I muri non sono tutti uguali per la sinistra mondialista, quelli in Israele sotto silenzio
L’Austria si è decisa: il governo austriaco vuole blindare il confine al Brennero per scongiurare l’invasione africana che arriva dalll’Italia ma Renzi ed Alfano non ci stanno e minacciano di richiedere sanzioni alla UE contro l’Austria.
Contro il piano austriaco arriva l’altolà del presidente del consiglio italiano: “L’ipotesi di chiudere il Brennero è sfacciatamente contro le regole europee, oltre che contro la storia, contro la logica e contro il futuro”, scrive nella sua newsletter Enews, Matteo Renzi.
Il “fiorentino” e’ intimamente convinto di avere la Storia dalla sua parte, come tutti i mondialisti, sicuri che il processo di costruzione di una società’ multiculturale e cosmopolita sia ormai inarrestabile, un destino manifesto per i paesi europei in quanto deciso dalle centrali di potere che si trovano a Washington, stabilito dall’ONU, dal FMI, appoggiato dalla UE e sostenuto anche da Papa Francesco.
Il premier italiano è un acceso sostenitore della migrazione di massa libera e non è nuovo nel criticare i muri che sorgono in Europa, aveva fatto le stesse critiche in occasione della realizzazione del muro in Ungheria voluto dal Governo di Viktor Orban ed aveva detto: “—- Contro tutto questo (il controllo dell’immigrazione ), contro l’Europa dei muri, in particolare contro l’idea che alcuni Paesi possano avere accesso ai fondi europei per affrontare la storica emergenza migranti senza che questo corrisponda ad un impegno nell’accoglienza e nelle redistribuzione dei profughi”. Contro le “resistenze” di alcune nazioni dell’est Europa, si era già’ schierato Renzi, seguito a ruota dalla Boldrini, la presidenta della Camera che aveva dichiarato : “No all’Europa dei muri, no agli spacciatori di paura”, (…….) “Nessun muro, né quelli d’acqua del Canale di Sicilia e dell’Egeo, né quelli di filo spinato tra Grecia e Macedonia e tra Ungheria e Serbia, può infatti impedire -aveva aggiunto – a donne e uomini che lasciano contesti di guerra e regimi dittatoriali di conquistare un diritto al quale nessuno di noi sarebbe disposto a rinunciare: il diritto a vivere in pace e sicurezza”.
Tuttavia nella critica “contro tutti i muri” si nota una strana omissione: nessun accenno mai ai muri in Israele. Gli esponenti della sinistra mondialista dimostrano la loro evidente incoerenza, visto che indirizzano le loro grida di indignazione all’Ungheria, all’Austria ma non osano balbettare la minima obiezione alla costruzione del nuovo muro che Israele sta realizzando sul confine giordano, che andrà a congiungersi con quello già presente sul Golan (occupato) e che s’integrerà con tutto quell’orwelliano sistema di muri, reticolati e check point in Cisgiordania che i filo-palestinesi hanno definito, correttamente, “muro dell’apartheid”. Non solo questo ma da ultimo il Governo di Netanyahu ha comunicato anche la sua intenzione di costruire unmuro al confine con il Libano per evitare le “infiltrazioni degli Hezbollah”. Strano che Renzi non ne abbia parlato nel corso della sua visita in Israele.
Tuttavia quel muro, quello edificato da Israele, per le cancellerie europee dalla lacrima a comando, è una semplice “barriera di separazione”: “Israele” ha il “diritto di difendersi”, gli ungheresi, gli austiaci, gli slovacchi, i ceki no, non devono avere questo diritto e devono accettare come “risorse” le decine o centinaia di migliaia di migranti e profughi che si stanno riversando in Europa sotto l’accorta regia delle centrali di potere mondialista che favoriscono il traffico.
L’ Italia con il suo governo, è la più la più’ lesta mell’ obbedire alle direttive e non si limita ad accogliere ma invia le navi della Marina a cercare i migranti sotto le coste africane della Libia per trasferirli sul territorio italiano e sistemarli in Hotel a 3 e 4 stelle, con pasti assicurati, TV, Wi F incluse, schede telefoniche, sigarette e qualche euro per le piccole spese quotidiane. Un trattamento invidiato dai tanti italiani in difficoltà’ economiche e senza alcuna assistenza ma di quelli il governo non si cura, non entrano nel business delle cooperative e non sono inclusi nei piani di assistenza della UE.
Anche il noto intellettuale, guru della sinistra mondialista, Roberto Saviano, ha detto la sua ed ha affermato che ” i migranti sarebbero, secondo lui, una risorsa per il Sud d’Italia, loro possono compensare l’esodo dei giovani italiani dalle regioni meridionali, Saviano vorrebbe rimpiazzarli con la gente che arriva a bordo dei barconi, così che alle terre del Sud sarebbe riservato un destino da immenso campo profughi, anzi “il sud Italia potrebbe ripartire, se si riempie di migranti” , secondo Saviano . Mano d’opera a basso costo per le multinazionali, quale migliore occasione. Vedi: Saviano Il sud Italia può ripartire se si riempie di migranti
Lo aveva detto anche la Boldrini in Sicilia: “è un bene che ne vengano tanti, saranno utili a sopperire alla carenza di nuovi nati e potranno pagare anche le pensioni degli italiani”. Queste “nobili” parole, delle Boldrini, di Saviano e degli altri, oltre a agli appelli del Papa, a quelli degli oligarchi della UE, senza dimenticare gli appelli di Obama, non hanno però convinto tutti. Gli austriaci, come gli ungheresi e gli slovacchi, sono in allarme: la prospettiva di essere africanizzati ed islamizzati dal flusso inarrestabile che arriva dall’Italia non è’ considerata una prospettiva esaltante e ne vedono i pericoli, non si vogliono convincere dei vantaggi.
Gli austriaci e gli ungheresi in particolare non sono interessati a farsi pagare le pensioni dagli africani, non piace loro la prospettiva di farsi ripopolare le loro vallate dai migranti, loro vogliono mantenere le loro identità’ nazionali e rifiutano di farsi sommergere dall’ondata migratoria. La vecchia Mitteleuropa vuole mantenere la sua cultura e tradizione. Che strano.
L. Lago
http://www.controinformazione.info/i-muri-non-sono-tutti-uguali-per-la-sinistra-mondialista-quelli-in-israele-sotto-silenzio/
Europa ferma al Brennero, Ban Ki-moon ribadisce l’obbligo dell’accoglienza di chi fugge dalla guerra
L'Osservatore Romano
Europa ferma al Brennero, Ban Ki-moon ribadisce l’obbligo dell’accoglienza di chi fugge dalla guerra
L'Osservatore Romano
Una recinzione al Brennero, lunga 370 metri e alta quattro metri, potrebbe essere il nuovo muro in Europa, voluto dall’Austria. Mobilitati 250 poliziotti austriaci, ma previsti anche soldati. Il tutto potrebbe essere avviato già dal primo giugno. Sul versante austriaco non ci sarà nessun centro di accoglienza. I richiedenti asilo saranno immediatamente identificati, registrati e portati ad Innsbruck, mentre l’Italia dovrà farsi carico dell’assistenza degli altri.
C’è da dire che il giorno dopo l’annuncio, proprio al Parlamento austriaco è intervenuto il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha parlato di «restrizioni crescenti ai flussi migratori» per sottolinearne «l’impatto negativo rispetto agli impegni sanciti dalla legge internazionale». Ban Ki-moon ha ribadito chiaramente «l’obbligo morale e legale di aiutare coloro che fuggono dalla guerra, dagli abusi dei diritti umani e dalle persecuzioni». Ban Ki-moon ha parlato nel giorno in cui alla Camera bassa del Parlamento austriaco si vota la legge che inasprisce le norme per il diritto di asilo. Da parte sua, Vienna cerca di fissare le sue condizioni all’Europa e all’Italia. Se Roma non consentirà ai suoi poliziotti di salire sui treni già in Italia, per fare controlli, la frontiera sarà blindata. Il capo della polizia della regione del Tirolo, Tomac, sostiene che «non ci sarà muro o filo spinato», ma una non meglio definita recinzione. Immediata la reazione dell’Italia. Il presidente del Consiglio, Renzi, parla apertamente di «ipotesi sfacciatamente contro le regole europee, oltre che contro la storia, la logica e il futuro». Tomac ha presentato alla stampa, al valico, il Grenzmanagement, la gestione di confine, spiegando che, nell’area di 300 metri in cui passano autostrada, statale e ferrovia, ci saranno «controlli a vista». I mezzi dovranno transitare al massimo a 30 chilometri all’ora. Al Brennero in realtà i migranti arrivano quasi esclusivamente in treno. Le autorità austriache chiedono perciò di poter effettuare controlli sui treni già sul territorio italiano, altrimenti ci sarà uno stop forzato per tutti i treni provenienti da sud a Steinach, subito dopo il confine. Il nodo dei controlli austriaci in Italia è rimandato all’incontro tra i ministri degli Interni, Angelino Alfano e Wolfgang Sobotka, fissato a Roma il giorno dopo la conferenza stampa al Brennero. Della questione parlerà con Matteo Renzi il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che fa sapere che giovedì sarà a Roma. È già intervenuto il commissario europeo per l’Immigrazione, Avramopoulos, chiedendo ponti e non muri e soprattutto chiedendo spiegazioni a Vienna. In generale, l’Austria ha stabilito per il 2016 un tetto di 37.500 richieste di asilo e ha stabilito che in caso di «stato d’emergenza», i confini potranno essere completamente chiusi a migranti e profughi. In tema di arrivi umanitari, restano diversi i fronti aperti. Guardando a Lesbo, isola greca simbolo di alcuni snodi della rotta balcanica, si trova la sempre critica situazione nel campo profughi di Moria. Ci sono proteste, con momenti di alta tensione, contro la durata e le difficili condizioni della detenzione. L’organizzazione umanitaria Save the children denuncia l’uso di gas lacrimogeni da parte della polizia e l’inaccettabile coinvolgimento dei bambini. Almeno 33 sembra abbiano avuto disturbi da soffocamento. C’è poi il canale sempre aperto degli sbarchi sulle coste italiane. Sono arrivati a Lampedusa i 237 migranti soccorsi nel Canale di Sicilia su due gommoni alla deriva. E tra tante operazioni di salvataggio di vite umane, c’è l’impegno al largo per il recupero del natante carico di migranti che un anno fa ha fatto naufragio in quelle acque causando oltre 700 vittime, per quella che è considerata la più grande tragedia nel Mediterraneo fra i viaggi della speranza. Sono coinvolte navi della Marina militare italiana in collaborazione con altre istituzioni e associazioni. Nel barcone si stima ci siano non meno di 400 corpi, forse 500. Il peschereccio è a 370 metri di profondità e, una volta portato a galla, sarà “congelato” con azoto liquido, messo su una chiatta e trasferito nel pontile Nato di Augusta. L’arrivo è stimato per la prossima settimana, tra il 3 e il 4 di maggio, a seconda delle condizioni meteo.
L'Osservatore Romano, 29 aprile 2016.
C’è da dire che il giorno dopo l’annuncio, proprio al Parlamento austriaco è intervenuto il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha parlato di «restrizioni crescenti ai flussi migratori» per sottolinearne «l’impatto negativo rispetto agli impegni sanciti dalla legge internazionale». Ban Ki-moon ha ribadito chiaramente «l’obbligo morale e legale di aiutare coloro che fuggono dalla guerra, dagli abusi dei diritti umani e dalle persecuzioni». Ban Ki-moon ha parlato nel giorno in cui alla Camera bassa del Parlamento austriaco si vota la legge che inasprisce le norme per il diritto di asilo. Da parte sua, Vienna cerca di fissare le sue condizioni all’Europa e all’Italia. Se Roma non consentirà ai suoi poliziotti di salire sui treni già in Italia, per fare controlli, la frontiera sarà blindata. Il capo della polizia della regione del Tirolo, Tomac, sostiene che «non ci sarà muro o filo spinato», ma una non meglio definita recinzione. Immediata la reazione dell’Italia. Il presidente del Consiglio, Renzi, parla apertamente di «ipotesi sfacciatamente contro le regole europee, oltre che contro la storia, la logica e il futuro». Tomac ha presentato alla stampa, al valico, il Grenzmanagement, la gestione di confine, spiegando che, nell’area di 300 metri in cui passano autostrada, statale e ferrovia, ci saranno «controlli a vista». I mezzi dovranno transitare al massimo a 30 chilometri all’ora. Al Brennero in realtà i migranti arrivano quasi esclusivamente in treno. Le autorità austriache chiedono perciò di poter effettuare controlli sui treni già sul territorio italiano, altrimenti ci sarà uno stop forzato per tutti i treni provenienti da sud a Steinach, subito dopo il confine. Il nodo dei controlli austriaci in Italia è rimandato all’incontro tra i ministri degli Interni, Angelino Alfano e Wolfgang Sobotka, fissato a Roma il giorno dopo la conferenza stampa al Brennero. Della questione parlerà con Matteo Renzi il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che fa sapere che giovedì sarà a Roma. È già intervenuto il commissario europeo per l’Immigrazione, Avramopoulos, chiedendo ponti e non muri e soprattutto chiedendo spiegazioni a Vienna. In generale, l’Austria ha stabilito per il 2016 un tetto di 37.500 richieste di asilo e ha stabilito che in caso di «stato d’emergenza», i confini potranno essere completamente chiusi a migranti e profughi. In tema di arrivi umanitari, restano diversi i fronti aperti. Guardando a Lesbo, isola greca simbolo di alcuni snodi della rotta balcanica, si trova la sempre critica situazione nel campo profughi di Moria. Ci sono proteste, con momenti di alta tensione, contro la durata e le difficili condizioni della detenzione. L’organizzazione umanitaria Save the children denuncia l’uso di gas lacrimogeni da parte della polizia e l’inaccettabile coinvolgimento dei bambini. Almeno 33 sembra abbiano avuto disturbi da soffocamento. C’è poi il canale sempre aperto degli sbarchi sulle coste italiane. Sono arrivati a Lampedusa i 237 migranti soccorsi nel Canale di Sicilia su due gommoni alla deriva. E tra tante operazioni di salvataggio di vite umane, c’è l’impegno al largo per il recupero del natante carico di migranti che un anno fa ha fatto naufragio in quelle acque causando oltre 700 vittime, per quella che è considerata la più grande tragedia nel Mediterraneo fra i viaggi della speranza. Sono coinvolte navi della Marina militare italiana in collaborazione con altre istituzioni e associazioni. Nel barcone si stima ci siano non meno di 400 corpi, forse 500. Il peschereccio è a 370 metri di profondità e, una volta portato a galla, sarà “congelato” con azoto liquido, messo su una chiatta e trasferito nel pontile Nato di Augusta. L’arrivo è stimato per la prossima settimana, tra il 3 e il 4 di maggio, a seconda delle condizioni meteo.
L'Osservatore Romano, 29 aprile 2016.
Rimpiangere gli austriaci a Milano guardando i poliziotti cinesi in via Sarpi
Cosa direbbero i patrioti morti nel 1848 se vedessero qual che succede a breve distanza da Piazza Cinque Giornate?
di Antonio Gurrado | 28 Aprile 2016
Perdonate se parliamo tutti in coro; siamo i seicento caduti delle Cinque Giornate di Milano e siamo morti inutilmente. Nel 1848 siamo insorti per allontanare la polizia austriaca dalla nostra città, poiché non sopportavamo che l’ordine pubblico venisse garantito da forze straniere al nostro suolo. Nel 2016 apprendiamo che in via Paolo Sarpi, a tre quarti d’ora dall’obelisco che ci commemora, prenderanno servizio poliziotti cinesi convocati dal ministero dell’Interno della nazione fondata sul nostro sangue.
ARTICOLI CORRELATI Cosa dice all'Italia la minaccia del muro sul confine del Brennero Il senso delle Grandi coalizioni Muro del Brennero: finis AustriaeCi vediamo a malincuore costretti a rivalutare l’operato degli austriaci: costoro ancora oggi, di fronte a una minaccia straniera, fanno accorrere al Brennero poliziotti e soldati della propria patria. Tanto vale restituire il Lombardo-Veneto agli eredi di Radetzky; infatti coloro i quali, grazie al nostro sacrificio, hanno l’onore di potersi chiamare col nome d’italiani che a noi non spettò, di fronte a una minaccia straniera non vedono migliore soluzione che ricorrere allo straniero stesso. Si preoccupano tuttavia, nei vicoli e nelle taverne che noi avevamo reso campo di battaglia, di opporre resistenza all’invasore rifiutando sdegnati l’idea che i cinesi comprino il Milan.
L'arcivescovo ungherese: "L'immigrazione porta all'islamizzazione dell'Europa"
In occasione di una conferenza ha spiegato che l'Islam ha come chiaro obiettivo quello di esportare i propri valori. E che in questo momento i flussi stanno fungendo da vettore per questo loro fine
In occasione di una conferenza ha spiegato che l'Islam ha come chiaro obiettivo quello di esportare i propri valori. E che in questo momento i flussi stanno fungendo da vettore per questo loro fine
L'immigrazione è un vicolo che rischia di portare all'islamizzazione dell'Europa. A dirlo è Gyula Márfi, arcivescovo di Veszprém, una delle principali autorità ecclesiastiche dell'Ungehria.
In occasione di una conferenza dal titolo 'Problemi demografici nel Mediterraneo nel 19° e 20° secolo' non ha usato mezzi termini.
“Penso che la migrazione prevalentemente non abbia cause, ma scopi specifici" ha detto. "Chi parla solo di cause mente o si sbaglia. La sovrappopolazione, la povertà o la guerra hanno solo un ruolo di secondo o di terzo grado nella migrazione.”
“Presso le famiglie musulmane nascono 8-10 bambini prevalentemente non per amore ma perché loro si ritengono esseri superiori e il Jihad impone loro di conquistare in qualche modo tutto il mondo” ha poi continuato. “Nella Shari’ah possiamo leggere che il mondo è costituito dal Dar al-Islam e dal Dar al-Harb, cioè territorio di guerra che in qualche modo va occupato. Questo è scritto, i musulmani devono solo impararlo a memoria. Discuterne è vietato, loro eseguono solo ciò che devono fare".
Secondo l'arcivescovo l'attualo obiettivo degli islamici sarebbe quello di consuistare l'Europa, che non è pronta a rispondere all'attacco. “Momentaneamente lo scopo è quello di occupare l’Europa, dove momentaneamente tutti credono ciò che vogliono, ma generalmente nessuno crede niente. Questo è un terreno ideale da conquistare per l’islam”.
l'arcivescovo ha poi aggiunto che nessun continente può sopravvivere a lungo senza un’ideologia forte e che bisognerebbe accorgersene e prendere seriamente in considerazione il fatto che la migrazione ha come scopo finale l’islamizzazione dell’Europa.
“Bianka Speidl, un’esperta di islam, recentemente ha riferito che ad una conferenza tenuta sull’islam a Londra un professore musulmano americano ha chiesto scusa per gli atti terroristici con cui mettono in cattiva luce l’islam. Gli universitari musulmani presenti in grande numero gli hanno fischiato come risposta. Bisogna meditarci e considerarlo”.
“Se l’Europa diventa Dar al-Islam, allora essaa cesserà di esistere. Questo lo dobbiamo considerare, come accettare l'idea che ciò porterebbe alla fine della libertà e dell’uguaglianza”.
Come le centrali della NATO controllano la politica dell’UE sui rifugiati
APRILE 28, 2016
F. William Engdahl New Eastern Outlook 27/04/2016Un fiume incontrollato di profughi di guerra da Siria, Libia, Tunisia e altri Paesi islamici destabilizzati dalle rivoluzioni colorate della ‘primavera araba’ di Washington, ha creato il più grande caos sociale nell”UE, dalla Germania alla Svezia alla Croazia, dalla fine della seconda guerra mondiale. Ormai è chiaro che più di qualcosa di sinistro è in corso, minacciando di distruggere il tessuto sociale del nucleo della civiltà europea. Pochi si rendono conto che l’intero dramma è orchestrato non dalla cancelliera tedesco Angela Merkel, o dagli anonimi eurocrati della Commissione UE di Bruxelles. È orchestrato dalla cabala di think tank della NATO. L’8 ottobre 2015 tra il grande flusso di centinaia di migliaia di rifugiati inondanti la Germania da Siria, Tunisia, Libia e altri Paesi, una nuova e sicura di sé cancelliera tedesco Angela Merkel proclamava in un popolare programma televisivo tedesco che “ho un piano”, occasione per una frecciata tagliente ai partner della coalizione guidatu dal capo della bavarese CSU, Horst Seehofer, critico verso la posizione di accoglienza dei profughi di Merkel nella primavera 2015, che ha visto più di un milione di rifugiati entrare in Germania solo l’anno scorso. Da quel momento, con determinazione di ferro, la cancelliera tedesca ha difeso il criminale regime di Erdogan in Turchia, partner essenziale del suo “piano”. La maggior parte del mondo ha visto con stupore come abbia ignorato i principi della libertà di parola e deciso di perseguire pubblicamente un noto comico della TV tedesca, Jan Boehmermann, per le sue osservazioni satiriche sul presidente turco. Era stupita da come il simbolo della democrazia europea, la cancelliera tedesca, abbia scelto d’ignorare l’imprigionamento da parte di Erdogan dei giornalisti e la chiusura dei media dell’opposizione, procedendo nei piani per imporre di fatto la dittatura in Turchia. Era perplessa per come il governo di Berlino abbia scelto d’ignorare le prove schiaccianti di come Erdogan e la famiglia materialmente favoriscano i terroristi dello SIIL in Siria, in realtà creatori della crisi dei rifugiati. Era stupita di vedere spingere l’UE a consegnare miliardi di euro al regime di Erdogan per il presunto accordo sul flusso di rifugiati dai campi profughi turchi alla vicina UE passando per la Grecia e non solo.
Piano Merkel
Tutte queste azioni apparentemente inspiegabili della una volta pragmatica leader tedesca, sembrano risalire all’adozione di un documento di 14 pagine preparato da una rete di gruppi di riflessione pro-NATO, sfacciatamente intitolato “Piano Merkel”. Ciò che la neo-sicura di sé cancelliera tedesca non disse alla sua ospite Anne Will o ai telespettatori fu che “il suo” piano le era stato consegnato solo quattro giorni prima, il 4 ottobre, come documento dal titolo Piano Merkel, da un neonato think-tank internazionale, ovviamente ben finanziato, chiamato Iniziativa per la Stabilità Europea o ESI. Il sito dell’ESI indica avere uffici a Berlino, Bruxelles e Istanbul, Turchia. Il sospetto è che gli autori de piano ESI l’abbiano intitolato come se provenisse dall’ufficio della Cancelliera tedesca e non da loro. Più sospetto è il contenuto del Piano Merkel dell’ESI. Oltre ad accogliere già più di un milione di rifugiati nel 2015, la Germania dovrebbe “accettare di concedere asilo a 500000 rifugiati siriani registrati in Turchia nei prossimi 12 mesi“. Inoltre, “la Germania dovrebbe accettare le richieste provenienti dalla Turchia… e fornire un trasporto sicuro ai candidati… già registrati presso le autorità turche…” E infine “la Germania dovrebbe accettare di aiutare la Turchia ad avere esenzioni sul visto di viaggio per il 2016“. Il cosiddetto piano Merkel è un prodotto dei think tank legati a NATO-USA e a governi dei Paesi membri della NATO o potenziali soci. La massima “seguire il denaro” è istruttiva in questo caso, per vedere chi realmente dirige l’Unione europea oggi.
Tutte queste azioni apparentemente inspiegabili della una volta pragmatica leader tedesca, sembrano risalire all’adozione di un documento di 14 pagine preparato da una rete di gruppi di riflessione pro-NATO, sfacciatamente intitolato “Piano Merkel”. Ciò che la neo-sicura di sé cancelliera tedesca non disse alla sua ospite Anne Will o ai telespettatori fu che “il suo” piano le era stato consegnato solo quattro giorni prima, il 4 ottobre, come documento dal titolo Piano Merkel, da un neonato think-tank internazionale, ovviamente ben finanziato, chiamato Iniziativa per la Stabilità Europea o ESI. Il sito dell’ESI indica avere uffici a Berlino, Bruxelles e Istanbul, Turchia. Il sospetto è che gli autori de piano ESI l’abbiano intitolato come se provenisse dall’ufficio della Cancelliera tedesca e non da loro. Più sospetto è il contenuto del Piano Merkel dell’ESI. Oltre ad accogliere già più di un milione di rifugiati nel 2015, la Germania dovrebbe “accettare di concedere asilo a 500000 rifugiati siriani registrati in Turchia nei prossimi 12 mesi“. Inoltre, “la Germania dovrebbe accettare le richieste provenienti dalla Turchia… e fornire un trasporto sicuro ai candidati… già registrati presso le autorità turche…” E infine “la Germania dovrebbe accettare di aiutare la Turchia ad avere esenzioni sul visto di viaggio per il 2016“. Il cosiddetto piano Merkel è un prodotto dei think tank legati a NATO-USA e a governi dei Paesi membri della NATO o potenziali soci. La massima “seguire il denaro” è istruttiva in questo caso, per vedere chi realmente dirige l’Unione europea oggi.
ESI
L’ESI nasce dai tentativi della NATO di trasformare il Sud-Est Europa dopo la guerra istigata dagli USA in Jugoslavia negli anni ’90, portando alla balcanizzazione del Paese e la creazione di una importante base USA e NATO, Camp Bondsteel in Kosovo. L’attuale presidente dell’ESI, direttamente responsabile del documento finale Piano Merkel è il sociologo austriaco residente ad Istanbul Gerald Knaus. Knaus è anche membro del Consiglio europeo per le relazioni estere (ECFR) e dell’Open Society. Fondato a Londra nel 2007, l’ECFE è un’imitazione dell’influente Counsil on Foreign Relations di New York, il think-tank creato dai banchieri Rockefeller e JP Morgan nel corso dei colloqui di pace di Versailles del 1919, per coordinare la politica estera globale anglo-statunitense. Significativamente, il riccone creatore dell’ECFR è il miliardario statunitense e finanziatore delle rivoluzioni colorate George Soros. Praticamente ogni rivoluzione colorata è stata sostenuta dal dipartimento di Stato degli USA dal crollo dell’Unione Sovietica, come in Serbia nel 2000, Ucraina, Georgia, Cina, Brasile e Russia. George Soros e le propaggini delle sue Open Society Foundations finanziano di nascosto ONG e attivisti per la “democrazia” per insediare regimi pro-Washington e filo-NATO. I membri scelti, chiamati membri del Consiglio o associati dell’ECFR londinese comprendono il co-presidente Joschka Fischer, ex-ministro degli Esteri del Partito dei Verdi tedesco che spinse il suo partito ad appoggiare l’illegale bombardamento di Bill Clinton della Serbia nel 1999, privo del sostegno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Gli altri membri del Consiglio del think tankCounsil on Foreign Relations europeo di Soros includono l’ex-segretario generale della NATO Xavier Solana, il falsificatore ex-ministro della Difesa tedesco caduto in disgrazia Karl-Theodor zu Guttenberg; Annette Heuser, direttrice esecutiva del Bertelsmann Stiftung di Washington DC; Wolfgang Ischinger, presidente della Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera; Cem Ozdemir, presidente dei Buendnis90/Die Gruenen; Alexander Graf Lambsdorff, deputato del partito liberale tedesco (FDP); Michael Sturmer, corrispondente Capo del Die Welt; Andre Wilkens, direttore della Fondazione Mercator; il difensore della pederastia al Parlamento europeo Daniel Cohn-Bendit. Cohn-Bendit, noto come “Danny il Rosso” nelle rivolte studentesche francesi del maggio 1968, fu membro del gruppo autonomista Revolutionaerer Kampf (Lotta Rivoluzionaria) a Ruesselsheim, in Germania, insieme al suo stretto alleato e ora presidente dell”ECFR Joschka Fischer. I due continuano ari trovarsi nell’ala “Realo” dei Verdi tedeschi. Le Open Society Foundations è la rete che “promuove la democrazia” esentasse creata da George Soros per promuovere il “libero mercato” pro-FMI dopo il crollo dell’Unione Sovietica, per liberalizzare il mercato delle economie ex-comuniste aprendo le porte al sistematico saccheggio dell’inestimabile patrimonio minerario ed energetico di quei Paesi. Soros fu l’importante finanziatore del team economico liberale di Boris Eltsin, tra cui l’economista da “Terapia d’urto” di Harvard Jeffrey Sachs e il consigliere liberale di Eltsin Egor Gajdar. Già è chiaro che il “Piano Merkel” è il Piano Soros in effetti. Ma c’è di più, se vogliamo comprendere l’ordine del giorno più oscuro dietro il piano.
L’ESI nasce dai tentativi della NATO di trasformare il Sud-Est Europa dopo la guerra istigata dagli USA in Jugoslavia negli anni ’90, portando alla balcanizzazione del Paese e la creazione di una importante base USA e NATO, Camp Bondsteel in Kosovo. L’attuale presidente dell’ESI, direttamente responsabile del documento finale Piano Merkel è il sociologo austriaco residente ad Istanbul Gerald Knaus. Knaus è anche membro del Consiglio europeo per le relazioni estere (ECFR) e dell’Open Society. Fondato a Londra nel 2007, l’ECFE è un’imitazione dell’influente Counsil on Foreign Relations di New York, il think-tank creato dai banchieri Rockefeller e JP Morgan nel corso dei colloqui di pace di Versailles del 1919, per coordinare la politica estera globale anglo-statunitense. Significativamente, il riccone creatore dell’ECFR è il miliardario statunitense e finanziatore delle rivoluzioni colorate George Soros. Praticamente ogni rivoluzione colorata è stata sostenuta dal dipartimento di Stato degli USA dal crollo dell’Unione Sovietica, come in Serbia nel 2000, Ucraina, Georgia, Cina, Brasile e Russia. George Soros e le propaggini delle sue Open Society Foundations finanziano di nascosto ONG e attivisti per la “democrazia” per insediare regimi pro-Washington e filo-NATO. I membri scelti, chiamati membri del Consiglio o associati dell’ECFR londinese comprendono il co-presidente Joschka Fischer, ex-ministro degli Esteri del Partito dei Verdi tedesco che spinse il suo partito ad appoggiare l’illegale bombardamento di Bill Clinton della Serbia nel 1999, privo del sostegno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Gli altri membri del Consiglio del think tankCounsil on Foreign Relations europeo di Soros includono l’ex-segretario generale della NATO Xavier Solana, il falsificatore ex-ministro della Difesa tedesco caduto in disgrazia Karl-Theodor zu Guttenberg; Annette Heuser, direttrice esecutiva del Bertelsmann Stiftung di Washington DC; Wolfgang Ischinger, presidente della Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera; Cem Ozdemir, presidente dei Buendnis90/Die Gruenen; Alexander Graf Lambsdorff, deputato del partito liberale tedesco (FDP); Michael Sturmer, corrispondente Capo del Die Welt; Andre Wilkens, direttore della Fondazione Mercator; il difensore della pederastia al Parlamento europeo Daniel Cohn-Bendit. Cohn-Bendit, noto come “Danny il Rosso” nelle rivolte studentesche francesi del maggio 1968, fu membro del gruppo autonomista Revolutionaerer Kampf (Lotta Rivoluzionaria) a Ruesselsheim, in Germania, insieme al suo stretto alleato e ora presidente dell”ECFR Joschka Fischer. I due continuano ari trovarsi nell’ala “Realo” dei Verdi tedeschi. Le Open Society Foundations è la rete che “promuove la democrazia” esentasse creata da George Soros per promuovere il “libero mercato” pro-FMI dopo il crollo dell’Unione Sovietica, per liberalizzare il mercato delle economie ex-comuniste aprendo le porte al sistematico saccheggio dell’inestimabile patrimonio minerario ed energetico di quei Paesi. Soros fu l’importante finanziatore del team economico liberale di Boris Eltsin, tra cui l’economista da “Terapia d’urto” di Harvard Jeffrey Sachs e il consigliere liberale di Eltsin Egor Gajdar. Già è chiaro che il “Piano Merkel” è il Piano Soros in effetti. Ma c’è di più, se vogliamo comprendere l’ordine del giorno più oscuro dietro il piano.
I finanziatori dell’ESI
L’Iniziativa per la Stabilità Europea, il think-tank di Gerald Knaus collegato a Soros è finanziato da un impressionante serie di donatori. Il suo sito web li elenca; oltre alle Open Society Foundations di Soros, vi è la Mercator Stiftungtedesco legato a Soros, e la Robert Bosch Stiftung. Altro finanziatore è la Commissione europea. Poi, curiosamente la lista dei finanziatori del piano Merkel comprende un’organizzazione dal nome orwelliano, l’United States Institute of Peace. Alcune ricerche rivelano che l’Istituto della Pace degli Stati Uniti non ha nulla a che fare con la pace, essendo presieduto da Stephen Hadley, ex-consigliere dell’US National Security Council dell’amministrazione guerrafondaia neo-con di Bush-Cheney. Il suo consiglio di amministrazione comprende Ashton B. Carter, l’attuale falco neo-con segretario della Difesa dell’amministrazione Obama; il segretario di Stato John Kerry; il Maggiore-Generale Federico M. Padilla, presidente della National Defense University degli Stati Uniti. Questi sono alcuni architetti molto stagionati della strategia del Dominio a Pieno Spettro del Pentagono per il dominio militare mondiale degli USA. Gli autori del “Piano Merkel” dell’Iniziativa per la Stabilità Europea, oltre alla generosità delle fondazioni di George Soros, indica come ‘primo’ finanziatore il German Marshall Fund* degli Stati Uniti. Come ho descritto nel mio libro, il think tankGerman Marshall Fund è tutt’altro che tedesco; “E’ un think tank statunitense di Washington DC. Di fatto, la sua agenda è la distruzione della Germania del dopoguerra e più in generale degli Stati sovrani dell’UE per adattarli al programma di globalizzazione di Wall Street“. Il German Marshall Fund di Washington è coinvolto nell’agenda del cambio di regime mondiale degli Stati Uniti d’America in combutta con il National Endowment for Democracyfinanziato dagli Stati Uniti, le fondazioni Soros e la facciata della CIA chiamata USAID. Come descrivo nel libro, “Il principale obiettivo del German Marshall Fund, secondo la sua relazione annuale del 2013, è sostenere l’agenda del dipartimento di Stato nelle cosiddette operazioni di costruzione della democrazia nei Paesi ex-comunisti dell’Europa orientale e sud- orientale, dai Balcani al Mar Nero. Significativamente il loro lavoro include l’Ucraina. Nella maggior parte dei casi, collabora con l’USAID, ampiamente identificata quale facciata della CIA collegata al dipartimento di Stato, e la Stewart Mott Foundation che finanzia la National Endowment for Democracy finanziata dal governo degli Stati Uniti“. In particolare, la stessa Stewart Mott Foundation finanzia il Piano Merkel dell’ESI, come anche ilRockefeller Brothers Fund. Tutto questo dovrebbe far riflettere da chi e per quali obiettivi è stato firmato l’accordo Merkel-Erdogan sulla crisi dei rifugiati nell’UE. La fazione Rockefeller-Bush-Clinton negli Stati Uniti intende usarlo quale grande esperimento d’ingegneria sociale per creare caos e conflitti sociali nell’UE, mentre allo stesso tempo le loro organizzazioni non governative, come NED, Freedom House e fondazioni Soros, si agitano in Siria, Libia e nel mondo islamico? La Germania, secondo l’ex-consigliere del presidente degli Stati Uniti e amico intimo dei Rockefeller, Zbigniew Brzezinski, è il “vassallo” degli Stati Uniti nel mondo post-90? Finora, c’è la prova abbastanza netta che sia così. Il ruolo dei think tank collegati a Stati Uniti e NATO è fondamentale per comprendere come la Repubblica Federale di Germania e l’Unione europea siano in realtà eterodirette da oltre Atlantico.*Il German Marshall Fund è anche l’ente che ha creato e promosso l’orrido mostriciattolo nazipiddino euroatlantista Federica Mogherini. NdT.
L’Iniziativa per la Stabilità Europea, il think-tank di Gerald Knaus collegato a Soros è finanziato da un impressionante serie di donatori. Il suo sito web li elenca; oltre alle Open Society Foundations di Soros, vi è la Mercator Stiftungtedesco legato a Soros, e la Robert Bosch Stiftung. Altro finanziatore è la Commissione europea. Poi, curiosamente la lista dei finanziatori del piano Merkel comprende un’organizzazione dal nome orwelliano, l’United States Institute of Peace. Alcune ricerche rivelano che l’Istituto della Pace degli Stati Uniti non ha nulla a che fare con la pace, essendo presieduto da Stephen Hadley, ex-consigliere dell’US National Security Council dell’amministrazione guerrafondaia neo-con di Bush-Cheney. Il suo consiglio di amministrazione comprende Ashton B. Carter, l’attuale falco neo-con segretario della Difesa dell’amministrazione Obama; il segretario di Stato John Kerry; il Maggiore-Generale Federico M. Padilla, presidente della National Defense University degli Stati Uniti. Questi sono alcuni architetti molto stagionati della strategia del Dominio a Pieno Spettro del Pentagono per il dominio militare mondiale degli USA. Gli autori del “Piano Merkel” dell’Iniziativa per la Stabilità Europea, oltre alla generosità delle fondazioni di George Soros, indica come ‘primo’ finanziatore il German Marshall Fund* degli Stati Uniti. Come ho descritto nel mio libro, il think tankGerman Marshall Fund è tutt’altro che tedesco; “E’ un think tank statunitense di Washington DC. Di fatto, la sua agenda è la distruzione della Germania del dopoguerra e più in generale degli Stati sovrani dell’UE per adattarli al programma di globalizzazione di Wall Street“. Il German Marshall Fund di Washington è coinvolto nell’agenda del cambio di regime mondiale degli Stati Uniti d’America in combutta con il National Endowment for Democracyfinanziato dagli Stati Uniti, le fondazioni Soros e la facciata della CIA chiamata USAID. Come descrivo nel libro, “Il principale obiettivo del German Marshall Fund, secondo la sua relazione annuale del 2013, è sostenere l’agenda del dipartimento di Stato nelle cosiddette operazioni di costruzione della democrazia nei Paesi ex-comunisti dell’Europa orientale e sud- orientale, dai Balcani al Mar Nero. Significativamente il loro lavoro include l’Ucraina. Nella maggior parte dei casi, collabora con l’USAID, ampiamente identificata quale facciata della CIA collegata al dipartimento di Stato, e la Stewart Mott Foundation che finanzia la National Endowment for Democracy finanziata dal governo degli Stati Uniti“. In particolare, la stessa Stewart Mott Foundation finanzia il Piano Merkel dell’ESI, come anche ilRockefeller Brothers Fund. Tutto questo dovrebbe far riflettere da chi e per quali obiettivi è stato firmato l’accordo Merkel-Erdogan sulla crisi dei rifugiati nell’UE. La fazione Rockefeller-Bush-Clinton negli Stati Uniti intende usarlo quale grande esperimento d’ingegneria sociale per creare caos e conflitti sociali nell’UE, mentre allo stesso tempo le loro organizzazioni non governative, come NED, Freedom House e fondazioni Soros, si agitano in Siria, Libia e nel mondo islamico? La Germania, secondo l’ex-consigliere del presidente degli Stati Uniti e amico intimo dei Rockefeller, Zbigniew Brzezinski, è il “vassallo” degli Stati Uniti nel mondo post-90? Finora, c’è la prova abbastanza netta che sia così. Il ruolo dei think tank collegati a Stati Uniti e NATO è fondamentale per comprendere come la Repubblica Federale di Germania e l’Unione europea siano in realtà eterodirette da oltre Atlantico.*Il German Marshall Fund è anche l’ente che ha creato e promosso l’orrido mostriciattolo nazipiddino euroatlantista Federica Mogherini. NdT.
F. William Engdahl è consulente di rischio strategico e docente, laureato in politica alla Princeton University, è autore di best-seller su petrolio e geopolitica, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook“.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2016/04/28/come-le-centrali-della-nato-controllano-la-politica-dellue-sui-rifugiati/
Erano felici, avevano avuto il permesso dagli occupanti della loro terra, di andare a Gerusalemme. Era la prima volta. Così mi racconta un amico palestinese. Venivano da Alram, un paese vicino Ramallah. La giovane signora, perché di signora sposata e con due bambini si tratta, era incinta di 5 mesi quando, entrando per la prima volta nel check point di Qalandia, ha sbagliato percorso. Il timore e l’emozione infatti possono far sbagliare percorso, soprattutto quando ci si trova in stato di cattività, come si fosse animali in gabbia, con tanti guardiani armati intorno.
L’errore è stato fatale. Il soldato israeliano, che ovviamente nessun sincero democratico amico di Israele chiamerà mai assassino, il soldato israeliano le ha gridato qualcosa nella sua lingua. La sua, quella dell’occupante, non quella della vittima, e Maram Salih, la giovane donna disorientata dalla situazione non ha capito cosa le stavano urlando. Ha fatto l’errore di correre, così raccontano dei testimoni, e i soldati del democratico stato occupante di Israele l’hanno crivellata di colpi. Stessa sorte è toccata a suo fratello, il suo accompagnatore in questo primo e ultimo viaggio nella sognata Gerusalemme.
La Mezzaluna Rossa Palestinese denuncia (inutilmente è ovvio!) che gli occupanti non hanno fatto neanche avvicinare i soccorsi. Ma nessuno pagherà per questi due fratelli assassinati. I piccoli orfani sapranno che la loro mamma e il loro giovane zio non potranno più portare il regalino promesso dalla città santa, semplicemente perché le loro vite sono state fermate prima di varcare il maledetto e illegale check point di Qalandia.
Maram Salih e il suo fratello minore sono stati uccisi perché non conoscevano la lingua dell’occupante! Tragico e assurdo, ma per essere più precisi, sono stati uccisi perché le complicità internazionali consentono a Israele di mantenere il suo stato di illegalità sulla Palestina e di assassinare, sempre impunemente, i palestinesi ad ogni occasione.
Qualcuno dirà che i soldati erano spaventati e per questo hanno aperto il fuoco. Qualcun altro dirà che Maram aveva un coltello o che forse ne aveva due, chissà.
Il mio amico di Alram, o la mia “fonte” per usare un termine giornalistico, mi dice che non c’è stata alcuna eco da parte della dirigenza palestinese, come se in questo periodo questi crimini debbano essere coperti da un immenso silenzio “per non disturbare” perché, aggiunge, utilizzando quella che sembra una metafora , “il nostro percorso è segnato nei minimi particolari e non si può fare il più piccolo errore”. Con amarezza profonda mi dice “hanno disegnato un percorso per la nostra vita, non solo dentro i check point, ma in tutta la Palestina, ci hanno disegnato una vita in cui non possiamo muoverci come persone normali. Hanno disegnato le nostre strade, dove dobbiamo vivere e anche dove dovremo morire”. Una metafora tragicamente perfetta, putroppo!
Poi mi informa che la bambina di Maram si chiama Sara. Sara come la moglie di Abramo, il patriarca di cui parla la Bibbia e che gli islamici, come i cristiani, rispettano al pari degli ebrei.
Proprio Sara, come la donna che secondo la Bibbia fece cacciare Agar e Ismaele a morire nel deserto, laddove, però, il Dio di entrambi i popoli semiti ebbe pietà e fece zampillare una sorgente. Ma questo la moglie di Abramo non lo aveva previsto. E’ feroce l’Antico Testamento in certi suoi passi, e certi suoi personaggi non rispondono davvero a quell’umanità che, almeno a parole, è oggi dichiarata valore condiviso.
Eppure Maram aveva dato nome Sara alla sua bambina, in omaggio proprio alla moglie del patriarca Abramo, la prima madre di quel popolo i cui soldati armati ieri l’hanno uccisa. Lei certo non poteva sapere, scegliendo quel nome, che l’avrebbero uccisa proprio mentre andava a visitare il luogo dove si dice che il comune Patriarca avesse costruito il suo primo tempio.
Forse Sara, la piccola orfana di Maram, crescendo penserà al significato del suo nome e forse chiamerà i suoi figli solo Mohammad e Kadija, o Ismail e Nour, non certo Ibrahim o Rachel per esempio. Di sicuro, se Sara prenderà coscienza di dove può portare la mistura politico-religiosa di cui si nutre il sionismo, non potrà chiamare i suoi figli con quei nomi che santificano l’occupazione della sua terra e giustificano l’uccisione dei suoi legittimi abitanti, tra cui la mamma che sognava di andare a Gerusalemme per la prima volta nella sua vita e che non è riuscita ad arrivarci.
Il pensiero di Ahmadinejad sull'OLOCAUSTO.
Sognare Gerusalemme e non potersi svegliare...
Patrizia Cecconi,
28 aprile 2016
E’ successo ieri. E’ successo a due fratelli di circa 16
anni lui e di 24 lei.
Erano felici, avevano avuto il permesso dagli occupanti della loro terra, di andare a Gerusalemme. Era la prima volta. Così mi racconta un amico palestinese. Venivano da Alram, un paese vicino Ramallah. La giovane signora, perché di signora sposata e con due bambini si tratta, era incinta di 5 mesi quando, entrando per la prima volta nel check point di Qalandia, ha sbagliato percorso. Il timore e l’emozione infatti possono far sbagliare percorso, soprattutto quando ci si trova in stato di cattività, come si fosse animali in gabbia, con tanti guardiani armati intorno.
L’errore è stato fatale. Il soldato israeliano, che ovviamente nessun sincero democratico amico di Israele chiamerà mai assassino, il soldato israeliano le ha gridato qualcosa nella sua lingua. La sua, quella dell’occupante, non quella della vittima, e Maram Salih, la giovane donna disorientata dalla situazione non ha capito cosa le stavano urlando. Ha fatto l’errore di correre, così raccontano dei testimoni, e i soldati del democratico stato occupante di Israele l’hanno crivellata di colpi. Stessa sorte è toccata a suo fratello, il suo accompagnatore in questo primo e ultimo viaggio nella sognata Gerusalemme.
La Mezzaluna Rossa Palestinese denuncia (inutilmente è ovvio!) che gli occupanti non hanno fatto neanche avvicinare i soccorsi. Ma nessuno pagherà per questi due fratelli assassinati. I piccoli orfani sapranno che la loro mamma e il loro giovane zio non potranno più portare il regalino promesso dalla città santa, semplicemente perché le loro vite sono state fermate prima di varcare il maledetto e illegale check point di Qalandia.
Maram Salih e il suo fratello minore sono stati uccisi perché non conoscevano la lingua dell’occupante! Tragico e assurdo, ma per essere più precisi, sono stati uccisi perché le complicità internazionali consentono a Israele di mantenere il suo stato di illegalità sulla Palestina e di assassinare, sempre impunemente, i palestinesi ad ogni occasione.
Qualcuno dirà che i soldati erano spaventati e per questo hanno aperto il fuoco. Qualcun altro dirà che Maram aveva un coltello o che forse ne aveva due, chissà.
Il mio amico di Alram, o la mia “fonte” per usare un termine giornalistico, mi dice che non c’è stata alcuna eco da parte della dirigenza palestinese, come se in questo periodo questi crimini debbano essere coperti da un immenso silenzio “per non disturbare” perché, aggiunge, utilizzando quella che sembra una metafora , “il nostro percorso è segnato nei minimi particolari e non si può fare il più piccolo errore”. Con amarezza profonda mi dice “hanno disegnato un percorso per la nostra vita, non solo dentro i check point, ma in tutta la Palestina, ci hanno disegnato una vita in cui non possiamo muoverci come persone normali. Hanno disegnato le nostre strade, dove dobbiamo vivere e anche dove dovremo morire”. Una metafora tragicamente perfetta, putroppo!
Poi mi informa che la bambina di Maram si chiama Sara. Sara come la moglie di Abramo, il patriarca di cui parla la Bibbia e che gli islamici, come i cristiani, rispettano al pari degli ebrei.
Proprio Sara, come la donna che secondo la Bibbia fece cacciare Agar e Ismaele a morire nel deserto, laddove, però, il Dio di entrambi i popoli semiti ebbe pietà e fece zampillare una sorgente. Ma questo la moglie di Abramo non lo aveva previsto. E’ feroce l’Antico Testamento in certi suoi passi, e certi suoi personaggi non rispondono davvero a quell’umanità che, almeno a parole, è oggi dichiarata valore condiviso.
Eppure Maram aveva dato nome Sara alla sua bambina, in omaggio proprio alla moglie del patriarca Abramo, la prima madre di quel popolo i cui soldati armati ieri l’hanno uccisa. Lei certo non poteva sapere, scegliendo quel nome, che l’avrebbero uccisa proprio mentre andava a visitare il luogo dove si dice che il comune Patriarca avesse costruito il suo primo tempio.
Forse Sara, la piccola orfana di Maram, crescendo penserà al significato del suo nome e forse chiamerà i suoi figli solo Mohammad e Kadija, o Ismail e Nour, non certo Ibrahim o Rachel per esempio. Di sicuro, se Sara prenderà coscienza di dove può portare la mistura politico-religiosa di cui si nutre il sionismo, non potrà chiamare i suoi figli con quei nomi che santificano l’occupazione della sua terra e giustificano l’uccisione dei suoi legittimi abitanti, tra cui la mamma che sognava di andare a Gerusalemme per la prima volta nella sua vita e che non è riuscita ad arrivarci.
Il pensiero di Ahmadinejad sull'OLOCAUSTO.
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