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Si apre una questione importantissima che è quella della lotta per la libertà di ricerca e di pensiero.
L’ordine degli psicologi cerca di intimidire coloro la pensano in modo diverso dal politically correct, la loro battaglia è la nostra.


Che i vari ordini professionali degli psicologi stessero impiegando la loro autorità per impedire la partecipazione di loro affiliati ad iniziative nelle quali si accennasse anche solo all’esistenza di una teoria del gender era noto da tempo, ma si trattava di notizie che restavano all’interno di una ristretta cerchia di persone direttamente interessate.
Ma si tratta di una minaccia alla libertà di ricerca e di pensiero che va oltre il caso specifico degli psicologi, si tratta di un tentativo di intimidazione che se dovesse avere successo potrebbe riguardare subito dopo la categoria degli insegnanti e quindi indirettamente le famiglie e la loro possibilità di esercitare il diritto di educazione dei propri figli.
La situazione degli psicologi italiani è stata denunciata pubblicamente con un articolo pubblicato dallo psichiatra Tonino Cantelmi sul quotidiano Avvenire “Omogenitorialità liberi di dissentire?” sul quale tra l’altro si legge:
la faccenda è grave: sembra quasi che uno psicologo oggi non sia un cittadino libero di esprimere le sue opinioni, e soprattutto non sia un ricercatore libero di mettere in discussione alcuni temi sui quali l’Ordine ritiene di aver espresso un giudizio inappellabile A onor del vero alcuni procedimenti, peraltro iniziati sulla base di esposti copia-incolla chiaramente strumentali, si sono risolti in una bolla di sapone: lo psicologo aveva pienamente diritto di dire la sua opinione e la commissione deontologica lo ha riconosciuto. Ma l’intimidazione esercitata dagli autori degli esposti è riuscita perfettamente.
Quello stesso psicologo, per certo, si sottrarrà a ulteriori dibattiti.
Va sottolineato che oltre al diritto alla libera opinione su questioni scientifiche, il modo di procedere in questione tende a decretare in modo coercitivo quali teorie siano giuste e quali sbagliate a dispetto di una mole di evidenze che indurrebbero quantomeno ad un atteggiamento ben più prudente:
A essere onesti, esaminando tutta la letteratura scientifica sul tema, emerge che la maggior parte delle affermazioni oggi circolanti siano imprudenti perché la maggior parte degli studi sono stati condotti con modalità sbagliate, metodologie non sempre corrette e conclusioni azzardate. In definitiva, sulla base della letteratura scientifica l’unica affermazione corretta a mio parere è questa: non è possibile affermare che la letteratura scientifica si sia pronunciata in modo chiaro, univoco e definitivo, e non è possibile affermare con certezza che lo sviluppo di bambini cresciuti in contesti omogenitoriali sia equivalente a quello dei bambini cresciuti in famiglie eterosessuali.
Non si tratta quindi di sostenere il diritto di fare una qualsiasi arbitraria affermazione, ma di quello di esercitare una critica competente ad una teoria. Tutto il mondo scientifico dovrebbe sobbalzare di fronte a iniziative di questo tipo, ma invece quello che emerge è un disinteresse che danneggia in primo luogo la scienza stessa alimentando l’idea che essa sia facilmente asservibile alle esigenze di un qualsiasi potere in grado di far sentire la propria pressione.
Pieno sostegno dunque agli psicologi oggetto delle operazioni di intimidazione, un passo concreto in tal senso è la costituzione di pool di avvocati che in modo disinteressato difenderanno il loro diritto alla libertà di espressione.
E un grazie agli psicologi che si sono esposti e si esporranno liberamente sull’argomento, con l’impegno che se dovesse venire il turno dei docenti o altre categorie a subire analoghe intimidazioni e pressioni, sfideremo a nostra volta divieti e ingiunzioni.

L’ “Associazione Psichiatrica Mondiale” rinnega la scienza e si piega al “gender diktat” globale


(di Rodolfo de Mattei suOsservatorio Gender) Nelle ultime settimane, i media di tutto il mondo hanno dato grande risalto alla notizia della forte presa di posizione a favore dell’omosessualità e della “fluidità sessuale” da parte dell’ “Associazione Mondiale degli Psichiatri” (WPA) attraverso la pubblicazione di un inequivocabile documento di azioni pratiche a sostegno delle persone omosessuali, lesbiche e transgender dal titolo WPA Position Statement on Gender Identity and Same-Sex Orientation, Attraction, and Behaviours.
Nel testo introduttivo alle 6 azioni da mettere in atto, la “WPA” premette la “normalità” del concetto di orientamento sessuale, inteso come scelta sessuale libera ed indifferente, precisando che essa, insieme con altre organizzazioni internazionali, “considera l’orientamento sessuale come qualcosa di innato e determinato da fattori biologici, psicologici, di sviluppo e sociali”.
La classe psichiatrica – avvertono gli estensori del documento – ha l’importante compito di assumersi una responsabilità di fronte al 4% delle persone che attualmente si identificano con un orientamento verso lo stesso sesso (ad esempio, gay, lesbiche, bisessuali e gli orientamenti) e ad un altro 0,5% che rivendica un’identità di genere diverso dal genere assegnato alla nascita; una popolazione complessiva che a livello globale, equivarrebbe, sempre secondo la “WPA”, a più di 250 milioni di individui.
Per l’Associazione Psichiatrica statunitense il dibattito scientifico sul tema è chiuso. Tutti i dubbi sarebbero infatti ormati fugati dalle pronunciazioni ufficiali in proposito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1992 e del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite nel 2012 che hanno poi trovato la loro applicazione e legittimazione concreta all’interno dei due principali manuali di diagnostica e di classificazione delle malattie e dei disturbi mentali: l’International Classification of Diseases (ICD) pubblicato dall’OMS e ilDiagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM), redatto dall’American Psychiatric Association (APA).
Nell’elenco di azioni proposte, l’ “Associazione Psichiatrica Mondiale”, dopo aver sottolineato il valore e il contributo prezioso della popolazione LGBT alla società nel suo insieme, al punto 3, ribadisce la “normalità” del comportamento omosessuale, denunciando la presunta inutilità e inefficacia delle “terapie riparative”:
«la WPA considera attrazione verso lo stesso sesso, l’orientamento e il comportamento, come normali varianti della sessualità umana. Riconosce la causalità multifattoriale della sessualità umana, orientamento, comportamento e stile di vita. Si riconosce la mancanza di efficacia scientifica dei trattamenti che tentano di cambiare l’orientamento sessuale e mette in evidenza i danni e gli effetti negativi di tali “terapie”».
Il successivo punto 4, ripropone un “classico” del pensiero gender ed omosessualista per il quale i mali, le insicurezze e le sofferenze degli omosessuali sarebbero tutti da imputare esclusivamente alla cosiddetta “omofobia interiorizzata”:
«La WPA riconosce lo stigma sociale e la conseguente discriminazione delle persone con persone dello stesso sesso, per orientamento sessuale o identità di genere transgender. Il WPA riconosce che le difficoltà che devono affrontare sono una causa significativa della loro angoscia e prevede la fornitura di un adeguato sostegno della salute mentale».
Al punto 5, il documento sostiene la necessità di “riconoscere i diritti LGBT di inclusione quali i diritti umani, civili e i diritti politici” e supporta la richiesta di un’incisiva legislazione anti-bullismo e contro la discriminazione, nonché la promulgazione di norme a favore dell’occupazione e dell’alloggio per gli individui omosessuali, così come di una legge contro l’omofobia che contrasti i crimini d’odio e che preveda sanzioni penali avanzate adeguate per punire coloro che esprimono violenza e pregiudizio nei confronti delle persone LGBT.
Infine, al sesto ed ultimo punto, l’ “Associazione Psichiatrica Mondiale” si rivolge direttamente al settore della ricerca e dello sviluppo di interventi medici e sociali affinché supportino con la loro capacità ed influenza la completa salute mentale delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender.
L’Associazione Psichiatrica Mondiale sfrutta dunque la propria posizione di potere per imporre il diktat ideologico e anti scientifico richiesto dalle potenti ed onnipresenti lobby omosessualiste. Con la pubblicazione e diffusione di tale documento, la “WPA” contribuisce alprocesso di disinformazione globale sul tema dell’omosessualità, ignorando o fingendo di ignorare i tantissimi studi scientifici seri in materia che attestano la verità e i gravissimi danni derivanti dall’adozione del perverso stile di vita omosessuale.
La psicologia e la psichiatria, influenzate dall’attivismo LGBT, hanno abdicato al lorodovere professionale e deontologico, finendo per spostare la questione dell’omosessualità dal tradizionale piano oggettivo ad un piano puramente soggettivo. Una prospettiva distorta per la quale, oggi, il problema non è più rappresentato dall’omosessualità in quanto tale, ma dalla percezione personale di essa da parte del singolo individuo.
In un mondo capovolto, lo stigma sociale nei confronti dell’omosessualità e, poi, l’omofobia interiorizzata sono divenuti le vere cause del malessere delle persone omosessuali e, in conseguenza di ciò, la soluzione proposta è stata quella di costruire un diverso clima culturale, atto a far sentire finalmente “normali” coloro con pulsioni sessuali “anormali” verso persone dello stesso sesso.
Una soluzione chiaramente ideologica, presa in nome del principio di non discriminazione, che, paradossalmente, nella realtà, ha finito per abbandonare al loro involontario e insoddisfatto destino i tantissimi omosessuali in lotta con i propri istinti. Questa censura meramente ideologica nei confronti delle terapie riparative fu denunciata da alcuni onesti e autorevoli psichiatri come Robert Perloff (1921-2013), ex presidente dell’“American Psychological Association”, che al congresso del NARTH del 2004 dichiarò senza mezzi termini:
«L’individuo ha il diritto di scegliere se accettare o no un’identità gay. La scelta spetta a lui o a lei, non a un gruppo di pressione guidato dall’ideologia. Scoraggiare gli psicoterapeuti dal prendere in cura quanti vogliono cambiare è contro la ricerca, contro lo studio e contro l’etica della ricerca della verità».

http://www.corrispondenzaromana.it/notizie-dalla-rete/l-associazione-psichiatrica-mondiale-rinnega-la-scienza-e-si-piega-al-gender-diktat-globale/

I maschi usino il bagno dei maschi”: la legge che scandalizza la lobby Lgbt


Cosa sta accadendo in North Carolina? Semplicemente la morte del buon senso. E’ stata infatti approvata una legge in cui si specifica che i bagni pubblici vanno divisi in maschili e femminili e chi è nato geneticamente maschio non può accedere al bagno femminile, e viceversa.
Ciò che stupisce non è tanto l’ovvietà di tale legge, ma il fatto che le associazioni Lgbt e diverse multinazionali -come Apple, Twitter e Paypal, Disney, Google, American Airlines ecc.-, si siano ferocemente opposte, affermando che non bisogna discriminare e va permesso ad ogni individuo di scegliere il servizio igenico che vuole e che “si sente” di utilizzare.
La decisione di istituire questa legge è nata dopo la diffusione di casi in cui transessuali geneticamente maschi, o maschi che fingevano di essere transessuali, hanno approfittato della società gay-friendly americana per introdursi tranquillamente nei bagni femminili, arrivando a molestare sessualmente donne e bambine. Tra i casi più famosi c’è quello di Christopher Hambrook, un maniaco sessuale che ha deciso di fingere di essere un transessuale donna per potersi avvicinare ai luoghi frequentati dal sesso femminile, violentando quattro donne. «Chiunque poteva accedere ai bagni del sesso opposto. Tutto quello che doveva fare era affermare che il suo vero genere non era quello biologico», si legge sul National Review. «Lo scopo della legge è di garantire che le persone, soprattutto donne e bambini, possano utilizzare bagni pubblici e spogliatoi, senza essere esposti a persone di sesso biologico diverso. Si chiama buon senso».
L’Università di Toronto ha dovuto sospendere, almeno temporaneamente, le sue “politiche inclusive e non discriminanti” sull’uso dei bagni gender per le persone transessuali, dopo che alcune studentesse sono state molestate e videoriprese in momenti intimi da parte di alcuni studenti. Si sta quindi pensando di creare servizi igenici destinati solamente agli uomini che si identificano come donne, ma così si discriminerebbero i transessuali donna che si sentono uomni, anche loro necessitano di un bagno esclusivo. Così facendo, tuttavia, si violerebbero i diritti di Nano, la giovane donna che si “sente nata in un corpo sbagliato” e ritiene di essere un gatto. Servirebbe dunque creare una lettiera pubblica per felini a misura di esseri umani, e così via per accontentare ogni tipo delle più svariate “auto-sensazioni”. Siamo alla follia.
Nota di folklore: il più attivo contestatore della legge del North Carolina si chiama Chad Sevearance-Turner, presidente della Charlotte’s LGBT Chamber of Commerce. Ha dovuto dimettersi dopo che si è scoperto essere lui stesso un molestatore sessuale, condannato nel 2000 per pedofilia.
Tutto questo dimostra che le conseguenze sociali, una volta approvate le istanze Lgbt, sono anche concrete, arrivando a recare danno e discriminazione verso gli altri cittadini. La domanda “a te personalmente cosa cambia” se vengono istituite le nozze gay o accettate le richieste dei transgender, è fallace, poiché viviamo in un’unica società e ogni legge, lo insegnavano già gli antichi Greci, crea costume e condiziona la vita di tutti. Senza considerare che alla persona che pone tale quesito, non cambierebbe personalmente nulla nemmeno se venissero legalizzati ed istituiti la poligamia, l’eugenetica, l’incesto, la clonazione umana o la creazione di ibridi uomo-animale. Eppure, molto probabilmente, sarebbe ad essi comunque contraria.
“Ciò che cambia” con l’introduzione del matrimonio omosessuale è la distruzione delle fondamenta del matrimonio e, quindi, della famiglia costituzionalmente intesa, con ricadute su tutti. “Ciò che cambia” nell’accettare le richieste sociali delle persone transessuali è innanzitutto farsi complici -come ha ben chiarito lo psichiatra P.R. McHugh, professore emerito di Psicologia presso la Johns Hopkins University School of Medicine- di persone affette dal disturbo dell’identità di genere, patologia inserita nel Manuale di Classificazione dei Disturbi Mentali dall’American Psychiatric Association (APA), quindi confuse nella loro capacitá di intendere e volere rispetto alla loro identitá. In secondo luogo, esistono anche conseguenze concrete e discriminanti per tutti gli altri cittadini, come insegna il caso del North Carolina.
http://www.uccronline.it/2016/04/08/i-maschi-usino-il-bagno-dei-maschi-la-legge-che-scandalizza-la-lobby-lgbt/


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 RM 1, [26]Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. [27]Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s'addiceva al loro traviamento. [28]E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d'una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, [29]colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d'invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, [30]maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, [31]insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. [32]E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa.
Finiremo così anche noi?
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di Rodolfo de Mattei
Il “gender diktat” colpisce ancora. Lo Stato americano della Georgia è stato infatti messo platealmente sotto ricatto dalle due grandi case di produzione cinematografiche statunitensi, “the Walt Disney Co.” e “Marvel Studios”, a causa di una proposta di legge ritenuta discriminatoria nei confronti dei gay. I due colossi del cinema e dei fumetti, prontamente appoggiati dalla potentissima lobby gay internazionale, si sono detti pronti a boicottare la Georgia nel caso la legge venisse definitivamente approvata. Grazie alle generose e convenienti politiche fiscali attuate dallo Stato del sud-est degli Stati Uniti, molte case cinematografiche hanno infatti scelto il territorio georgiano come loro location di produzione. Tra queste vi è anche la “Disney”, che recentemente ha girato in Georgia Captain America: Civil War e che al momento sta filmando Guardiani della Galassia 2. Nel caso passasse la legge “omofoba”, questa l’aperta minaccia, essi sposteranno immediatamente il loro business altrove.
La proposta di legge al centro delle polemiche, approvata lo scorso 17 marzo, prevede che individui ed organizzazioni religiose possano, in nome della “libertà religiosa”, rifiutarsi di fornire servizi ai gay per non violare personali “convinzioni sincere” riguardo al matrimonio.
Gli oppositori di tale norma contestano che nella sua prima formulazione essa era tesa a garantire, unicamente, ai pastori la possibilità di non celebrare matrimoni gay – legalizzati nel giugno dello scorso anno dalla sentenza della Corte Suprema che ha abolito tutte le leggi statali che vietavano le unioni omosessuali. In un secondo momento, tale proposta di legge è stata però ampliata dal Senato, con l’aggiunta di articoli che estendono dagli individui alle organizzazioni religiose la possibilità di negare i servizi “sociali, scolastici e caritatevoli” alle coppie gay. Una concessione, secondo i “tolleranti” sostenitori del “gender diktat”, inaccettabile e discriminatoria.
La campagna di boicottaggio di studi e società di produzione, a rifiutare di impegnarsi per ulteriori produzioni in Georgia, è stata promossa da “Human Rights Campaign“, la più grande lobby lesbica, gay, bisessuali e transessuali (LGBT) d’America, con più di 750.000 soci e sostenitori. Il suo presidente, Chad Griffin – si è rivolto alle case cinematografiche – con queste parole:
“se questo disegno di legge sarà firmato e diventerà legge, i dipendenti, i fornitori, tutti coloro che lavorano sulla vostra produzione sono a rischio di discriminazione sponsorizzata dallo Stato. Questo è sbagliato, è antiamericano. È un affronto a tutti i valori di cui si vanta Hollywood” .
Lo Stato della Georgia, travolto dalla prevedibile bufera mediatica, puntualmente orchestrata dalla comunità LGBT, è stato messo al muro anche dai principali rappresentanti delle grandi corporationcome Microsoft, Google, Coca-Cola e Home Depot , con sedi ed interessi economici nel territorio georgiano. Un’opposizione trasversale, resa possibile dalla vasta e potentissima rete di professionisti del lobbying LGBT, che ha coinvolto anche la “Silicon Valley”, la quale, attraverso i suoi leader, si è appellata al governatore della Georgia intimandogli di mettere il veto sul progetto di legge. Marc Benioff, il numero uno di saleforce.com ha dichiarato:  “Ancora un volta la Georgia sta cercando di approvare una legge che rende la discriminazione legale. Quando finirà questa follia?”. Sulla stessa linea, Brian Kranich, l’amministratore delegato di “Intel”: ”Ci opponiamo alla discriminazione sotto ogni forma. Il governatore Deal faccia la cosa giusta e metta il veto”.
In tale clima, la legge è ora attesa alla firma del governatore della Georgia,Nathan Deal.

La campagna di boicottaggio messa in atto dalle lobby LGBT dimostra, ancora una volta, il volto totalitario e intollerante della comunità omosessualista che pretende di imporre prepotentemente il proprio ideologico diktat a organizzazioni e associazioni religiose, incurante del loro credo. Un dispotico ed arrogante attacco rinsaldato dal decisivo appoggio della potentissima lobby economica LGBT attraverso il vigliacco ed inaccettabile strumento del ricatto.

Napoli. Certificato con due mamme. «Superata pure la stepchild adoption»

Aprile 6, 2016 Redazione
La Corte d’Appello di Napoli ha riconosciuto l’adozione incrociata di due lesbiche. Roccella: «Con gli identici criteri dovremmo ammettere anche la poligamia»
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«Siamo molto più avanti della stepchild adoption che volevano riconoscere in Italia» hanno detto le due mamme. Si tratta di Giuseppina La Delfa, fondatrice ed ex presidente di Famiglie Arcobaleno, e della moglie Raphaelle Hoedts. La Corte d’Appello di Napoli ha ordinato ieri la trascrizione di due sentenze del tribunale civile di Lille nelle quali veniva riconosciuta l’adozione incrociata dei due figli delle donne (nati biologicamente da ciascuna delle due).
PURE IL RISARCIMENTO. Le due signore, entrambe di 53 anni, si erano sposate Oltralpe, ma sono residenti in provincia di Avellino e i Comuni di residenza, Serino e Santo Stefano del Sole, si erano rifiutati di trascrivere i certificati di nascita dei due bambini. Facendolo, infatti, avrebbero dovuto riportare sui documenti la doppia maternità.
Dopo che, già l’anno scorso, in seguito a un loro ricorso, la stessa Corte d’Appello aveva riconosciuto come valido il loro matrimonio, ora ha riconosciuto anche l’adozione. Non solo: i giudici hanno condannato i Comuni a pagare un risarcimento di cinquemila euro, e «questo – ha dichiarato Maria von Kaenel, presidente di Nelfa – servirà da monito per altri che volessero agire in modo discriminatorio contro le famiglie arcobaleno». La sentenza ha effetto immediato, ma l’amministrazione locale potrebbe fare ricorso in Cassazione.
E LA POLIGAMIA? Esultano, dunque, le associazioni lgtb, mentre la deputata Eugenia Roccella (Idea) fa notare come «si susseguano le sentenze della magistratura che non sanzionano le coppie che hanno fatto all’estero la pratica dell’utero in affitto, e quelle che riconoscono in varie forme l’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali, sia con la stepchild adoption, che consentendo trascrizioni di adozioni non permesse in Italia ma effettuate all’estero. Una tendenza che dimostra come l’accordo Renzi-Alfano sul comma 20 della legge sulle unioni civili abbia la vera finalità di lasciare aperto il varco per la magistratura per introdurre la stepchild adoption per coppie omosessuali attraverso sentenze, evitando di assumersene la responsabilità politica. Ma se si stabilisce che quello che è reato in Italia, se fatto all’estero, non solo non è punibile, ma va legittimato purché fatto seguendo le leggi del paese dove è consentito, allora ci aspettiamo che la magistratura, con gli identici criteri, ammetta per esempio il riconoscimento del matrimonio poligamico per gli immigrati di religione islamica, in nome del legittimo ricongiungimento familiare in Italia».


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I «poliamorosi» chiedono diritti: ora come la mettiamo?


di Giuliano Guzzo

Love is love, giusto? Bene, allora adesso si tirino fuori le ragioni per cui non si dovrebbe sposare la causa di Polyamory Madrid, associazione spagnola impegnata nella diffusione e nella richiesta di riconoscimento del poliamore e che – a quanto pare – sarebbe pronta a sfilare in piazza «per rivendicare gli stessi diritti delle famiglie tradizionali». La questione non è di secondaria importanza non soltanto perché i «poliamorosi» si stanno pian piano organizzando anche in Italia – negli Stati Uniti invece si parla di molte decine di migliaia di unioni «poliamorose» già da anni (cfr. “Newsweek”, 2009) – ma perché, strettamente collegato a questo tema, c’è quello delle adozioni da parte di “famiglie” «poliamorose».
No, non è uno spauracchio ma la logica conseguenza di quanto sostenuto da Giuseppina La Delfa, Fondatrice ed ex presidente di Famiglie Arcobaleno, in una lettera pubblica a Papa Francesco nella quale si legge che «la scienza – la psicologia, l’antropologia, la pedopsichiatria – e anche la sociologia e il diritto ormai» avrebbero dimostrato che un bambino può crescere bene non soltanto in una “famiglia arbaleno” ma anche all’intero di “famiglie” «poliamorose», con cioè molti genitori dato che «non importa – assicura La Delfa – se questi siano uno, due o diciotto». Una rassicurazione che, immagino, farà comprendere ai sostenitori delle unioni civili che è tempo di prendersi avanti con il lavoro e di battersi anche per “famiglie” «poliamorose».
O forse si vogliono rimangiare il Love is love? O forse vogliono farci credere che l’amore conti, sì, ma fino ad un certo punto? Suvvia, non facciano i medievali ed esprimano pubblicamente sostegno a Polyamory Madrid e ad altre realtà analoghe. Lo stesso chiaramente vale pure per i sacerdoti e prelati al passo coi tempi: se davvero credono vi possano essere, nelle coppie, «elementi positivi» anche al di fuori «del sacramento del matrimonio», c’è da domandarsi per quale assurda ragione e soprattutto con quale sentenziosa sicurezza potrebbero escludere che vi siano «elementi positivi» pure nelle “famiglie” «poliamorose», per quanto al di fuori «del sacramento del matrimonio».
Attenzione a non prendere tutto questo come una provocazione, perché – lo si ripete – è solamente una conseguenza di quanto potrebbe accadere, anzi, sta già accadendo. Tanto è vero che, fra i più stimati studiosi e autori di ricerche i cui esiti metterebbero in luce che un bambino può crescere benissimo con due papà o due mamme vi sono personalità – si pensi, per esempio, alla psichiatria Nanette Gartrell – che non temono di dichiararsi «polyamorist», ragion per cui c’è da aspettarsi, nel giro di qualche anno, alluvioni di pubblicazioni scientifiche non troppo scientifiche che davvero sostengano che, per i figli, non conta se i genitori «siano uno, due o diciotto».
Ne consegue, per quanti fino a ieri sostenevano che la famiglia fosse una sola – quella fra un uomo e una donna uniti in matrimonio – una sola possibilità: tornare a ripetere quella verità. Forte e chiaro: senza violenza verbale o eccessi, ovvio, ma forte e chiaro.Ogni mediazione, ogni compromesso, ogni tentativo di cauta apertura già alle unioni civili – vale a dire al riconoscimento pubblico, non già di diritti che le coppie conviventi anche omosessuali anche in Italia già possedevano, ma di una unione per il solo fatto che due persone si amino – conduce infatti diritto dritto alla causa delle “famiglie” «poliamorose». E’ questione, come si è cercato di spiegare, solo di logica. E di tempo.