ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 27 aprile 2016

Godi: a decidere non è più la dottrina!


"Amoris lætitia", ovvero la festa delle interpretazioni


amoris
Padre Guido Innocenzo Gargano scrive di aver "molto gioito" alla lettura dell'esortazione postsinodale "Amoris lætitia". Perché dice di avervi trovato la conferma di ciò che aveva sostenuto in un suo articolo, pubblicato su una rivista teologica nell'intervallo tra un sinodo e l'altro e ampiamente rilanciato e discusso su www.chiesa:
Gargano, monaco camaldolese, già priore del monastero di San Gregorio al Celio, stimato studioso dei Padri della Chiesa e docente al Pontificio Istituto Biblico e alla Pontificia Università Urbaniana, non si era limitato a reinterpretare la dottrina della Chiesa sul matrimonio. Era andato alle fonti primarie di tale dottrina, ai detti di Gesù nel Vangelo di Matteo, rileggendoli in modo radicalmente nuovo.

A suo giudizio, Gesù non ha affatto revocato la concessione mosaica del ripudio, né ha mai escluso dal regno dei cieli chi ancora vi ricorra "per la durezza del cuore".
Questa sua audace esegesi aveva suscitato forti reazioni critiche, ma anche consensi. Il cardinale Walter Kasper, sostenitore della comunione ai divorziati risposati, l'aveva fatta oggetto di una citazione lusinghiera sulla rivista dei gesuiti tedeschi "Stimmen der Zeit".
Niente però dell'esegesi di padre Gargano sembrava essere passato nel dibattito sinodale dello scorso ottobre. E nemmeno nella "Amoris lætitia".
Ma non è questa, anzi, è tutta opposta l'impressione che il dotto patrologo ha ricavato dalla lettura dell'esortazione postsinodale.
Il testo integrale del commento di padre Gargano è in quest'altra pagina web:
Ed è istruttivo leggerlo per intero. Ma per capire in che senso padre Gargano ha visto le sue tesi accolte da papa Francesco basti qui riportare le tre note a piè di pagina in cui egli manifesta la sua "gioia" per tale accoglienza.
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La prima nota va a seguito di questa raccomandazione fatta dal papa a vescovi e sacerdoti: "Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle".
E dice:
"[È] un richiamo che a me personalmente ha dato felice conferma di ciò che avevo già sollecitato in un mio articolo che aveva suscitato tante reazioni nei mesi che trascorrevano tra la prima e la seconda sessione del sinodo".
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La seconda nota chiosa i passaggi della "Amoris lætitia" in cui Francesco insiste sulla gradualità nella percezione del peccato, sulla natura più ideale che precettistica dell'indissolubilità del matrimonio predicata da Gesù, e quindi sulla necessità di un discernimento situazione per situazione.
E dice:
"Anche questo mi fa molto gioire, perché avevo già richiamato, in quel mio articolo che aveva provocato più di una reazione risentita, la necessità di distinguere sempre tra 'skopòs' e 'telos' nella interpretazione delle parole di Gesù. Questo, a mio parere, risultava da una esegesi attenta dello stesso passo dell’evangelista Matteo, citato dal papa. E tentavo di dire che una simile distinzione comporta, di fatto, una conseguente attenzione alla gradualità che, nella mia interpretazione, Gesù aveva riconosciuto a Mosè, del quale non intendeva abrogare nulla. Atteggiamento che gli permetteva di fare riferimento alla 'durezza del vostro cuore' (Mt 19, 8), senza per questo rinunziare a ribadire che 'quello che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi' (Mt 19, 6b)".
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La terza nota concerne anch'essa la gradualità secondo cui "la legge rende consapevoli dell’obiettivo cercato, anche se quello stesso obiettivo non è ancora raggiunto" .
E dice:
"Anche in questo caso rinnovo la mia gioia di cui accennavo alla nota 1. Francesco non si azzarda però a indicare qui [nel paragrafo 295 della 'Amoris lætitia'] il testo di Mt 19, 8 in cui Gesù dichiarava: 'Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così'. Probabilmente lo omette perché il contesto preciso in cui sta parlando non si riferisce propriamente alle coppie separate e risposate dopo un ripudio o divorzio, ma semplicemente alle coppie che vivono in un matrimonio solo civile, in semplice convivenza oppure in unione di fatto. È difficile però pensare che l’orientamento pastorale suggerito dal papa non derivi anche dal testo matteano, in cui emerge la differenza tra ciò che ha potuto permettere la legge di Mosè e ciò che era invece l’intenzione di Dio creatore fin dall’inizio, con la conseguenza di dare alla 'durezza del cuore' una interpretazione tale che permetta di vederla tranquillamente in connessione con ciò che il papa indica come soggetti che non sono in condizione di comprendere, di apprezzare o di praticare pienamente le esigenze oggettive della legge".
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Come si può ricavare da queste tre semplici note, il commento di uno stimato patrologo e teologo come padre Gargano è la prova lampante che nella "Amoris lætitia" è possibile leggere ciò che ciascuno vuole.
Basti infatti ricordare la lettura anch'essa positiva ma diametralmente opposta che ha fatto dell'esortazione, in un precedente post di Settimo Cielo, uno specialista di pastorale familiare come Juan José Pérez-Soba, sacerdote della diocesi di Madrid e docente del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, presso la Pontificia Università del Laterano.
Non c'è ragione di pensare che papa Francesco si sia sbagliato, nel dare spunto ad ascolti così difformi del suo magistero. È più corretto pensare che lo faccia intenzionalmente.
Con l'effetto che a decidere non è più la dottrina ma sono le prassi "pastorali", e le più differenziate.

Settimo Cielo di Sandro Magister 27 apr http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/04/27/amoris-l%c3%a6titia-ovvero-la-festa-delle-interpretazioni/

Ma i giornali “bergogliani” non hanno affatto capito il bisogno di noi peccatori


Aprile 26, 2016 Renato Farina
Se si banalizza la colpa, come hanno fatto molti “esegeti” del papa, si finisce per banalizzare il colpevole e per togliere bellezza alla misericordia. E le lacrime di Maddalena?
Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Ammiro profondamente il cuore dell’esortazione apostolica di papa Francesco su famiglia e matrimonio. Sin dal titolo, bellissimo: La letizia dell’amore. Finalmente, per spiegarla a Boris che si lascia intortare dai giornali, l’ho letta tutta. C’è una proposta magnifica di vita fatta di tenerezza, perdono reciproco, nessuno è escluso. Non esiste nessuna condizione umana che non sia guardata da Gesù Cristo con occhi di misericordia e perdono. Persino quella di Boris, che da ortodosso moscovita ha una vita incline alla bisboccia e alle ballerine.
Chi non ha bisogno di perdono?
Eppure esiste un problema. Il Papa sin dall’inizio si è posta la domanda di come comunicare la verità misericordiosa del Vangelo rendendola attrattiva per chi si è allontanato o non si è mai avvicinato perché sentiva lontano dai suoi bisogni e dalla sua vita complicata l’annuncio del Vangelo, ammuffito nelle vecchie formule e precetti.
Buonasera, buongiorno, buon pranzo. Non è questo ovviamente il centro del messaggio e della rivoluzione di Francesco. Ma questi saluti hanno l’intenzione di mostrare il volto quotidiano di Gesù che si siede a tavola con chiunque, specie coi peccatori.
Però in questi giorni un maestro di comunicazione come il Papa, profondamente impegnato a mostrare la misericordia che c’è negli occhi del Nazareno, è stato equivocato e nel cerchio bergogliano (nessuno è immune da apostoli che non capiscono, neanche Gesù a suo tempo, persino dopo la resurrezione) si è fatta prevalere l’idea di un moralismo di manica larga non solo verso i peccatori ma verso il peccato che quasi quasi in materia di sesso e rapporti affettivi non esiste più.
Tu hai lasciato tua moglie e ti sei risposato? Dalla lettura che appare nei titoli di giornali e quotidiani, la risposta che fornisce la Chiesa a questa condizione è che in fin dei conti la questione è che ciascuno ha le sue brave ragioni, e alla fin fine l’ostia consacrata arriva, come una sorta di patente sociale di accettabilità.
Ma è questo il bisogno profondo del nostro tempo e di noi tutti poveri peccatori? Essere accettati senza inginocchiarci e riconoscerci mendicanti di perdono e amore? Tutti! Nessuno è puro e innocente. Ma questo non comporta che tutto è uguale a tutto, che una pittura di grigio rende uguale tutti i gatti.
Invece l’esortazione del Papa è apparsa, nella lettura dei grandi giornali, il trionfo del tutto è uguale.
Si sostituisce al moralismo asfissiante della Chiesa beghina e arcigna che dice sempre no, un moralismo di manica larga che considera sciocchezze e comunque sempre in fondo giustificabili i peccati di sesso e trasforma Gesù in un sentimentale con i criteri del Costanzo Show (“l’amore non è mai peccato”).
Se si banalizza il peccato si finisce per banalizzare i peccatori (tra cui, modestamente, il sottoscritto) e si toglie bellezza e drammaticità alla misericordia. Le lacrime di Maddalena che con esse, insieme a un costoso profumo, lava i piedi di Cristo forse a questo punto non sarebbero state necessarie, non sono quelli i peccati, direbbe Giuda, ma non aver usato i soldi spesi per il nardo, essenza orientale carissima acquistata con i proventi della prostituzione, per darli ai poveri.
In conclusione? Viva il Papa, abbasso i bergogliani.
Foto Ansa


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