ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 17 marzo 2016

Non sia più la Mater et Magistra

Si cambia la nostra religione. Questo è certo.

[…] È proprio perché noi amiamo il successore di Pietro, perché amiamo la Chiesa Cattolica, perché amiamo Roma, la vera Roma cattolica, è per questo che facciamo sentire la nostra voce.
La facciamo sentire cioè proprio per la gloria e la grandezza della Chiesa Romana. Per tutto ciò che ha fatto la sua vera grandezza, la sua vera nobiltà, noi abbiamo l'impressione che la Chiesa, o diciamo meglio, gli uomini di Chiesa abbandonino questa nobiltà della Chiesa Romana e che essa non sia più la Mater et Magistra di tutte le Chiese del mondo, come è scritto sul portale del Vaticano. [...]

Non si può concepire la Chiesa Cattolica se non come continuità, come tradizione, come l'erede del suo passato. Non si può comprendere una Chiesa Cattolica che rompa con il suo passato, con la sua tradizione, e proprio per l'impossibilità di concepire una cosa simile, mi trovo in una situazione un po' strana: quella di un vescovo sospeso per aver fondato un seminario in Svizzera, seminario eretto legalmente, canonicamente, seminario che raccoglie molte vocazioni […]. Come può essere che continuando a fare quello che io stesso ho fatto per 50 anni della mia vita, con le congratulazioni, con gli incoraggiamenti dei papi, e in particolare del Papa Pio XII, che mi onorava della sua amicizia, che io mi ritrovi oggi a essere considerato quasi un nemico della Chiesa? […] Mentre prima del Concilio [Vaticano II, ndr] ho avuto tutti gli onori, escluso solo il cardinalato, ora, dopo il Concilio, facendo la stessa cosa, mi trovo sospeso a divinis, quasi considerato uno scismatico, quasi da scomunicare quale nemico della Chiesa. Non credo che una simile cosa sia possibile e concepibile.
C'è dunque qualche cosa che è cambiato nella Chiesa, qualche cosa che è stato cambiato dagli uomini della Chiesa. […] Di questi cambiamenti cambiamenti ci siamo accorti dal 1958, dopo il conclave che ha eletto Giovanni XXIII. Il cardinale Roncalli, patriarca di Venezia, quando partì per il conclave, e non era ancora eletto, scriveva già al vescovo di Bergamo: “Il Papa che sarà eletto, bergamasco o no, dovrà cambiare molto nella Chiesa. Dovrà esserci una nuova Pentecoste”. In tutta la sua lettera si sente il desiderio di cambiare in modo profondo la Chiesa ed io penso sia stato lui a denominare il Concilio:Concilio dell'aggiornamento. […]
Poi ho avuto l'occasione di avere tra le mani una conferenza del cardinale Frings: conferenza fatta nel 1961 a Genova. […] Nella conferenza del cardinale Frings si sente lo stesso desiderio di un cambiamento profondo nella Chiesa. Egli dice che ormai bisognerà fare della Chiesa Cattolica una Chiesa più universale. […] Voi direte che “universale” è la traduzione del termine “cattolica” (“cattolica” è la parola greca, “universale” la corrispondente latina). Ma la Tradizione ha dato ormai al termine “Cattolica” un senso ben preciso per significare che la Chiesa deve “coadunare”, riunire, portare all'unità, ricondurre all'unità le persone che non sono in unità. Ecco cosa è la Chiesa Cattolica: la Chiesa è cattolica perché riconduce tutti all'unità, all'unità della verità e all'unità della fede. Ma il termine di “Chiesa universale” è inteso, ormai, come definizione di una Chiesa aperta. Molti oggi parlano di “un'apertura”, apertura a tutti i movimenti, a tutte le teologie. […]
Devo raccontarvi un piccolo incidente accaduto nel 1962, quando ero membro della Commissione centrale preparatoria del Concilio. Noi tenevamo le nostre riunioni in Vaticano ma l'ultima fu drammatica. Nei fascicoli dati alla Commissione centrale ve ne erano due sullo stesso soggetto: uno veniva dal cardinale Bea, presidente della Commissione per l'unità, e l'altro veniva dal cardinale Ottaviani, presidente della Commissione teologica. Quando li abbiamo letti, quando io stesso ho letto questi due schemi, ho detto: “È molto strano, sono due punti di vista sullo stesso soggetto completamente diversi, ossia la libertà religiosa o l'attitudine della Chiesa di fronte alle altre religioni”. Quello del cardinale Bea era intitolato De libertate religiosa; quello del cardinale Ottaviani De tolerantia religiosa. Vedete la differenza, la profonda differenza? Cosa accadeva? Per quale motivo due schemi completamente diversi sullo stesso soggetto? Al momento della riunione, il cardinale Ottaviani si alza e, segnadolo col dito, dice al cardinale Bea: “Eminenza, Lei non aveva il diritto di fare questo schema, non aveva il diritto di farlo, perché è uno schema teologico e dunque di pertinenza della Commissione di teologia”. E il cardinale Bea, alzandosi dice: “Scusi, avevo il diritto di fare questo schema come presidente della Commissione dell'unità: se c'è un soggetto che interessa l'unità è proprio l'unità religiosa”, e aggiunse rivolto al carinale Ottaviani: “Mi oppongo radicalmente a quanto dite nel vostro schema De tolerantia religiosa”. […] Due cardinali radicalmente in contrasto su una tesi importante come quella della libertà religiosa e della tolleranza religiosa, tesi fondamentali che regolano tutti i rapporti tra la Chiesa e gli stati cattolici, tutti i rapporti tra la Chiesa e le altre religioni. […] Malgrado ciò siamo passati al voto perché alcuni cardinali dissero di voler decisamente votare i due schemi. Si vide, allora, immediatamente l'immagine del Concilio: i cardinali che erano per il cardinale Bea erano evidentemente i liberali, con altrettanta evidenza per il cardinale Ottaviani erano quelli conservatori.
Fu l'ultima seduta della Commissione centrale e chiaramente potemmo avvertire, alla vigilia del Concilio, prospettarsi davanti a noi, tutta la lotta che si sarebbe svolta durante il Concilio. Ciò vuol dire che queste cose erano preparate già prima del Concilio. Il cardinale Bea non ha certo fatto il suo schema senza essersi accordato con altri cardinali. È questo molto importante e molto grave perché se ne desume che il Concilio dell'aggiornamento era stato preparato. […] Così ci trovammo al Concilio in una situazione veramente penosa e capimmo che quelli che erano conservatori, che restavano fedeli ai principi di sempre, alla tradizione di sempre, non erano più ascoltati, non erano più sostenuti dalle autorità, soprattutto quando, dopo l'elezione di Paolo VI, furono nominati i quattro moderatori del Concilio: i cardinali Dopfner, Suenens, Lercaro e Agagianian. Queste nomine dicevano chiaramente che il vento soffiava in favore dei cardinali liberali.
Un gruppo, il “Coetus Internationalis Patrum”, di cui facevo parte, decise di resistere e d'accordo con un certo numero di cardinali romani, i cardinali fedeli alla dottrina romana della Chiesa Cattolica, volle difendersi; ma, bisogna dirlo, non fummo ascoltati. E già dal tempo del Papa Giovanni XXIII questi cardinali, ed erano cardinali della Curia romana, furono pregati di non intervenire più al Concilio, e questo è molto, molto grave.
Cosa rappresentano i cardinali della Curia Romana? Sono la Chiesa di Roma, sono i parroci di Roma, il clero romano. Sono coloro che aiutano il Papa che è vescovo di Roma e che è Papa perché è vescovo di Roma. Sono loro che aiutano il Papa nella gestione della Chiesa Universale e nella gestione degli affari, sia della sua diocesi, sia della Chiesa Universale. Ora Roma è “magistra et mater omnium ecclesiarum, magistra veritatis”. Si è sempre detto che tutto il clero di Roma non può cadere nell'eresia, tutta la città di Roma non può cadere nell'eresia, perché Roma rappresenta, realmente, il cuore stesso della Chiesa, il cuore della Cristianità. Far tacere ufficialmente i cardinali romani nel Concilio, dicendo loro: “Non parlate più, non replicate più, lasciate parlare le persone che vengono di fuori, dall'estero, che vengono da lontano”, rappresentava un disastro considerevole per il Concilio.
In definitiva, quale è stato uno dei risultati più gravi del Concilio? A mio avviso è stato l'aver cambiato la definizione della Chiesa: è stata modificata la definizione della Chiesa. La Chiesa non è più una società divina, visibile, gerarchica, fondata da Nostro Signore Gesù Cristo per la salvezza delle anime. No, ma da ora la Chiesa è una comunione. Cosa significa questo? Cosa vuol dire Chiesa comunione? Comunione quindi con tutte le religioni? Comunione che accoglierà in seno alla Chiesa Cattolica diversi gruppi religiosi, completamente diversi dalla Chiesa Cattolica. E si arriverà non solo ad accettare le religioni cristiane non cattoliche, ma anche le religioni non cristiane e persino i non credenti. […] Ma dove è la salvezza, dove è la grazia, dove è Nostro Signore Gesù Cristo? Dove è la Croce? Niente di tutto questo. E aggiungono: “Queste religioni possono far parte del patrimonio dell'umanità, possono contribuire alla costruzione dell'uomo, all'unità tra gli uomini, in definitiva ad un incontro totale col Cristo”. Un incontro col Cristo nella religione “per i non cristiani”! E questo è un documento autentico del Vaticano. […]
La riforma è fatta nel senso della comunione, tutta la riforma liturgica è in questo senso. Nella Santa Messa si è sostituito il sacrificio con la cena. Così invece che sul sacrificio della Croce si insisterà sulla cena, sulla comunione e partecipazione dei fedeli. Anche questo orientamento è completamente contrario alla Tradizione della Chiesa e alla sua Fede. Ciò che è importante nella nostra Messa è il Sacrificio. […] Ora invece sembra che la Messa sia soprattutto un'assemblea e il sacerdote sia il presidente dell'assemblea. Presidente, e non più sacrificatore; è una nozione nuova della Messa, come vedete, e questo è un cambiamento radicale molto grave. Non dico che la nuova Messa è eretica, non ho mai detto questo, non ho neppure mai detto che questa Messa non è valida in se stessa, ma ritengo che sempre più ci sono Messe non valide, perché si cambiano proprio le basi stesse della Messa. Io penso realmente che questa Messa è una Messa equivoca, perché può essere detta dai protestanti come dai cattolici. I protestanti accettano di dire questa Messa. Ho qui un documento che ne dà la prova; è un documento dei protestanti dell'Alsazia che si sono riuniti: la Chiesa della “confessione di Augusta, Alsazia e Lorena”. […]. Dunque loro non hanno più difficoltà ad accettare la nuova Messa perché assomiglia sempre più ad una cena eucaristica protestante. Ancora un fatto estremamente grave ed è insegnato chiaramente dalla nuova catechesi.
[…]. D'altra parte voi potete notare che è con questo spirito che sono state fatte tutte le riforme, come la Comunione nella mano. Se la Messa è un sacrificio, la presenza reale di Nostro Signore Gesù Cristo è necessaria, perché in un sacrificio ci deve essere la vittima. Quale è la vittima? Nostro Signore Gesù Cristo stesso e perciò Egli deve essere realmente presente. Se è una cena non è necessaria la presenza reale, basta un segno di una presenza spirituale: il pane spezzato, il pane dell'amicizia, il pane dell'unione a Nostro Signore Gesù Cristo col racconto dell'istituzione della cena. Vedete allora che se la Messa è diventata una semplice cena si capisce benissimo la Comunione nella mano. Similmente l'attitudine del sacerdote di fronte ai fedeli è normale, se si tratta di un pasto. Il presidente di un pranzo non volta le spalle ai suoi convitati. Se invece si tratta di un sacrificio, allora il sacrificio è offerto a Dio, e il sacerdote si volta verso Dio, verso la Croce, che è il segno del sacrificio che si realizza sull'altare e non verso i fedeli.
Così è tutto il significato del sacrificio della Messa che cambia, e tutto questo è di capitale importanza, perché è anche tutto il significato della spiritualità cattolica che sparisce: la spiritualità cattolica è il segno della Croce, è il Sacrificio. Noi viviamo sotto il segno della Croce, noi viviamo nel Sacrificio, nel sangue di Nostro Signore, noi siamo stati battezzati nel sangue di Nostro Signore. Noi siamo peccatori, abbiamo bisogno della Croce, abbiamo bisogno del Sacrificio, del sangue di Nostro Signore, di unirci a Nostro Signore nel suo Sacrificio.
Se non c'è più Sacrificio, se non c'è più la Croce, se non c'è più la presenza reale non c'è più spiritualità cattolica. La nostra vita non ha più senso se non c'è la Croce, se non c'è il Sangue di Nostro Signore. Se non siamo uniti a Nostro Signore Gesù Cristo per il suo sangue che è la grazia, la grazia soprannaturale, le nostre azioni non sono meritorie, noi non meritiamo il cielo, non meritiamo la salvezza eterna.
Naturalmente ci possono essere buone azioni nelle altre religioni, ma non meritorie. Noi possiamo fare delle buone azioni, ma non meritorie, non salvifiche, se non hanno l'impronta del sangue di Nostro Signore Gesù Cristo.
È stato il Signore stesso a dirlo: “Io sono la vite e voi siete i tralci”. Bisogna essere uniti alla vite, alla radice della vite se vogliamo portare i frutti. Nostro Signore è la porta dell'ovile. Se non si entra per la porta dell'ovile, attraverso Nostro Signore, noi non entriamo nel regno dei cieli. “Sine me nihil potestis facere – Voi non potete fare niente senza di me”, ha detto Nostro Signore. Nihil, niente. Ne consegue che noi abbiamo bisogno di essere uniti a Nostro Signore Gesù dal Sacrificio della Messa, dalla Croce, dal suo Sangue.

Mons. Marcel Lefebvre (dal libro Il colpo da maestro di Satana”)





1 commento:

  1. Pagina straordinariamente attuale. La comunione in mano mi ha sempre dato l'impressione di un rifiuto del divino, della sacralita' della messa stessa. Mons Lefebvre aveva previsto tutto.

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