ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 25 maggio 2016

Basito lui, basiti noi.

Il filosofo Rémi Brague smonta il paragone papale tra Corano e Vangelo

“Il cristianesimo è conversione dei cuori, non conquista”

Il Corano (foto LaPresse)
Roma. “Un passaggio dell’intervista suscita in me una certa perplessità, ed è quello sull’islam”. A scriverlo in un commento apparso sul Figaro è il filosofo cattolico Rémi Brague, tra i più grandi medievisti contemporanei, oggi professore emerito alla Sorbona di Parigi e vincitore nel 2012 del Premio “Ratzinger” consegnatogli direttamente da Benedetto XVI. L’intervista in questione è quella concessa la scorsa settimana dal Papa al quotidiano la Croix. Il passaggio che ha lasciato basito l’intellettuale francese è relativo al parallelo proposto da Francesco tra la concezione di conquista propria della religione islamica e quella cristiana: “L’idea di conquista è inerente all’anima dell’islam, è vero”, aveva detto il Pontefice, aggiungendo però che “si potrebbe interpretare, con la stessa idea di conquista, la fine del Vangelo di Matteo, dove Gesù invia i suoi discepoli in tutte le nazioni”.


ARTICOLI CORRELATI Il ministro belga che vede l’Europa islamizzata: “Colpa dei cristiani” Il Papa prova a far la pace con al Azhar Le radici giudaico-cristiane nel mirinoBrague non concorda per nulla, e spiega che “il Corano non contiene alcun equivalente del mandato missionario affidato ai discepoli”. Non solo, perché anche se “le esortazioni a uccidere che si leggono è probabile che abbiano solamente una portata circostanziale” resta il fatto che “la parola ‘conquista’ non è una metafora, bensì ha un significato concreto, decisamente militare”. Non occorre fare troppa ermeneutica, aggiunge Brague: basta prendere l’hadith in cui il Profeta afferma “mi è stato ordinato di combattere contro gli uomini finché non diranno che non c’è altro dio se non Allah, e che il suo profeta è Maometto”. E’ questo il cuore del problema: nella religione islamica “non c’è una conversione dei cuori, bensì una sottomissione”, come si ricava dal senso della parola islam nei detti di Maometto. Insomma, prosegue il filosofo, “l’adesione sincera potrà e dovrà concretizzarsi, ma non è la priorità”. Un’adesione convinta che si avrà “quando la legge islamica sarà in vigore, e allora i conquistati passeranno alla religione dei conquistatori”.

Da queste constatazioni, osserva Brague, si comprende bene “come la parola ‘conquista’ abbia tutt’altro significato rispetto al versetto contenuto nel Vangelo di Matteo”. Il che non preclude alla possibilità di una sana convivenza tra cristiani e musulmani, “anche se gli esempi dell’Argentina (con l’1,5 per cento di musulmani) e soprattutto del Libano devono essere presi con prudenza”. Il punto è cambiare prospettiva, sostiene il filosofo, osservando che non si tratta tanto di stabilire se è possibile la convivenza tra persone di credo diverso, bensì di comparare sistemi religiosi basandosi sui rispettivi documenti normativi. E’ qui che, a giudizio dell’intellettuale francese, il parallelo proposto da Francesco mostra tutti i suoi limiti.

Il commento di Rémi Brague segue di un giorno la visita del grande imam di al Azhar in Vaticano, primo passo verso il ristabilimento di normali rapporti tra la principale istituzione sunnita e la Santa Sede. In un’intervista concessa ai media vaticani, Ahmed al Tayyeb – che ha confermato l’impegno nella riforma dei testi scolastici per chiarire “i concetti musulmani che sono stati deviati da coloro che usano violenza e terrorismo” – ha voluto ricordare la rottura delle relazioni avvenuta cinque anni fa: “Al Azhar ha una commissione di dialogo interreligioso con il Vaticano che si era sospeso per delle circostanze precise, ma adesso che queste circostanze non ci sono più, noi riprendiamo il cammino di dialogo e auspichiamo che sia migliore di quanto lo era prima”.
di Matteo Matzuzzi | 25 Maggio 2016 

http://www.ilfoglio.it/chiesa/2016/05/25/corano-vangelo-paragone-papa-francesco-smontato-r-mi-brague___1-v-142447-rubriche_c768.htm

Il cardinale Mueller: “Le omelie di santa Marta non fanno parte del magistero del Papa”

Il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede ha rivelato qual è la strategia di Francesco per cambiare l’immagine della Chiesa. Rispondendo alle domande di studenti e docenti presso l’Università Francisco de Vitoria di Madrid, ha rilevato di aver parlato con il Papa Francesco, all’inizio del suo pontificato e “abbiamo visto che con il precedente pontificato era stato accusa dalla stampa di parlare solo della sessualità e contro l’aborto e problemi etici simili. Abbiamo deciso con Francesco di affrontare i problemi affrontandoli però utilizzando un linguaggio positivo. Se si guardano i testi di Papa Francesco appaiono ancora questi problemi (ideologia di genere, aborto, ecc.) ma si concentrano sul positivo”.
Davanti al cardinale Rouco Varela, arcivescovo emerito di Madrid, il suo successore monsignor Carlos Osorio, il vescovo ausiliare Juan Antonio Martinez Camino, Juan Antonio Reig Pla, vescovo di Alcalá e Adolfo Gonzalez Montes, vescovo di Almeria, oltre che ai diversi leader dei movimenti e delle università cattoliche, il cardinale, che nei suoi giorni spagnoli ha parlato a Madrid, Valencia e Oviedo, per presentare il suo ultimo libro-intervista, ha ricordato che “Papa Francesco ha detto che la base della dottrina è già evidente nei testi di Benedetto XVI”.
“Più volte Papa Francesco ha detto che non vuole cambiare la dottrina. Tutti sanno che la dottrina non può essere modificata, non è di nostra proprietà, è un deposito della fede, dobbiamo preservare la fedeltà alla parola di Dio”. Per quanto riguarda l’efficacia della strategia del parlare “sempre in positivo”, il cardinale rileva che “da parte della stampa oggi c’è meno aggressione contro la Chiesa. Non sono diventati tutti cattolici, naturalmente, ma almeno parlano di tante cose che riguardano la Chiesa”.
Müller ha sottolineato che non si possono staccare dal loro contesto “i commenti informali di Francesco, o le sue espressioni quotidiane”, incluse le omelie a Santa Marta. “Nessun uomo può realizzare nella sua persona tutti i carismi della Chiesa, compreso Papa Francesco. Il Papa è un uomo come chiunque altro, che non può fare sempre dichiarazioni ex cathedra, mentre la stampa considera così le sue impressioni, le sue conversazione quotidiana”. La Chiesa “non è solo il Papa: ci sono le diocesi, le parrocchie. Una omelia di un parroco ai suoi parrocchiani ha la stessa importanza che le omelie di Papa Francesco nelle messe celebrate a Santa Marta. Le omelie di Santa Marta sono un impulso spirituale, non sono dichiarazioni del Magistero”.
La stampa da importanza solo al Papa e dimentica che “anche le diocesi e le lettere episcopali hanno la loro importanza. Non concentriamo tutto sul Papa. Povero Papa. Non può essere tutto il giorno controllato sulle sue parole quotidiane. A volte, scherzosamente, dice qualcosa e poi tutto appare sulla stampa come se fossero dichiarazioni magisteriali. È assurdo”. Infine Müller ha anche parlato con gli insegnanti e gli studenti sul come trasmettere la gioia del Vangelo ad una generazione che spesso non conosce i principi fondamentali della fede. “L’unico modo per evangelizzare è quello, primariamente, di essere convinti della propria fede cristiana. Solo attraverso l’amore per il prossimo si può evangelizzare. I proclami non funzionano se manca la vicinanza personale. La vicinanza con gioia attrae. Oggi molti giovani sono trascurati dalle loro famiglie, hanno solo i computer e le cose materiali. La chiave per conquistarli a Cristo è una vicinanza personale con amore”.
 Michele M. Ippolito  25 maggio 2016 

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