Ai funerali di Varani il prete invoca Dio: "Dov'eri quando Luca è stato massacrato?"
La folla urla: "Giustizia". I genitori della vittima: "I due assassini stiano in carcere per tutta la vita"
La folla urla: "Giustizia". I genitori della vittima: "I due assassini stiano in carcere per tutta la vita"
- Dom, 20/03/2016
"Le associazioni gay sanno tutto"
La morte di Luca Varani causata dal traffico di droga conosciuto e tollerato dalle associazioni omosessuali. GUARDA IL VIDEO
La morte di Luca Varani causata dal traffico di droga conosciuto e tollerato dalle associazioni omosessuali. GUARDA IL VIDEO
Droga, festini, party e sesso. Sono questi i denominatori comuni delle serate gay romane? Spesso sì. Anche se non sempre.
Dopo l’omicidio di Luca Varani qualcosa di questa realtà nascosta è venuta a galla. Un'evidenza che divide anche gli omosessuali.
Che la luce si sia accesa sui festini chemsex (sesso e droga), irrigidisce buona parte degli stessi appartenenti alla comunità. La droga e i party "oltre i limiti" sono ben conosciuti nell'ambiente. Soprattutto a livello dell'associazionismo. A confermarlo sono gli stessi omosessuali che si (auto)definiscono "normali". Ovvero quelli che "non fanno queste schifezze e non spacciano cocaina". (Guarda il video)
La domanda che sorge spontanea, allora, è come sia possibile che sostanze stupefacenti circolino liberamente nei locali e nelle serate organizzate da importanti e autorevoli associazioni gay. “Il giro di droga in certi locali è vicinissimo a parte del movimento Lgbt” - dice Franco, nome di fantasia di un omosessuale che chiede l'anonimato e si fa chiamare "il corvo gay". Marco Prato, infatti, uno dei killer di Luca Varani, era personaggio di spicco della movida romana. Conosciuto praticamente da tutti.
Quanti sapevano della sua "doppia vita"? Una alla luce del sole, fatta di party ed eventi e l'altra più oscura incentrata su sballo e droga? “Andavamo tutti alle sue feste e ai suoi apertivi A(h)Però”, dice un gruppo di giovani di fronte ad un bar della gay street a due passi dal Colosseo. “Sentivo ogni tanto Marco - continua un altro ragazzo, che chiameremo Luca - Gli chiedevo i tavoli per gli eventi, era uno accreditato”. Una vicenda che sconvolge e spaventa. C’è chi addirittura chi ha paura di parlare, teme ritorsioni: “Si rischia di subire qualche torto. Non mi stupirebbe di trovare le ruote dell’auto tagliate”.
La spaccatura tra una parte dei gay e l’associazionismo romano è evidente. Sotto accusa finiscono l'Adnnos, l'Arci e il circolo Mario Mieli. Qualcuno disegna una demarcazione netta tra chi vuol vivere una "vita normale e non cerca rogne" e "le finocchie della borgata". ovvero i disinibiti, i "gay repressi", i "malati di sesso" e quelli troppo attratti dalle droghe.
"Ma la cosa più indecente - aggiunge Franco - è che stanno cercando di mettere tutti a tacere. A Roma se vuoi stare aperto o hai protezione politica o chiudi”. Prima di continuare, precisa: “Quando parlo di politica mi riferisco al movimento Lgbt in sé. Con il giro di droga fanno più soldi e più clienti”. La notizia ci viene confermata da una ex drag-queen del Muccassina: "Tempo fa sono stata fatta fuori dal giro perché non spacciavo da sotto la gonna come volevano loro".
"Il movimento Lgbt protegge queste situazioni - attacca Franco - un po' per convenienza e un po' per omertà. Con il giro di droga fanno più soldi e più clienti”. Ma tutta questa impunità da dove proviene? “Dal ricatto dell’omofobia: se domani dieci pattuglie si presentassero al Muccassasina per una perquisizione, come avviene in altri Paesi europei, le redazioni dei quotidiani sarebbero piene di comunicati di protesta”.
Eppure in questa situazione, l’omofobia sembra entrarci davvero poco. Le associazioni gay hanno coperto i traffici di stupefacenti nei loro locali? Dopo quanto successo, hanno preso posizione forte contro certe degenerazioni? Quello che è certo, al momento, è che la cocaina continua a invadere le sale da ballo.
GIU' LA MASCHERA BUFFONI
Deviazione o normalità? Una cosa non può essere vera a un dato momento e falsa qualche anno dopo tanto meno una nozione scientifica: sull'omosessualità o ci raccontavano delle favole allora, oppure ce le stanno raccontando oggi di Francesco Lamendola
Giù la maschera, buffoni
di
Francesco Lamendola
Una cosa non può essere vera a un dato momento e falsa qualche anno o qualche decennio dopo; tanto meno una nozione scientifica, o che pretende di essere tale. Se fino aglio ’60 del Novecento si parlava della omosessualità come di una deviazione, o di una perversione, del sano e normale istinto sessuale, non può essere che oggi se ne parli come di una cosa perfettamente normale, come un orientamento avente la stessa dignità di quello eterosessuale. O ci raccontavano delle favole allora, oppure ce le stanno raccontando oggi.Una parte degli psicologi, dei sociologi e dei filosofi i quali, fino agli anni ’60 del Novecento, definivano l’omosessualità come una deviazione o una perversione, è ancora viva e vegeta al giorno d’oggi: si tratta di signori un po’ attempati, ma neanche troppo, dato che possono avere 70, 75 anni. Ebbene, costoro dovrebbero essere sottoposti a processo e cacciati dall’ordine degli psicologi, o dalle loro carriere accademiche, se hanno detto cose sbagliate, folli e ingiuriose sul conto delle persone omosessuali; oppure bisogna cacciare i loro colleghi odierni, i quali stanno dicendo esattamente l’opposto. Non ci si può fare beffe della verità fino a questo punto; non si può prendere in giro il pubblico dei non specialisti - che si fida degli specialisti e si rimette al loro giudizio -, raccontando cose opposte nello spazio di un tempo così breve, da essere ampiamente contenuto nell’arco di una sola vita umana. Qualcuno ha sbagliato, qualcuno ha abusato, qualcuno si è preso gioco della verità, per giunta sotto le bandiere della scienza: chiamiamo costui a rispondere davanti all’opinione pubblica. Dopotutto, la cosa è stata fatta per quegli “scienziati” i quali, all’epoca del nazismo, sentenziavano sulla inferiorità biologica di certe razze umane; non si vede perché non si dovrebbe fare altrettanto in questo caso.
C’è solo un problema preliminare da affrontare. Non è affatto scontato che la cultura più recente sia anche quella più veritiera: mentre il mito del progresso, anima e motore della civiltà moderna, si basa precisamente su questo assunto. Assunto che è un vero e proprio articolo di fede, non una nozione scientifica, né un enunciato razionalmente dimostrabile. Non vi è alcuna ragione per cui i moderni dovrebbero essere sempre nel giusto, e coloro che li hanno preceduti, nel torto. Questo è un pregiudizio tipicamente moderno: cioè, appunto, un modo di ratificare a priori ciò che andrebbe, semmai, provato e dimostrato, caso per caso, in maniera assolutamente spassionata e imparziale. D’altra parte, l’omosessualità pone una questione che non è solo, e forse non è affatto, scientifica; è anche, e soprattutto, morale e sociale. E la civiltà moderna parte dall’assunto che la morale non poggia su valori assoluti, ma che ogni società e ogni epoca storica si forgia i propri valori, li cambia e li rivede continuamente. La cosa vale, a maggior ragione, per i valori sociali: anch’essi cambiano senza sosta, più o meno lentamente, più o meno velocemente. In epoche di rapida trasformazione, tale cambiamento è più incalzante: talmente veloce da lasciare sbalordite e confuse le vecchie generazioni. Una volta, i vecchi morivano prima di vedere il mondo intorno a sé cambiare da cima a fondo; oggi, assistono a questo cambiamento radicale prima ancora di essere diventati effettivamente vecchi. Perfino i giovani sono messi a dura prova dalla rapidità di certi cambiamenti; i vecchi, è già tanto se non impazziscono a causa dello stress causato dallo sforzo continuo di adeguarsi a una realtà che muta più in fretta delle loro capacità psicologiche di adattamento (cfr. il nostro precedente articolo: «Lo shock della modernità, banco di prova del nuovo ordine mondiale», pubblicato sul sito di Arianna Editrice in data 25/06/2007).
Dunque, l’omosessualità. Scriveva nel 1944 il noto saggista Kenneth Walker (1882-1966), grande studioso di Gurdijeff, e niente affatto clericale o conservatore, tanto è vero che prendeva a modello disinvolti studi sul sesso di Havelock-Ellis, nel suo libro «Fisiologia del sesso»; e le sue opinioni erano condivise dalla maggioranza degli studiosi (titolo originale: «Phisiology of Sex»; tradizione dall’inglese di P. Cornaggia, Milano, Longanesi & C., 1966, pp. 162-170; sottolineature nostre):
Quando il desiderio sessuale è rivolto a una persona dello stesso sesso, si parla di INVERSIONE SESSUALE o di omosessualità. È LA PIÙ CHIARA DELLE DEVIAZIONI SESSUALI, e, nello stesso tempo, la più comune. Poiché le emozioni unite a questo desiderio, sono in tutto simili a quelle provate nell’amore eterosessuale, dà maggiore soddisfazione che tutte le altre forme di deviazione. Bisogna considerarla, tuttavia, come anormale, dal momento che esclude quello che è il fine naturale del sesso. […]
L’inversione sessuale RAPPRESENTA UN PROBLEMA SOCIALE DELLA MASSIMA IMPORTANZA, per la sua tendenza a manifestarsi in membri della società che sono sopra alla media per intelligenza sensibilità e forza d’animo. Non è oggi, ormai, più possibile considerare l’anormalità di cui soffrono queste persone come un “turpe vizio” od una condizione dovuta ad una mentalità morbosa o degenerata. Ciò che rende ancor più difficile la situazione è il fatto che se anche gli INVERTITI desiderano diventareNORMALI, non possono essere aiutati da alcun rimedio medico. Tutto quello che può fare la psicoterapia per loro è di soccorrerli a risolvere i conflitti che hanno dato origine che hanno dato origine alla loro anormalità. Il medico può aiutarli a rassegnarsi alla propria condizione, ma non può far nulla per mutarla. Il matrimonio è fuori discussione anche nel caso che il paziente sia bisessuale; infatti, malgrado il fatto che un invertito possa avere un’unione eterosessuale, il suo desiderio dominante è per una persona dello stesso sesso. È difficile, poi, che un bisessuale possa provare nei rapporti con una donna quella libertà emotiva che è alla base dell’amore. E anche quando il matrimonio sia possibile, esiste sempre un forte argomento contro di esso, dal momento che nell’inversione esiste un forte fattore ereditario. Per questa ragione NON È DESIDERABILE LA PROCREAZIONE.
Secondo le parole di Havelock Ellis, “così come è costituita la società moderna, la soluzione migliore sembra che, pur conservando gli istinti più intimi e abbandonando tutti i tentativi di diventare normale, l’omosessuale si astenga dal soddisfare i suoi desideri cerando un sollievo nell’autoerotismo occasionale”. Per fortuna l’impulso dell’INVERTITO può dirigersi facilmente in campi non sessuale. Spesso gli omosessuali si dedicano con entusiasmo ad opere sociali o filantropiche in favore di persone giovani del loro sesso. L’insegnamento scolastico, l’organizzazione di circoli per ragazzi e dei giovani esploratori sono i mezzi con i quali molti degli invertiti sessuali ALLEVIANO LA LORO TRAGEDIA.
Lasciamo perdere la convinzione che non esista un rimedio medico per sottrarsi alle tendenze omosessuali (oltretutto senza affatto considerare altre forme di terapia, a cominciare da quella psicologica), e i discutibili consigli pratici che Havelock Ellis somministra a queste persone, e che Kenneth Walker riporta come se fossero il Vangelo; resta il fatto che l’omosessualità è definita come unadeviazione, una inversione, una anormalità, un grave problema sociale e una tragedia personale; che, pur rifiutando di considerarla un vizio, la si presenta come un fattore di forte squilibrio e una fonte di continua sofferenza e infelicità; e si dà per scontato che molti omosessuali desiderino fortemente cambiare la loro condizione, rispetto alla quale provano, evidentemente, disagio e angoscia, tanto più che i matrimoni “terapeutici” sembrano doversi escludere, e che la procreazione, da parte di questi soggetti, viene fortemente sconsigliata, affinché non si trasmettano ai figli le stesse tendenze dei genitori. Consiglio che non verrebbe dato se l’omosessualità fosse considerata come una deviazione sessuale, sì, ma in qualche modo accettabile.
Dobbiamo concludere che Kenneth Walker non era uno studioso, non era nemmeno una persona seria, ma un pericoloso cialtrone e un presuntuoso ignorante? Oppure che, nell’arco di alcuni decenni, la benda è caduta dagli occhi degli studiosi e degli uomini di cultura, nonché alle persone comuni, e che l’omosessualità, nel giro di pochissimo tempo, miracolosamente è stata promossa da deviazione e da inversione a orientamento sessuale perfettamente normale e tanto lecito e dignitoso, quanto l’attrazione fra uomo e donna? Se sì, allora bisogna ammettere che il Medioevo (nel senso negativo della parola) è finito solo ieri, per nostra fortuna; se no, dobbiamo trarne la logica conclusione che un nuovo Medioevo è sceso su di noi, l’oscurantismo della modernità, altrettanto foriero di vieti pregiudizi, e sia pure di segno diametralmente opposto a quelli che imperversavano in passato. Ma chi o che cosa ci fornisce la garanzia che la cultura contemporanea sia nel giusto, mentre quella di solo pochi decenni fa brancolava nel buio dell’ignoranza?
Ma la questione, come dicevamo, non è solo, o non è affatto, di tipo medico; è, prima di tutto, morale e sociale. Cosa hanno da dire i filosofi, i teologi, gli studiosi di etica, nonché sociologi e psicologi? Cosa hanno da dire preti e vescovi, cosa hanno da dire i cristiani, cosa ha da dire il Magistero dei pontefici? A quanto pare, tutti o quasi tutti, hanno riconosciuto la liceità e l’assoluta normalità dei comportamenti omosessuali. Severe sanzioni giuridiche sono previste, in moltissimi Paesi occidentali, nei confronti di quanti si permettono di avanzare riserve o di esprimere giudizi negativi sulla pratica omosessuale. Due inoffensivi predicatori cristiani, che leggevano passi della Bibbia nei quali tale pratica viene condannata, sono stati arrestati e condotti in prigione, identificati, diffidati dal giudice dal reiterare simili comportamenti, pur avendo essi dichiarato di non avere alcuna animosità nei confronti delle persone omosessuali, ma di attenersi all’insegnamento del Vangelo, particolarmente della Lettera ai Romani di san Paolo. Tali fatti sono accaduti a Londra, la capitale di una nazione che ha fatto della libertà di pensiero, di espressione, di stampa e di associazione, uno dei suoi principi-cardine; e una nazione che, sino a pochi decenni fa, puniva l’omosessualità con il carcere. È accaduto quel che si verifica al termine di una rivoluzione. Coloro che, prima, andavano in prigione, ora sono acclamati come i campioni della libertà; e per coloro che eseguivano, o approvavano, tali condanne, è venuto il tempo di essere, a loro volta, zittiti e condannati. Un vero e proprio capovolgimento di prospettiva – e anche di ruoli.
Ma cosa hanno da dire gli intellettuali, davanti a questa rapida rivoluzione sessuale? Oh, quello che dicono sempre gli intellettuali moderni, da che esistono: suonano il piffero per gli ultimi arrivati al potere; proclamano giusto, vero e buono ciò che viene dichiarato tale dai poteri forti, e ratificato come tale dalla maggioranza, ormai assuefatta ad andare, come un gregge di pecore, là dove la conducono i pastori, vale a dire i mass-media; e, quanto ai vescovi e ai preti, molti di costoro stanno facendo esattamente la stessa cosa. Approvano i risultati della rivoluzione, santificano e benedicono ciò che ieri condannavano severamente, senza tanti giri di parole. Dunque, anche per la Chiesa e dentro la Chiesa, vi è stata una rivoluzione? Parrebbe proprio di sì; e lo si vede anche da questo: da ciò che attiene alla sfera dell’etica e dei “diritti” della persona. Le maglie di questi ultimi si sono immensamente dilatate anche per una parte della Chiesa. Essa ha cessato di porsi come la custode di un codice etico assoluto, perché fondato sulla Legge divina; si è fatta portatrice di un’etica del relativo, che viene incontro ai desideri degli uomini, anche se in contrasto con il Vangelo e con quello che era, fino a ieri, il Magistero ecclesiastico.
Ma a chi bisogna credere, allora? Ai papi, alle encicliche, al catechismo di qualche anno fa, o a ciò che molti esponenti della Chiesa cattolica dicono oggi? Per quale ragione dovremmo pensare che le posizioni attuali siano più giuste di quelle tradizionali? La verità di cui il cristianesimo si fa banditore, non è forse la Verità eterna e immutabile? Perché mai, allora, ciò che fino a ieri era considerato un peccato mortale, ora viene benedetto da molti preti, che tengono addirittura dei corsi di consapevolezza per persone omosessuali, in modo da accompagnarle a vivere liberamente, e anche cristianamente (con buona pace della contraddizione) le loro inclinazioni sessuali? Se la Chiesa, fino a ieri, diceva cose assurde e prive di carità, perché la Chiesa di oggi non lo riconosce francamente? Perché non dice: «Ragazzi, abbiamo sbagliato tutto: dimenticatevi ciò che per duemila anni abbiamo insegnato; era solo uno scherzo, un malinteso». L’omosessualità non è più un grave disordine morale, e la pratica omosessuale non è più un peccato? Non è più uno dei quattro peccati che gridano vedetta davanti a Dio, come insegnava non un prete qua e là, ma il catechismo della Chiesa cattolica? Ce lo dicano, per favore. Dicano che era tutto uno scherzo, un errore. Altrimenti tutti questi intellettuali, tutti questi legislatori, tutti questi parlamentari, tutti questi pensatori, tutti questi preti e vescovi odierni che, in nome del relativismo, proclamano non esservi alcuna differenza fra un uomo e una donna che vogliono unirsi in matrimonio e avere dei bambini, e due uomini o due donne che pretendono di parodiare il matrimonio e procurarsi dei figli con espedienti artificiali più o meno ripugnanti, come l’utero in affitto, non sono che dei tristi buffoni…
Hanno scelto il Male. E’ questa la diagnosi censurata.
Alcuni lettori insistono perché dica la mia sui due trucidi assassini del loro coetaneo, attratto con la promessa di un rapporto sessuale ben pagato, 100 euro. Scusate, vorrei esimermi; già torme di mosconi e tafani, attratte dallo sterco e dalle carogne, a sciame vi hanno raccontato tutto; son contento di non essere più nel mestiere attivo di questo giornalismo. Del resto, è così chiaro. Ma, fateci caso, la sola cosa chiara da dire, è quella che tacciono tutti: i tafani, le mosche stercorarie, i mosconi attratti dalla putrefazione. Svolazzano a intervistare lo psichiatra famoso, che spieghi lui come hanno potuto far questo:e lo psichiatra ovviamene annaspa. Sa benissimo che la sua pretesa scienza non ha le categorie per definire questo, non è una patologia che di trova nel Manuale Diagnostico-Statistico. Si intuisce che lo psichiatra vorrebbe dire la definizione giusta, ma si trattiene: non appartiene alla scienza moderna, né tantomeno è una categoria che si può evocare nella società liberata e postmoderna. La parola sulla punta della lingua è: il Male. Quei due non sono malati, sono giovanotti trucidi e sanissimi. Solo, hanno aderito al Male. Con scelta volontaria, in piena lucidità.
“Giovedì sono usciti in macchina per fare un giro, per cercare una vittima da sacrificare, fino a quando la scelta è caduta su Varani, che Prato già conosceva negli ambienti dei locali notturni. Quest’ultimo avrebbe telefonato al ragazzo proponendogli 100 euro per un incontro sessuale nell’appartamento. Decine di ferite, da punta e taglio, hanno devastato il volto e il collo. . Ucciso Varani, Foffo e Prato hanno ripulito la scena del delitto – il pavimento della camera da letto e il bagno – fatto sparire gli abiti della vittima e il suo telefonino. «Poi abbiamo passato la giornata e dormito con il morto in casa». Volevano provare l’effetto che fa uccidere uno, uno qualunque.
La loro scelta deliberata per Satana è visibilissima nelle loro foto, nei loro orribili “profili Facebook”, specchio del narcisismo più velenoso: trucidi belloni, si atteggiano a modelli – come i modelli degli abiti di Armani e di Versace, gente di quel mondo, ragazzi di vita benvestiti e palestrati, il peggiore dei due un bisessuale: meno per inclinazione che per depravazione, per espandere il limite del male di cui godere. Gente che ha voluto il Male in quanto tale, per sé, con purezza. Per capire la loro patologia, bisogna fare riferimento alle categorie di ben altra scienza che quella del DSM 5. La scienza che dice: “Chi fa’ il peccato è schiavo del peccato”. Non si evochi, qui, la categoria della possessione: sì, può esserci anche questa – ma come effetto secondario: il punto è che costoro si sono fatti possedere, hanno chiamato Lui, perché diventasse padrone delle loro anime. E’ ovvio che finisca in omicidio: Lui è “Omicida fin dall’inizio”
Omicidio gratuito: la sapeva bene Dostoyevski, che ha esplorato fino in fondo queste anime. Nei Demoni, in Delitto e Castigo, l’ assassinio gratuito è la firma dei super-uomini che si sentono immensamente liberi e superiori, e solo dopo – col cadavere e il sangue da pulire – si rendono conto di essere stati schiavi: non di aver vissuto, ma di essere stati vissuti, “agiti” da Un Altro.
Ha colto l’orrore di quella scelta assoluta il procuratore che ha chiesto 26 anni per il tizio della coppia all’acido, Alexander Boetcher: “rapporti interpersonali segnati da sadismo, narcisismo, antisocialità”, “un figlio di papà che fa il mantenuto e si atteggia a dio, come lui dice di sè stesso, con le donne con cui ha a che fare”. Anche di lui, la il profilo face book, dice tutto: trucido bellone da sfilata di moda, che tatua le sue amanti e le marchia, strappa il collo a galline e posta il tutto in video.
E poi c’è l’altro, quel De Filippi che ha ammazzato la professoressa che aveva sedotto, in combutta col suo amante maschio cinquantenne: anche lui bisessuale amorale, anche lui il dio di se stesso in forma di maschietto di vita e di ragazza di vita, la boccuccia imbronciata come ha visto nei video porno, senso di onnipotenza personale. “Se Dio non c’è, allora tutto è permesso”, dice un personaggio dei Demoni, Aleksei, e per dimostrare la sua libertà si spara un colpo di rivoltella. De Filippi, Boetcher, i due ributtanti uccidono altri, Ma possono uccidere se stessi con la stessa indifferenza: Marc Prato, uno dei due (il peggiore) dopo l’omicidio è andato in albergo per finire i suoi giorni. Allo stesso modo, nei Demoni, Stavroghin — il giovane ricco, annoiato e immorale, che ha un orribile segreto, la cui sola entrata in una stanza provoca nei presenti quel senso di gelo inconfondibile, si impicca alla fine in una stanza d’albergo in Svizzera. Posson farlo perché si vivono solo come corpi, sono solo corpi , senz’anima.
Stanno diventando sempre più numerosi, questi piccoli Nietszche delle periferie e della modernità. Sono il tipico prodotto di una società che ha cancellato nelle coscienze, e anzitutto in sé stessa, la distinzione fondamentale: che l’uomo sceglie fra Bene e Male, e la scelta del Male è peccato e colpa, e porta rovina.
Persino la Chiesa ha abbandonato quella scienza antiquata. Non ci sono più colpevoli, la misericordia avvolge tutti, Cristo non giudica, chi sono io per giudicare? Così sono venute meno tutte le difese. No, Cristo giudica; no ogni uomo sorvegli se stesso, per vedere a chi si dà schiavo. Si deve imparare, però.
Forse molti crescono così perché non sono più battezzati? “Rinuncio a Satana, alle sue seduzioni, alle sue opere”, la protezione sacramentale non è stata pronunciata a nome loro da nessun padrino credente. Una generazione abbandonata ai suoi satana interiori, alle sue voglie, al “tutto è permesso” perché Dio non c’è. I “social media” aumentano le occasioni di Male, la rendono precoce. E per ogni bambina dodicenne corrotta, per ogni ragazzino che perde la purezza, sono piccole luci che si spengono. Lui sta spegnendo le luci, e così può dominare nel mondo per la sua definitiva dittatura sull’uomo.
E tutto così chiaro, se si vuol vedere. La Merkel che dà 20 miliardi a Erdogan perché si tenga i profughi che aveva prima chiamato, ma che ora gli fanno perdere le elezioni; il ministro Schauble che nega ogni aiuto alla Grecia, “Non confondiamo il suo debito con la questione migranti, teniamo distinte le due cose”, solo – abbiamo finalmente il coraggio di dirlo – fanno l’opera del Principe d Questo Mondo, e lo sono volontariamente. Questi sono disposti a regalare al turco i miliardi che hanno risparmiato per i greci negandoli a questi fratelli europei. Che ne dite?
Direte che esagero. Ma sveglia! Sono anni ed anni che il Male devasta paesi interi nel mondo, uccide un milione in Irak, mezzo milione in Afghanistan, ora in Libia, in Siria. E’ forse qualcosa di logico, ancorché machiavellico? Ciò supera le ragioni geopolitiche, anche le più ciniche. E’ un fine in sè.
Il prezioso sangue
Ho davanti agli occhi le foto delle due suorine di Madre Teresa trucidate per la fede nello Yemen. In Yemen, capite. Da cui tutti scappano se possono, e loro erano lì. Curavano degli anziani musulmani, malati, di quelli che nessun musulmano curerebbe, se non è un suo familiare. Scusatemi, hanno dimostrato la superiorità di Cristo sull’Islam, su qualunque altra religione. Quando ho visto queste suorine andare sempre affaccendate nelle strade di Calcutta, o della Ucraina di prima a lavare malati vecchi e cattivi, o negli orridi sobborghi di New York dove erano le sole a rendersi cura dei malati di Aids, le ricchissime checche che improvvisamente tutti gli amanti abbandonavano – ho sempre pensato: non corrono alcun pericolo. Sono protette, anche agli occhi di chi non crede, dalla loro stessa innocuità, dal loro inerme sorriso. Chiunque dica: “Il Dio di Madre Teresa non è il mio dio” condanna se stesso. Chi può essere così stupido nella malvagità?
In Yemen dei wahabiti in uniforme l’hanno fatto. Le hanno ammazzate con i loro assistenti e pazienti. E il Papa? Vi sembra normale quel che ha detto su quelle sorelline uccise? “Queste persone sono vittime dell’attacco di quelli che li hanno uccisi (sic) e anche dell’indifferenza, di questa globalizzazione dell’indifferenza, a cui non importa”. Non ha avuto il coraggio di dire il nome “di quelli che li hanno uccisi”, né la religione, né che sono morte per la fede. Per lui sono state uccise “dall’indifferenza globale”. Voleva dire: dal fatto che non sono comparse sui giornali e i tg?
E’ questo che conta? Per lui forse. Per loro no.
Riguardo le foto. Due sorelline giovani, dai piedi scuri del Terzo Mondo. Si vede che avevano i grembiuli a quadri delle serve, delle badanti, per non sporcare i sari – ne hanno solo due, uno lo indossano l’altro lo lavano, e lo cambiano ogni giorno. Sari di poco prezzo, grembiuli di poco prezzo, il cibo che mangiano è di poco prezzo: tutto è di poco prezzo nella loro vita. Tranne il sangue che hanno versato. Questo sangue è detto prezioso. Non è una parola a caso: anche nel Buddhismo si prega il “Prezioso Signore”, il Buon Pastore. E’ una parola che ogni teologia seria, che ha scelto il Bene, trova spontaneamente. Indica la natura di gioiello, di diamante e di rubino; allude alla essenza minerale incorruttibile, rara, trasparente e inestimabile, di quel sangue che viene sparso senza alcun risparmio, invece di essere tesaurizzato.
Mai il sangue dei martiri ha fatto notizia sui giornali, o Papa. Sono sempre morti dimenticati, nessuno a difenderli, nessuno a raccontare. I mosconi e i tafani non sentono l’odore di quel rubino, di quello zaffiro e diamante di chi ha rinunciato a Satana, alle sue seduzioni alle sue opere. La sua morte è umile come la sua vita indifesa, come la Giacinta di Fatima che a nove anni morì “per salvare le anime dall’inferno” in un ospedale d Lisbona,fra quegli odori di ospedale dei poveri, senza mamma e senza papà. E senza giornalisti a dare la notizia. “Ora ne salverai tanti, Gesù, perché ho fatto un sacrificio molto grosso”, disse una volta in quel lettino. Aveva conquistato dei diritti su Dio.
L’Altro, il nemico, invece, sa benissimo dove colpire. Non poteva tralasciare le sorelline di Madre Teresa. Sta avanzando, sta spegnendo tutte le luci ad una ad una – le luci sacramentali, le luci della Presenza Reale, le luci di coloro che hanno rinunciato, ed ogni giorno rinunciano, alle sue seduzioni e le sue opere.
E tutti fanno finta di non accorgersi di questa avanzata. Tra i pochi, sono lieto di poter citare uno che per formazione dovrebbe essere lontano da questo genere di sapienza e sensibilità : è Giulietto Chiesa. Su Facebok, ha postato questo
…
MESSAGGIO AI NAVIGANTI
Mi arrivano messaggi inquietanti, anche dalla cronaca quotidiana. Segni di vero e proprio impazzimento dei singoli. E dei popoli (perché da tempo ho capito che i popoli possono uscire di senno, esattamente come gl’individui). In altre epoche succedeva. Ma più raramente. Non posso qui fare esempi, ma ciascuno può trovarli nella propria esperienza.
Ciò che accade in questa epoca è tuttavia molto angosciante. È come se tutti, molti, stessero “perdendo il controllo” di se stessi. Ho una spiegazione possibile (non certa, ma probabile): stiamo entrando ad alta velocità in zone sconosciute della psiche umana, dove le nostre abitudini non funzionano più a difesa dei nostri equilibri. È l’effetto dello choc da “modernizzazione”, da “globalizzazione”. Le tecnologie che abbiamo costruito stanno accelerando con violenza inaudita molte delle nostre funzioni cerebrali. Ma l’evoluzione tecnologica (che si misura ormai sulla scala di pochi anni) non ha nulla a che vedere con i tempi dell’adattamento dell’individuo, che si misurano sulla scala delle centinaia di migliaia di anni, come minimo dei secoli. Per questo, io credo, stiamo diventando sempre più “squilibrati”: a seconda del grado di dipendenza dei fattori “innaturali” che ciascuno di noi (e tutti insieme) stiamo introiettando nella nostra psiche.
Ciò che accade in questa epoca è tuttavia molto angosciante. È come se tutti, molti, stessero “perdendo il controllo” di se stessi. Ho una spiegazione possibile (non certa, ma probabile): stiamo entrando ad alta velocità in zone sconosciute della psiche umana, dove le nostre abitudini non funzionano più a difesa dei nostri equilibri. È l’effetto dello choc da “modernizzazione”, da “globalizzazione”. Le tecnologie che abbiamo costruito stanno accelerando con violenza inaudita molte delle nostre funzioni cerebrali. Ma l’evoluzione tecnologica (che si misura ormai sulla scala di pochi anni) non ha nulla a che vedere con i tempi dell’adattamento dell’individuo, che si misurano sulla scala delle centinaia di migliaia di anni, come minimo dei secoli. Per questo, io credo, stiamo diventando sempre più “squilibrati”: a seconda del grado di dipendenza dei fattori “innaturali” che ciascuno di noi (e tutti insieme) stiamo introiettando nella nostra psiche.
“Stiamo entrando ad alta velocità in zone sconosciute della psiche umana”: ben detto.
l'invocazione del prete sa di bestemmia......Signore pietà di noi peccatori!
RispondiEliminaTalis pater! Anche Ratzinger disse ad Auschwitz la stessa cosa....
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