Prima di tutto salviamo i nostri figli, salviamo i bambini cristiani dalla perdita di ciò che hanno di più prezioso: la fede nel Dio Uno e Trino, Padre, Figlio e Spirito Santo, l’amore per Nostro Signore Gesù Cristo inchiodato sulla croce per liberarci dai nostri peccati, la vita di Grazia in cui crescere e formare altri cristiani, la dottrina e la morale da conoscere e praticare per il bene proprio e del prossimo… Non c’è posto per la “vecchia religione cristiana” nella neochiesa della Religione della Casa Comune dove si deve adorare il vescovo venuto dalla fine del mondo invece che Nostro Signore..
Sabato 28 maggio 2016
.
.
Caro Alessandro Gnocchi,
le scrivo in breve per chiederle: cosa facciamo? La crisi della Chiesa non risparmia nessuno, cadendo il Papa si brancola nel buio, perché viene a mancare la visibilità della Chiesa e dunque ci si chiede: dove è visibile oggi la Chiesa? Il buio è tanto grande che ci si chiede dove stia il nostro Ovile. Io ho un’unica certezza, quella che bisogna salvare la fede e cercare nel proprio piccolo di fare tutti quegli atti possibili per ricostruire dentro la propria famiglia la Città di Dio e partendo da questo piccolo mondo espandere il Regno di Dio, agli amici, sul lavoro, ovunque. Se avessi soldi farei una scuola veramente cattolica, una cappella da dare a quei sacerdoti ai quali non vengono date le chiese, un posto dove ospitare fedeli, dove insegnare ai ragazzi un lavoro, dove fare buone conferenze, trasmettere la dottrina… Ma il Buon Dio pare lasciarci come abbandonati, con le nostre piccole e grandi croci, per farci meritare qualcosa e per farci probabilmente capire che non siamo noi ma è Lui a salvare. Lei, dottor Gnocchi, ci aveva promesso che ci avrebbe detto cosa si può fare in questo panorama disastroso, dove la paglia sembra diventata pesante anche per i più tenaci. Che fare dunque?
La ringrazio, con stima,
Annarita
.
mi perdonerà se ho sintetizzato la sua lettera per ragioni di spazio, ma mi pare che dentro siano rimasti tutto il ragionamento e la fremente anima cattolicache sorreggono la versione integrale. Dovremo dividere la risposta almeno in due parti poiché il tema non è cosa da poco e comincerei da ciò che, fino a qualche giorno fa, intendevo mettere alla fine.
Mi ha spinto a questo cambio di schema la lettera con cui signora A.P. ha raccontato a “Riscossa Cristiana” i motivi che l’hanno indotta a lasciare l’insegnamento del catechismo nella sua parrocchia. Quelle considerazioni hanno suscitato un interesse e una condivisione sorprendenti, ma non imprevedibili, perché raccontano il dramma di tanti bravi cristianiconsapevoli che, continuando a mandare i loro figli a quella che viene presuntuosamente chiama “iniziazione cristiana”, li avviano sulla strada della perdita della fede e della dannazione dell’anima.
Che cosa bisogna fare, cara Annarita? Prima di tutto salviamo i nostri figli, salviamo i bambini cristiani dalla perdita di ciò che hanno di più prezioso: la fede nel Dio Uno e Trino, Padre, Figlio e Spirito Santo, l’amore per Nostro Signore Gesù Cristo inchiodato sulla croce per liberarci dai nostri peccati, la vita di Grazia in cui crescere e formare altri cristiani, la dottrina e la morale da conoscere e praticare per il bene proprio e del prossimo.
Salviamo i nostri figli perché i kommissari-del-popolo-di-Dio vengono a prenderceli uno a uno per “iniziarli” a una religione che di cristiano non ha più nulla, se non qualche sbiadito alias buono per gli orrendi e blasfemi cartelloni da preparare in oratorio e da appendere in chiesa al posto delle immagini sacre. Difendiamo i nostri figli da questi funzionari di un sistema dispotico che non hanno pietà alcuna davanti al genitore trepidante per la fede e la salvezza del suo bambino e desideroso di trasmettergli quanto a suo tempo è stato trasmesso anche a lui. Non c’è posto per la “vecchia religione cristiana” nella neochiesa della Religione della Casa Comune dove si deve adorare il vescovo venuto dalla fine del mondo invece che Nostro Signore.
Cara Annarita, non si faccia influenzare da qualche parruccone tradizionale che si scandalizza perché chiamo Bergoglio tizzone d’inferno. Ho pezze d’appoggio autorevoli, a cominciare da quella fornita dal portavoce della Sala Stampa Vaticana, il gesuita padre Federico Lombardi. È stato lui a dire quanto segue dopo la morte dell’apostolo della dissoluzione Marco Pannella:
“Marco Pannella è una persona con cui ci siamo trovati spesso in passato su posizioni discordanti, ma di cui non si poteva non apprezzare l’impegno totale e disinteressato per nobili cause, ad esempio quella a cui si è molto dedicato negli anni recenti, in favore dei carcerati. A questo proposito l’on. Pannella diverse volte ha voluto incontrarmi proprio per testimoniare personalmente con molto entusiasmo la sua grandissima ammirazione per il Papa Francesco, per la sua attenzione ai carcerati e l’impegno per il rispetto della loro dignità, come pure più generalmente per tutte le persone i cui diritti sono violati o conculcati. Lo ricordo quindi con stima e simpatia, pensando che ci lascia una eredità umana e spirituale importante,di rapporti franchi, di espressione libera e di impegno civile e politico generoso, per gli altri e in particolare per i deboli e i bisognosi di solidarietà”.
Una Chiesa che si fregia dell’ “eredità umana e spirituale” di Marco Pannella può essere solo un cumulo di macerie su cui danza un’orda di apostati. Le risulta che qualche vescovo o cardinale abbia dato sulla voce a padre Lombardi? Tranne qualche timido cenno qua e là, tutti hanno taciuto, tacciono e taceranno a partire da quei vescovi, erroneamente ascritti alla resistenza cattolica, che vanno in giro per conferenze a spiegare che l’oscena Amoris laetitia è un pregevole prodotto rovinato dai giornalisti.
C’è chi ha stigmatizzato la performance di padre Lombardi su qualche giornale e su qualche sito, parlando giustamente di scandalo. Ma nessuno ha infilato il coltello là dove c’è veramente la piaga. Nessuno ha messo in evidenza quel “quindi”, che nella citazione precedente ho evidenziato in nero e che costituisce la vera piaga di questa Chiesa: Pannella ha testimoniato più volte la sua simpatia per papa Francesco e “quindi” il portavoce del Papa lo ricorda “con affetto” e indica al mondo la sua “eredità umana e spirituale”.
Capisce, cara Annarita? La misura non è più Nostro Signore Gesù Cristo, non è più la sua Parola, non sono più la sua incarnazione, la sua morte e la sua resurrezione. La misura è Papa-Francesco, il nuovo idolo della neochiesa, il vitello d’oro di una tribù che vaga nel deserto senza il minimo pensiero per Dio. Che cosa è, se non un tizzone d’inferno, chi usurpa il posto di Cristo? Un fatto simile dovrebbe suscitare ondate irrefrenabili di indignazione e, invece, persino dentro al mondo cosiddetto tradizionale c’è chi si premura di criticare, ma con ossequio, di dire che non va bene, ma fermandosi davanti alla pantofola di Bergoglio e accorrere in San Pietro a baciarla con deferente omaggio nella speranza di un suo cenno da “usare a fin di bene”.
Non è vero che in questo mostro apostatico sia stato abolito il peccato. C’è ancora, eccome: consiste nel rimanere legati alla “Chiesa dei tempi passati” e si manifesta sommamente nella critica a Bergoglio. Non so lei, cara Annarita, ma io confesso che in questo ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni. Ma basta molto poco per essere giudicati peccatori impenitenti che non meritano misericordia, basta porsi qualche dubbio sulla salvezza dei propri figli. Chi dissente, come avveniva nella Francia rivoluzionaria, nell’Unione sovietica comunista, nella Cina di Mao, nella Kampuchea Democratica di Pol Pot, è bollato come un reazionario da rieducare o da eliminare.
Celando l’arroganza del potere sotto i loro maglioncini blu e la trasandatezza che fa tanto prete di strada, i kommissari-del-popolo-di-Dio si presentano sotto le misericordiose spoglie di parroci e di vescovi della chiesa del Misericordioso-Papa-Francesco. Si dicono miti e umili di cuore, ma tengono in mano l’arma dei sacramenti negati, come testimonia la signora A.P. che, dopo aver parlato con altre mamme dell’idea di educare i figli alla fede cattolica in famiglia, è incorsa nella repressione preventiva del parroco:
“A quel punto il nemico esce allo scoperto e la mia figura, con tutti i miei metodi (chissà quali poi) vengono messi al bando palesemente dal parroco il quale spiega chiaramente alle mamme che il mio metodo è scaduto, non è più valido, è dogmatico e non viene più utilizzato nelle parrocchie, dunque, se non vogliono uscire dal giro e, in poche parole, se vogliono i sacramenti per i loro figli, occorre rimanere nell’alveo della diocesi. Punto. Apostasia della Chiesa. Un parolone che da giovane non capivo tanto. Ora so cos’è”.
La comunione negata ai bambini cattolici mentre viene sacrilegamente concessa a un Vladimir Luxuria è quanto di più vile si possa immaginare. È un’arma silenziosa e pulita che non richiede neppure il coraggio fisico dei fanatici della rivoluzione giacobina e comunista che, almeno, si sporcavano con il sangue delle teste tagliate e dei colpi sparati alla nuca. È un’arma silenziosa e sterilizzata, ma fa male, cara Annarita. L’ho provata sulla mia pelle quando, davanti a mio padre morto, il parroco del paese in cui abito mi disse che non si poteva celebrare il funerale in rito antico, come sarebbe invece stato nostro diritto, perché “non si adatta allo stile celebrativo della comunità”. Si prova veramente dolore quando il kommissario-del-popolo-di-Dio preme silenziosamente il grilletto: in quell’attimo ti trovi materialmente davanti quella che la signora A.P. chiama con perfetto rigore “Apostasia della Chiesa”, il nulla che si palesa dentro casa tua e tenta di inghiottirti.
Per descrivere questi miserevoli funzionari del nulla da cui dobbiamo, prima di tutto, difendere i nostri figli, non trovo di meglio che un passo di Arcipelago Gulag, in cui Aleksàndr Solženicyn descrive i giudici istruttori che mandavano al macello i dissidenti sovietici:
“Il loro mestiere non esige che siano persone istruite, di cultura e vedute larghe, e tali non sono. Il loro mestiere non esige che pensino logicamente, e non lo fanno. Il loro mestiere esige unicamente una precisa esecuzione delle direttive e che siano insensibili verso le sofferenze altrui: e questo sì, lo fanno. Noi che siamo passati attraverso le loro mani li sentiamo, con un senso di soffocamento, come blocco di esseri totalmente privo di concetti umani. (…) Capivano che le accuse erano fasulle eppure lavoravano anno dopo anno. Come mai? O si costringevano a non pensare (e questa è la distruzione dell’uomo) o, semplicemente, si dicevano: così deve essere. Chi scrive le direttive non può sbagliare”.
Cara Annarita, difendiamo i nostri figli da questi inflessibili funzionari del nulla, che non si occupano di sopprimere i corpi, ma di rubare le anime. Lei mi chiede cosa fare in una tale situazione. Si possono fare parecchie cose e le vedremo nel prossimo appuntamento. Ma prima di tutto, come si fa in ogni disastro, cominciamo a salvare i bambini, perché è questa la realtà in cui ci troviamo: con la Chiesa ancora visibile, ma ridotta a un cumulo di macerie da chi dovrebbe custodirla e, invece, la odia. A noi tocca recuperarne i singoli pezzi e conservarli insieme alla fede che possiamo e dobbiamo mantenere tutta intera. E, da sotto quelle macerie, dobbiamo trarre in salvo prima i più piccoli e poi, mano a mano, tutti coloro che sono sopravvissuti nella fede.
Cominciamo a insegnare noi stessi il catechismo ai nostri bambini. Estendiamo alla loro formazione religiosa il meritorio concetto di scuola parentale. Formiamo piccole aggregazioni in cui si conserva il seme della fede e lo si trasmette alle generazioni più giovani. Si comincerà così a sentire nuovamente il soffio della tradizione, che consiste nel consegnare intatto ciò che abbiamo ricevuto a chi viene dopo di noi. Lungo questa strada si troveranno sicuramente, e sottolineo sicuramente, dei bravi sacerdoti disposti a dare la Comunione ai piccoli cristiani che vi si accostano per la prima volta e poi dei vescovi che non avranno il coraggio di opporsi alla richiesta di cresimarli.
L’alternativa è quella di abbandonare questi ragazzi in luoghi dove, per essere degni di ricevere i sacramenti cristiani, devono professare una religione non cristiana. E che sacramenti sono? Non voglio generalizzare, cara Annarita, ma in quante Messe, se così si possono ancora chiamare, c’è il dubbio che la consacrazione sia valida? Per non parlare della predicazione e dei rituali palesemente a-cristiani che vanno in scena ogni domenica? Per quanto riguarda la cresima, invece, voglio dirle di un vescovo che, durante l’omelia, ha spiegato ai ragazzi che “oggi noi stiamo facendo una finta perché lo Spirito Santo lo avete già ricevuto con il battesimo”. Se vogliamo che i cattolici di domani si alimentino di semplice pane azzimo e pensino che i sacramenti sono “una finta”, lasciamo tutto come sta, però poi smettiamola di lamentarci. Altrimenti bisogna pur cominciare con dire “etiamsi omnes, ego non”: anche se tutti, io no. Bisogna andare contro una corrente, però consapevoli di non essere da soli.
La neochiesa, con la sua apostasia, ha inevitabilmente dato vita a sottoprodotti di scarto, elementi considerati tossici dal potere per eccesso di scorie cattoliche. Sono i pezzi guasti di un meccanismo complesso che, quanto più è sofisticato, tanto meno tollera gli ingranaggi che non girano nel verso giusto. Molte volte si tratta di elementi contraddittori come il sistema che li ha prodotti, ma grazie a un sufficiente residuo di cattolicità sono soggetti a salutari crisi di coscienza come quelle innescate dalla cura per la fede dei figli. Si tratta di trarli fuori dalle macerie e metterli in contatto con le fonti della fede là dove sono più pure.
Ci vogliono la lucidità, la forza e il coraggio che derivano dalla fede, cara Annarita. Ma avere fede, oltre che dal dono della Grazia, dipende anche dalla nostra ragione e dalla nostra volontà che le corrispondono. Alla lunga, il potere iniquo può solo essere eroso dalla resistenza condotta nella verità. Mi permetta di concludere con quest’altro brano tratto da Arcipelago Gulag in cui si mostra cosa accade quando un uomo oppresso dal potere maligno dice a se stesso: “Rimangono importanti e a me cari soltanto il mio spirito e la mia coscienza”. Allora, cara Annarita:
“Davanti a un simile detenuto vacillerà l’istruttoria. Vincerà solo chi avrà rinunziato a tutto. (…) al momento del processo, sono riusciti a trasformare in marionette la cerchia di Berdjaev, ma non lui medesimo. Lo volevano processare, fu arrestato due volte, lo portarono a un interrogatorio notturno da Dzeržinskij, dove c’era anche Kamenev. Ma Berdjaev non si umiliò, non si profuse in suppliche: espose con fermezza i principi religiosi e morali in virtù dei quali non accettava il potere che si era instaurato in Russia, e non solo fu riconosciuto inutile processarlo, ma lo liberarono. L’uomo aveva un punto di vista proprio!
N. Stoljarova ricorda una sua vicina nella prigione di Butyrki nel 1937, una vecchina. La interrogavano ogni notte. Due anni prima un metropolita fuggito dalla deportazione, di passaggio a Mosca, aveva pernottato da lei. “Mica un ex metropolita, macché, uno vero! Sì, avete ragione, ho avuto l’onore di ospitarlo”. “Bene e da chi andò poi, partendo da Mosca?”. “Lo so. Ma non lo dirò”. (Il metropolita era fuggito in Finlandia con l’aiuto di una catena di fedeli). I giudici istruttori si alternavano, si riunivano a gruppi, minacciavano la vecchina coi pugni, e lei: “È inutile, non mi farete dire nulla, anche se mi faceste a pezzi. Voi avete paura della autorità, avete paura l’uno dell’altro, avete perfino paura di ammazzare me [avrebbero perduto la “catena”]. Io invece non ho paura di nulla. Sono pronta a presentarmi davanti al Signore anche subito!”.
Capisce, cara Annarita, che cosa vuol dire “Non abbiate paura”? Se non ne avremo, i nostri figli ci saranno grati.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
.
(1 – continua)
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.