsi un interrogativo fondamentale: “Ma come mai si è arrivati tanto?”.
Certo, le spiegazioni sono molteplici. Non è affatto da trascurare (almeno io non lo trascuro, mi rideranno dietro, non mi interessa!) una lettura “teologica”: quando la Vita di Grazia diminuisce, come sta terribilmente diminuendo, il demonio prende il sopravvento e governa all’impazzata.
D’altronde basterebbe uno studio serio, senza contaminazioni di antropologia culturale alla moda, per capire quanto il gusto della violenza fine a se stessa abbia animato le cosiddette “civiltà” precristiane. Ma non è nemmeno da trascurare un’altra spiegazione (che non esclude la precedente), cioè quanto questi fatti siano l’esito di una “rivoluzione culturale” a 360 gradi dove si sono volute mettere in discussione le categorie di bene e di male arrivando perfino ad affermare che non deve esistere né un bene né un male. Certo – si può obiettare – ma chi compie certe cose non conosce nulla, vive nella più profonda ignoranza… È vero, ma per agire non occorre leggere, occorre “respirare”. E l’“aria” che oggi si respira è ammorbata di un nichilismo voluto, teorizzato, propagandato e realizzato. Ecco perché san Pio da Pietrelcina un giorno disse “Verranno presto giorni in cui ai figli non basteranno lacrime per piangere gli errori dei propri genitori”. Quei giorni sono arrivati da un pezzo e i giovani stanno pagando i nostri errori. La mia generazione ha tradito, e i giovani stanno pagando questo vile tradimento.
Convinto di questo, ripropongo un articolo che scrissi un bel po’ di tempo fa, dal titolo “Il Surrealismo e il delirio di dissoluzione”.
* * *
Se, da una parte, il senso del limite costringe l’uomo a valutare la propria finitezza e forse (ma non sempre) ad avvertire il rammarico di non poter essere di più; dall’altra, costituisce la definizione dell’uomo e il fondamento più convincente dell’utilità di una vita sottoposta alle regole e alle leggi. Insomma, proprio perché non basto a me stesso, vuol dire che dipendo da un altro.
Da questo punto di vista il limite non è solo una negazione,un’impossibilità, ma diviene l’occasione per conoscere meglio se stessi e sapersi definire nel proprio stato di uomo bisognoso di un significato che non può darsi da solo. Per far questo, però, c’è bisogno di una pre-condizione, che non è sempre facile da accettare. È il convincersi umilmente che la verità è data all’uomo e non è un prodotto della sua coscienza, un qualcosa che può creare a suo piacimento. Occorre la pre-condizione di accettare il senso dell’autorità, di capire di non poter bastare a se stessi. Un po’ come il bambino di fronte al giocattolo, i suoi occhi si riempiono di stupore perchè sa che quell’oggetto gli è dato e non lo ha fatto lui, si presenta meravigliosamente e improvvisamente al suo sguardo. Ha scritto Tresmontant: «La nostra esistenza, la nostra natura, il nostro corpo, la nostra anima sono per noi una sorpresa e un oggetto inesauribile di stupore».
Veniamo al dunque.
Il delirio rivoluzionario (intendendo per “rivoluzione” la sovversione dell’ordine naturale) ha costantemente lottato contro questa pre-condizione. Questo delirio, infatti, si fonda sull’illusione di rendere l’uomo autosufficiente e norma a se stesso. Il mito di un progresso senza limiti, la pretesa di sconfiggere definitivamente la sofferenza e la morte nascono all’interno e in funzione di questo delirio. Ma il risultato e il relativo fallimento sono sotto gli occhi di tutti.
Eppure su questo fallimento (e qui sta il mistero) il delirio rivoluzionario non si è arreso. Se è vero che l’uomo non può divenire illimitato, è pur vero che questa impossibilità è vincolata dalla realtà e dalla logica…e allora non resta che distruggere tanto la realtà quanto la logica. È il sogno gnostico che non è mai sparito sul palcoscenico della storia. La regina cattiva della favola di Biancaneve, dopo aver saputo che è finito il suo tempo e che non è la più bella del reame, invece di accettare la dura sentenza, decide di distruggere lo specchio, cioè la fonte della verità. Sta qui il passaggio dalla modernità alla postmodernità. Nella modernità vi è l’illusione di un’onnipotenza umana nella realtà (le certezze religiose si sostituiscono con certezze scientifiche); nellapostmodernità, constatato il fallimento della prima, si passa a una seconda illusione, e cioè a un’onnipotenza umana nel sogno e nell’irrazionale (si nega il concetto stesso di certezza, religioso o scientifico che sia).
All’interno della postmodernità troviamo tanti movimenti. Uno dei più rappresentativi è senz’altro il cosiddetto surrealismo. Un movimento filosofico, ma soprattutto artistico e letterario, che ha segnato il XX secolo coinvolgendo famosi poeti, artisti, cineasti e intellettuali di almeno tre generazioni.
Il surrealismo si prefisse di esprimere la profondità dell’io liberandolo dalla razionalità, dal realismo della visione e del linguaggio. L’arte sarebbe ciò che il pensiero detta in assenza d’ogni controllo esercitato dalla ragione, al di fuori d’ogni preoccupazione estetica e morale. Da qui la rivalutazione del sogno, del meraviglioso, del causale e dell’azione rivoluzionaria. C’è tanto l’influenza di Freud quanto quella di Marx: l’arte deve mirare a raggiungere il punto in cui reale e immaginario coincidono (influenza di Freud), cercando di trasformare radicalmente il mondo (influenza di Marx).
Il surrealismo nacque in Francia come movimento d’avanguardia in seno a un altro movimento, il dadaismo, sorto contemporaneamente in Svizzera e in America verso il 1916 con l’intenzione di demistificare tutti i valori della cultura attraverso un’azione che esaltasse l’idea di primitivismo, di spontaneità creativa e irrazionale.
Se proprio si vuole una data ufficiale, possiamo dire che ilsurrealismo nacque nel 1919, anno di fondazione della rivista “Littérature” voluta da intellettuali come Breton, Aragon, Eluard e Soupault. L’esponente più significativo fu proprio Andrè Breton che, influenzato soprattutto dalle opere di Freud e di Lautreamont, teorizzò la liberazione del linguaggio dell’inconscio tramite una “scrittura automatica”, cioè non più controllata dalla ragione. Nella sua riflessione ha un ruolo centrale il concetto di “surrealtà” (da cui la definizione di “surrealismo”), che indica una dimensione in cui convergono stati opposti come sogno e veglia.
Eccoci tornati al punto di prima: dal momento che l’uomo non può divenire onnipotente, piuttosto che rinunciare alla pretesa, bisogna demolire i vincoli della realtà e della logica che costringono continuamente alla constatazione della limitatezza umana.
Dunque, è chiaro come il surrealismo (così come la postmodernità) siano all’interno del delirio di dissoluzione, che a sua volta è figlio del fallimento del sogno di un antropocentrismo radicale.
Meglio distruggere tutto che constatare di vedere fallire le proprie pretese. E a proposito di distruzione di tutto, fu proprio Andrè Breton ad affermare che l’azione più “surrealista” sarebbe (sono sue testuali parole) “prendere una pistola e sparare a caso sulla folla”.
Hanno scelto il Male. E’ questa la diagnosi censurata.
Alcuni lettori insistono perché dica la mia sui due trucidi assassini del loro coetaneo, attratto con la promessa di un rapporto sessuale ben pagato, 100 euro. Scusate, vorrei esimermi; già torme di mosconi e tafani, attratte dallo sterco e dalle carogne, a sciame vi hanno raccontato tutto; son contento di non essere più nel mestiere attivo di questo giornalismo. Del resto, è così chiaro. Ma, fateci caso, la sola cosa chiara da dire, è quella che tacciono tutti: i tafani, le mosche stercorarie, i mosconi attratti dalla putrefazione. Svolazzano a intervistare lo psichiatra famoso, che spieghi lui come hanno potuto far questo:e lo psichiatra ovviamene annaspa. Sa benissimo che la sua pretesa scienza non ha le categorie per definire questo, non è una patologia che di trova nel Manuale Diagnostico-Statistico. Si intuisce che lo psichiatra vorrebbe dire la definizione giusta, ma si trattiene: non appartiene alla scienza moderna, né tantomeno è una categoria che si può evocare nella società liberata e postmoderna. La parola sulla punta della lingua è: il Male. Quei due non sono malati, sono giovanotti trucidi e sanissimi. Solo, hanno aderito al Male. Con scelta volontaria, in piena lucidità.
“Giovedì sono usciti in macchina per fare un giro, per cercare una vittima da sacrificare, fino a quando la scelta è caduta su Varani, che Prato già conosceva negli ambienti dei locali notturni. Quest’ultimo avrebbe telefonato al ragazzo proponendogli 100 euro per un incontro sessuale nell’appartamento. Decine di ferite, da punta e taglio, hanno devastato il volto e il collo. . Ucciso Varani, Foffo e Prato hanno ripulito la scena del delitto – il pavimento della camera da letto e il bagno – fatto sparire gli abiti della vittima e il suo telefonino. «Poi abbiamo passato la giornata e dormito con il morto in casa». Volevano provare l’effetto che fa uccidere uno, uno qualunque.
La loro scelta deliberata per Satana è visibilissima nelle loro foto, nei loro orribili “profili Facebook”, specchio del narcisismo più velenoso: trucidi belloni, si atteggiano a modelli – come i modelli degli abiti di Armani e di Versace, gente di quel mondo, ragazzi di vita benvestiti e palestrati, il peggiore dei due un bisessuale: meno per inclinazione che per depravazione, per espandere il limite del male di cui godere. Gente che ha voluto il Male in quanto tale, per sé, con purezza. Per capire la loro patologia, bisogna fare riferimento alle categorie di ben altra scienza che quella del DSM 5. La scienza che dice: “Chi fa’ il peccato è schiavo del peccato”. Non si evochi, qui, la categoria della possessione: sì, può esserci anche questa – ma come effetto secondario: il punto è che costoro si sono fatti possedere, hanno chiamato Lui, perché diventasse padrone delle loro anime. E’ ovvio che finisca in omicidio: Lui è “Omicida fin dall’inizio”
Omicidio gratuito: la sapeva bene Dostoyevski, che ha esplorato fino in fondo queste anime. Nei Demoni, in Delitto e Castigo, l’ assassinio gratuito è la firma dei super-uomini che si sentono immensamente liberi e superiori, e solo dopo – col cadavere e il sangue da pulire – si rendono conto di essere stati schiavi: non di aver vissuto, ma di essere stati vissuti, “agiti” da Un Altro.
Ha colto l’orrore di quella scelta assoluta il procuratore che ha chiesto 26 anni per il tizio della coppia all’acido, Alexander Boetcher: “rapporti interpersonali segnati da sadismo, narcisismo, antisocialità”, “un figlio di papà che fa il mantenuto e si atteggia a dio, come lui dice di sè stesso, con le donne con cui ha a che fare”. Anche di lui, la il profilo face book, dice tutto: trucido bellone da sfilata di moda, che tatua le sue amanti e le marchia, strappa il collo a galline e posta il tutto in video.
E poi c’è l’altro, quel De Filippi che ha ammazzato la professoressa che aveva sedotto, in combutta col suo amante maschio cinquantenne: anche lui bisessuale amorale, anche lui il dio di se stesso in forma di maschietto di vita e di ragazza di vita, la boccuccia imbronciata come ha visto nei video porno, senso di onnipotenza personale. “Se Dio non c’è, allora tutto è permesso”, dice un personaggio dei Demoni, Aleksei, e per dimostrare la sua libertà si spara un colpo di rivoltella. De Filippi, Boetcher, i due ributtanti uccidono altri, Ma possono uccidere se stessi con la stessa indifferenza: Marc Prato, uno dei due (il peggiore) dopo l’omicidio è andato in albergo per finire i suoi giorni. Allo stesso modo, nei Demoni, Stavroghin — il giovane ricco, annoiato e immorale, che ha un orribile segreto, la cui sola entrata in una stanza provoca nei presenti quel senso di gelo inconfondibile, si impicca alla fine in una stanza d’albergo in Svizzera. Posson farlo perché si vivono solo come corpi, sono solo corpi , senz’anima.
Stanno diventando sempre più numerosi, questi piccoli Nietszche delle periferie e della modernità. Sono il tipico prodotto di una società che ha cancellato nelle coscienze, e anzitutto in sé stessa, la distinzione fondamentale: che l’uomo sceglie fra Bene e Male, e la scelta del Male è peccato e colpa, e porta rovina.
Persino la Chiesa ha abbandonato quella scienza antiquata. Non ci sono più colpevoli, la misericordia avvolge tutti, Cristo non giudica, chi sono io per giudicare? Così sono venute meno tutte le difese. No, Cristo giudica; no ogni uomo sorvegli se stesso, per vedere a chi si dà schiavo. Si deve imparare, però.
Forse molti crescono così perché non sono più battezzati? “Rinuncio a Satana, alle sue seduzioni, alle sue opere”, la protezione sacramentale non è stata pronunciata a nome loro da nessun padrino credente. Una generazione abbandonata ai suoi satana interiori, alle sue voglie, al “tutto è permesso” perché Dio non c’è. I “social media” aumentano le occasioni di Male, la rendono precoce. E per ogni bambina dodicenne corrotta, per ogni ragazzino che perde la purezza, sono piccole luci che si spengono. Lui sta spegnendo le luci, e così può dominare nel mondo per la sua definitiva dittatura sull’uomo.
E tutto così chiaro, se si vuol vedere. La Merkel che dà 20 miliardi a Erdogan perché si tenga i profughi che aveva prima chiamato, ma che ora gli fanno perdere le elezioni; il ministro Schauble che nega ogni aiuto alla Grecia, “Non confondiamo il suo debito con la questione migranti, teniamo distinte le due cose”, solo – abbiamo finalmente il coraggio di dirlo – fanno l’opera del Principe d Questo Mondo, e lo sono volontariamente. Questi sono disposti a regalare al turco i miliardi che hanno risparmiato per i greci negandoli a questi fratelli europei. Che ne dite?
Direte che esagero. Ma sveglia! Sono anni ed anni che il Male devasta paesi interi nel mondo, uccide un milione in Irak, mezzo milione in Afghanistan, ora in Libia, in Siria. E’ forse qualcosa di logico, ancorché machiavellico? Ciò supera le ragioni geopolitiche, anche le più ciniche. E’ un fine in sè.
Il prezioso sangue
Ho davanti agli occhi le foto delle due suorine di Madre Teresa trucidate per la fede nello Yemen. In Yemen, capite. Da cui tutti scappano se possono, e loro erano lì. Curavano degli anziani musulmani, malati, di quelli che nessun musulmano curerebbe, se non è un suo familiare. Scusatemi, hanno dimostrato la superiorità di Cristo sull’Islam, su qualunque altra religione. Quando ho visto queste suorine andare sempre affaccendate nelle strade di Calcutta, o della Ucraina di prima a lavare malati vecchi e cattivi, o negli orridi sobborghi di New York dove erano le sole a rendersi cura dei malati di Aids, le ricchissime checche che improvvisamente tutti gli amanti abbandonavano – ho sempre pensato: non corrono alcun pericolo. Sono protette, anche agli occhi di chi non crede, dalla loro stessa innocuità, dal loro inerme sorriso. Chiunque dica: “Il Dio di Madre Teresa non è il mio dio” condanna se stesso. Chi può essere così stupido nella malvagità?
In Yemen dei wahabiti in uniforme l’hanno fatto. Le hanno ammazzate con i loro assistenti e pazienti. E il Papa? Vi sembra normale quel che ha detto su quelle sorelline uccise? “Queste persone sono vittime dell’attacco di quelli che li hanno uccisi (sic) e anche dell’indifferenza, di questa globalizzazione dell’indifferenza, a cui non importa”. Non ha avuto il coraggio di dire il nome “di quelli che li hanno uccisi”, né la religione, né che sono morte per la fede. Per lui sono state uccise “dall’indifferenza globale”. Voleva dire: dal fatto che non sono comparse sui giornali e i tg?
E’ questo che conta? Per lui forse. Per loro no.
Riguardo le foto. Due sorelline giovani, dai piedi scuri del Terzo Mondo. Si vede che avevano i grembiuli a quadri delle serve, delle badanti, per non sporcare i sari – ne hanno solo due, uno lo indossano l’altro lo lavano, e lo cambiano ogni giorno. Sari di poco prezzo, grembiuli di poco prezzo, il cibo che mangiano è di poco prezzo: tutto è di poco prezzo nella loro vita. Tranne il sangue che hanno versato. Questo sangue è detto prezioso. Non è una parola a caso: anche nel Buddhismo si prega il “Prezioso Signore”, il Buon Pastore. E’ una parola che ogni teologia seria, che ha scelto il Bene, trova spontaneamente. Indica la natura di gioiello, di diamante e di rubino; allude alla essenza minerale incorruttibile, rara, trasparente e inestimabile, di quel sangue che viene sparso senza alcun risparmio, invece di essere tesaurizzato.
Mai il sangue dei martiri ha fatto notizia sui giornali, o Papa. Sono sempre morti dimenticati, nessuno a difenderli, nessuno a raccontare. I mosconi e i tafani non sentono l’odore di quel rubino, di quello zaffiro e diamante di chi ha rinunciato a Satana, alle sue seduzioni alle sue opere. La sua morte è umile come la sua vita indifesa, come la Giacinta di Fatima che a nove anni morì “per salvare le anime dall’inferno” in un ospedale d Lisbona,fra quegli odori di ospedale dei poveri, senza mamma e senza papà. E senza giornalisti a dare la notizia. “Ora ne salverai tanti, Gesù, perché ho fatto un sacrificio molto grosso”, disse una volta in quel lettino. Aveva conquistato dei diritti su Dio.
L’Altro, il nemico, invece, sa benissimo dove colpire. Non poteva tralasciare le sorelline di Madre Teresa. Sta avanzando, sta spegnendo tutte le luci ad una ad una – le luci sacramentali, le luci della Presenza Reale, le luci di coloro che hanno rinunciato, ed ogni giorno rinunciano, alle sue seduzioni e le sue opere.
E tutti fanno finta di non accorgersi di questa avanzata. Tra i pochi, sono lieto di poter citare uno che per formazione dovrebbe essere lontano da questo genere di sapienza e sensibilità : è Giulietto Chiesa. Su Facebok, ha postato questo
…
MESSAGGIO AI NAVIGANTI
Mi arrivano messaggi inquietanti, anche dalla cronaca quotidiana. Segni di vero e proprio impazzimento dei singoli. E dei popoli (perché da tempo ho capito che i popoli possono uscire di senno, esattamente come gl’individui). In altre epoche succedeva. Ma più raramente. Non posso qui fare esempi, ma ciascuno può trovarli nella propria esperienza.
Ciò che accade in questa epoca è tuttavia molto angosciante. È come se tutti, molti, stessero “perdendo il controllo” di se stessi. Ho una spiegazione possibile (non certa, ma probabile): stiamo entrando ad alta velocità in zone sconosciute della psiche umana, dove le nostre abitudini non funzionano più a difesa dei nostri equilibri. È l’effetto dello choc da “modernizzazione”, da “globalizzazione”. Le tecnologie che abbiamo costruito stanno accelerando con violenza inaudita molte delle nostre funzioni cerebrali. Ma l’evoluzione tecnologica (che si misura ormai sulla scala di pochi anni) non ha nulla a che vedere con i tempi dell’adattamento dell’individuo, che si misurano sulla scala delle centinaia di migliaia di anni, come minimo dei secoli. Per questo, io credo, stiamo diventando sempre più “squilibrati”: a seconda del grado di dipendenza dei fattori “innaturali” che ciascuno di noi (e tutti insieme) stiamo introiettando nella nostra psiche.
Ciò che accade in questa epoca è tuttavia molto angosciante. È come se tutti, molti, stessero “perdendo il controllo” di se stessi. Ho una spiegazione possibile (non certa, ma probabile): stiamo entrando ad alta velocità in zone sconosciute della psiche umana, dove le nostre abitudini non funzionano più a difesa dei nostri equilibri. È l’effetto dello choc da “modernizzazione”, da “globalizzazione”. Le tecnologie che abbiamo costruito stanno accelerando con violenza inaudita molte delle nostre funzioni cerebrali. Ma l’evoluzione tecnologica (che si misura ormai sulla scala di pochi anni) non ha nulla a che vedere con i tempi dell’adattamento dell’individuo, che si misurano sulla scala delle centinaia di migliaia di anni, come minimo dei secoli. Per questo, io credo, stiamo diventando sempre più “squilibrati”: a seconda del grado di dipendenza dei fattori “innaturali” che ciascuno di noi (e tutti insieme) stiamo introiettando nella nostra psiche.
“Stiamo entrando ad alta velocità in zone sconosciute della psiche umana”: ben detto.
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