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lunedì 9 maggio 2016

Finché non vai ad Aleppo..





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Lettera da Aleppo: "Le bombe sono ovunque, ma la gente affolla le chiese. Si prega per i martiri"

Il parroco della cattedrale latina, padre Ibrahim Alsabagh, aggiorna sulla situazione nei quartieri contesi da governativi e jihadisti
di Ibrahim Alsabagh | 10 Maggio 2016 ore 09:38
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Una delle zone di Aleppo colpite dai bombardamenti di questi giorni
Pubblichiamo una lettera inviata da Padre Ibrahim Alsabagh, parroco della cattedrale latina di Aleppo, datata 8 maggio. Il testo documenta la situazione nella seconda più importante città siriana.




Aleppo, 8 maggio 2016

Oggi ci sono stati ancora tanti bombardamenti. Da qualche minuto sono cadute due bombe nella nostra zona e da poco è crollato un edificio nella zona di Midaan, le persone sono ancora sotto le macerie, non sappiamo ancora la conta dei morti e dei feriti.
Questa sera, alla S. Messa parrocchiale erano presenti le famiglie del ragazzo Sa’id Tahhan (11 anni) e il giovane Elias Pseliss (18 anni) uccisi da un missile che ha colpito la casa della nonna, proprio mentre c’erano quindici persone a farle gli auguri per la Pasqua ortodossa.

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Ho insistito sulla carità di tutta la chiesa nei nostri confronti, per noi cristiani di Aleppo e la carità che ci unisce qua. E come essa è la fonte della gioia e della consolazione nei momenti difficili che stiamo vivendo.
Dopo la benedizione con l’icona della Madonna, tutti i fedeli hanno salutato le famiglie di Sa’id ed Elias con le parole: Cristo è risorto! Infine abbiamo letto la lettera di Sua Eminenza Card. Parolin ai cristiani di Aleppo, la gente era molto colpita e consolata da tutti questi segni di carità.
Tutti sono tornati alle loro case mentre parlavano lungo la strada della carità cristiana che ci unisce in profonda comunione.
Il vero miracolo è la conversione dei cuori e quello che opera il Signore nei cuori qua è più che un miracolo.

Fr. Ibrahim
http://www.ilfoglio.it/chiesa/2016/05/10/lettera-da-aleppo-le-bombe-sono-ovunque-ma-la-gente-affolla-le-chiese-si-prega-per-i-martiri___1-v-141799-rubriche_c238.htm 

 

Tra le bombe di Aleppo

Finché non vai ad Aleppo non puoi capire cosa vuol dire vivere in un Paese in guerra. I ribelli vivono nel quartiere accanto, a pochi chilometri da dove abiti. Spesso un telo appeso tra due edifici o la carcassa di un autobus gettata sulla strada marcano il confine tra le zone di occupazione.

Qui ci sono tutti: l’esercito siriano, Al Nusra, Daesh, i curdi. Da queste parti, checché se ne dica, non c’è tregua che tenga. Le bombe esplodono ininterrottamente, le case tremano, eppure la vita continua inesorabile. Accanto alle esplosioni i muezzin chiamano alla preghiera e i cristiani recitano ad alta voce il “Padre Nostro”. I bambini giocano a pallone per le strade, i negozi sono aperti tutto il giorno, le ragazze passeggiano da sole senza alcuna paura. E se i razzi colpiscono la casa di un residente ecco che tutto il vicinato abbandona il proprio piccolo nido per ripulire le macerie e dare conforto agli sfollati. La guerra è anche questo, l’umana solidarietà verso chi ha perso tutto e vive sulla pelle le stesse angosce.
   
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“Abbiamo vissuto momenti peggiori come nel 2013, mancava cibo, acqua ed elettricità, ora le cose vanno meglio e presto verrà riaperto l’aeroporto della città”, ci racconta un residente sulla cinquantina. “Il sostegno militare dei russi ci ha dato speranza, ci difendono assieme all’esercito, ci fidiamo solo di loro”, aggiunge.
Di recente ha fatto il giro del mondo la notizia dell’uccisione del medico Mohamed Wasim Maaz, descritto come “l’ultimo pediatra di Aleppo”, come se i bombardamenti colpissero solo una parte della barricata. Come se prima della sua morte regnasse la pace in città.
Qui la guerra non si è mai fermata, semplicemente, c’è stata un’intensificazione negli ultimi giorni. Tutte le parti in campo sanno perfettamente che qui c’è in ballo l’intera partita. Eppure i media occidentali hanno preferito raccontare il bombardamento unilaterale dei governativi nelle zone dove si trovava l’ospedale (non dichiarato come tale) di Medici Senza Frontiere, ignorando coscientemente la cartina militare del conflitto.
Per chi l’ha vista almeno una volta basta poco per capire che i quartieri controllati da Damasco sono letteralmente accerchiati dai ribelli (dipinti falsamente come vittime assediate dai “cattivi lealisti”). È un dato di fatto: ad Aleppo l’esercito inquadrato dal presidente Assad gioca sulla difensiva e non sull’offensiva, non a caso basta un attacco chirurgico nei pressi dell’autostrada che porta a Khanasser, a Sud, per tagliare la città dal resto del Paese.
Vivere in una città assediata dalle bombe lanciate dai gruppi terroristici di Al Nusra o Al Sham significa tante cose anche per i civili che hanno deciso di rimanere al fianco del governo siriano.  Che i media occidentali lo vogliano o meno.

Palmira: la Russia mostra di essere un faro di civiltà

Concerto a Palmira
Chi ha messo gli scarponi sul campo e bagnato la terra col proprio sangue ha il diritto di ascoltare la musica, ed in ogni caso non è questo il tema.
Il tema è che la tanto demonizzata Russia di Putin ha salvato Palmira dalla furia iconoclasta di coloro che volevano farle fare la fine dei Buddha, distrutti dai Talebani, o per evocare un esempio citato recentemente nel blog, la fine delle croci armene in territorio azero.
Un concerto di musica classica per onorare gli eroi e la memoria delle vittime della liberazione di Palmira.
Un omaggio alla cultura ed un inno alla vita, da cui noi Italiani, essendo l’Anfiteatro di Palmira un esempio di architettura che un tempo fu nostra, dobbiamo solo prendere esempio e ringraziare.
Vedi video: Youtube.com/watch

É davvero incredibile che mentre a casa nostra stiamo facendo di tutto per distruggere la nostra identità, la nostra storia, aggredendo i monumenti ed il paesaggio con il cemento e con un’orrenda architettura, con il piano criminale di sostituzione etnica, siano gli altri a salvare le basi dei nostri valori e le testimonianze della nostra cultura.
Le parole del Maestro Valery Gergiev sono uno schiaffo per tutti i pavidi che non hanno il coraggio di esprimersi, quelli che di fronte al nostro sfascio e al martirio di tanti innocenti girano la testa dall’altra parte.
Il minimo che possiamo fare è goderci questo spettacolo, in silenzio, per dare un senso al sacrificio di tutti quelli che sono morti per ridare alla civiltà questo spettacolo di architettura, ma soprattutto il prevalere della Civiltà contro le Forze del Male.
Il Presidente Siriano ha paragonato questa vittoria a quella di Stalingrado, ma io preferisco paragonarlo alla fine dell’assedio di Leningrado, e quindi questo concerto di oggi andrà alla storia come quello di Shostakovich Simfonia nr 7, che dedico a coloro che vogliono vivere nell’area della consapevolezza storica e morale; per gli altri c’è la rassicurante ignoranza, che però non li salverà dal loro destino di carne da macello della Storia.

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