GESÙ CRISTO OGGI
Gesù è nome significativo. Significa “Salvatore”. Questa parola, “salvare”, ha un significato pregnante, piuttosto drammatico. La si usa, propriamente, a fronte del pericolo di perdere tutto, di perdere la vita, le ragioni stesse di vivere. Gli apostoli la pronunciarono durante una tempesta che aveva fatto temere il peggio: «Salva nos, perimus!». Questo nome compete propriamente al Redentore dell’umanità. Egli salva l’umanità, ogni uomo, tutto l’uomo. Nella illimitatezza di questa redenzione, egli rivela anche l’illimitatezza del suo essere. Il vero Salvatore è infinito. Gesù è Dio. Come potrebbe salvare ogni uomo passato presente e futuro se non fosse Dio? È assolutamente necessario che il Salvatore dell’umanità sia Dio; la salvezza di cui abbiamo bisogno è proprio senza speranza se non è compiuta da Dio stesso.
L’uomo, infatti, si è messo contro Dio fin dall’origine della sua storia. Fu per questo che, fin dall’inizio, egli oscurò non solo la stima di Dio, ma la stima di se stesso. Non vedendosi più in rapporto con Dio, ha perso le vere ragioni del suo vivere, ha perduto gli autentici criteri della stima di se stesso. Dimentico di essere amato dall’Infinito, d’esserne amato infinitamente, si è messo a livello del finito, ha ridotto se stesso in dimensioni finite, materiali; ha pensato di essere materia all’interno di un universo materiale, da cui ha finito per escludere del tutto Iddio. Materia in un mondo materiale fatto a caso, l’uomo ha perduto le ragioni di vivere, di morire, di lottare, di amare, le ragioni del dovere, del soffrire, del godere… e fugge dalla vita, dalla realtà, da se stesso: perduto. Chi potrà restituire all’uomo la stima di se stesso, se non Dio? Solo Dio, venendo uomo tra gli uomini, umilmente, potrà convincere l’uomo di valere l’infinito. Ecco perché il Salvatore è Dio. Questo si capisce con maggiore evidenza se si riflette sul fatto che non è solo alla coscienza dell’uomo che occorre rivolgersi per salvare l’uomo. Il riscatto della coscienza è solo il primo passo della redenzione dell’umanità. In realtà c’è un’umanità che è in così gravi mali da non poter usare neppure la coscienza. Pensate, per esempio, a coloro che nascono offesi nel corpo, nell’organismo, nel sistema nervoso centrale a tal punto da non poter usare l’immenso potere della coscienza e della libertà. Chi salverà costoro, se non Dio solo? Chi potrà dare ad essi l’infinito, la vita eterna, tutta intera la verità, la bellezza, tutto intero il bene che riempie la voragine dello spirito umano… chi se non Dio? Difatti Gesù è Dio. Pensate agli uomini che non nascono neppure: solo Dio, nella sua infinita sapienza e bontà, può trovare un modo di salvare anche loro, i concepiti, che – in odio alle leggi del Creatore, o in conseguenza del peccato – muoiono senza nascere: essi sono verosimilmente più del doppio, assai più del doppio di quelli che nascono. Solo se Gesù, il Salvatore, è Dio, solo allora essi potranno essere salvi, solo allora la promessa che Egli annuncia è pienamente veritiera. L’evidenza di questa necessità, della necessità che il Salvatore sia proprio Dio in persona, rifulge di più se pensiamo non solo a tutti i peccati dell’umanità, cominciando dai nostri – pensate: chi potrà espiare questi peccati, questi abomini senza nome e senza misura? – ma, soprattutto, se pensiamo alle radici profonde del peccato. Sapete, infatti, che il peccato d’origine ha offeso la nostra natura nelle sue profondità. Noi nasciamo sbagliati, non nell’anima, che Dio crea direttamente in ogni uomo, ma nel patrimonio genetico che ci è trasmesso dai genitori e che è in simbiosi con l’anima. È lì, nelle radici dell’unione dell’anima col corpo, lì, nel profondo più profondo di noi, è lì che ognuno di noi ha bisogno della salvezza, del riscatto, della restaurazione, della redenzione, del nuovo ordine. Chi potrà sanare il disordine che ci inquina fin dal concepimento se non Dio?
Quante sono le civiltà dell’umanità? Centinaia… alla deriva come zattere d’un naufragio. Al presente sono rimaste circa otto grandi civiltà… ma l’umanità ha milioni di anni, forse ha ricominciato la sua storia, da zero, più volte… e il futuro nessuno lo sa. Ebbene tutto ciò che l’uomo compie nel suo sforzo civile, andrà perduto o salvato? Solo Dio può garantire la salvezza dell’opera dell’uomo, la trasfigurazione dell’opera dell’uomo, la divinizzazione dell’uomo e l’esaltazione, all’infinito, dello sforzo che l’uomo compie per vivere da uomo. Gesù è Dio. È il Figlio di Dio in tutto uguale a Dio; tutto ciò che è il Padre è Lui: «Io e il Padre siamo la stessa realtà». Solo per questo Egli può essere davvero il Salvatore. Per questo è soprannominato Cristo, Unto. Cristo è la parola greca che traduce quella ebraica Messia: Unto. L’olio è splendore d’oro e di sole, splendore divino. Giustamente gli antichi ungevano chi era investito di missioni divine, di autorità divina, i sacerdoti, i re, coloro che impersonavano la divinità, o parlavano a suo nome. Li rivestivano d’oro, metallo che dall’antichità è stato stimato degno di riferirsi alla divinità. Li vedevano nel sole, talvolta li identificavano nel sole, che di Dio – come diceva San Francesco – porta significazione. Li ungevano di olio perché l’olivo è la pianta che produce il liquore aureo maturato al sole, nel sole, e la fronda dell’ulivo era corona che valeva come l’unzione, annunzio di trionfo, di superamento, di vittoria, di pace, di benessere. Sarebbe troppo lungo rievocare ciò che nell’Antico Testamento si dice dell’olio e dell’olivo, non occorre, del resto. Bastano i ricordi di liceo. Ricordate la sfida tra gli dei superi e gli dei inferi presso Eleusi, quando Atena (la Vergine Sapiente che esce perfetta dalla testa del sommo iddio) vince il dio infero? Poseidon fa scaturire dalla terra un fiero cavallo, lei, la Vergine, un ramoscello d’olivo. Sicché tutta la civiltà d’Atene è all’insegna dell’olivo. E lo stesso è a Roma, dove Minerva regna con l’olivo. Ricordate le dodici fatiche di Ercole, l’eroe solare che supera se stesso cercando sempre d’oltrepassare la meta? L’ultima fatica, secondo la mitologia greca è proprio il ramoscello d’oro che egli porta dal giardino solare, il ramoscello con cui s’incoronano gli eroi d’Olimpia. Anche a Roma i trionfatori, come gli sposi, s’incoronano di olino. Ecco: Gesù è l’Unto per eccellenza. Difatti in Lui risplende perfettamente la divinità. Egli divinizza perché è Dio. Ha nascosto il suo fulgore per trattare con gli uomini senza far violenza agli uomini, ma i raggi che ha lasciato trasparire, i raggi dei suoi poteri, della sua intelligenza, della sua bontà, sono sufficienti a farci capire il suo splendore nativo. Ebbene, oggi, Gesù Cristo chi è? Oh, Egli è quel che è sempre stato e sempre sarà: il Verbo Incarnato. Ma come è apprezzato?
Dalla Chiesa che Egli ha fondato per essere in essa presente a tutti gli uomini, Egli è apprezzato secondo le definizioni dei Concili che hanno elaborato la testimonianza dei santi e dei martiri. Non possiamo certo qui evocare questo immenso coro che ha trovato espressione anche nelle arti della cristianità, oltre che nella teologia degli eccelsi dottori del passato. Tuttavia questo apprezzamento non è ugualmente partecipato da tutti i membri della Chiesa, o per lo meno non lo è allo stesso modo. Diciamo la verità: c’è nella Chiesa d’oggi un oscuramento di Cristo. Vi sono mazzi di Cristologie che non sono più in sintonia con le cristologie dei Concili, dei santi e dei martiri. Cristologie hegeliane, esistenzialiste, secolari, escatologiche, politiche… in cui non è più possibile riconoscersi come cristiani. E quasi tutte queste cristologie hanno, per portabandiera, dei preti, che non sono i preti di Gesù Cristo, della Chiesa dei Santi e dei Martiri. C’è un oscuramento dell’apprezzamento della coscienza di Gesù Cristo (perfino a Roma lo si è tentato!) scindendo la coscienza di Cristo dalla coscienza di Dio, quasi pagando un tributo all’assurdo dell’inconscio. E voi sapete che l’oscuramento della stima di Cristo nella Chiesa d’oggi ha invaso perfino i catechismi, giungendo ad appannare finanche la figura e lo splendore della Madre del Cristo. Questa sbornia vige tuttora. Roma tarda ad emettere il giudizio lumeggiante che in altri secoli costituì il suo onore, il suo vanto, conforme al destino di Pietro, di confessare chi è il Cristo. La condanna comminata a Kung nel passato fu una debole condanna che si riferiva solo ad un suo libretto riguardante la infallibilità, non ciò che Kung dice di Cristo. Così si dica di Schillebeeckx, di Rahner. Roma tace ancora su questi falsi maestri.
Ma se noi ci domandiamo cos’è Cristo per gli uomini, che sono fuori dalla Chiesa, allora noi percepiamo il grido che, innalzatosi nel pretorio di Pilato, duemila anni or sono, giunge, ingrossandosi, fino a noi, il grido che rivendica, contro Cristo, Barabba.
Abbiamo la “civiltà laica”, la civiltà – cioè – che ha preteso costruire senza far riferimento a Dio, a Cristo, al Vangelo, alla Chiesa che lo trasmette e lo garantisce. Né possiamo farci ingannare da chi assume la Croce come comodo alibi per evadere le esigenze della dottrina sociale della Chiesa, o da chi si riempie la bocca di democrazia per avvilire la verità e la giustizia a colpi di maggioranze, o da chi agita la bandiera della libertà per imbrogliare più comodamente. La civiltà laicistica è cominciata con un’operazione culturale di accreditamento dell’antica gnosi, ha occupato posizioni strategiche di estrema importanza, specialmente nel Nord Europa, ha dilagato dappertutto, sovvertendo la civiltà cristiana. Dunque la scelta è: Cristo o Barabba?
Il giudizio su Cristo si converte ora in un giudizio su di noi nei confronti di Cristo. Dobbiamo ritornare ad essere di Cristo, nei termini espressi dalla sapienza della vera Chiesa, dalla testimonianza dei santi e dei martiri anche odierni, dalla preghiera dei mistici autentici.
C’è una preghiera che Padre Rotondi insegna ai giovani di tutto il mondo, una preghiera a Cristo, che dice: «Ti offro la mia mente per i Tuoi pensieri, la mia volontà per i Tuoi voleri, ti offro i miei sensi per le Tue opere. Fa’ che vivendo di Te, operando per Te, io mi trasformi in Te». Questo è ciò che, anche oggi, deve fiorire dal nostro cuore di credenti in Gesù Cristo.
di don Ennio Innocenti
http://www.presenzadivina.it/275.pdf
Quante sono le civiltà dell’umanità? Centinaia… alla deriva come zattere d’un naufragio. Al presente sono rimaste circa otto grandi civiltà… ma l’umanità ha milioni di anni, forse ha ricominciato la sua storia, da zero, più volte… e il futuro nessuno lo sa. Ebbene tutto ciò che l’uomo compie nel suo sforzo civile, andrà perduto o salvato? Solo Dio può garantire la salvezza dell’opera dell’uomo, la trasfigurazione dell’opera dell’uomo, la divinizzazione dell’uomo e l’esaltazione, all’infinito, dello sforzo che l’uomo compie per vivere da uomo. Gesù è Dio. È il Figlio di Dio in tutto uguale a Dio; tutto ciò che è il Padre è Lui: «Io e il Padre siamo la stessa realtà». Solo per questo Egli può essere davvero il Salvatore. Per questo è soprannominato Cristo, Unto. Cristo è la parola greca che traduce quella ebraica Messia: Unto. L’olio è splendore d’oro e di sole, splendore divino. Giustamente gli antichi ungevano chi era investito di missioni divine, di autorità divina, i sacerdoti, i re, coloro che impersonavano la divinità, o parlavano a suo nome. Li rivestivano d’oro, metallo che dall’antichità è stato stimato degno di riferirsi alla divinità. Li vedevano nel sole, talvolta li identificavano nel sole, che di Dio – come diceva San Francesco – porta significazione. Li ungevano di olio perché l’olivo è la pianta che produce il liquore aureo maturato al sole, nel sole, e la fronda dell’ulivo era corona che valeva come l’unzione, annunzio di trionfo, di superamento, di vittoria, di pace, di benessere. Sarebbe troppo lungo rievocare ciò che nell’Antico Testamento si dice dell’olio e dell’olivo, non occorre, del resto. Bastano i ricordi di liceo. Ricordate la sfida tra gli dei superi e gli dei inferi presso Eleusi, quando Atena (la Vergine Sapiente che esce perfetta dalla testa del sommo iddio) vince il dio infero? Poseidon fa scaturire dalla terra un fiero cavallo, lei, la Vergine, un ramoscello d’olivo. Sicché tutta la civiltà d’Atene è all’insegna dell’olivo. E lo stesso è a Roma, dove Minerva regna con l’olivo. Ricordate le dodici fatiche di Ercole, l’eroe solare che supera se stesso cercando sempre d’oltrepassare la meta? L’ultima fatica, secondo la mitologia greca è proprio il ramoscello d’oro che egli porta dal giardino solare, il ramoscello con cui s’incoronano gli eroi d’Olimpia. Anche a Roma i trionfatori, come gli sposi, s’incoronano di olino. Ecco: Gesù è l’Unto per eccellenza. Difatti in Lui risplende perfettamente la divinità. Egli divinizza perché è Dio. Ha nascosto il suo fulgore per trattare con gli uomini senza far violenza agli uomini, ma i raggi che ha lasciato trasparire, i raggi dei suoi poteri, della sua intelligenza, della sua bontà, sono sufficienti a farci capire il suo splendore nativo. Ebbene, oggi, Gesù Cristo chi è? Oh, Egli è quel che è sempre stato e sempre sarà: il Verbo Incarnato. Ma come è apprezzato?
Dalla Chiesa che Egli ha fondato per essere in essa presente a tutti gli uomini, Egli è apprezzato secondo le definizioni dei Concili che hanno elaborato la testimonianza dei santi e dei martiri. Non possiamo certo qui evocare questo immenso coro che ha trovato espressione anche nelle arti della cristianità, oltre che nella teologia degli eccelsi dottori del passato. Tuttavia questo apprezzamento non è ugualmente partecipato da tutti i membri della Chiesa, o per lo meno non lo è allo stesso modo. Diciamo la verità: c’è nella Chiesa d’oggi un oscuramento di Cristo. Vi sono mazzi di Cristologie che non sono più in sintonia con le cristologie dei Concili, dei santi e dei martiri. Cristologie hegeliane, esistenzialiste, secolari, escatologiche, politiche… in cui non è più possibile riconoscersi come cristiani. E quasi tutte queste cristologie hanno, per portabandiera, dei preti, che non sono i preti di Gesù Cristo, della Chiesa dei Santi e dei Martiri. C’è un oscuramento dell’apprezzamento della coscienza di Gesù Cristo (perfino a Roma lo si è tentato!) scindendo la coscienza di Cristo dalla coscienza di Dio, quasi pagando un tributo all’assurdo dell’inconscio. E voi sapete che l’oscuramento della stima di Cristo nella Chiesa d’oggi ha invaso perfino i catechismi, giungendo ad appannare finanche la figura e lo splendore della Madre del Cristo. Questa sbornia vige tuttora. Roma tarda ad emettere il giudizio lumeggiante che in altri secoli costituì il suo onore, il suo vanto, conforme al destino di Pietro, di confessare chi è il Cristo. La condanna comminata a Kung nel passato fu una debole condanna che si riferiva solo ad un suo libretto riguardante la infallibilità, non ciò che Kung dice di Cristo. Così si dica di Schillebeeckx, di Rahner. Roma tace ancora su questi falsi maestri.
Ma se noi ci domandiamo cos’è Cristo per gli uomini, che sono fuori dalla Chiesa, allora noi percepiamo il grido che, innalzatosi nel pretorio di Pilato, duemila anni or sono, giunge, ingrossandosi, fino a noi, il grido che rivendica, contro Cristo, Barabba.
Abbiamo la “civiltà laica”, la civiltà – cioè – che ha preteso costruire senza far riferimento a Dio, a Cristo, al Vangelo, alla Chiesa che lo trasmette e lo garantisce. Né possiamo farci ingannare da chi assume la Croce come comodo alibi per evadere le esigenze della dottrina sociale della Chiesa, o da chi si riempie la bocca di democrazia per avvilire la verità e la giustizia a colpi di maggioranze, o da chi agita la bandiera della libertà per imbrogliare più comodamente. La civiltà laicistica è cominciata con un’operazione culturale di accreditamento dell’antica gnosi, ha occupato posizioni strategiche di estrema importanza, specialmente nel Nord Europa, ha dilagato dappertutto, sovvertendo la civiltà cristiana. Dunque la scelta è: Cristo o Barabba?
Il giudizio su Cristo si converte ora in un giudizio su di noi nei confronti di Cristo. Dobbiamo ritornare ad essere di Cristo, nei termini espressi dalla sapienza della vera Chiesa, dalla testimonianza dei santi e dei martiri anche odierni, dalla preghiera dei mistici autentici.
C’è una preghiera che Padre Rotondi insegna ai giovani di tutto il mondo, una preghiera a Cristo, che dice: «Ti offro la mia mente per i Tuoi pensieri, la mia volontà per i Tuoi voleri, ti offro i miei sensi per le Tue opere. Fa’ che vivendo di Te, operando per Te, io mi trasformi in Te». Questo è ciò che, anche oggi, deve fiorire dal nostro cuore di credenti in Gesù Cristo.
di don Ennio Innocenti
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