Cattolici online? violenti assassini!
Parola del portavoce
vaticano T. Rosica!
I cattivi cattolici che seminano odio e violenza su internet sono dei veri e propri “assassini”, promotori di una “cultura della morte”, che stanno trasformano la rete in un “cimitero di cadaveri”. Ad affermarlo non è un attivista anticattolico che ha in odio la Chiesa, ma un prete, anzi di un monsignore; ancora di più, uno dei portavoce ufficiali della Sala Stampa del Vaticano addetto alle comunicazioni in lingua inglese, il reverendo brasiliano-canadese mons. Thomas Rosica (foto).
Ne riporta la notizia un articolo del quotidiano americano Crux che sintetizza un passaggio dell’intervento di mons. Rosica durante la conferenza tenuta a Brooklin (NY) nella Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, lo scorso 11 maggio, promossa dall’archidiocesi di Brooklin e dalla DeSales Media Group (organo diocesano per le comunicazioni). Sebbene il discorso sia stato molto più ampio ed articolato e non si sia limitato all’accusa contro i cattolici, si sa che i giornali cercano lo scoop e – in questo caso – l’asprezza delle parole di mons. Rosica merita una riflessione.
Sacerdote, biblista, professore e giornalista, classe 1959, Rosica è stato l’organizzatore della GMG di Toronto nel 2002 ed è l’amministratore delegato della Salt + Light Catholic Media Foundation (primo network televisivo cattolico canadese). Dal 2009 è consultore del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali e nel 2013 è entrato a far parte dello staff della Sala Stampa Vaticana come speaker ufficiale per la lingua inglese. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni ed ha ricevuto diversi prestigiosi premi internazionali.
Nel suo lungo discorso sulle comunicazioni sociali nella Chiesa, mons. Rosica affermato che “anche se Papa Francesco è riuscito ad aggiornare (rebranding) il profilo pubblico della Chiesa, ciò non emerge quando i cattolici utilizzano i social media“; al contrario, spesso gli utenti cattolici diffondono su internet “una cultura di morte” piuttosto che una “cultura della vita”!
“Molti dei miei amici non cristiani e non credenti mi hanno fatto notare che i cattolici hanno trasformato Internet in una fogna di odio, di veleno e vetriolo, e il tutto in nome della difesa della fede!” La fonte dalla quale il monsignore trae le informazioni è sicuramente degna di fede (si tratta pur sempre amici), ma non sempre gli amici sono amici dei tuoi amici, e il loro essere definiti “non credenti” e “non cristiani” desta il sospetto di parzialità. Quella degli “amici” è un’accusa pesante e generica contro i cattolici che Rosica sposa in toto in onore dell’amicizia.
Il mons. vaticano non è per nulla tenero con i cattolici che – in nome della fede – starebbero “seminando odio” su internet: “Le diffamazioni su internet da parte di coloro che si definiscono cattolici, hanno trasformato la rete in un cimitero di cadaveri sparsi in giro“. Spesso questi scrupolosi, nostalgici, che si danno arie di leader e e autoproclamatisi “custodi virtuali della fede o di pratiche liturgiche”, sono persone disturbate, arrabbiate, ossessionate, “che non hanno mai trovato un pulpito nella vita reale e ricorrono così alla rete virtuale” per diventare “papi troller” e “santi carnefici”.
Secondo Rosica si tratta di persone malate e lontane da Dio bisognose di guarire e convertirsi. Sentenzia infatti: “In realtà sono profondamente turbati, persone tristi e arrabbiate” e “dobbiamo pregare per loro, per la loro guarigione e conversione!”
L’articolo di Crux segnala che sia mons. Rosica che il suo network canadese sono stati presi di mira da alcune organizzazioni cristiane “pro-life e conservatrici”. Non è dunque difficile immaginare che il monsignore se la prenda con queste categorie di cristiani, quelli – per così dire – più combattivi e meno disposti a fare concessioni al “mondo” per sembrare più simpatici e al passo coi tempi. E’ a loro che si riferisce quando afferma che “Se giudichiamo la nostra identità basandoci su certi siti e blog ‘cattolici’, saremo considerate persone che sono contro tutti e contro tutto. Dovremmo invece essere conosciuti come persone a favore di qualcosa, qualcosa di positivo che può trasformare la vita ed influenzare la cultura”.
Fortunatamente – continua – con Papa Francesco è avvenuto questo cambiamento di prospettiva. Fino a poco tempo fa (prima di Francesco), “quando domandavi per strada ‘Cos’è la Chiesa Cattolica?’ oppure ‘A cosa serve il papa?’, la risposta spesso era ‘I cattolici sono contro l’aborto, il matrimonio gay e il controllo delle nascite’. I cattolici sono conosciuti per gli scandali degli abusi sessuali, che hanno indebolito la loro autorità morale e credibilità”. Ora, grazie a Francesco, la risposta a queste domande da parte della gente “di fuori” è diversa.
L’invettiva di mons. Rosica contro i blog cattolici “violenti” non rende però onore alla realtà dei fatti. Basterebbe infatti seguire ciò che succede ogni giorno su Facebook e su Twitter a chi condivide posizioni cattoliche in difesa della Chiesa e della tradizione cristiana. Certi utenti e blog cattolici popolari ricevono in continuazione piogge di insulti e di infamie personali a causa del loro pensiero e della loro fede senza che nessuno – tanto meno i responsabili dei networks in questione, spesso zelanti nella censura di ciò che è considerato “scorretto” – trovi da eccepire sospendendo o censurando i messaggi più violenti e offensivi.
Il caso più eclatante in Italia è quello di Mario Adinolfi, giornalista, blogger e politico cattolico, che (nell’imbarazzante silenzio delle autorità e dei campioni dei diritti civili) viene continuamente vessato da cosiddetti haters (lett. “odiatori”) che – spesso sotto pseudonimi o falsi account – vomitano in continuazione il loro disprezzo nei confronti di chi la pensa diversamente. Ma chi non legge certi messaggi difficilmente capirà di cosa stiamo parlando. Facciamo quindi riferimento a un qualunque messaggio di Mario Adinolfi: ad esempio quello scritto su Twitter il 18 maggio 2016 dove invita a seguire il dibattito televisivo in cui sarà protagonista. Il tono delle risposte sfonda il muro della decenza per convertirsi in una serie insulti volgari e attacchi alla persona. Si va dal “panzone” a “te danno una sedia per chiappa”, poi ancora “ti guardo dal cesso”, “cerca di non scoreggiare”, “vai a parlare di problemi di sudorazione” per finire con immagini GIF (mini filmati) di nudo offensivo. Definito in da un altro utente “sindaco maiale”, Adinolfi è spesso oggetto di burla per il suo aspetto fisico e preso di mira con disprezzo a causa della sua situazione familiare. Al fianco di Adinolfi, sono molti i cattolici che si sono esposti sui social ricevendo in cambio insulti, disprezzo, violenza verbale e accuse diffamanti (ad esempio Costanza Miriano, Gianfranco Amato ed altri protagonisti delle giornate delFamily Day).
In questo senso non è esattamente vero ciò che afferma mons Rosica dal pulpito di Brooklin, ossia: non è il cattolico conservatore e pro-life che fomenta l’odio e la violenza, una “cultura di morte” e “sparge cadaveri”, perché nostalgico, fissato e dunque bisognoso di cure e preghiere da parte della comunità cristiana. Succede proprio il contrario: la caccia al cattolico inizia senza alcuna motivazione se non l’odio al diverso, la tanto chiacchierata “discriminazione” tramutata in cristianofobia.
Ma se l’esempio di Adinolfi non vale in Vaticano – dove il giornalista non gode di grande stima (anzi, è ignorato e spesso ostacolato) – basti leggere il veleno che qualche settimana fa è stato riversato sul cardinale Angelo Bagnasco reo di aver parlato chiaramente contro l’approvazione della legge sulle Unioni Civili. Gli italiani (non certo i cattolici conservatori e prolife) hanno preso di mira il Presidente della CEI con insulti e infamie per aver osato esprimere il pensiero della Chiesa cattolica sulle “unioni civili”. Un segno, questo, che il cardinale è sulla strada giusta, mentre altri porporati vengono continuamente lodati e stimati dal popolo anticattolico (come qualche cardinale di curia che su Twitter alterna frasi di Confucio a detti di Gesù e pensieri rock ottenendo molti “like”).
Perché dunque mons. Rosica propone queste sorprendenti affermazioni? Alla base del ragionamento soggiace un pericolosissimo equivoco secondo cui non è più necessario difendere la fede ed opporsi all’eresia (“dottrina contraria al dogma”) ma bisogna cercare di diffondere il bene senza denunciare il male, il tutto in nome di una misericordia che ha il sapore del politicamente e religiosamente corretto. Si tratta dunque di un esercizio linguistico per evitare ogni scontro: parlare di aborto e di eutanasia, così come di altri gravi attentati alla vita umana, diventa una violenza contro chi nella sua libertà decide di sopprimere le vite di bambini e anziani. Nessuno osi giudicare la portata morale di questi atti.
E’ questa la svolta voluta da Papa Francesco che ha espressamente chiesto posizioni meno rigide su quelli che una volta si chiamavano “princípi non-negoziabili” (espressione diventata desueta perché ormai tutto è negoziabile, anche i valori e i princípi morali) al fine di “costruire ponti e non muri” tra la Chiesa e il mondo.
A questo nuovo corso si sono adeguati quasi tutti i cardinali, i vescovi e i monsignori di Curia (in particolare quelli italiani più vicini geograficamente al Papa) coscienti anche del rischio che si corre ad esprimere le proprie idee se in contrasto con il novus ordo dialogante. Chi non si è adeguato al nuovo linguaggio viene segnalato come un nostalgico “conservatore” e “fariseo” fuori tempo massimo, ai limiti dell’ortodossia. La prova di ciò è nelle continue dichiarazioni di affetto e vicinanza che la Chiesa, nei suoi più alti rappresentanti, continuamente proferisce nei confronti dell’islam (sempre giustificato e scusato nonostante sia la vera matrice religiosa del terrorismo) e del mondo politico nonostante i frontali attacchi contro la morale e la famiglia: ciò spiegherebbe lo sconcertante elogio funebre che padre Lombardi ha dedicato a Pannella a nome del Papa o l’entusiasmo col quale alcuni esponenti della CEI appoggiano e sostengono l’operato del governo Renzi (leggi:quando mons. Paglia disse a Renzi “Avanti su tutto”)…
Portato all’estremo, questo pericoloso atteggiamento constringe la Chiesa a tirare i remi in barca ed a rinunciare a combattere per la battaglia per la famiglia e per la vita (temi su cui si giocherebbe la “battaglia finale” secondo la profezia della Madonna a Fatima). Così è successo in occasione del Family Day quando la maggior parte dei vescovi si opposero de facto – con la loro assenza – alla manifestazione perché schierato “contro” il gender e le adozioni omosessuali. La cosa creò turbamento e scandalo tra i fedeli laici scesi in piazza sotto il temporale, segnalati dal governo e segnalati come una massa ignorante, bigotta, violenta ed omofoba (leggi: “Attacco totale al Family Day). L’imbarazzante assenza dei vescovi italiani in nome di un atteggiamento moderato – light – e dialogante (a Roma otto vescovi diocesani ma neanche uno presente ad accompagnare le famiglie, né il Vicario né gli “ausiliari” mentre il presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, più in linea con Renzi che con le famiglie cristiane, non pervenuto!) è un segno dei tempi che interroga molti cattolici italiani. Stesso discorso per la “Marcia per la Vita” un evento nazionale goffamente boicottato dai vescovi italiani, salutati dal Papa – secondo alcuni – in modo eccessivamente sbrigativo e circostanziale e appena citati da Avvenire in un articolo di secondo piano.
Parlando della violenza su internet non si tratta dunque di stabilire chi insulta di più o per prima dell’avversario, ma di capire se sia ancora possibile difendere la propria fede o se sia meglio nascondere la verità e il proprio credo per non offendere nessuno, per non apparire “contro” nessuno.
La locuzione “contro” è ormai diventata una parolaccia, linguaggio proibito nel nuovo corso della Chiesa. Nessuno si opponga a nessuno né a nulla, neanche al male. Non però nel senso evangelico di “non opporre resistenza al male” ovvero “non rispondere al male con il male” bensì nel nuovo senso di “non denunciare il male come male” ovvero “non distinguere più tra male e bene” perché nessuno deve permettersi di “giudicare” ciò che è bene e ciò che è male. Dal punto di vista filosofico ciò significa lo sfascio della struttura del pensiero razionale occidentale basato sulla scelta per logos e il rifiuto della doxa. Ma oggi assistiamo alla rivincita dell’opinione, sempre fluida, sempre liquida, alla riscossa di ciò che è mutevole a dispetto di ciò che è fermo, stabile, severamente ma solennemente inamovibile.
Mons. Rosica non fa altro che adeguarsi al nuovo corso (d’altronde non sarebbe certo prudente rovinare una così brillante carriera sul più bello!): i cattolici che parlano di aborto, di eutanasia, di divorzio e di sessualità disordinata non sono altro che violenti costruttori di muri, lontani dalla grazia di Dio, necessitati di preghiere e conversione. D’altronde ciò rispecchia il pensiero della Santa Sede che i suoi portavoce fedelmente trasmettono.
O forse padre Lombardi non ha elogiato Marco Pannella per il suo “impegno disinteressato per cause nobili” e per averci lasciato “una eredità umana e spirituale importante” e un “impegno civile e politico generoso per gli altri”? Ricordare le “nobilissime” cause a favore dell’aborto, dell’eutanasia, del divorzio, della liberalizzazione delle droghe, l’anticlericalismo, l’antivaticanismo e l’opposizione ai patti lateranensi, sarebbe peccare di omicidio e violenza nei confronti del compianto leader dei radicali e dei suoi seguaci.
Chiedo perdono. Misericordia!
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