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giovedì 28 aprile 2016

I neo Gesuiti a complotto..?

Francesco apre il caso dell’infallibilità del Papa



Il teologo Küng aveva scritto a Bergoglio chiedendogli una riflessione: «Mi ha risposto con una lettera fraterna, apprezzando le mie considerazioni. Non ha posto limiti alla discussione sul dogma» sancito dal Concilio Vaticano I e da Pio IX il 18 luglio 1870


Racconta Hans Küng che la lettera di Francesco, con la data del 20 marzo, gli è stata recapitata attraverso la nunziatura di Berlino. Una lettera «che risponde alla mia richiesta di una libera discussione sul dogma dell’infallibilità» del Papa. «Mi ha risposto in maniera fraterna, in spagnolo, rivolgendosi a me come Lieber Mitbruder, caro fratello, e queste parole personali sono in corsivo», ha fatto sapere Küng. Il grande teologo svizzero «per la riservatezza che devo al Papa» non cita frasi del pontefice. Però dice che «Francesco non ha fissato alcun limite alla discussione», che ha «apprezzato» le sue considerazioni. E con malcelato stupore fa notare quanto sia «per me importante» il fatto che abbia risposto di persona e soprattutto «non abbia lasciato, per così dire, cadere nel vuoto il mio testo». E in effetti il testo, rivolto ad un pontefice, era impegnativo: «Imploro papa Francesco, che mi ha sempre risposto in modo fraterno: riceva questa ampia documentazione e consenta nella nostra Chiesa una discussione libera, non prevenuta e aperta su tutte le questioni irrisolte e rimosse legate al dogma dell’infallibilità. Non si tratta di banale relativismo, che mina i fondamenti etici della Chiesa e della società. E nemmeno di rigido e insulso dogmatismo legato all’interpretazione letterale. È in gioco il bene della Chiesa e dell’ecumene». Küng lo aveva reso pubblico, tradotto in più lingue, il 9 marzo. Giunto all’ottantottesimo compleanno, «da teologo alla fine dei miei giorni, sostenuto da una profonda simpatia per lei e per la sua azione pastorale», il pensatore svizzero aveva rilanciato «un appello che ho più volte inutilmente lanciato nel corso di una discussione pluridecennale».

FRANCESCO NON HA MAI PARLATO DEL DOGMA DELL’INFALLIBILITÀ

Francesco non ha mai parlato del dogma dell’infallibilità, sancito dal Concilio Vaticano I e da Pio IX il 18 luglio 1870. Del resto nessuno Oltretevere ritiene abbia mai pensato di metterlo in discussione. Bergoglio è il Papa della sinodalità ma ha ben presenti le prerogative del pontefice, che elencò in un discorso memorabile il 18 ottobre 2014, alla fine del Sinodo, citando il Codice di diritto canonico: il Papa è «il garante dell’ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa, mettendo da parte ogni arbitrio personale, pur essendo — per volontà di Cristo stesso — il “Pastore e Dottore supremo di tutti i fedeli” (canone 749) e pur godendo “della potestà ordinaria che è suprema, piena, immediata e universale nella Chiesa” (canoni 331-334)».

IL CONCILIO VATICANO I

Diverso è dire che Francesco non abbia posto «alcun limite alla discussione», come riferisce Küng. Anche perché si tratta del dogma forse più frainteso, oltre che dibattuto. Il Concilio Vaticano I non disse affatto, come molti credono, che il Papa è infallibile tout court. Il Papa è un essere umano e la prima cosa che Bergoglio disse al conclave, subito dopo l’elezione, fu: «Io sono un peccatore». Dopo lunghe discussioni, nel 1870 si stabilì che il Papa è infallibile solo «quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi». Sono casi rarissimi, come quando nel 1950 Pio XII proclamò solennemente l’Assunzione di Maria in cielo. Ma l’estensione dell’infallibilità resta dibattuta tra i teologi. La posizione di Küng è netta: vorrebbe abolirla o almeno sottoporla ad una revisione radicale. Già il fatto che Francesco non abbia posto un limite alla discussione, scrive, è una bella notizia: «Penso che sia ora indispensabile utilizzare questa nuova libertà per portare avanti la riflessione sulle definizioni dogmatiche, che sono motivo di polemica all’interno della Chiesa cattolica e nel suo rapporto con le altre chiese cristiane».

Gian Guido Vecchi 
27 aprile 2016 | 22:55

http://www.corriere.it/cronache/16_aprile_28/francesco-apre-caso-dell-infallibilita-papa-kung-bergoglio-70beab00-0cb8-11e6-a4db-66a817deaada_print.html 

(Hans Kung) Il 9 marzo è apparso su importanti giornali di diversi Paesi il mio appello a papa Francesco per avviare una discussione libera, non prevenuta, aperta sulla questione dell' infallibilità. Mi ha fatto molto piacere ricevere già subito dopo Pasqua, attraverso la nunziatura di Berlino, una lettera personale di papa Francesco datata la domenica delle Palme (20 marzo). 
In questa lettera sono per me molto significativi i seguenti punti: che papa Francesco mi abbia risposto e che non abbia, per così dire, lasciato cadere nel vuoto il mio appello; che abbia risposto di persona e non attraverso il suo segretario privato o il cardinale segretario di Stato; che sottolinei il carattere fraterno della sua lettera in spagnolo con l' appellativo tedesco «lieber Mitbruder» («caro confratello»), scritto in corsivo; che abbia letto attentamente l' appello che gli avevo rivolto anche in traduzione spagnola; che tenga in grande considerazione le riflessioni che mi hanno indotto a pubblicare il quinto volume dei miei scritti, nel quale propongo di discutere sul piano teologico, alla luce della Sacra Scrittura e della tradizione, le diverse questioni sollevate dal dogma dell' infallibilità, allo scopo di approfondire il dialogo costruttivo della Chiesa del ventunesimo secolo, «semper reformanda», con l' ecumene e la società postmoderna. Papa Francesco non pone alcuna limitazione. Egli ha così corrisposto al mio desiderio di dar luogo a una libera discussione del dogma dell' infallibilità. Ritengo, perciò, che occorra utilizzare questo nuovo spazio libero per portare avanti il chiarimento delle definizioni dogmatiche contestate nella Chiesa e nell' ecumene cattolica. Allora non potevo immaginare quale spazio libero avrebbe aperto pochi giorni dopo papa Francesco nello scritto apostolico post-sinodale Amoris laetitia. Già nell' introduzione egli dichiara che «non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero». Egli si volge contro una «una morale fredda da scrivania» e non vuole che i vescovi continuino a comportarsi come «controllori della grazia ». Non vede l' eucarestia come un premio per i perfetti, ma come un «alimento per i deboli». Cita ripetutamente affermazioni del sinodo dei vescovi e delle conferenze episcopali nazionali. Non vuole più essere il portavoce solitario della Chiesa. Questo è il nuovo spirito che ho sempre atteso dal magistero. Sono convinto che in questo spirito anche il dogma dell' infallibilità, questa fondamentale questione chiave della Chiesa cattolica, potrà alla fine essere discussa in modo libero, non prevenuto e aperto. Per questo libero spazio rivolgo a papa Francesco un ringraziamento profondamente sentito. Aggiungo l' aspettativa che i vescovi, le teologhe e i teologi facciano proprio senza riserve questo spirito in un dialogo collegiale e collaborino a questo compito nel solco della Scrittura e della grande tradizione ecclesiale.

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