(Nicola Gori) Un clic per pregare o, ancora meglio, un clic per unirsi a tanti fratelli sparsi in ogni parte del mondo. Per pregare insieme secondo le intenzioni del Papa, ma anche per aiutarsi a vicenda e scambiarsi il sostegno spirituale. Si tratta di una innovativa App dal nome Click to pray. È la nuova piattaforma digitale promossa dalla Rete mondiale di preghiera del Papa. Lo spiega il gesuita Frédéric Fornos, direttore internazionale della Rete mondiale, in questa intervista al nostro giornale.
Come è nata l’iniziativa?
Per aiutare a pregare secondo le intenzioni del Papa, in modo particolare in quest’anno della misericordia, desideravamo un’App che in maniera semplice e intuitiva sostenesse l’impegno della preghiera per le sfide del mondo e della missione della Chiesa.
È allora che abbiamo preso in considerazione l’applicazione Click to Pray, creata dall’agenzia La Machi per l’Apostolato della preghiera in Portogallo con l’obiettivo di aiutare i giovani a pregare. Vedendo la qualità della proposta, abbiamo deciso di adattarla alle nostre esigenze, perché si convertisse nell’App della Rete mondiale di preghiera del Papa. Questa nuova proposta è stata presentata a Papa Francesco nell’agosto del 2015, durante un’udienza che ci ha concesso in occasione del centenario della nascita del nostro ramo giovanile, il Movimento eucaristico giovanile (Mej).
Può descrivere come funziona e le caratteristiche di questa applicazione?
È molto semplice. Propone tre momenti di preghiera al giorno. Sono testi brevi, che invitano a entrare in un’esperienza spirituale, a mettersi alla scuola di Gesù, con l’orizzonte delle intenzioni di preghiera del Papa. Questi tre momenti ci conducono a poco a poco a una maggiore disponibilità interiore, a vivere le intenzioni di preghiera come propositi per la nostra vita personale e la vita delle nostre parrocchie.
Oltre a essere un’applicazione, Click to Pray è anche una piattaforma per i social network. In cosa consiste?
È un modo semplice di pregare con altri per la missione della Chiesa. Si può anche mettere in comune la propria preghiera personale, perché quelli che fanno parte della rete mondiale possano unirsi alla nostra intenzione. Così non sono solo a pregare per ciò che mi preoccupa, ma altri mi appoggiano e pregano con me. Click to Pray, dunque, non è solo un’applicazione ma una piattaforma di comunicazione presente nelle reti sociali — Facebook, Twitter, YouTube — con un blog e un website, oltre a una newsletter. Tutto in quattro lingue per il momento: spagnolo, portoghese, francese, inglese. Speriamo di avere il prossimo anno l’App di preghiera con il Papa in italiano, ma anche in cinese, coreano e indonesiano. Le nostre équipe sono molto motivate a realizzare questa iniziativa.
Il suo lancio è avvenuto lo scorso venerdì. Come è stato coinvolto il Papa nell’iniziativa?
Papa Francesco è al corrente di questo progetto fin dall’inizio e ci ha appoggiato. Il superiore generale dei gesuiti, padre Adolfo Nicolás Pachón, al quale la Santa Sede affida questo servizio, nel 2015 ha presentato al Papa il progetto del video mensile e di Click to Pray. Francesco li ha appoggiati fin dal principio, contento di poter contribuire alla rinascita di questo servizio della Chiesa cattolica. Negli ultimi mesi, altre volte ci ha confermato di essere contento di questo processo di rinnovamento dell’Apostolato della preghiera come Rete mondiale di preghiera del Papa e ci ha manifestato apprezzamento per i progetti che preparavamo. È significativo che il lancio della nuova App sia avvenuto all’inizio della “24 ore per il Signore”. Così ha voluto monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione, e per questo alla presentazione è intervenuto anche monsignor Lucio Adrian Ruiz, segretario del dicastero.
L'Osservatore Romano, 11 marzo 2016.
È allora che abbiamo preso in considerazione l’applicazione Click to Pray, creata dall’agenzia La Machi per l’Apostolato della preghiera in Portogallo con l’obiettivo di aiutare i giovani a pregare. Vedendo la qualità della proposta, abbiamo deciso di adattarla alle nostre esigenze, perché si convertisse nell’App della Rete mondiale di preghiera del Papa. Questa nuova proposta è stata presentata a Papa Francesco nell’agosto del 2015, durante un’udienza che ci ha concesso in occasione del centenario della nascita del nostro ramo giovanile, il Movimento eucaristico giovanile (Mej).
Può descrivere come funziona e le caratteristiche di questa applicazione?
È molto semplice. Propone tre momenti di preghiera al giorno. Sono testi brevi, che invitano a entrare in un’esperienza spirituale, a mettersi alla scuola di Gesù, con l’orizzonte delle intenzioni di preghiera del Papa. Questi tre momenti ci conducono a poco a poco a una maggiore disponibilità interiore, a vivere le intenzioni di preghiera come propositi per la nostra vita personale e la vita delle nostre parrocchie.
Oltre a essere un’applicazione, Click to Pray è anche una piattaforma per i social network. In cosa consiste?
È un modo semplice di pregare con altri per la missione della Chiesa. Si può anche mettere in comune la propria preghiera personale, perché quelli che fanno parte della rete mondiale possano unirsi alla nostra intenzione. Così non sono solo a pregare per ciò che mi preoccupa, ma altri mi appoggiano e pregano con me. Click to Pray, dunque, non è solo un’applicazione ma una piattaforma di comunicazione presente nelle reti sociali — Facebook, Twitter, YouTube — con un blog e un website, oltre a una newsletter. Tutto in quattro lingue per il momento: spagnolo, portoghese, francese, inglese. Speriamo di avere il prossimo anno l’App di preghiera con il Papa in italiano, ma anche in cinese, coreano e indonesiano. Le nostre équipe sono molto motivate a realizzare questa iniziativa.
Il suo lancio è avvenuto lo scorso venerdì. Come è stato coinvolto il Papa nell’iniziativa?
Papa Francesco è al corrente di questo progetto fin dall’inizio e ci ha appoggiato. Il superiore generale dei gesuiti, padre Adolfo Nicolás Pachón, al quale la Santa Sede affida questo servizio, nel 2015 ha presentato al Papa il progetto del video mensile e di Click to Pray. Francesco li ha appoggiati fin dal principio, contento di poter contribuire alla rinascita di questo servizio della Chiesa cattolica. Negli ultimi mesi, altre volte ci ha confermato di essere contento di questo processo di rinnovamento dell’Apostolato della preghiera come Rete mondiale di preghiera del Papa e ci ha manifestato apprezzamento per i progetti che preparavamo. È significativo che il lancio della nuova App sia avvenuto all’inizio della “24 ore per il Signore”. Così ha voluto monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione, e per questo alla presentazione è intervenuto anche monsignor Lucio Adrian Ruiz, segretario del dicastero.
L'Osservatore Romano, 11 marzo 2016.
http://ilsismografo.blogspot.it/2016/03/mondo-lanciata-liniziativa-click-to-pray.html#more
Scandalose dichiarazioni a un convegno sulle “sfide pastorali” all’Istituto Giovanni Paolo II
Su Avvenire un’intera pagina è dedicata a un convegno in cui vescovi e sacerdoti straparlano in materia di omosessualità. Gravissime dichiarazioni del vescovo di Orano. Si parla di invertiti in modo così martellante e ossessionante da far sorgere un dubbio: siamo in conflitto di interessi?
di Paolo Deotto
.
Tanti anni fa – ero liceale – mi capitò di assistere a uno spettacolo umoristico studentesco in cui a un certo punto, per prendere in giro i politici, si teneva il seguente dialogo: “Onorevole, lei cosa pensa di fare per il bene dell’Italia?”. Risposta: “Ma per favore! Con tutto quello che ho da fare, dove vuole che trovi il tempo per occuparmi del bene dell’Italia?”.
Bene. Prendete il dialogo citato sopra, sostituite a “onorevole” le parole “reverendo”, “eccellenza”, “eminenza” (anche tutte e tre assieme) e al “bene dell’Italia” sostitute la frase “bene delle anime”. Il gioco è fatto.
Leggendo certe pazzesche dichiarazioni di preti, vescovi, cardinali, si direbbe davvero che l’ultimo problema che li preoccupa sia la salvezza delle anime. Ben prima viene la frenesia di essere graditi al mondo, di mostrarsi aperti, comprensivi, e attenti al marketing. Qualcuno poi, un bel dì, dovrà pur spiegare come mai le chiese sono sempre più vuote, nonostante la frenesia di certo clero nel mostrarsi ultra-disponibile a scordare la dottrina e ad applicare un buonismo ormai francamente nauseante.
Manca ormai la Fede, questo è certo. Ma l’ossessione di parlare continuamente e in ogni sede di omosessualità fa sorgere anche un legittimo sospetto: non ci troviamo per caso in una situazione di conflitto di interessi?
Capisco benissimo chi mi rimprovererà dicendomi che sono irrispettoso. Valutate voi, leggendo (cliccate qui) la pagina che Avvenire ha dedicato ieri al convegno che si è svolto all’Istituto Giovanni Paolo II, sul tema «Vivere la verità dell’amore. La pastorale con le persone che provano attrazione verso le persone dello stesso sesso».
Il titolo è già in sé osceno, perché se l’archetipo dell’Amore è per noi la Croce, il sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo, usare le parole “verità dell’amore” in riferimento a un rapporto tra invertiti è inaccettabile e blasfemo. Un peccato che grida vendetta al cospetto di Dio diventa materia di discussione, di arzigogoli, di frasi ad effetto dietro le quali c’è uno spaventoso vuoto dottrinale e morale.
Ognuno può leggere la pagina di Avvenire e valutare. Ci limitiamo qui a estrarre alcune “perle”:
La “preoccupazione morale” che tanto angoscia Don Gentili era, una volta, la preoccupazione di ammonire l’invertito, spiegargli che vive nel peccato, invitarlo alla conversione per non essere dannato in eterno. Tutte cose superate, se leggiamo che esiste una “grammatica della creazione” con cui “confrontarsi”. Molto suggestivo, ma non vuole dire nulla. Attendiamo di conoscere anche la sintassi, l’ortografia e magari anche la punteggiatura della creazione.
Ma non sapevate che l’ “amore” omosessuale è una cosa così bella da poter essere anche indissolubile? Ce ne parla, in un’intervista contenuta nella stessa pagina,il vescovo di Orano, Jean-Paul Vesco:
.
lo stesso vescovo non ha dubbi: due invertiti possono adottare un bambino. Rifiuta solo, bontà sua, le “paternità” stile Vendola:
.
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e il gran finale non poteva mancare, con l’inchino al mondo e la nuova parola magica: “sfida”. La Chiesa rinuncia totalmente al suo ruolo, non ha più una Verità da annunciare, non ci dice più cosa è bene e cosa è male. No, la neochiesa accetta le “sfide” e inizia a parlare, parlare, parlare, con buona pace del “Sì, sì, no, no”. Tutto il resto viene dal demonio. Appunto:
.
.
Di fronte a questo tradimento della Dottrina, che possiamo fare? Una volta si usava parlare di “exempla ad vitandum”, esempi di cose cattive e perverse, da evitare, se si ha a cuore la salvezza dell’anima.
Che possiamo fare? Leggere queste pazzie come ottimi “exempla ad vitandum”, pregare per questi pastori spersi in una nebbia nera.
Il Signore non abbandonerà la Sua Chiesa. Intanto ci è chiesto di vivere con Fede questo periodo di sofferenza. Siamo tutti chiamati a un impegno costante di preghiera e penitenza. E guardiamoci dai falsi profeti.
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Tanti anni fa – ero liceale – mi capitò di assistere a uno spettacolo umoristico studentesco in cui a un certo punto, per prendere in giro i politici, si teneva il seguente dialogo: “Onorevole, lei cosa pensa di fare per il bene dell’Italia?”. Risposta: “Ma per favore! Con tutto quello che ho da fare, dove vuole che trovi il tempo per occuparmi del bene dell’Italia?”.
Bene. Prendete il dialogo citato sopra, sostituite a “onorevole” le parole “reverendo”, “eccellenza”, “eminenza” (anche tutte e tre assieme) e al “bene dell’Italia” sostitute la frase “bene delle anime”. Il gioco è fatto.
Leggendo certe pazzesche dichiarazioni di preti, vescovi, cardinali, si direbbe davvero che l’ultimo problema che li preoccupa sia la salvezza delle anime. Ben prima viene la frenesia di essere graditi al mondo, di mostrarsi aperti, comprensivi, e attenti al marketing. Qualcuno poi, un bel dì, dovrà pur spiegare come mai le chiese sono sempre più vuote, nonostante la frenesia di certo clero nel mostrarsi ultra-disponibile a scordare la dottrina e ad applicare un buonismo ormai francamente nauseante.
Manca ormai la Fede, questo è certo. Ma l’ossessione di parlare continuamente e in ogni sede di omosessualità fa sorgere anche un legittimo sospetto: non ci troviamo per caso in una situazione di conflitto di interessi?
Capisco benissimo chi mi rimprovererà dicendomi che sono irrispettoso. Valutate voi, leggendo (cliccate qui) la pagina che Avvenire ha dedicato ieri al convegno che si è svolto all’Istituto Giovanni Paolo II, sul tema «Vivere la verità dell’amore. La pastorale con le persone che provano attrazione verso le persone dello stesso sesso».
Il titolo è già in sé osceno, perché se l’archetipo dell’Amore è per noi la Croce, il sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo, usare le parole “verità dell’amore” in riferimento a un rapporto tra invertiti è inaccettabile e blasfemo. Un peccato che grida vendetta al cospetto di Dio diventa materia di discussione, di arzigogoli, di frasi ad effetto dietro le quali c’è uno spaventoso vuoto dottrinale e morale.
Ognuno può leggere la pagina di Avvenire e valutare. Ci limitiamo qui a estrarre alcune “perle”:
La “preoccupazione morale” che tanto angoscia Don Gentili era, una volta, la preoccupazione di ammonire l’invertito, spiegargli che vive nel peccato, invitarlo alla conversione per non essere dannato in eterno. Tutte cose superate, se leggiamo che esiste una “grammatica della creazione” con cui “confrontarsi”. Molto suggestivo, ma non vuole dire nulla. Attendiamo di conoscere anche la sintassi, l’ortografia e magari anche la punteggiatura della creazione.
Ma non sapevate che l’ “amore” omosessuale è una cosa così bella da poter essere anche indissolubile? Ce ne parla, in un’intervista contenuta nella stessa pagina,il vescovo di Orano, Jean-Paul Vesco:
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lo stesso vescovo non ha dubbi: due invertiti possono adottare un bambino. Rifiuta solo, bontà sua, le “paternità” stile Vendola:
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e il gran finale non poteva mancare, con l’inchino al mondo e la nuova parola magica: “sfida”. La Chiesa rinuncia totalmente al suo ruolo, non ha più una Verità da annunciare, non ci dice più cosa è bene e cosa è male. No, la neochiesa accetta le “sfide” e inizia a parlare, parlare, parlare, con buona pace del “Sì, sì, no, no”. Tutto il resto viene dal demonio. Appunto:
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Di fronte a questo tradimento della Dottrina, che possiamo fare? Una volta si usava parlare di “exempla ad vitandum”, esempi di cose cattive e perverse, da evitare, se si ha a cuore la salvezza dell’anima.
Che possiamo fare? Leggere queste pazzie come ottimi “exempla ad vitandum”, pregare per questi pastori spersi in una nebbia nera.
Il Signore non abbandonerà la Sua Chiesa. Intanto ci è chiesto di vivere con Fede questo periodo di sofferenza. Siamo tutti chiamati a un impegno costante di preghiera e penitenza. E guardiamoci dai falsi profeti.
Gentile dott. Detto, a me tutto questo 'andare incontro' alle persone omosessuali nei termini espressi a questo convegno dice solo una cosa semplice semplice: nella gerarchia della Chiesa, fra i suoi giornalisti ecc., ci sono torme di omosessuali che (rimasti sottotraccia finché c'era una dottrina certa a contenerli senza x questo metterli alla berlina) ora non si tengono più e non vedono l'ora di venir fuori dall'armadio, proprio come il loro epigono e capofila monsignore polacco del clamoroso coming out.
RispondiEliminaQuanto ai ragionamenti messi in fila per l'operazione, non è bello a dirsi ma molti pastori sono maestri nell'arte di accreditare il bianco e anche il suo contrario, prendendo a testimone Dio stesso con citazioni della Bibbia opportunamente manipolate.
Marisa