ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 10 maggio 2016

Un fallimento dietro l'altro




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Il "nuovo" cristianesimo non ha posto per l'Ascensione - Omelia Ascensione 2016

Omelia nella Solennità dell'Ascensione: Il "nuovo" cristianesimo non ha posto per l'Ascensione. Don Alberto Secci.www.radicatinellafede.blospot.it

Nella Bolla "QUO PRIMUM TEMPORE" di San Pio V è riportata la maledizione contro chiunque osasse cambiare il canone della Santa Messa :
"Con la presente nostra Costituzione, da valere in perpetuo, priviamo tutte le summenzionate Chiese dell'uso dei loro Messali. che ripudiamo in modo totale e assoluto. stabiliamo e comandiamo, sotto pena della nostra maledizione che a questo Nostro Messale, recentemente pubblicato nulla mai possa venire aggiunto, detratto, cambiato... Dunque, ordiniamo a tutti e singoli i Patriarchi e Amministratori delle suddette Chiese, e a tutti gli ecclesiastici, rivestiti di qualsiasi dignità, grado e preminenza, non escluso i Cardinali che Santa Romana Chiesa, facendone loro severo obbligo in virtù di santa obbedienza, che, in avvenire abbandonino del tutto e completamente rigettino tutti gli altri ordinamenti e riti, senza alcuna eccezione, contenuti negli altri Messali, per quanto antichi essi siano e finora soliti ad essere usati, e cantino e leggono la Messa secondo il rito, la forma e la norma, che noi abbiamo prescritto nel presente Messale; e, pertanto, non abbiano l'audacia di aggiungere altre cerimonie o recitare altre preghiere che quelle contenute in questo messale."
Purtroppo da quando è stata cambiata la messa la chiesa ha inanellato un fallimento dietro l'altro
https://gloria.tv/audio/2t1435vd4Ww

All'ONU, la Santa Sede certifica che "Dio non è morto"

La sede delle Nazioni Unite di New York
Foto: Andrea Gagliarducci / ACI Stampa
Dare la notizia della "morte di Dio" è stato "piuttosto prematuro", dato che i media secolari sono pieni di notizie che riguardano eventi legati alla religione. Ma questi eventi “non riguardano quello che le persone di vera fede avrebbero voluto sentire”.
Le cose fatte “in nome della religione”, compresa la violenza in nome di Dio, sono infatti parte delle notizie di ogni giorno. L’analisi, amara, è fatta dall’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite. Il quale indica anche una “road map” per uscire fuori dall’impasse.
Si tratta di sei principi, che l’osservatore ha delineato lo scorso 6 maggio ad un tavolo delle Nazioni Unite su “Armonia tra le fedi: promuovere il dialogo interreligioso e la tolleranza, così come una cultura della pace”.
L’arcivescovo Auza si mette così sulla scia dei temi del dialogo e della cultura dell’incontro delineata da Papa Francesco sin dall’inizio del Pontificato e quindi reiterata nel recente incontro con la delegazione del Royal Institute for Interfaith Studies lo scorso mercoledì.
Si parte dal “totale e incondizionato rifiuto della violenza in nome della religione”, perché “nessuno può considerarsi un vero credente” se “pianifica o porta a compimento atti di violenza”. L’osservatore ricorda che Papa Francesco ha sempre condannato chi cerca “di strumentalizzare la propria religione come una giustificazione di violenza” e fa l’esempio dei discorsi di New York, Tirana, Sarajevo, Ankara e Bangui.
Ma religione e violenza “non devono essere identificati con alcuna specifica religione, razza nazionalità e cultura”, perché “nessuna religione o cultura è violenta per natura”.
Per raggiungere una vera armonia si deve anche “educare al rispetto dell’inviolabile dignità di ogni persona umana e dei suoi inalienabili diritti”, inclusa quella libertà religiosa che “gli estremisti violenti” mettono in discussione in maniera più probabile.
Educare per mettere fine ai pregiudizi, e per portare avanti incessanti sforzi di dialogo interreligioso e interculturale, che è il quarto principio messo sul tavolo dall’arcivescovo Auza. “Non importa quanto siano gravi le minacce poste dal terrorismo alla nostra sicurezza collettiva, ma non basta la coercizione militare per dare una risposta definitiva”, serve piuttosto “la promozione di una cultura dell’incontro e del dialogo” che creino” società inclusive.
Così, vengono sradicate le cause dell’estremismo violento, che è il quinto principio enunciato da Auza. Perché – spiega l’Osservatore – “i giovani sono attratti dalle ideologie estremiste perché si sentono socialmente alienate ed escluse, o a causa della povertà e della disoccupazione cronica”. Ci vuole una risposta da parte dei governi che affrontino la situazione dell’esclusione e della mancanza di integrazione.
Perché così – sesto principio – si crea una società armoniosa, che “non è il risultato dello sforzo di uno per tutti”, ma si consolida attraverso “migliaia di azioni quotidiane”.

È uno sforzo, conclude Auza, che serve “oggi più che mai”.



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