ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 10 maggio 2016

“Le fedi rendono stupidi”?


Contro lo scientismo: perché il darwinismo ci rende stupidi

 

boncisera

“Le fedi rendono stupidi” afferma il genetista di fede darwiniana Boncinelli.

Pochi sono ossessionati dalla religione come certi atei, e la produzione del prof. Edoardo Boncinelli ne è una conferma. Dopo aver pubblicato ne 2011 “La scienza non ha bisogno di Dio” ritorna sull’argomento religione con “Contro il sacro. Perché le fedi ci rendono stupidi” dell’inizio di quest’anno. L’uscita del libro è stata accompagnata degnamente da un articolo dello stesso Boncinelli su L’inkiesta intitolato “Italiani boccaloni” (compresi quelli che comprano il suo libro? ndr), articolo già recensito su CS in “Sub partes“. “Stupidi”, “boccaloni”, sembra proprio che il nostro sia in preda ad una smania di insultare il prossimo che non condivide la sua fede ateoscientista.

Il libro in oggetto è stato recensito il 25 febbraio sul Corriere della Sera in un articolo del quale andiamo ad analizzare i passi più significativi, a cominciare dal seguente:
Ricerca scientifica e dubbio metodico sono inseparabili: la scienza è profana per definizione, si svolge cioè «fuori dal tempio» (pro fano). Al contrario della religione, che vincola (re-ligare) a un certo numero di credenze indubitabili. Dubbio, dunque scienza (e «scienza, dunque democrazia», come ha mostrato Gilberto Corbellini); credenza, dunque religione, cioè gestione del sacro.
Con un passaggio che di logico non ha nulla si mette in relazione la scienza con la democrazia («scienza, dunque democrazia»), come se regimi dittatoriali come quello nazista non fossero invece fortemente basati sulla scienza come testimoniato dai loro programmi di ricerca nella missilistica, nell’eugenetica e nelle più indiscriminate sperimentazioni mediche (vedi CS “27 gennaio, ricordare tutto: le radici scientiste.“). Certo che però se lo ha mostrato Corbellini…
Poi l’articolo prosegue:
La nostra società vive quotidianamente di scienza (per sostentarci, viaggiare, comunicare e quant’altro) e ampie fasce della popolazione si entusiasmano per le conquiste della ricerca…
Eppure la nostra non è una società secolarizzata: è, anzi, una società in cui il senso del sacro — l’idea di appartenenza, di adesione a un gruppo — appare sempre più forte. E sempre di più le nostre comunità sembrano essere il terreno di coltura ideale per ogni sorta di fondamentalismi. Nel suo ultimo libro Contro il sacro. Perché le fedi ci rendono stupidi (Rizzoli, pp. 233, e 18) Edoardo Boncinelli ci invita a riflettere su questa contraddizione, illustrando i bisogni biologici e sociali che hanno favorito la nascita e la crescita dell’idea del sacro.
L’uomo sente la necessità di avere punti di riferimento (all’interno o all’esterno di una religione costituita): per orientarsi in ciò che non conosce, per agire e per sopravvivere. È forse per noi un’esigenza ineludibile, ma rischia di svilire la nostra stessa natura.
Sembra proprio che Boncinelli si faccia corifeo del pensiero comtiano contemporaneo che vede dunque la religione come uno stadio primordiale del pensiero umano incompatibile con lo svilupparsi del pensiero scientifico incolpando “le nostre comunità” (sic!) di essere terreno di coltura “per ogni sorta di fondamentalismi”.
Fondamentalismi che in definitiva sarebbero frutto della necessità di avere punti di riferimento, di orientarsi in ciò che non si conosce. Ma senza accorgersi che queste caratteristiche sono assolutamente attribuibili alla fede scientista che per sua natura si spinge a dare risposte su ogni aspetto della vita umana, anche quelli che non conosce.
Il culto del sacro, qualunque esso sia, ci porta a escludere l’idea che alcune cose possano avvenire semplicemente per caso, senza una ragione specifica o senza una ragione semplice da individuare.
Per l’autore il culto del sacro porterebbe ad escludere gli eventi casuali, accusa che può facilmente essere girata nel suo contrario, il culto del caso (proprio dei neodarwinisti) porta ad escludere che alcune cose possano avere un fine, e tra i due rischi il secondo è certamente all’origine di conseguenze peggiori. Un’evoluzione che non ci aveva previsti apre ad una concezione dell’uomo come parte di un processo, e non come fine, alla quale si sono abbeverate le funeste ideologie del ‘900.
La convinzione che dietro a ogni cosa ci sia un «agente» ci porta a pensare che esistano sempre dei responsabili (altri da noi) alla base degli eventi. Siamo allora portati a giudicare e a condannare, rifiutando ogni responsabilità. Nel «sonno della ragione» la razionalità si mette al servizio dell’emotività e dell’irrazionalità, e il ricorso all’intoccabilità del sacro favorisce l’ignoranza e conduce all’isolamento.
Nuovi misticismi e rinvigoriti fondamentalismi, conclude Boncinelli, sono un indice puntato contro la nostra innata propensione a fuggire le nostre responsabilità.
Che la religione darwiniana renda stupidi è mostrato in questo passaggio dove a fronte della pubblicazione di uno studio “scientifico” che “dimostra” che non esiste il libero arbitrio vediamo ribaltare contro le religioni l’accusa di “deresponsabilizzazione” di noi stessi per le nostre azioni.
Imploriamo a questo punto di fare pace col cervello: o questo è un organo che non prevede il libero arbitrio (assunto che ci deresponsabilizza) o sono le religioni a deresponsabilizzarci. Ma quest’ultima affermazione appare immediatamente nella sua ridicola ignoranza, anche ai più sprovveduti è noto infatti che le religioni semmai pongono l’attenzione proprio sulla nostra responsabilità nell’agire, il libero arbitrio appunto. Qualcuno dica a Boncinelli e a chi la pensasse allo stesso modo: è lo scientismo a deresponsabilizzare.
Sapere aude!, esortava Immanuel Kant: «Abbi il coraggio di sapere!». Per osare sapere, però, occorre sapere osare. Ci vuole coraggio, perché sapere comporta una disponibilità e una capacità di affrontare rischi ai quali per secoli ci è stato comodo sfuggire. Comporta una responsabilità che, per quanto gravosa, dà sapore al nostro essere umani.
Quali sono i rischi che per secoli ci è stato comodo sfuggire? Questo non ci viene detto, peccato perché sarebbe stato interessante saperlo. Secondo il genetista ‘maître à penser’ del positivismo post moderno, al pensiero religioso era estraneo il desiderio di sapere.
E quindi le fedi rendono stupidi.
Ecco un breve, e largamente incompleto, elenco di persone che credevano in una fede religiosa e che evidentemente erano, per Boncinelli, stupide. E Boncinelli è uomo d’onore…:
Platone, Aristotele, Euclide, Tommaso d’Aquino, Dante Alighieri, Copernico, Galileo, Newton, Keplero, Castelli, Harvey, Spallanzani, Pascal, Boyle, Huygens, Stenone, Johann e Daniel Bernoulli, Eulero, Boscovich, Toaldo, Frisi, Galvani, Lagrange, Herschel, Volta, Lavoisier, Jenner, Dalton, Ampere, Gauss, Brewster, Faraday, de Vico, Schwann, Young Simpson, Joule, Focault, Pasteur, Mendel, Wallace, Stoppani, Kelvin, Maxwell, Gibbs, Mercalli, Tesla, Thomson, Millikan, Carrel, Marconi, Fleming, Eddington, Compton, Lemaitre, Lejeune, Rubbia, Cabibbo.
Tutti stupidi, lo dice Boncinelli, che essendo ateo stupido non è.
BY  ON
http://www.enzopennetta.it/2016/05/contro-lo-scientismo-perche-il-darwinismo-ci-rende-stupidi/

L’eclissi del darwinismo è nelle sue stesse definizioni

BY  ON
fringuelli

Per la seconda volta in meno di due mesi viene data la notizia di un caso di evoluzione. E per la seconda volta è falso. 

Il fallimento del neodarwinismo è nelle sue stesse definizioni.

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Il 29 febbraio era stata la volta dello spinarello svizzero ad essere dichiarato un caso di “evoluzione in tempo reale“, adesso siamo tornati ad un classico, anzi al classico per eccellenza: i fringuelli di Darwin.
La fonte della notizia è Le Scienze che il 26 aprile ha titolato “L’evoluzione in atto fra i fringuelli di Darwin“. Ma andiamo a vedere di cosa si tratta nello stesso articolo su Le Scienze:
Tra gli esemplari deceduti per la siccità, quattro su cinque avevano il becco più grande della media. E per questo – a causa delle specifiche condizioni ecologiche delle isole – si sono trovati a fronteggiare una concorrenza per le risorse superiore a quella a cui sono andati incontro gli esemplari con il becco più piccolo.
La variante genetica associata al becco più grande è stata così trasmessa a un numero ridotto di fringuelli della generazione successiva, mentre ha avuto più successo la trasmissione della variante “becco più piccolo”. Di conseguenza, le dimensioni medie del becco delle specie dal becco grande sono diminuite. A essere particolarmente interessata da questo collo di bottiglia evolutivo è stata la specieGeospiza magnirostris.


L'evoluzione in atto fra i fringuelli di Darwin
Tre delle 18 specie di frunguelli di Darwin: Certhidea fusca,  Geospiza scandens e Geospiza magnirostris. (Cortesia . Rosemary Grant)

“Questa ricerca – ha osservato Rosemary Grant, professoressa emerita di ecologia e genetica alla Princeton University e tra gli autori dello studio – ci dice che quando l’ambiente è molto stressante anche un tratto complesso come le dimensioni del becco può evolvere in breve tempo. Sappiamo che i batteri possono mutare rapidamente in laboratorio, ma è raro osservare un cambiamento evolutivo in un vertebrato.” Come, appunto. i fringuelli di Darwin.
In poche parole quella che viene indicata come “evoluzione” è solo uno spostamento delle frequenze alleliche nella popolazione, la stessa storia della Biston beltularia, la farfalla dalle due varianti grigia e bianca che con la rivoluzione industriale ha visto spostare la prevalenza dalla variante bianca a quella grigia:
biston
Come è possibile notare la didascalia parla di “comparsa” di individui più adatti mentre invece essi erano già presenti e quello che è successo è che sono cambiate le percentuali dei due tipi nella popolazione.
Se infatti in una popolazione i caratteri ( e corrispondenti alleli) sono distribuiti secondo una curva di frequenza  che va da un estremo all’altro (farfalla bianca e nera), dopo una selezione direzionale, come quella conseguente alla colorazione scura delle cortecce per via della fuliggine, la curva si sposta ma non va oltre i limiti iniziali:
selezione
Come vediamo non c’è nessuna comparsa di nuovi caratteri e tanto meno di nuovi alleli.
La stessa cosa vale per la forma del becco dei fringuelli nel caso di selezione divergente. Non si va oltre quanto era già presente:
disruptiva
Come vediamo non ci sono nuovi caratteri ma solo una differente percentuale nella popolazione.
Chiamare questa ridistribuzione “evoluzione” è possibile solo grazie ad un espediente linguistico, basta chiamare “evoluzione” la variazione di frequenza dei vari alleli, leggiamo infatti la definizione di evoluzione su Pikaia, il portale dell’evoluzione italiano:
Secondo questa definizione il fatto che la percentuale di farfalle banche o grigie vari si può definire “evoluzione”, ed è solo in virtù di questo vero e proprio “trucco” che si può dire che siamo davanti ad un caso di evoluzione. Si tratta di qualcosa che somiglia ad un espediente contabile del tipo di quelli con i quali si crea una situazione favorevole alterando le definizioni di profitti e perdite.
La mancanza di spiegazioni per la comparsa di nuovi caratteri fu la causa della grave crisi in cui cadde il darwinismo tra la fine dell’800 e la prima parte del ‘900. Fu infatti la riscoperta delle leggi di Mendel a causare quella che fu definita l’eclissi del darwinismo.
Se infatti alle generazioni successive si trasmettevano solo gli stessi alleli presenti in quelle originarie, la selezione naturale avrebbe potuto solamente spostare la distribuzione dei caratteri, non dare luogo a nuove specie.
La cosa che va evidenziata è dunque il fatto che oggi siamo nella stessa situazione che vide verificarsi l’eclissi del darwinismo, un’eclissi che non è mai terminata. O meglio, è terminata solo inventando una nuova definizione di evoluzione.
Evidentemente i darwinisti di inizio Novecento erano più seri e rigorosi di quelli attuali.
http://www.enzopennetta.it/2016/04/leclissi-del-darwinismo-e-nelle-sue-stesse-definizioni/

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