Non senza significato è l’importante coincidenza, nel giorno 8 maggio, della memoria dell’Apparizione di San Michele Arcangelo sul Gargano con la festa mariana della Madonna di Pompei. Qual è il legame tra il potente Arcangelo e la Vergine Immacolata
La festa di San Michele Arcangelo dell’8 maggio ricorda la sua apparizione avvenuta sul monte Gargano in Puglia nel 490. Non è la più solenne delle due che ogni anno la Chiesa consacra a San Michele; quella del 29 settembre è difatti liturgicamente più importante, ma meno personale per l’Arcangelo, perché vi si onorano in pari tempo anche gli Arcangeli Gabriele e Raffaele.
Il particolare interessante, considerata la data, è la sua convergenza con la memoria mariana della Madonna di Pompei. Lo stesso giorno, infatti, è scelto per la Supplica alla Madonna del Rosario.
Il particolare interessante, considerata la data, è la sua convergenza con la memoria mariana della Madonna di Pompei. Lo stesso giorno, infatti, è scelto per la Supplica alla Madonna del Rosario.
Tale coincidenza non è casuale, ma appositamente disposta dal Beato Fondatore del Tempio di Pompei, e invita a riflettere sulla collaborazione speciale e personale che questo glorioso Arcangelo offre a Maria Santissima, Regina degli Angeli, nella duplice e complementare causa della Gloria di Dio e della salvezza degli uomini. In modo particolare, come si vedrà, il servizio di questo Arcangelo è connesso alla Madonna del Rosario.
L’intimo e stretto legame di San Michele con la Vergine Immacolata pare affondi le sue radici all’inizio dei secoli, in un momento tanto distante quanto importante, quello della scelta angelica: essere con Dio o contro di Lui. Il momento, la scelta, che ha visto diventare San Michele il principe capo delle milizie celesti, e Lucifero il capo di quelle infernali. La Tradizione afferma che nell’istante fatale in cui Lucifero ambì al Trono di Dio e alla Sua gloria insorgendo superbamente e cercando di trascinare dalla sua parte tutti gli spiriti angelici, l’Arcangelo prese per primo le difese di Dio proclamandone l’infinita e inarrivabile Maestà: “Chi è come Dio?” (questo il significato del suo nome, dall’ebraico: Mi - Kha - El). Questo lampo di Verità, attraversando come spada affilata i Cieli, recise ogni suggestione e illusione diabolica e rimise ordine tra le gerarchie celesti; allora istantaneamente satana e i suoi angeli precipitarono nella loro nuova ed eterna dimora, il baratro spaventoso dell’“assenza di Dio”, di ogni male senza alcun bene, cioè l’inferno eterno. Dimora eterna, perché la loro decisione li aveva stabiliti in uno stato d’inimicizia irrevocabile con Dio, essendo stata presa con la chiarissima, e quindi inescusabile, cognizione di intelligenze angeliche e con liberissimo consenso.
Gesù ha parlato di questo momento quando disse: «Io vedevo satana cadere dal cielo come folgore» (Lc 10,18). Molto prima, come affermano i migliori esegeti, ne aveva parlato il Profeta Isaia: «Come mai sei caduto dal cielo, astro del Mattino, figlio dell’Aurora? Come mai sei stato gettato a terra, signore di popoli? Eppure tu pensavi nel tuo cuore: “Salirò in cielo, sopra le stelle di Dio innalzerò il mio trono, dimorerò sul monte dell’assemblea, nella vera dimora divina. Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo”. E invece sei stato precipitato negli inferi, nelle profondità dell’abisso!» (Is 14,12).
C’è però chi ha notato, ed è stato il Dottore Angelico, che il proposito di detronizzare Dio, semplicemente insensato, non sarebbe potuto nascere così facilmente nell’acutissima intelligenza angelica di Lucifero, che conosceva Dio intuitivamente al modo degli spiriti puri. Ciò che ripugnò al più bello degli angeli fu piuttosto il doversi sottomettere, come a suo Sovrano e a sua Regina, al Dio fatto uomo e a Sua Madre. Infatti, quando nel primo momento della creazione l’“eterno decreto” dell’Incarnazione fu mostrato alle intelligenze angeliche, parve a Lucifero avvilente che l’eccellenza della sua natura superiore si dovesse chinare innanzi ad un uomo (anche se uomo-Dio) e soprattutto ad una semplice creatura umana (Maria Santissima). L’inimicizia tra il Serpente e la Donna di cui si parla nella Genesi (3,15) era dunque già posta.
San Michele, al contrario, insorgendo contro Lucifero e i suoi seguaci, potrebbe essere considerato il primo adoratore e tutore del mistero sublime dell’Incarnazione. Non solo, anche il primo ammiratore e tutore del mistero della divina Maternità, che presentava Maria, creatura umana Immacolata e Semprevergine, quale vera Madre di Dio. Anche l’amicizia tra la Santissima Vergine e San Michele fu stretta dunque in quel tempo lontano. Il primo ideale suddito della Regina del Cielo fu lui ed anche per lui vale la determinazione eterna a quella che è una specialissima, angelica forma di consacrazione a Lei, nonché il più potente “sodalizio” per sconfiggere il demonio e le potenze infernali.
San Luigi M. Grignion pare afferrare questa celeste realtà quando con san Bonaventura e sant’Agostino scrive che «tutti gli angeli nei cieli Le cantano incessantemente: “Santa, santa, santa Maria, Vergine Madre di Dio”», come se si fossero fermati in quell’attimo eterno di adorazione alla Sua divina Maternità che offriva al mondo il Verbo Incarnato. Poi segue: «E milioni e milioni di volte, ogni giorno, le rivolgono il saluto angelico “Ave Maria...”, mentre si prostrano dinanzi a Lei e chiedono il favore d’essere onorati di un suo comando. San Michele stesso, benché principe di tutta la Corte celeste, è il più zelante nel renderle e farle rendere ogni sorta di omaggi, sempre in attesa di avere l’onore di volare, ad un suo cenno, in soccorso di qualcuno dei suoi servi» (Trattato della vera devozione, n. 8).
La Madonna, associata dall’Altissimo a regnare con Gesù Cristo nei Cieli e sulla terra, ossia su tutto il mondo creato, è venerata come Regina degli Angeli e guida lo schieramento dell’esercito celeste assieme a San Michele. Ciò che più accomuna il glorioso Arcangelo alla Vergine Immacolata è la profondissima umiltà. Alle radici del peccato di Lucifero, come di ogni peccato, vi è stata una profonda superbia. Alle radici della fedeltà di San Michele vi è stata una più profonda umiltà, e ciò spiega perché – secondo lo stile di Dio (cf. Magnificat) – è stato elevato al vertice delle potenze celesti.
Ma veniamo ora alla Supplica alla Madonna di Pompei scritta dal beato Bartolo Longo, che tutta la Cristianità recita l’8 maggio a mezzogiorno. Essa ha un ricamo cavalleresco e comincia: «O Augusta Regina delle vittorie, o Vergine sovrana del Paradiso, al cui nome potente si rallegrano i cieli e tremano per terrore gli abissi, o Regina gloriosa del Santissimo Rosario, noi tutti, avventurati figli vostri, qui prostrati ai vostri piedi, in questo giorno solennissimo della festa dei novelli vostri trionfi sulla terra degl’idoli e dei demoni, effondiamo con lacrime gli affetti del nostro cuore, e con la confidenza di figli vi esponiamo le nostre miserie...».
L’ardente preghiera sembra voler appaiare le fila dell’esercito della Chiesa militante a quelle dell’esercito Angelico nella lotta contro i nemici visibili e invisibili di Dio, e ne indica anche la leva d’unione, quando fa esclamare con forza soave: «O Rosario benedetto di Maria; Catena dolce che ci rannodi a Dio; Vincolo di amore che ci unisci agli Angeli; Torre di salvezza negli assalti d’inferno; Porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più!». Il Rosario offre l’accesso a questo divino sodalizio stretto da San Michele Arcangelo e i suoi Angeli con la loro Regina. Esso ci pone tra le loro invincibili schiere e ci sostiene nella triplice lotta contro la carne, il mondo e il demonio. Molti Santi e Papi non hanno esitato a chiamarlo «il flagello dei demoni». I demoni stessi, durante gli esorcismi, sono stati costretti a confessare: «Il Rosario è la preghiera più forte, la più esorcizzante. Esso è il nostro flagello, la nostra rovina, la nostra sconfitta... Il Rosario ci vince sempre, ed è la sorgente di grazie incredibili per quanti lo recitano intero (20 misteri)». Come è successo nella terra di Pompei, un tempo «soggiorno di morti pagani», ora fonte di grazie divine.
Per tal ragione il beato Bartolo Longo, di origini pugliesi e autentico devoto di San Michele Arcangelo, spiega: «Sin dal 1876 proponemmo al santo Vescovo di Nola, Monsignor Formisano, che la prima pietra per le fondamenta di questo nuovo tempio di Maria si ponesse proprio il giorno 8 maggio, perché quel giorno ricordava l’apparizione [...] dell’eccelso Arcangelo San Michele. Per il volgere incessante di trentun anni, sempre nel giorno 8 di maggio, abbiamo invocato con fede il primo Angelo del Cielo, perché si unisse con noi per festeggiare la comune Regina. [...]. Segnerà dunque per noi quel giorno due solenni trionfi: il trionfo del più maestoso Angelo del Cielo, di quel Principe grande, come lo chiama Daniele, il quale, prima della creazione dell’uomo, con l’invitta spada della sua fede, della sua umiltà e della sua mansuetudine, difese l’onore dell’Altissimo e dell’Immacolata Donna che doveva nel tempo essere la Madre del verbo di Dio fatto uomo. Ed insieme il trionfo di Colei che è la Regina della Misericordia, e che nell’epoca moderna doveva nella Valle di Pompei riportare su Satana nuove e stupende vittorie».
Il Santo Rosario e l’umiltà obbediente e fedele all’immutabile Legge divina siano le nostre armi spirituali, con le quali combattere per preparare e affrettare il Trionfo del Cuore Immacolato di Maria non in una piccola valle, ma in quella estesissima “Valle di lacrime” che è il mondo secolarizzato e paganizzante, senza Dio.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.