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domenica 26 giugno 2016

Difficile incasellare papa Francesco?


Francesco con l'Armenia contro la Turchia. Ma non è mai detta l'ultima parola


armenia
Per la seconda volta in tre giorni papa Francesco ha qualificato come "genocidio" lo sterminio degli armeni ad opera dei turchi, un secolo fa.
Lo ha fatto nella dichiarazione comune da lui sottoscritta oggi, domenica 26 giugno, assieme al patriarca e catholicos della Chiesa apostolica armena Karekin II.
E lo ha fatto riprendendo tale quale la formula adottata nel 2001 in una precedente dichiarazione comune tra Giovanni Paolo II e lo stesso Karekin II, successivamente citata anche da Benedetto XVI:
"Lo sterminio di un milione e mezzo di cristiani armeni, che generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo".

Prima di oggi e di due giorni fa, papa Francesco aveva definito "genocidio" lo sterminio degli armeni in una sola occasione, il 12 aprile 2015, ma caricandolo di altre pesantissime parole di riprovazione, che provocarono una reazione veemente da parte delle autorità della Turchia.
Anche oggi delle reazioni vi sono state, ma più di routine. Il vice primo ministro turco, Nurettin Canikli, ha dichiarato che la presa di posizione di papa Francesco "non corrisponde ai fatti storici, non ha rapporto con la realtà, non è imparziale", ma piuttosto "riflette una mentalità di crociato".
Scontata anche la replica di padre Federico Lombardi: "Il papa non fa delle crociate, non cerca di organizzare delle guerre, non ha detto una sola parola contro il popolo turco, ha pregato per la riconciliazione di tutti.".
È probabile, quindi, che questa volta la controversia si risolva senza sconquassi, non come nel 2015, quando la Turchia arrivò sull'orlo di troncare i rapporti diplomatici con la Santa Sede.
Resta piuttosto da capire la logica che ha indotto Francesco a tornare a usare la parola "genocidio", che sembrava da lui stesso bandita alla vigilia del viaggio in Armenia.
Nei discorsi papali predisposti accuratamente per il viaggio, tutti rivisti e approvati da Francesco in persona, la parola "genocidio" non compariva.
Ed era stata cancellata dal programma iniziale anche la firma di una nuova dichiarazione congiunta tra il papa e il patriarca armeno. Se infatti a una dichiarazione di questo tipo si fosse arrivati, sarebbe stato difficile giustificare in essa la mancanza di una condanna esplicita del "genocidio", che era presente nella precedente dichiarazione congiunta del 2001, ma che questa volta si voleva evitare.
Poi invece, a sorpresa, distaccandosi dal testo scritto, Francesco ha introdotto la parola "genocidio" nel discorso pronunciato il 24 giugno davanti alle autorità armene e al corpo diplomatico.
Ed è ricomparsa nel programma anche la firma della dichiarazione congiunta, che puntualmente ha ripetuto sul genocidio ciò che avevano detto quindici anni fa Giovanni Paolo II e Karekin II.
Non è la prima volta che Francesco compie una svolta repentina, su questo terreno.
Anche nell'aprile del 2015, nel celebrare a Roma con la Chiesa armena il centenario dello sterminio, in un primo tempo aveva deciso di non usare la parola "genocidio", ma poi cambiò parere andando allo scontro frontale con la Turchia, oltre che seminando il panico in segreteria di Stato.
Sia in quella occasione come questa volta, la svolta di Francesco fu curiosamente preceduta da un'udienza al fondatore della Comunità di Sant'Egidio Andrea Riccardi, paladino da lunga data della causa armena.
Scarso fondamento sembra avere invece la giustificazione fornita da Andrea Tornielli su Vatican Insider, secondo cui Francesco riterrebbe la parola "genocidio" impropria se applicata ai massacri dei cristiani nel mondo, dove preferirebbe parlare di "martirio", ma giusta se applicata a massacri sistematici come quelli degli armeni e degli ebrei, più di tipo etnico e politico che religioso.
È vero, infatti, che pochi giorni prima di partire per l'Armenia Francesco disse che la parola "genocidio" non gli piaceva più, perché troppo "sociologica", parlando degli attuali massacri dei cristiani.
Ma è anche vero che egli applicò tale parola proprio ai cristiani torturati e uccisi in Medio Oriente e altrove, in un precedente suo intervento di neppure un anno fa.
E non intendeva invece pronunciarla in Armenia, stando a come il viaggio era stato preparato fino all'ultimo, salvo poi cambiare rotta all'improvviso.
Sono continue e repentine oscillazioni, le sue, non solo terminologiche, che confermano quanto sia difficile incasellare papa Francesco.

Settimo Cielo di Sandro Magister 26 giu 


1 commento:

  1. Anche se è risaputo che questo papa è una mina vagante, soggetto com'è a balzane, pare che questo dato sia in peggioramento.
    Salvo che non si voglia ricondurre il tutto agli effetti, anche postumi, dell'alta quota.

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