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mercoledì 18 maggio 2016

Tanti capelli rizzati in curia e oltre..

“Accogliere, ma…”. La chiesa europea non sa bene che fare con i migranti

Gli auspici del Papa alla prova delle diocesi del continente, tra chi vorrebbe mettere in pratica la strada illustrata dal Pontefice e chi invece si mostra dubbioso sulla sua replicabilità in contesti tanto diversi. Per l'arcivescovo di Praga è impossibile accettare tutti i rifugiati.

Papa Francesco saluta i migranti durante la sua visita a Lampedusa nel 2013 (foto LaPresse)
Roma. Che vi fossero posizioni diverse tra le file dei vescovi europei circa la risposta da dare alla crisi migratoria, era noto. Lo stesso presidente del Consiglio delle conferenze episcopali continentali, il cardinale arcivescovo di Budapest Péter Erdo, l’ha riconosciuto, motivando così la difficoltà della chiesa europea a rispondere in modo compatto alla chiamata di Francesco per dare rifugio a chi cerca la salvezza dalle guerre, abbattere i muri e costruire ponti. “Il fenomeno migratorio va affrontato a livello continentale, tenendo presente le diversità che ci sono nelle diverse regioni europee che vanno esaminate con pazienza per trovare le risposte cristiane adeguate alle sfide concrete”, sottolineava Erdo – che ha voluto precisare come “in nessun paese europeo ci sono muri” – al termine di un’udienza con Francesco durante la quale “abbiamo parlato a lungo di migrazione, ma il problema non può essere spiegato in un comunicato di tre righe”. La complessità della situazione fa sì che “dare una ricetta unica sia molto difficile”.

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L’arcivescovo di Praga pensa al viaggio lampo sull’isola di Lesbo e dice che “è stato solo un gesto. Quando i media mostrano il Papa incontrare i rifugiati a Lampedusa, anche io vorrei piangere e dire che dobbiamo aiutare queste persone. Tuttavia, questo non risolve tutto. Quando poi il Pontefice manda il segretario di stato Parolin alle Nazioni Unite e questi chiede un intervento umanitario, i mezzi di comunicazione non lo mostrano. Si soffermano solo sul Papa”. Il grave errore, ha spiegato ancora il porporato, sta in un’interpretazione forzata della “cultura dell’accoglienza” che porta ad accettare tutti i rifugiati del medio oriente in Europa. Una situazione che sta dividendo le società europee e mettendo a repentaglio la loro sicurezza: “Penso che una larga parte della responsabilità per questa paura sia di coloro che dicono ‘dobbiamo accettare tutti’, senza tenere in considerazione che queste persone provengono da una ‘cultura e civiltà completamente diverse’”. L’Europa, ha detto ancora l’arcivescovo di Praga, “non è in grado di integrarli e questi tentativi potrebbero provocare un’enorme catastrofe umanitaria ed economica”. 

La ricetta è quella proposta dalle chiese orientali, che da tempo denunciano il progressivo esodo e conseguente sparizione della comunità cristiana dalla Siria e dall’Iraq: fare il possibile per aiutare in loco le popolazioni minacciate, mettendole in grado di non cedere alle sirene europee che promettono porte aperte e accoglienza, come ha fatto Angela Merkel che – sono parole del cardinale Duka – “mina una serie di princìpi fondamentali dell’Unione europea, i problemi della sicurezza e l’accordo di Schengen”.
di Matteo Matzuzzi | 17 Maggio 2016 

IL MODELLO LIBANO PER L’EUROPA, VADE RETRO

Il Papa cita un metodo d’integrazione che è una Guerra civile fredda
Papa Francesco (foto LaPresse)
di Redazione | 17 Maggio 2016 ore 18:07 Foglio
Al di là dei paragoni tra fondamentalismo islamico e chiusura del Vangelo di Matteo che tanti capelli ha fatto rizzare in curia dopo aver completato la lettura dell’ampia intervista apparsa sul periodico francese la Croix, è sulla convivenza tra cristiani e musulmani che il Papa ha proposto un modello il cui fallimento è codificato da ogni manuale di geopolitica: il Libano. “La coesistenza tra cristiani e musulmani è possibile. In Centrafrica, prima della guerra, cristiani e musulmani vivevano insieme e devono reimparare a farlo oggi. Il Libano mostra che ciò è possibile”.
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 Francesco porta a esempio una realtà dove da due anni – proprio in virtù della complessa composizione etnico-religiosa della società – non si riesce a eleggere il presidente della Repubblica, carica più che altro notarile e di rappresentanza. Ogni trattativa è resa vana proprio dai veti reciproci tra i partiti confessionali, come denuncia da tempo il patriarca di Antiochia dei maroniti, il cardinale Béchara Raï, che puntava il dito in primo luogo sul conflitto tra sciiti e sunniti, ma anche sui cristiani di Michel Aoun. Insomma, una sorta di Bosnia-Erzegovina mediorientale, con le cariche istituzionali spartite a seconda della fede professata: il capo dello stato deve essere un cristiano maronita, il primo ministro un musulmano sunnita, il presidente del parlamento un musulmano sciita. E nonostante il manuale Cencelli à la libanese, per dare la parvenza d’un equilibrio sociale in realtà assai precario, da ventiquattro mesi ogni scrutinio per la carica più alta della Repubblica si conclude con una fumata nera. Il tutto in un paese segnato già da una lunga guerra civile, prima conclamata e poi strisciante, tra le varie confessioni. Non proprio un modello di stabilità e convivenza da sbandierare nell’Europa liberale e democratica.
COMMENTO
Malossi Alberto • 43 minuti fa
Come Cattolico osservante sessantacinquenne è la prima volta che non capisco un Papa e lo temo per quello che dice.
http://www.simofin.com/simofin/index.php/religione/10211-modello-libano-l-europa

2 commenti:

  1. Diciamolo una volta: le persone sane di mente ragionano come l'arcivescovo di Praga e come chiunque ne condivida il pensiero.

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  2. Il problema migratorio e' un problema complesso e Bergoglio non ha sufficiente formazione per carpirne tutti i risvolti. Inoltre si ostina a informarsi solo tramite la stampa italiana che alimenta le sue false supposizioni, portandolo ad adottare solo posizioni ideologiche.

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