ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 6 giugno 2016

Happy church

I TEMPI MODERNI DELLA CHIESA MODERNISTA

Cogliendo qua e là  
Parte seconda




1 – CARITÀ CON BUROCRAZIA (quando fa comodo).
«Allo stupore di vedere Papa Francesco volare, sabato scorso (16 aprile 2016) sull’isola greca di Lesbo per incontrare i profughi, si è aggiunta la sorpresa di sapere che al ritorno, 12 nuovi passeggeri avrebbero trovato posto sul volo che ha riportato il Pontefice in Italia. 12 persone, tre famiglie siriane, 6 adulti e altrettanti bambini tutti musulmani…  Sono stati individuati questi 3 nuclei familiari perché avevano tutti i documenti in regola. In una prima lista c’erano anche famiglie cristiane, ma “le carte necessarie non erano in regola”» (Laura Badaracchi: Il mio Papa, 20 aprile 2016).      

La parte ultima di questo brano dice chiaramente come funzioni la carità bergogliana nei confronti del prossimo e ci induce a delle riflessioni che ci premuriamo di esprimere allo scopo di destare ulteriori riflessioni in chi leggerà questa nostra nota.
Una carità che tiene in debito conto i dettami e le regole di una burocrazia a cui il Papa, la Segreterìa di Stato, il Ministero italiano degli Interni, la Comunità di Sant’Egidio – sensale dell’operazione – ottemperano senza indugio alcuno, perché quando la “carta canta, villan dorme”.
Un esempio di civica educazione, certo, che contrasta, però con il magistero pastorale che il Pontefice, da Lampedusa – luglio 2013 – ad oggi svolge con l’insistere a pro’ di un’immigrazione anonima, massiccia, non dissimile da quella verificatasi dal IV sec. con le invasioni barbariche.
E di quelle antiche transumanze umane, queste attuali tengono gli stessi moduli operativi che già determinano gli stessi disordini che han causato il crollo dell’ordine sociale romano.

Suona a vuoto la voce di S. Agostino che, nel suo alto magistero così afferma:
La pace degli uomini è la concordia ordinata, la pace della casa è la concordia ordinata dei suoi abitanti nel comandare e nell’obbedire; la pace della città è la concordia ordinata dei cittadini nel comandare e nell’obbedire; la pace della città celeste è la società che ha il suo massimo ordine e la massima concordia nel godere di Dio e nel godere reciprocamente in Dio; la pace di tutte le cose è la tranquillità dell’ordine. L’ordine è la disposizione di realtà uguali e disuguali, ciascuna al proprio posto” (De Civitate Dei, XIX,13, 1). 

E' questa la pace, è questa la concordia che vive nell’Europa, che forma la tranquillità delle nostre città?

Vogliamo ricordare che, sull’onda del nefasto evento lampedusiano, il ministro degli Interni, il dott. Angelino Alfano, per conto e in nome dell’abusivo governo Letta – regime che continua con l’attuale pifferetto magico Matteo Renzi – ha depenalizzato, de facto, il reato di clandestinità per cui appaiono quanto mai sospetti l’ossequio e il rispetto delle norme diplomatiche e burocratiche che il Vaticano e la comunità egidiana hanno spiattellato ed ostentato in occasione del trasporto “adottivo” delle sole tre famiglie musulmane.

Si viene poi a sapere  che, nella lista di “adozione”, in quel di Lesbo, c’erano anche famiglie cristiane che, purtroppo, sembra dirci la sconsolata cronista Badaracchi, “non avevano le carte in regola”, condizione che  avrebbe determinato, sembra ancora dirci la stessa, il veto al loro trasporto. Che peccato!

Insomma: la carità di Bergoglio che sembra non aver confini per i “fratelli” islamici da lui definiti “figli di Dio” e forniti – gli unici? – di documenti, si arresta davanti a questioni burocratiche, davanti a carte e bolli solo quando si tratta di accogliere famiglie cristiane che, al postutto non sono altro che creature di un dio bischero, anonimi, privi di riconoscimenti anagrafici e, perciò, da scansare.
Il cuore del Pontefice batte a… llà…. E, infatti, non è un caso che il pontefice, quando si ricorda di nominare la mattanza dei martiri cristiani dell’Asia e dell’Africa, parli di “vittime del terrorismo”, una generica qualifica che esclude quella vera, cioè l’islamica.

La vicenda delle tre famiglie potrebbe, diciamo potrebbe, concludersi qui, con questa amara ed indignata riflessione che ancor si dilata se si confronti l’operato del Papa con quanto scrive ed ammonisce San Paolo: “ Dum tempus habemus, operemur bonum ad omnes, maxime autem ad domesticos fidei” (Gal. 6, 10) che, tradotto in chiari significati dice: “finché abbiamo tempo, operiamo il bene verso tutti ma, principalmente e prima di ogni altra cosa, verso i fratelli nella fede”.
Papa Bergoglio conosce  - almeno lo si spera – San Paolo, ma gli preferisce il prof. Andrea Riccardi, colui che s’è adoperato per l’operazione mediatica ai danni delle famiglie cristiane le quali - stìano serene - si possono rifare con un posto a tavola, nel giorno di Natale, quando, secondo un uso consolidato, la benemerita comunità egidiana allestirà un pranzo per i poveri nella veneranda basilica di Santa Maria in Trastevere, casa di preghiera e di adorazione, trasformata, per l’occasione, in locanda. In fondo, arzigogola poi il cristiano adulto, quale eco avrebbe provocato l’adozione di tre famiglie cristiane se non maliziosi commenti su nepotismi, favoritismi papali che tanto ricordano quelli antichi? Volete mettere, invece: adottare 12 persone musulmane, storici nemici di Cristo e della Chiesa? Un colpo mai riuscito ad alcuno che cancella vecchi steccati, abbatte muri, costruisce ponti e afferma un’era di nuovo spirito pastorale che predica la santità di ogni religione e, quindi, l’inutilità dell’opera missionaria ed evangelizzatrice.

Pertanto San Paolo deve aggiornarsi e comprendere che il cristiano va, certamente, aiutato purché in possesso delle “carte in regola”, diversamente per lui non c’è posto sull’aereo papale. L’abito nuziale della parabola (Mt. 22, 11), che il cristiano indossa avendolo ricevuto con il Battesimo, non vale più perché, da Lesbo in poi ciò che garantisce l’ammissione al convito sono i documenti, le carte, i bolli nell’osservanza del nuovo corso culturale teoburocratico.

Abbiamo detto che la vicenda dovrebbe considerarsi conclusa, ma…
Ecco l’epilogo, nella luce che svela l’aspetto supremamente scenografico del volo e del gesto papale programmato a beneficio dei massmedia e alla cura della propria immagine che, senza dubbio, troverà spazio su  una copertina patinata del tipo TimeVanity FairRolling Stone,Paris MatchFamiglia CristianaIl mio PapaNational Geographic e via elencando.

Mentre nei confronti delle migliaia di clandestini islamici, animisti e vagabondi dorme la sorveglianza delle istituzioni delegate all’ordine pubblico e civile, e si chiudono tutti e due gli occhi su quanti, condannati all’espulsione, vagano liberi come fringuelli fuor di gabbia, per queste islamiche famiglie, guarda un po’, si muove la Questura di Roma che “ha notificato il decreto di riconoscimento. E dal punto di vista burocratico è ormai tutto risolto – riferisce all’ AdnKronos Daniela Pompei, responsabile dei servizî immigrati per la comunità di Sant’Egidio… l’Italia sarà il loro paese di adozione, dicono in Vaticano” (VoxNews, 20 maggio 2016).
Con il decreto di cui sopra, i dodici siriani – 6 adulti e 6 bambini – avranno passaporto, permesso di soggiorno per 5 anni, una casa e prospettive di lavoro in Italia.

Capito la mossa? Il Papa, dopo aver scartato tre famiglie cristiane in quanto “non in regola con le carte”, ne trasporta tre islamiche, e senza far loro mettere piede nello Stato della Città del Vaticano, li affida alla comunità egidiana la quale, a suo turno, li consegna in braccio all’Italia – in pratica al contribuente - la quale li dovrà adottare assicurando loro ogni diritto e guarentigia.
Insomma: io, sembra dire Papa Bergoglio, compio, sul palcoscenico mondiale di Lesbo, il nobile gesto dell’accoglienza (a senso unico ma vietato da S. Paolo)  - che, detto tra noi, non costa gran che - e poi lascio a voi, italiani di buon cuore, la parte più onerosa. In pratica: io disegno lo schema e voi lo realizzate, che è quanto dire: faccio la carità con la borsa altrui.    

Appendice.
Nel 1974, in un discorso all’ONU, il defunto capo di Stato Houari Boumedienne, così ebbe ad esprimersi. “Un giorno milioni di uomini abbandoneranno l’emisfero sud per irrompere nell’emisfero nord. E non certo da amici. Perché irromperanno per conquistarlo e lo conquisteranno popolandolo con i loro figli. Sarà il ventre delle nostre donne a darci la vittoria” (Oriana Fallaci: La forza della ragione – ed. Rizzoli 2004, pag. 56/57).
Nel 2013, riportano la statistiche, la popolazione di Bruxelles contava un 30% islamico, Amsterdam il 40% e Bradford il 17%. Considerato che, da quell’anno ad oggi, i flussi migratorî sono aumentati in ragione geometrica, se ne deduce che anche le percentuali sono aumentate. Dal che è più che ragionevole, anzi obbligatorio, credere alla profetica minaccia di Boumedienne. Un’invasione che, in termini finanziarî, ha già compiuto l’occupazione dei gangli nevralgici dell’economìa europea con la presenza dominante di capitali arabi nei settori bancarî, energìa, industria, grande distribuzione, servizî turistici, trasporto, sport, per non tacere della proliferazione di insediamenti culturali:  moschee, centri studio, madrasse erette senza, da parte islamica, il rispetto della reciprocità.

Come nel 1917 – rivoluzione bolscevica – fu la stessa borghesìa a fornire al proletariato la corda per farsi, essa, impiccare, così oggi è l’Europa massonica delle banche, e del libertinismo epicureo e smidollato, a subire l’invasione fornendo al clandestino islamico lo strumento per farsi invadere.
Al diritto romano succederà la shaarìa. Auguri Europa!





2 – LE PERLE DE “LA DOMENICA” - CEI
Domenica di Pentecoste – 15 maggio 2016

        Preghiera dei Fedeli – n. 4, pag. 34
Per i battezzati nelle diverse confessioni cristiane, perché sappiano vedere più ciò che unisce che non quello che divide e camminare insieme per manifestare, anche nella diversità, l’unità del corpo di Cristo, preghiamo: donaci, Signore, il tuo Santo Spirito

Non è nuova la CEI a simile pasticcerìa avariata in cui si mescolano buone intenzioni, contraddittoria ed ambigua semantica con cui astutamente si confondono i significati di “Unione” (insieme di realtà diverse) e di “Unità” (insieme di realtà omogenee), formulazioni ed eresìe sottili tramate da un dolciastro e capzioso sentimentalismo ecumenistico che tanto gonfia il cuore di tenerezza ma imbolsisce, soffoca la ragione e diluisce la fede.
Vediamo, allora, di  smascherare questa stolida e ridicola preghiera con la forza e la verità della parola di Dio.

Con la prima intenzione, il cattolico adulto, nato dal Concilio Vat. II, si augura che i battezzati delle altre confessioni cristiane – cioè i protestanti e gli ortodossi, storicamente scismatici perché motu proprio staccatisi da Roma  - sappiano scorgere più ciò che li unisce alla Chiesa cattolica, Apostolica e Romana che quanto li tien separati e lontani. Noi, allora, vogliamo fare un po’ di contabilità evidenziando prima ciò che divide, ché è questa la vera sostanza della storica diversità dottrinaria e, poi, ciò che unisce, provvedendo a tirar giù un bilancio che ci dica quale sia il settore con maggior peso, avvertendo che prenderemo in esame le principali tèsi del contendere .

Non potendo, però, elencare le centinaia di movimenti, di sètte, di gruppuscoli che si dànno titolo di confessione cristiana, le consideriamo tutte in quella brodaglia primordiale che è il protestantesimo – tralasciando, per il momento la Chiesa ortodossa - indicando le differenze che caratterizzano e tengon scissa questa cristianità dal Cattolicesimo inteso, quest’ultimo, nella prospettiva della Tradizione.

ELEMENTI DI DIVISIONE

1 – Salvezza per sola grazia (sola gratia). Secondo Lutero, e tutte le confessioni che a lui si rifanno, l’uomo non può determinare la salvezza con le sue opere in quanto solo Dio ne ha potere attraverso la grazia. Ma la Chiesa cattolica, sulla scia della lettera di S. Giacomo (Gc. 2, 26) tiene per dogma la necessità di compiere opere che attestino una fede vissuta e non solo predicata. Scrive, infatti, l’apostolo: “Sicut enim corpus sine spiritu mortuum est, ita et fides sine operibus mortua est” (come il corpo senza lo spirito è morto, così la fede senza le opere è morta).
Se Lutero, e le confessioni da lui derivate, contestano siffatta verità, ci si chiede come mai, lo stesso eresiarca, affermi essere, la Bibbia, parola di Dio. Se è tale, ne consegue che anche s. Giacomo è proiezione della stessa Parola.

2 – Soltanto la Scrittura (sola scriptura). I protestanti credono che l’unica sorgente di Verità sia la Bibbia e che non ci sia altro mezzo per interpretare la volontà di Dio. Ora, questa interpretazione non è privilegio esclusivo di questo o di quell’altro ermeneuta perché ogni credente può, con libera e personale indagine, ricavarne le verità. La Chiesa cattolica, invece, afferma, sull’autorità di S. Pietro, il divieto che la Parola di Dio sia soggetta a individuale e personale interpretazione, ufficio che è affidato al Magistero nell’autorità della Tradizione (Apostoli, Santi Padri, Dottori, Concilî). Scrive, infatti il primo Papa: “. . . hoc primum intelligentes quod omnis prophetia Scripturae propria interpretatione non fit. Non enim voluntate humana allata est aliquando prophetia, sed Spiritu Sancto inspirati locuti sunt sancti Dei homines” (2Pt, 1, 20-21)  (sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata interpretazione, poiché non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini di Dio).
Ci si chiede come e perché Lutero, e le confessioni da lui derivate, affermino il diritto di ogni singolo di ritagliarsi una spiegazione. Si adotta la Scrittura a parametro unico di Verità e poi la si stravolge per mero adattamento alle proprie ribelli convinzioni.

3 -  Transustanziazione. I protestanti, indistintamente, ritengono che nella consacrazione del pane e del vino vi sia da vedere una ‘consustanziazione’, cioè: presenza di Dio ma non trasformazione di sostanza. Se poi aggiungiamo che Calvino negava financo il carattere sacrificale della Messa, palese appare la abissale divaricazione con il dogma della Chiesa cattolica. Ed, infatti, sulla scorta dei Vangeli (Mt. 26, 26/29 – Mc. 14, 22/25 – Lc. 22, 14/20), essa definisce il mistero eucaristico con il termine di ‘transustanziazione”, cioè la trasformazione sostanziale del pane e del vino – che pur mantengono la loro specie - nel Corpo, nel Sangue, nell’Anima e nella Divinità di Gesù.
Che la particola non sia ritenuta ed adorata nemmeno come simbolo virtuale del Corpo Cristo lo si capisce dall’uso disinvolto che di essa si fa nella chiesa anglicana la quale ne permette l’invio per corrispondenza, come un pacco, con le spese di spedizione a carico del richiedente (Corriere della Sera - Francesco Tortora: Londra, l’ostia arriva per posta – 9 giugno 2009).
Una differenza  da poco?  

4 – Sacramenti. Il protestante riconosce come tali, il Battesimo, l’Eucaristìa – ma abbiamo visto sotto quale aspetto – e, parzialmente, la confessione che, in definitiva, si risolve con il diretto rapporto tra il penitente e Dio, esclusa l’intermediazione del sacerdote. Anche in questo caso, stride lo stravolgimento che, della parola di Gesù, Lutero e i suoi seguaci, hanno effettuato con la loro rivolta. La Chiesa cattolica, nel solco dell’insegnamento di Cristo, riconosce al consacrato – prete, vescovo, Papa – il potere di rimettere o di non rimettere i peccati, di sciogliere e di legare. Così, infatti, dice il Signore: “ Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam et portae inferi non praevalebunt adversus eam. Et tibi dabo claves regni caelorum. Et quodcumque ligaveris super terram erit ligatum et in caelis et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in caelis” (Mt, 16, 18-20). (Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli. E qualunque cosa tu avrai legato in terra sarà legata anche nei cieli e qualunque cosa avrai sciolto sulla terra sarà sciolta anche nei cieli). 
E il potere che Egli ha conferito a Pietro viene affidato anche agli Apostoli, come bene riferisce Giovanni: “Accipite Spiritum Sanctum, quorum remiseritis peccata, remittuntur eis et quorum retinueritis, retenta sunt” (20, 23). (Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati sono rimessi e a chi non li rimetterete restano non rimessi). 
Ben si comprende come il confessore, strumento del sacramento, sia intermediario di chi ha il potere di perdonare, cioè Dio, ma resta inteso, e stabilito, che il suo ruolo è di primaria importanza e necessità.
Ora, da dove nasce la singolare teorìa protestante secondo la quale il perdono dei peccati si ottiene senza il passaggio nel confessionale?

5 – Indulgenze. Tutti sanno che questo tema fu il pretesto che Lutero prese per motivare la sua ribellione a Roma. I protestanti, infatti, negano l’efficacia che una preghiera, una penitenza o una buona azione possano trasformarsi in credito per l’anima del penitente o in sconto di pena a pro’ di un’anima purgatoriale. Negando, infatti, validità alle opere in quanto intime espressioni di fede vissuta, si nega efficacia alle stesse quando queste siano compiute a beneficio di altri.
Ma Lutero, buon conoscitore della Bibbia avrebbe dovuto individuare e rammentare il passo dove si dice che “santo e salutare è pregare per i defunti perché sìano assolti dai loro peccati” (2 Macc. 12, 46), il che conferma e il dogma dell’esistenza del Purgatorio e la realtà dell’indulgenza. Se, poi, la predetta pericope non fosse sufficiente o chiara, c’è soltanto da riandare all’Esodo (20, 8-10), al Levitico (5, 1-7; 10) dove si narra dell’istituzione del giubileo ebraico durante il cui corso erano rimessi debiti e colpe. Ma un esempio illuminante ci vien dato da Luca dove in 23, 43 si narra del ladrone a cui Gesù, per aver costui riconosciuto la propria colpa, promette l’ingresso in Paradiso. Non è forse questa la prova più evidente di quanto possa operare l’indulgenza?

6 – Culto mariano – culto dei santi e altro.
I protestanti rifiutano il culto mariano tanto che, ad onta di qualche sporadico ripensamento, vige e pesa ancora l’oscena definizione che, dell’iperdulìa tributata alla B. V., dette lo scismatico “teologo” svizzero Karl Barth (1886 – 1968) quale “tumore del cattolicesimo”.
Ora, a noi pare che il suddetto teologo, nonché biblista, non abbia compreso appieno e la promessa di Dio: “Mulier. . . ipsa conteret caput tuum, et insidiaberis calcaneo ejus” – la donna… ella ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il tallone (Gen. 3, 15), e il  saluto dell’arcangelo: “ Ave gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus – ave o piena di grazia, il Signore è con te, benedetta tu tra le donne” (Lc. 1, 28), e le parole di Elisabetta: “Et unde hoc mihi ut veniat mater Domini mei ad me? –  A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me? (Lc.1, 43), e la stessa confessione di Maria : “Beatam me dicent omnes generationes – tutte le genti mi chiameranno beata” (Lc. 48)
 Ora, se la Scrittura prefigura Maria come colei che schiaccerà il capo a Satana, se la definisce “piena di grazia, madre del Signore, beata”, può dirci Barth, o chi per lui, come e perché il culto mariano si configura come “tumore”, cioè come patologìa mortale?

Parlando di questo con alcuni nostri conoscenti, ne venne che uno di questi obiettasse sull’impropria e non conveniente abitudine per cui molti fedeli, entrando in chiesa, dopo aver attinto all’acquasantiera, vanno davanti alla statua di Maria trascurando il Tabernacolo. Rispondemmo osservando, con una metafora creata da un pio sacerdote nostro conoscente, che come un padrone di casa non si offende se un ospite saluta prima la signora consorte, così il Signore non si offenderà se, varcando la soglia di una chiesa, il fedele rivolge lo sguardo primo a sua Madre.

Il culto dei santi va da sé che, negata l’efficacia delle intercessioni e delle indulgenze, sia, dai protestanti, del tutto accantonato e trascurato. Ma a fronte di questa visione stanno molteplici passi della Scrittura tra cui Mt. 27, 52 che scrive: “I sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti resuscitarono… entrarono nella città santa e apparvero a molti”.

Tra gli elementi di divisione vanno, inoltre, computati:
1) il rifiuto di riconoscere al Papa la funzione di  Vicario di Cristo, la successione apostolica, il suo primato, la sua infallibilità ex cathedra;
2) l’ammissione al sacerdozio universale femminile;
3) il rifiuto del celibato sacerdotale.

ELEMENTI DI UNIONE
In questa categorìa figurano il solo Battesimo e la qualifica generica di “cristiano” tale in quanto partecipe del Vangelo e della fede nei soli dogmi trinitari e cristologici. Non troppo, per la verità. 

Ora, ci sembra che la mole di ciò che tiene divisi i protestanti dalla Chiesa cattolica sia preponderante,  e di molto, rispetto a ciò che unisce. Il comune denominatore dell’essere tutti “cristiani” non realizza l’unità in quanto essa si concretizza, se ancora è valida la parola del Signore (Gv. 10, 16), solo nell’unico gregge e nell’unico ovile di un unico pastore, quello della Chiesa “cattolica”.
Discorso retto sarebbe, come abbiamo sopra specificato, parlare e distinguere “unione”, da “unità”. E non bastano i salti, le capriole dialettiche e i soffietti cerebrali dell’emerito Papa cardinal Joseph Ratzinger che, in occasione della festività della Pentecoste – 11 maggio 2008 – ebbe a predicare questa falsa, insipida, vacua, mielosa teorìa secondo la quale “la Chiesa costituisce un’unità nella diversità chiamata a trasmettere la vera pace di Cristo a tutta l’umanità…  Solo lo Spirito Santo crea unità nell’amore e nella reciproca accettazione della diversità”  (L’ItaloEuropeo, 12 maggio 2008).
Un esempio di questa stramba trovata lo si potrebbe osservare nella coabitazione di due ex coniugi, separati che, per il fatto di stare però nella stessa casa, qualcuno vorrebbe definire “unità nella diversità” ma che resta semplice unione di due realtà separate seppur in pacifico rapporto. Roba da ridere se non fosse sciagurata. Una teorìa sterile, simile all’altra, quella  dell’ermeneutica della continuità che, stanti i fatti ultimi, s’è rivelata per come era: un otre ideologico vuoto ed afflosciato, alibi e copertura ai fallimenti conciliari.

Visto come, dal Concilio Vaticano II ad oggi, la Gerarchìa ha diluito e snervato dogmi, liturgìa, pastorale, Diritto canonico all’ombra dell’ecumenismo, c’è da credere che l’unità che verrà a configurarsi sarà quella di una Chiesa per la maggior parte protestante, con il resto di una piccola pattuglia – il piccolo gregge (Lc. 12, 32) – ancorato e tenacemente aderente al Cattolicesimo della Tradizione. Non è una nostra previsione pessimistica ma la condizione finale predetta da Gesù (Lc. 18, 8), descritta e anticipata dalla V. M. a La Salette, a Lourdes, a Fatima e alle Tre Fontane.


 
Nota umoristica: tra i pochi elementi che uniscono fratelli separati e cattolici indichiamo quella dissacrante pastorale con cui le due comunità gestiscono le chiese, luoghi unicamente destinati al culto, alla preghiera e all’adorazione ma oggi trasformati, nell’esigenza dello spirito dei tempi, in siti deputati per eventi vari e balordi, come ad esempio: la cattedrale di Westminster - costruita cattolica tra il 1045 e il 1050 da Edoardo il Confessore e requisita dagli anglicani con la riforma di Enrico VIII - fatta passerella per una sfilata di moda (2 giugno 2016) col placet della regina, papessa massonica di quella massonica confessione; e la veneranda chiesa cattolica romana di Santa Maria in Trastevere convertita in trattorìa (25 dicembre di ogni anno) con la fattiva e responsabile gestione della comunità santegidiana.


di L. P.
Parte prima
Parte seconda


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.