ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 12 maggio 2016

Il manuale di istruzioni

L’Amoris Laetitia come nuova inculturazione (seconda parte)

Guida ragionata alla lettura di un documento proteiforme. Per leggere la prima parte, clicca qui

Dato che di  Salvezza cristiana non si parla più, e con la rivoluzione americana si è riconosciuto il diritto alla ricerca della felicità, Bergoglio si impegna a fornire anche il manuale di istruzioni che evidentemente  mancava. Ma anche  il significato del matrimonio postcattolico, fonte inesausta di piaceri sensibili, risulta ben delineato.
di Patrizia Fermani
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zzzzpcclvCominciamo dal genere letterario. L’amoris laetitia come dicevamo è titolo degno di un madrigale, si presenta  in gran parte come un prolisso trattatello di contenuto  prevalentemente erotico  per signore di ogni età che, pur senza scomodare Madame Bovary, trovano conforto nella posta del cuore, un tempo pudica ma ora assai disinibita dei più aggiornati settimanali femminili.  Dietro una densa paccottiglia di ordinaria banalità, si può trovare anche un manualetto di socio psicologia spicciola sul piano di  quelli che erano una volta i discorsi da treno, prima che fossero  aboliti gli scompartimenti. Ma è anche il nefasto prontuario ad uso della politica migratoria volta ad eliminare la identità storica, fisica e culturale europea.
Il filo di Arianna è ovviamente la famiglia, ma in realtà essa è il canovaccio sul quale viene imbastito tutto il  programma eversivo che si preannuncia già al numero 2) con la necessità di “continuare ad approfondire con libertà (cioè si badi, non secondo verità) alcune questioni dottrinali, perché “esistono diversi modi di intrepretare alcuni aspetti della dottrina e le relative conseguenze” con l’aiuto dello Spirito, tout court,  che ridiventerà miracolosamente “Spirito Santo” solo verso la fine della trattazione, dopo essersi presentato anche come “Spirito d’amore”.  Dunque si dice subito perché nuora intenda, che la dottrina non è dottrina, non è insegnamento stabile ma il frutto variabile della libertà dell’interprete. Cioè proprio non c’è più una dottrina da seguire.
Questo non impedisce però all’autore di spendersi in un edificante  omaggio a verità, valori e principi che devono per forza di cose orientare gli individui (n.38) e che però non gli impediscono  neppure di invocare per la Chiesa un vistoso autodafé di cui viene fornito il modulo: “dobbiamo riconoscere che il nostro modo di presentare le convinzioni cristiane e il modo di trattare le persone hanno aiutato a provocare ciò di cui oggi ci lamentiamo”… “privilegiando il fine procreativo il matrimonio è diventato meno desiderabile”, “abbiamo avuto poca capacità propositiva per indicare strade di felicità”. Dato che di  Salvezza cristiana non si parla più,  e con la rivoluzione americana si è riconosciuto  il diritto alla ricerca della felicità, Bergoglio si impegna a fornire anche il manuale di istruzioni che evidentemente mancava.  Ma anche  il significato del matrimonio postcattolico, fonte inesausta di piaceri sensibili, risulta ben delineato.
Subito dopo viene servita una prima razione massiccia di patetismo familiaristico che va ad approdare fatalmente sulla spiaggia delle migrazioni. Qui,  al n.46,  apprendiamo che la mobilità umana che corrisponde al naturale movimento storico dei popoli, tanto naturale da essere oggetto come si dirò tra poco di commercio internazionale di umani, “ può rivelarsi una autentica ricchezza tanto per la famiglia che emigra quanto per il paese che la accoglie”. Eppure si ammette che tali migrazioni possono essere sostenute da circuiti internazionali di tratta degli esseri umani. Ma il bello viene quando si passa a parlare, con evidente doppio lapsus freudiano delle persecuzioni dei cristiani, e si dice che anche la comunità internazionale (cioè lo stato sovranazionale di cui siamo ostaggio), deve fare ogni sforzo perché i cristiani rimangano nelle loro terre, cioè là dove vengono sterminati…. Riassumiamo: ai  musulmani e agli africani travestiti da rifugiati, voi europei dovete fare spazio in modo da acquisire la loro ricchezza in cambio della vostra. I cristiani delle terre africane e asiatiche, dove vengono sterminati, rimangano dove sono per agevolare il completamento dello sterminio. Segno che la scorta di misericordia è stata tutta esaurita a vantaggio della umma musulmana, per  compensare il torto inflittole da Goffredo di Buglione quando si è preso la briga di liberare il Santo Sepolcro di Cristo. Bisogna riconoscere che questo è parlare chiaro  e che di certo quando verso la metà degli anni venti Rockefeller ed altri magnati si interessarono all’ ”Idealismo pratico” di  di Coudenhove Kalerghiji, e al suo progetto di annientamento dell’Europa attraverso l’invasione da sud, certamente non immaginavano che all’inizio del terzo millennio quel piano  avrebbe trovato un formidabile paladino in un arcivescovo argentino  messo  formalmente a capo  della chiesa cattolica. L’importanza decisiva del suo apporto è legata alla capacità di trasformare  nella coscienza collettiva  una aberrazione politica in obbligata scelta umanitaria.  Il terreno era ovviamente favorevole perché il mondo cattolico è stato preparato da tempo ad interpretare il nucleo  fondativo dell’amore cristiano in chiave giacobina e comunistoide,  mentre rimane valido  il criterio per cui il modo più economico di annientare un nemico è quello di rivoltargli contro le sue stesse armi.  Infatti viene subito cesellato il paragone tra migrazione e disabilità, cioè tra “accoglienza misericordiosa” e “integrazione delle disabilità”. Il ricatto morale per il cattolico  è completato e funziona a pieno regime sia per le  persone impegnate nel sociale che per i  pastori impegnati in politica.
Al n.49) subentra il Vangelo alternativo per le famiglie povere alle quali la Chiesa “deve evitare di imporre una serie di norme come fossero pietre ottenendo con ciò l’effetto di farle sentire giudicate e abbandonate…….”, infatti “alcuni vogliono indottrinare il Vangelo e trasformarlo in pietre morte da scagliare contro gli altri”.  Questa idea del Vangelo da adattare  alla capacità contributiva è veramente nuova ma  ancora tutta da sondare nelle sue possibili applicazioni  pratiche, anche perché non si hanno  ancora ragguagli sul Vangelo eventualmente  destinato  ai ricchi. Ma  una domanda viene spontanea: poiché stiamo trattando di matrimonio e  famiglia, e dei rimedi da opporre ad una crisi ritenuta deleteria per la intera collettività,  quali regole evangeliche debbono essere ritenute non solo non salvifiche, ma addirittura come pietre morte scagliate contro  le persone? Dunque era  il  Salvatore in persona a scagliare  pietre morte sotto forma di precetti evangelici tanto pesanti da osservare che ne deve essere esentato chi  abbia un mutuo troppo oneroso da pagare?  Costui potrà dedicarsi liberamente all’adulterio o magari arrotondare lo stipendio procurando un fidanzato danaroso alla propria consorte depressa? Chiederemo a Charasma che ha abolito la legge naturale. Ma sempre  a proposito di pietre scagliate, forse c’è  un riferimento freudiano alle tavole del decalogo che  Mosè  ruppe rabbiosamente quando trovò il popolo in adorazione del vitello d’oro?….chissà.
Il rinnovamento del linguaggio caro all’arcivescovo di Vienna, nonché quello dello spirito,  si dispiega tutto per diversi paragrafi a partire dal n.50. Col numero 52) entriamo nel cuore della trattazione dedicata alla famiglia come istituzione e alle sue variabili, capaci tutte di “offrire una certa regola di vita”,  anche se “le unioni di fatto o tra persone dello stesso sesso non si possono equiparare SEMPLICISTICAMENTE al matrimonio”.  Cioè unioni di fatto anche tra persone dello stesso sesso, non  sono “semplicisticamente” matrimonio, ma sono comunque famiglia. Già al numero 38) del resto, era comparsa la “famiglia allargata” senza troppa preoccupazione per il significato ambiguo di cui si è ormai caricata  l’espressione,  e di famiglie allargate si continuerà a parlare con una frequenza  tale da non risultare innocente: anche  certe  realtà oggettivamente distorte,  finiscono per essere normalizzate appunto attraverso il linguaggio.
Particolarmente significativo il numero 53) dove si legge:” benché sia legittimo e giusto che si respingano certe forme di famiglia “tradizionale”caratterizzata dall’autoritarismo e anche dalla violenza, questo non dovrebbe portare al disprezzo per il matrimonio”. Qui ovviamente si raccomanda una pausa di riflessione, ma il testo incalza con una serie di riferimenti al necessario riconoscimento dei diritti della donna e alla sua auspicabile partecipazione allo spazio pubblico, a costumi inaccettabili, violenza verbale e fisica, mutilazione genitale, disuguaglianza lavorativa e altro. Seguono ancora  alla rinfusa:  la difesa degli usi e costumi locali con relativa esigenza della inculturazione della morale cattolica. 2) il riferimento alla pratica del’utero in affitto quale peccato contro la libertà della donna senza alcun riferimento al peccato contro Dio. 3) il maschilismo come causa della relativa mercificazione (Vendola e la Cirinnà sono avvertiti). Al n.56) arriva persino la condanna al gender che sarà contraddetta di fatto al n. 286), e infine, dulcis in fundo, per la gioia di Valeria Fedeli, madrina della buona scuola renziana, l’edificante n.57) dove si proclama solennemente che finalmente è stato superato lo “stereotipo della famiglia ideale” sostituito da un” interpellante” (?) mosaico formato da tante realtà diverse”. Il principio di immanenza dà i suoi frutti prelibati.
Da questa farragine di proposizioni senza alcun collegamento logico emerge o che con l’aggravante della buona fede, gli estensori non sono stati capaci di “discernere”, per dirla con parole loro, il senso di quello che andavano scrivendo, o la confusione di piani e di concetti è intenzionale e tradisce l’intenzione, attraverso il linguaggio impressionisticamente “nuovo” caro all’arcivescovo di Vienna, di trasmettere il messaggio altrettanto “nuovo” per cui la realtà può essere creata dalle parole.  È evidente che sono state ammucchiate insieme realtà opposte tra loro per estendere alle une gratuitamente quello che va bene per le altre. Se ci serve “lo stereotipo di genere” per far passare l’indifferentismo sessuale e la santificazione dell’omosessismo, tiriamo in ballo la famiglia africana in cui viene praticata la mutilazione genitale e parliamo di diritti e discriminazione della donna tanto genericamente che un marziano approdato a Montecitorio o a Palazzo Madama, al quale ne sia giunta l’eco, non crederebbe ai propri occhi. Scartiamo come improponibile l’ipotesi della ignoranza con quella della buona fede, e rimane soltanto l’intenzione di avallare attraverso  l’autorità pontificia la imposizione della diabolica ideologia genderista ad uso delle scuole statali e paritarie. Insomma un modo anch’esso nuovo di intendere l’inculturazione.
Seguono pagine di moralismo vario che assume spesso sfumature di involontaria comicità… ne parleremo nella terza parte.
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(continua)

– di Patrizia Fermani


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