ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 29 marzo 2016

“Tutti attenti alle cose di quaggiù!?

“ECCLESIA BERGOGLIO” -  ONLUS



L’enciclica, o meglio, il manifesto ‘Laudato si’’ è l’aratro che ha tracciato il solco del nuovo campo dottrinario ecclesiale – l’antropogeocentrismo - e nel cui filo si sta convogliando un’entusiastica e ridicola corsa a chi sparge i più inutili, sterili e perciò tossici semi della paccottiglia ecologista.

Tutti attenti alle cose di quaggiù!”: questo l’ordine ONU che, come è noto, non ama “le cose di lassù” (Col. 3, 1), sicché la Gerarchìa cattolica, colpevolmente invischiata oramai nella panie di una melassa antropologica purulenta e tetra, simile, se non identica, a quella pece dantiana in che sono attuffati i barattieri (Inf. XXI-XXII), e attesa com’è alle problematiche sociali-economiche-politiche-sindacali-alimentari del mondo, non ha esitato a rispondere stracciando la propria carta d’identità vidimata col timbro della trascendenza  e firmata col Sangue di Cristo, ed esibendone una nuova, stampata su cartaccia riciclata dalle scorie e dai rifiuti pagani new age e siglata con i sigilli della cancellerìa massonica. 

Naturalmente, per operare siffatto ribaltamento, la Gerarchìa ha messo mano anche alla revisione dello statuto, che Cristo ha scritto e ratificato con la Sua Croce, rinnegando la natura divina della Chiesa col trasformarla in una delle tante Onlus vaganti in questo mondo contemporaneo che ferve ed esplode di continua e universale solidarietà susseguente alle continue ed universali catastrofi che, guarda un po’, vengono orchestrate proprio per dar luogo alla campagna di filantropìa massmediatica, commerciale. E così abbiamo “Ecclesia Bergoglio – Onlus”.

Quale la causa che ci spinge a metter giù queste considerazioni?
Presto detto: parliamo di un evento che ha visto gli uomini di Chiesa, i suoi prìncipi, dibattere, all’ombra della banale e stolida enciclica bergogliana e sotto l’artiglio vellutato dell’ONU, delle problematiche terrene – clima, ambiente, sviluppo economico, ecologìa, alimentazione – in prona obbedienza al tema imposto dalle Nazioni Unite. Dibattere, come è doveroso da qualche tempo in qua, solo e soltanto sulle cose di quaggiù.


Per dare completa intelligenza di quanto scriviamo e commenteremo, provvediamo a dar visione del riassuntivo comunicato apparso sull’O. R. (Osservatore Romano – 8/3/2016 - http://www.news.va/it/news/il-cardinale-turkson-in-germania-responsabilita-gl):

«Il cardinale Turkson in Germania – 08 marzo 2016. Per superare le attuali crisi sociali e ambientali occorre una rivoluzione culturale; ma questo non significa un rifiuto ingenuo della tecnologìa e dei benefici della società moderna, al contrario vuol dire mettere l’ingegno umano al servizio di un progresso più sano e più integrale”. Lo ha sottolineato il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, intervenendo, sabato 5 marzo, a una conferenza organizzata a Bad Honnef, in Germania, dal ‘Katholisch-Soziales Institut’ dell’arcidiocesi di Colonia. Nella circostanza, l’associazione accademica per la promozione della dottrina sociale della Chiesa, ‘Ordo Socialis’, ha conferito un riconoscimento al cardinale Rodrìguez Maradiaga per il suo impegno contro l’esclusione e la povertà. Tema dei lavori, l’agenda 2030 con i nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs) delle Nazioni Unite. Il cardinale Turkson lo ha riletto alla luce della ‘Laudato si’ con l’invito a ribaltare ciò che il Pontefice chiama i miti della modernità – individualismo, progresso illimitato, concorrenza, consumismo, mercato senza regole – nella prospettiva di una visione più profonda di ciò che deve essere servito dallo sviluppo: cioè l’uomo e la terra che egli abita, affinché la bellezza e la salute del pianeta siano conservate per le generazioni future». 



Vogliamo premettere, a quanto diremo sul trascritto comunicato, che noi abbiamo ben presente la volontà che il Signore Dio manifestò quando, creato l’uomo, lo condusse e lo pose nelle delizie dell’Eden perché se ne servisse e lo custodisse (Gen. 2, 15). Pertanto non apparteniamo alla schiera di quanti sono, per interessi economici o per apatìa culturale, disattenti al creato, alla natura, alla vasta problematica ecologica obbedienti, come ci sentiamo di essere, a Colui che ha affidato all’uomo l’opera delle Sue mani.

Ciò detto, ricordiamo che il peccato originale ha determinato un ribaltamento dei valori al punto che, il paradiso che, per l’uomo, creato immortale, costituiva l’essere in atto connaturato in un vincolo ontologico, quella cioè che rappresenta la vera “casa comune”, con la ribellione di Adamo diventa realtà separata e lontana possibile a rientravi solo con la morte, il dolore e l’espiazione. Sicché la terra, maledetta per colpa di lui, sarà avara dei frutti che solo il sudore della fronte potrà cogliere.

Perciò, mentre nel breve periodo ante lapsum, la dimora dell’uomo era una sola ed unica, il Paradiso in cui Dio passeggiava con lui, con la ribellione dei progenitori si scinde in due realtà: la città di Dio e la città dell’uomo, la casa di lassù  e la casa di quaggiù. La prima quale dimora unica ed eterna, la seconda come precaria e transitoria abitazione.


Questa dottrina, che la Parola di Dio, l’esegesi dei Santi Padri e il Magistero perenne della Chiesa avevano conservato intatta e feconda di frutti, con il così detto ‘aggiornamento culturale’ con l’adesione, cioè, della Gerarchìa all’hegeliano ‘spirito dei tempi’ varato dal CV II, questa dottrina, dicevamo, è stata cancellata con  un’inversione di 180 gradi tanto che il pilota della barca di Pietro, che fino ad allora navigava saldo e sicuro nelle tempeste del mare aperto, tenendo fissa la rotta sulla sua Stella Polare, “su Gesù, autore e perfezionatore della fede” (Ebr.12, 2) e porto finale di approdo, ha modificato le coordinate nautiche puntando, nelle acque tranquille del dialogo, verso illusorie speranze di pace e di concordia terrena per arenarsi, comoda e codarda, nei bassi fondali delle secche e nelle fanghiglie del mondo.

Ed ecco, allora, che il manifesto bergogliano – ci vien difficile definire enciclica tale documento che è soltanto un prodotto di smaccata ideologìa arcobaleno del tutto prona e servile al politicamente corretto – rompe gli argini e si produce in una catechesi laicista che cancella l’attività principe della Chiesa funzionale alla “salus animarum” per affermare la “salus terrae”.

Alla pastorale relativa alle realtà divine e trascendenti, l’attuale Pontefice sostituisce quella relativa alle realtà umane immanenti e contingenti conferendo a queste connotazione di esclusiva e totale priorità.
E sorprende che Papa Bergoglio dichiari (18/2/2016) di non volersi immischiare nella politica quando ogni suo gesto, ogni sua parola, ogni suo documento, ogni esternazione scritta o a braccio, in bassa e in alta quota, ogni omelìa martana ed ogni qual che sia suo pensiero, grondano contenuti e messaggî politici.
Noi non abbiamo dimenticato il suo elogio pubblico rivolto al comunista squadra-compasso Giorgio Napolitano, a colui che nel 1956 applaudì i massacri dell’Armata Rossa in  Ungherìa e firmò, col Comitato PCI, per la condanna a morte di tre patrioti, a colui che condannò a morte Eluana Englaro respingendo il decreto pro-vita presentatogli dal Governo Berlusconi (6/2/2009), al comunista che ha escluso Dio dalla sua vita; non abbiamo dimenticato la sua stima e il suo apprezzamento dedicato alla radicale abortista Emma Bonino, colei che sulla coscienza porta il marchio infame del peccato mortale di plurimo infanticidio, così come non abbiamo dimenticato il paterno conforto portato al perenne digiunatore Giacinto “Marco” Pannella con l’esortazione a riprendere il lavoro suo consueto! Un gran bel lavoro, Santità!

Cosicché, ligio alla sua speciosa ed astuta filosofia del “non intervento”, se ne è stato zitto e defilato nel dibattito accesosi sul vergognoso ddl Cirinnàconvertito poi in legge, quasi che il gravissimo e ributtante peccato di sodomia, elevato a diritto civile, sia per la Chiesa cattolica tema esclusivo, appunto, della cosiddetta società civile e della politica, da lavarsene le mani. Ma questo suo atteggiamento, applaudito dal mondo massmediatico massonico, che si vuol far apparire come formale “rispetto per le istituzioni” – dixit Mons. Galantino – altro non è che segno di uno scellerato patto di comparaggio della Gerarchìa con il regno del principe di questo mondo, reso tenace e stretto dal mastice del relativismo liberale. In una parola: convergenza consapevole sui temi laicisti intrisa di viltà di marca vaticansecondista. In poche parole, il Papa e la Gerarchìa, non esercitando in questa circostanza il proprio e doveroso ufficio di magistero e di monito, hanno condannato le anime, prive del sostegno dottrinario, alla perdizione eterna. Del che dovranno rispondere a Dio al quale non hanno obbedito, come comanda l’apostolo (Atti, 5, 29).
E dovrebbe, l’intero sacro (?) Collegio, rammentare il grido del profeta “Vae mihi, quia tacui” (Is. 6, 5) - guai a me perché ho taciuto – che suona, appunto, senso di colpa e segnale di prossima punizione. Cosa che, diciamola tutta, il medesimo Collegio mostra di non temere convinto, com’è, e della misericordia di Dio dispensata a prescindere e dell’inesistenza del peccato.

Ed ecco, allora, la sempre più frequente e massiccia girandola di baracconi mediatici  di marca cattolica – congressi, giornate di studio, convegni, incontri, conferenze – a cui gli esponenti della Gerarchìa partecipano concionando su ecologìa, sindacati, politiche, lavoro: le “cose di quaggiù”.
E poiché è noto essere, la Conferenza Episcopale Tedesca, di collaudata ed acquisita connotazione cattoluterana – il frutto del cinquantennale dialogo ecumenistico - non poteva la stessa esimersi dal proporsi come avanguardia in tal senso, organizzando quella conferenza di cui sopra abbiamo dato notizia.
E siccome da molto tempo serpeggia, viscido e lusinghevole, un nostalgico rigurgito marxista, non sorprende quell’invito, espresso e rivolto alla società mondiale dal cardinale Turkson, a metter su una “rivoluzione culturale”, che tanto consuona, almeno nell’enunciato, a quella sanguinaria inaugurata da Mao Tse Tung e diffusa dalle sue “guardie rosse” del famoso libretto, allineate e coperte.

Il cardinale, e con lui gli organizzatori, forse ignorano che le rivoluzioni umane, specialmente quelle culturali, sono il soffio di Satana e, nello stesso tempo dimenticano la Vera Rivoluzione, quella che non provoca vittime ma dà la vita, e cioè, la rivoluzione suscitata da Gesù, l’unica che esalta l’uomo, incendiaria sì, ma che parla di amore e di pace, la sola che conduce a Dio.Nulla salus extra Ecclesiam. Invocare invece, come fa il cardinale Turkson, una nuova coscienza, una ‘rivoluzione culturale’  è come dire che il messaggio cristiano, la vera rivoluzione dello spirito che ha trasformato la storia, ha fallito o, quanto meno, dimostra di non possedere in sé il sigillo della verità e dell’efficacia. Diversamente, eminenza, che vorrebbe significare la sua stolida proposta?

E se non è questo il succo del più schietto relativismo, che cosa potrebbe essere?


Noi avremmo accolto con sincera approvazione – ci mancherebbe! – se ilKatholisch-Soziales Institut dell’arcidiocesi di Colonia, e il consociato Ordo Socialis, avessero messo in agenda una lettura approfondita del libro della Genesi per affermare il mondo e l’universo quale creazione della volontà di Dio, rafforzando così il fronte della Verità contro la marea della falsa dottrina evoluzionistica. E, nel contempo, inserire il tema del rispetto dell’ambiente e del ruolo dell’uomo nella prospettiva di “custode della terra”, funzione da Dio a lui comandata ed affidata.
Ma avendo aderito all’agenda panteistica dell’ONU, la quale ha imposto anche alla Chiesa la moda vacua e sterile di impegnare ogni giorno per un tema – sterile diciamo, perché gli effetti, stando alla tragedia continua dell’umanità attuale, non sembrano proprio ottimali, anzi – un tema che contempla solo realtà umane e contingenti, la Gerarchìa ha deciso di starsene a rimorchio del disegno massonico del Nuovo Ordine Mondiale in cui è vietata la presenza di Dio Trinità.
Fondata da Gesù, irrorata dal suo preziosissimo Sangue, illuminata dallo Spirito Santo e “comandata” quale perenne missionaria per diffondere il Vangelo, per battezzare e salvare le anime, Essa viene distolta dal suo ufficio per predicare la cosiddetta “agenda 2030” e gli obiettivi di “sviluppo sostenibile”. E ad evitare che il fedele provi a dissentire da siffatto scopo e a criticare la deriva teologica e pastorale di questo papato, ecco che, quale appoggio di sponda, viene ammannita la furba giustificazione, vera e propria esca che nasconde l’amo, dell’impegno contro l’esclusione e la povertà, quasi a dire che la Chiesa preconciliare se ne sia stata chiusa e inerte nella cerchia delle mura leonine.
Al contrario, perché la Chiesa prevaticanosecondo aveva esteso i “suoi rami sino al mare e le sue propaggini sino al fiume” (Ps. 79, 12) fattasi missionaria e portando l’annuncio della salvezza al mondo, ai poveri e agli uomini di buona volontà, scrollandosi la polvere dai calzari laddove non fosse accetta (Mt. 10, 5/14), mentre la Chiesa di Giovanni  XXIII, di Paolo VI, di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e questa di Francesco I  ha, fàttasi essa mondo col mondo, dismesso l’opera missionaria a vantaggio dello sterile e codardo dialogo interreligioso, metodo che avrebbe anche qualche valore di carattere umanistico se non fosse che, soprattutto con Assisi ’86 e successive analoghe manifestazioni, la Gerarchìa ha sporcato e sminuito la natura trascendente della Chiesa riducendola e abbassandola a fenomeno esperienzial- sentimentale e, nel contempo, elevando le altre confessioni idolatriche, quelle che il salmo 95, 5 definisce sataniche, di pari valore soteriologico. Talché, nella trascorsa domenica delle Palme del 20 marzo, il giovane celebrante, che naturalmente respira questa mefitica atmosfera, ha, nel corso di una scialba omelìa tenuta nella nostra chiesa parrocchiale, sottolineato la bontà delle confessioni che nella loro diversità portano tutte a Dio.

Nella nefasta e sovrabbondante intervista, concessa all’ateo Eugenio Scalfari (La Repubblica 1 ottobre 2013), il Papa, alla domanda quale fosse, secondo lui, il più grave problema della Chiesa contemporanea, rispondeva “la disoccupazione giovanile” e quale, ancora secondo lui, fosse la vera guida etica, affermava “la cognizione soggettiva del bene e del male” con la coscienza personale elevata a tribunale unico e con buona pace dei Dieci Comandamenti. Da questa prospettiva antropologica e contingente, con la sua cosiddetta enciclica Laudato si’, s’è compiuta, per la fede e per la catechesi cattolica, la caduta piombante dalla sfera dello spirito e della trascendenza a quella inferiore della terrestrità degradata, nel territorio dell’immanentismo ecologista del pagano crogiolo new age.
E in questa vistosa traccia vanno, ad esempio, le  esternazioni del cardinal Bagnasco il quale, un giorno sì e l’altro pure, non si stanca di ammonire sul pericolo dell’inquinamento, del riscaldamento globale, della disoccupazione, delle trivellazioni marine, sul terrorismo “anonimo” con qualche peregrino ma raro cenno alla realtà cristiana in senso lato.

Non sarà una sorpresa se, prossimamente, si verrà a sapere che la Santa Sede avrà deliberato di istituire, presso ogni diocesi, un mercato “equo e solidale”, un “centro ascolto sindacale”, un ufficio meteorologico e di monitoraggio per le polveri sottili, un ufficio di collocamento, un ufficio reclami. L’apertura di gabinetti e di bagni, contigui al colonnato di San Pietro, è stata la mossa iniziale.

E quella che era il faro della civiltà, quella che era la fiaccola da ardere sulla cima del monte, quella che era la luce del mondo, la Basilica romana di San Pietro, il 20 marzo di quest’anno, aderendo il Papa all’iniziativa ecologista del WWF, la cosiddetta “Earth hour” consistente nello spegnimento delle luci quale simbolico impegno di lotta contro il “riscaldamento globale” – bufala planetaria, una delle tante partorite dal ventre osceno del Nuovo Ordine Mondiale - dalle ore 20,30 alle ore 21,30 è stata completamente oscurata come un lume sotto il moggio dopo che, precedentemente, la stessa facciata del Maderno  era stata adibita, l’8 dicembre 2015, a schermo per una sequenza eco-zoologica.
Un bel segno dei tempi, non c’è che dire che dichiara la Chiesa Cattolica una delle tante, seppur prestigiosa ONLUS - ONG fate voi -  di stretta osservanza ed obbedienza onusiana.

Sicché, inascoltato il richiamo evangelico “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt. 6, 33), disattesa l’esortazione paolina (Col. 3, 1), gli uomini della Chiesa contemporanea hanno gli occhi rivolti in basso e fissi sulle realtà transitorie e fallaci e le orecchie tese alle sirene della sociologìa, rifiutando le cose belle di lassù, quelle per il cui sommo valore il poeta ammoniva: 

Chiàmavi ‘l cielo e ‘ntorno vi si gira/
mostrandovi le sue bellezze etterne/
e l’occhio vostro pure a terra mira/
onde vi batte Chi tutto discerne” 
(Purg. XIV, 148-151). 
E Colui che tutto discerne, tutto sa, tutto giudica, Colui che castiga e premia, ha già dato corso alla sua Giustizia, ché le tragedie, i massacri e il fiume di sangue di questi giorni ne sono il preludio perché Dio Padre “misericors et miserator” (Ps. 85,15), lento all’ira e sollecito al perdono, è sempre il Signore degli Eserciti, il Dio geloso e vendicativo che resiste ai superbi.

Osservazione: a dimostrazione di come tutta la pastorale bergogliana sia nient’altro che una scenografìa a beneficio di una matta voglia di visibilità mediatica, condita da riserve mentali e da ipocrisìa, sta quell’accenno ai “miti della modernità” – individualismo, progresso illimitato, concorrenza, consumismo, mercato senza regole – che, come recita il comunicato, il Papa addita alla riprovazione.
Ipocrisìa perché?
Perché dietro a siffatti miti stanno le grandi centrali del potere finanziario, mediatico, produttivo, alimentare, culturale, le stesse – vedi il Davos Forum, la B’nai B’erith, Microsoft, il Bilderberg, la Trilateral , le logge massoniche – che il Pontefice regolarmente e sollecitamente riceve in udienza speciale.

E, poi, va segnalata la bischerata di quel riconoscimento che l’Ordo Socialis, di cui sopra, ha conferito al cardinale Rodrìguez Maradiaga quale premio per essersi impegnato a pro degli emarginati e dei poveri. Una celebrazione autoreferenziale suonata e cantata dagli stessi interpreti. Ma non doveva essere, questa virtù, un dovere, una delle funzioni primarie, e d’obbligo, intimamente inerente allo stato di consacrato, passibile, caso mai, soltanto di biasimo in caso di trascuratezza? Il cardinale ha, così, ricevuto la mercede dagli uomini che - parola di Gesù - esclude quella di Dio.


di L. P.
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1450_L-P_Ecclesia_Bergoglio_onlus.html

LA VITA E' UNA MILIZIA

    La vita è una milizia per amare le opere di Dio e smascherare il diabolico relativismo. Una battaglia diuturna, incessante, in cui non c’è posto per gli oziosi, per i deboli, per gl’imbelli in cui non sono ammesse distrazioni 
di Francesco Lamendola  




Ai buonisti inveterati, agli accidiosi pieni di ottime intenzioni, ai credenti della camomilla, occorre ricordare che la vita è una milizia: che ci è data per amare le opere di Dio, studiarle e assecondarle, e per riconoscere, smascherare e combattere le opere del Diavolo, a cominciare dal suo infernale relativismo, il quale, come un serpente che striscia silenzioso, si è introdotto nel giardino della nostra vita interiore e si aggira cercando chi mordere, bramoso d’inoculargli il suo mortale veleno; perché egli è il Nemico, l’odiatore del bene, che ha giurato di allontanare l’uomo dal suo Creatore, la sola fonte che potrebbe assicurargli la pace dell’anima e l’autentica pienezza di vita. – non quella fasulla, precaria e mortifera, foriera d’innumerevoli mali, che il mondo promette con enfasi, mentendo.

Chi non ha capito questo, ha capito davvero poco della vita: è l’unica cosa che valga realmente la pena d’imparare, eppure vi sono persone di trenta, quaranta, cinquant’anni, che paiono lontanissime perfino dall’averne avuto una qualche vaga intuizione. E nondimeno si tratta, almeno in certi casi, di “brave” persone: gente onesta, che paga le tasse e rispetta il codice stradale (e anche il regolamento condominiale); che non ha pendenze con nessuno; che va a Messa tutte le domeniche e, magari, si presta pure a fare un po’ di catechismo in parrocchia. Ciechi, che pretendono di guidare altri ciechi; anime superficiali, distratte, perennemente prese nelle piccole questioni dell’effimero e incapaci di guardare il tutto, di rendersi conto dell’insieme - e anche, bisogna pur dirlo, anime fondamentalmente ignare della santa, profonda, preziosa serietà della vita: di ogni vita, la propria e quella del fiore di campo, che oggi splende coi suoi colori brillanti sulla proda del ruscello, e domani non sarà più.
E allora bisogna ripeterlo sempre, forte e chiaro: la vita è una battaglia diuturna, incessante, in cui non c’è posto per gli oziosi, per i deboli, per gl’imbelli; in cui non sono ammesse distrazioni, perché si pagano a carissimo prezzo, e, purtroppo, le si fanno pagare anche agli altri, a coloro che non c’entrano; e in cui si deve fare una scelta di campo, di qua o di là, senza tentennamenti o rinvii, senza scuse o pusillanimità: perché essere neutrali è già prepararsi a fare la scelta peggiore, quella di chi favorisce il male, e sia pure con le sue omissioni, con le sue piccole viltà, con il suo amore del quieto vivere. E il male si avvantaggia più di questo esercito di pusillanimi, di accidiosi, di buonisti a tempo pieno, che non di malvagi a tutto tondo: perché questi ultimi agiscono, ma tutti quegli altri consentono loro di agire indisturbati. Teniamolo sempre a mente: il buonismo non è qualcosa di simile alla bontà, ma il suo contrario; è la generosità all’ingrosso su qualche cosa che non ci appartiene, cioè il giudizio morale;  il rifiuto di veder le cose come stanno, e di assumerne le conseguenze, in termini d’impegno, decisioni, azione.
Di tutto ciò era profondamente convinto san Massimiliano Kolbe (1894-1941), il francescano che ha promosso una intensa rinascita della spiritualità cristiana nella prima metà del Novecento e che, fra l’altro, ha ispirato il sorgere, mezzo secolo più tardi, dei due rami - maschile e femminile - dei Francescani dell’Immacolata; e che, fautore di un fervente culto mariano, dopo essere stato missionario in Giappone e aver fondato, nel 1927, un grandioso convento a Niepokalanow, in Polonia – il quale, alla vigilia della Seconda guerra mondiale, ospitava un migliaio di persone fra religiosi e seminaristi - coronò la sua ricchissima vita di apostolo della fede con il martirio, offrendosi in sacrificio al posto di un detenuto di Auschwitz, padre di famiglia, che i nazisti avevano destinato alla morte, con altri nove disgraziati, come rappresaglia per l’evasione di un altro prigioniero.
Scrive in proposito il saggista Diego Torre nell’articolo Chiamati ad illuminare le tenebre (sulla rivista Cavaliere dell’Immacolata, fondata da San Massimiliamo Kolbe nel 1922, Bologna, 9 novembre 2014, pp. 4-5):

…. Contenere le tenebre e promuovere la luce. Due azioni che S. Luigi Grignon de Montfort, nel suo “Trattato”, così ben collega, quando parla dei santi degli ultimi tempi: “Questi santi, soprattutto verso la i del mondo, Dio li susciterà per mezzo di Maria, Madre sua, affinché tali anime, piene di grazia e di zelo, oppongano resistenza ai nemici di Dio., che sorgeranno da ogni parte con accanimento. Queste anime avranno una particolare devozione alla Ss. Vergine. Ella le illuminerà con la sua luce, le nutrirà con il suo latte, le guiderà con il suo spirito, le sosterrà con la sua mano, le custodirà con la sua protezione. Combattendo, in certo modo, con una mano, quelle anime spazzeranno via gli eretici con le loro eresie, gli idolatri con le loro idolatrie, i peccatori con le loro empietà, mentre con l’altra mano edificheranno il tempio del vero Dio e la città di Dio. Inoltre, sproneranno tutti, con la parola e con l’esempio, alla vera devozione verso la Madre Divina. Avranno molti emici, ma riporteranno anche molte vittorie e renderanno molta gloria a Dio. Poiché come attraverso Maria ha avuto inizio la salvezza, così pure attraverso Lei la salvezza giungerà a compimento”.
L’amore, la conoscenza, l’imitazione e infine l’identificazione all’Immacolata costituiscono il primo impegno del milite. Bisogna inoltre dispiegare la bellezza ed il fascino della fede cristiana, ma anche della cultura e della civiltà che ne derivano, “studiando contemporaneamente i movimenti anti-religiosi del nostro tempo e le loro fonti, i loro metodi, gli effetti etc.” (scritti di p. Kolbe, S. K. 1327). E precisamente: “Con sforzo comune i membri procurino di conoscere bene le odierne correnti antireligiose, i fondamenti della fede, il socialismo, il bolscevismo, la massoneria, il protestantesimo etc. e imparino ad agire contro di essi” (SK 51).
Così facevano a Niepokalanow, dove la difesa delle anime da una cultura negatrice di Dio e dell’uomo, ne imponeva lo studio e la successiva confutazione.
Ci vuole insomma la gioia di studiare le meraviglie di Dio, ma anche  il coraggio di capire le mosse del serpente; ed andare controcorrente.
Massimiliano ci diede l’esempio, dicendo cose vere, belle, e scomode; creandosi nuovi nemici e convertendone di vecchi; amando e sacrificandosi; e dando infine la vita per una famiglia sconosciuta.
Il mondo è più scristianizzato di 100 anni fa?
La risposta è alla portata di tutti; basta aprire i giornali o accendere la televisione. Lucida e profetica risuona ancora l’ultima omelia (2005) del card. Ratzinger prima di essere eletto Pontefice: “Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le proprie voglie”. Solo “un’ipotesi” verrà proibita con la forza delle leggi, i giudici ed i tribunali: affermare l’esistenza di una verità oggettiva, antecedente all’uomo stesso, che egli può conoscere ma non creare. Chi lo farà sarà un intollerante e in nome della libertà verrà privato della libertà (o della vita). “Dopo avere ‘estromesso’ Dio dalle leggi, dalle famiglie, dai rapporti sociali, questa dittatura opera per aggredire l’uomo nella sua natura e perseguitare la Chiesa”.
È un cerchio che si va sempre più stringendo da tempi ancor più lontani di quelli di Massimiliano. “Il pensiero debole – che è come una malattia – abbassa anche il livello etico generale, e in nome di un falso concetto di tolleranza si finisce per perseguitare coloro che difendono la verità sull’uomo e le sue conseguenze etiche”. (Papa Francesco, 20/06/2014). Oggi in particolare “il nemico attacca tanto la famiglia, il demonio non la vuole e tenta di distruggerla, cerca di fare in modo che l’amore non sia lì… Il Signore benedica la famiglia, la renda forte in questa crisi dove il diavolo vuole distruggerla” (Papa Francesco, 01/06/2014).
Alla persecuzione incruenta si accompagna infine quella omicida. “La persecuzione contro i cristiani oggi è addirittura più forte che nei primi secoli della Chiesa, e ci sono più cristiani martiri che in quell’epoca” (Papa Francesco, 20/06/2014).

Contenere le tenebre, promuovere la luce: questi sono i due movimenti della vita interiore di chi ha compreso quale sia il suo intimo significato: contenere le tenebre e promuovere la luce. A cominciare da se stessi, ben s’intende, perché è cosa troppo facile stare sempre di vedetta sugli spalti, a spiare il nemico esterno, senza prendersi cura di ciò che avviene all’interno della fortezza; ma anche senza tirarsi indietro neppure di fronte alle situazioni dalle quali siamo quotidianamente interpellati, direttamente o indirettamente, a cominciare dalla nostra cerchia familiare, dalle intime amicizie, e poi, via, via, fino ai cerchi più esterni della nostra sfera esistenziale. Fino a quando arriviamo a capire che non vi sono cose o persone così “esterne” che ci chiamino ad un esame interiore, esigente, di noi stessi, meno di quanto possano fare le cose e le persone a noi più vicine.
Quante tenebre vi sono, in fondo all’anima di ciascuno! E quanta luce, se solo trovassimo la chiave giusta per aprire la porta! Ebbene, quella chiave esiste: checché ne dica la dittatura del relativismo, la Verità esiste, la Luce esiste, la Bontà esiste: sta solo in noi trovare, dentro noi stessi, sufficiente umiltà e disponibilità per crederci, e girare la chiave nella serratura. È un atto di fede, certo: perché la porta sembra chiusa, la chiave sembra non combaciare. Troppe cose stridono; tutto congiura per dissuaderci, per scoraggiarci, per allontanarci. Troppe, appunto: per cui l’anima retta, dotata di saggio discernimento spirituale, entra in sospetto: chi o che cosa ha l’interesse a provocare in noi tanto scoraggiamento e a farci allontanare da quella porta, oltre la quale potrebbero esserci la luce e la salvezza? Non solo la fede, ma la stessa ragione naturale, che ci è stata data per riconoscere i tratti essenziali del reale, e per orientarci, a grandi linee, nella foresta intricata della vita, ci suggerisce che deve essere così: che se tutto congiura per tenerci lontani da una possibilità di salvezza, per quanto remota possa, in un primo tempo, apparirci, là bisogna sospettare la presenza di una intelligenza vigile, occhiuta, ma profondamente malvagia, che congiura perché noi restiamo immersi nelle tenebre e finiamo per abbandonarci alla seduzione dell’effimero, del relativo, di ciò che non è permanente; e trarne le debite conseguenze.
La prima cosa da fare è scuotersi, e svegliarsi ben bene. Fino a quel momento, abbiamo dormito della grossa, pur credendoci perfettamente svegli: invece non eravamo altro che dei dormienti presuntuosi. Una volta svegli, dobbiamo impegnarci per tener lontane le tenebre e per favorire la luce, che splende proprio sulla soglia di casa nostra, purché noi le apriamo porte e finestre, e ce ne lasciamo investire gioiosamente. Chi è desto e consapevole, non si lascia più manipolare; non si lascia ricattare da niente e da nessuno, tanto meno dal buonismo sciocco e ipocrita; non si lascia indurre a farsi collaboratore del male, neppure in via casuale e involontaria: perché il male, a quel punto, lo sa riconoscere, anche quando si presenta ammantato di falso bene. Ne sente la puzza, come di un corpo in putrefazione; e la sente da lontano. Questo è il segreto dei grandi santi, delle grandi anime: i quali sanno leggere nel cuore umano come se fosse un libro aperto. E sono arrivati a tanto, perché hanno rinunciato alla tirannia dell’ego, hanno crocifisso il proprio io, e hanno accettato la scommessa di fidarsi interamente, pienamente della Verità, della Bontà, della Giustizia e della  Bellezza. Queste cose non sono valori astratti, ma reali; e hanno un nome: Dio.
Detto questo, bisogna anche saper leggere i segni dei tempi. Viviamo in tempi difficili; forse sono gli ultimi, nel significato biblico della parola. Pare che il male trionfi: tanto più che esso ha l’astuzia di travestirsi con i panni della tolleranza, della comprensione, del buonismo. I malvagi dicono: che cosa facciamo di male? Stiamo solo esercitando dei diritti, stiamo solo domandando libertà. Ma la loro menzogna è evidente, per chi abbia un po’ di discernimento spirituale: perché non esiste la libertà di fare il male, e non esistono diritti che favoriscano o assecondino ciò che è male. Al che, essi subito s’inalberano e soffiano, proprio come il serpente che si accinge a mordere, e chiedono, con arroganza: chi sei tu per parlare del bene e del male? Non sai che bene e male sono morti, fin da quando è morto Dio? E invece mentono, perché il male si alimenta sempre della menzogna e genera altre menzogne: fino a che esisterà l’uomo dotato di libero arbitrio, bene e male vi saranno sempre...

La vita è una milizia per amare le opere di Dio e smascherare il diabolico relativismo

di Francesco Lamendola

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