L'AGGUATO ALLA CHIESA
di Francesco Lamendola
Il Concilio Vaticano II è stato il frutto d’un agguato dei modernisti alla Chiesa
Più si studia la storia - tuttora piena di ombre - del Concilio Vaticano II; più si chiarisce con quali modalità vennero formate le Commissioni; più si considera come vennero redatti i documenti, con quali forzature esegetiche, con quali riserve mentali, con quali pressioni di ambienti extra-conciliari ed extra-cattolici; più si misura l’ampiezza delle ulteriori forzature operate a posteriori, nella pretesa fedeltà allo “spirito” del Concilio, quando, in realtà, si voleva giungere a delle conclusioni cui i Pontefici non avevano voluto giungere, e più si soggiace alla netta impressione, che finisce per diventare una salda e radicata convinzione, che esso non vide il movimento “spontaneo” di una Chiesa giovane e desiderosa di rinnovamento contro una Chiesa vecchia, immobile, ripiegata su se stessa, bensì qualcosa di molto simile ad un agguato teso deliberatamente alla Chiesa per poterle imporre le briglie e condurla in una direzione difforme dall’insegnamento di tutti i precedenti concili, operando, così, una vera e propria rottura con la Tradizione e imprimendo al Magistero un carattere nuovo, “collegiale”, in continuità solo parziale, ovvero in discontinuità, con il Magistero ecclesiastico di allora e di sempre.
Chi siano stati gli autori dell’agguato, è presto detto: i preti, i vescovi e i teologi di tendenze moderniste: quegli stessi preti, vescovi e teologi, oppure i loro eredi spirituali e tenaci continuatori, i quali, dopo la solenne scomunica comminata da San Pio X in seguito all’enciclica Pascendi, del 1907, avevano coltivato con pazienza, ma anche con rancore guardingo e con istinto vendicativo, che si presentasse l’occasione favorevole per prendersi la rivincita e imprimere alla Chiesa un volto nuovo: il volto del modernismo, appunto, sotto le mentite spoglie della !”svolta antropologica” teorizzata da Karl Rahner sulla scia (peraltro sconfessata dal maestro, che sempre ribadì la differenza decisiva tra filosofia e teologia, l’una strumento della ragione, l’altra della fede) di Martin Heidegger. Purtroppo, neppure i due pontefici in questione erano del tutto esenti dalle tendenze moderniste, anche se non nella misura che si è voluto far credere, per avvalorare l’idea che entrambi, e soprattutto Giovanni XXIII, volessero realmente attuare, con il Concilio, proprio quella tale “svolta antropologica” e consegnare la dimensione della fede ad una interpretazione neomodernista delle Scritture, basata sulla scuola delle forme (non è vero ciò che è vero, ma ciò che, di volta in volta, una certa società e una certa cultura ritengono tale; metodo esegetico che, applicato alla Scrittura, ha delle conseguenze devastanti). C’è bisogno di ricordare che Giovanni XXIII, il “papa buono” (come se gli altri fossero stati cattivi…), da giovane era stato segretario personale del vescovo di Bergamo, Giacomo Radini Tedeschi, a suo temo sospettato ed accusato di modernismo e progressismo, anche se le accuse erano poi cadute? Ed è necessario ricordare che Paolo VI, da giovane, era un frequentatore del salotto del noto scrittore modernista Tommaso Gallarati Scotti, colpito due volte dai rigori del Santo Uffizio?
Una delle menti più lucide e coraggiose del cattolicesimo contemporaneo, il sacerdote e biblista Francesco Spadafora (nato a Cosenza nel 1913 e deceduto a Roma nel 1997), professore all’Università Lateranense e perito di esegesi biblica al Concilio Vaticano II, autore di una trentina di opere esegetiche, storiche e teologiche, ha messo bene in luce questo aspetto del Concilio (da: F. Spadafora, La Tradizione contro il Concilio. L’apertura a sinistra del Vaticano II, Roma, Volpe Editore, 19899, pp. 56; 249-251):
La predizione è del Card. Ludovico Billot. Richiesto da S.S. Pio XI (1923) del suo parere circa l’opportunità di convocare il Concilio ecumenico come continuazione e chiusura del Concilio Vaticano I, interrotto, come si sa nel 1870, per l’occupazione di Roma, o come nuovo Concilio, il Cardinale Billot espose le ragioni che sconsigliavano assolutamente una tale iniziativa.
Ed ecco la predizione:
“Infine, ecco la ragione più grave, quella che sembrerebbe militare assolutamente per la negativa.
La ripresa del Concilio è desiderata dai peggiori nemici della Chiesa, cioè, dai modernisti, che già s’apprestano – come ne fanno fede gli indizi più certi – approfittare degli stati generali della Chiesa per fare la rivoluzione, il nuovo ’89, oggetto dei loro sogni e delle loro speranze.
Inutile dire che non ci riusciranno, ma noi rivedremmo i giorni tanto tristi della fine del pontificato di Leone XIII e dell’inizio di quello di Pio X; VEDREMMO ANCORA PEGGIO, e sarebbe l’annientamento dei felici frutti dell’enciclica “Pascendi” che li aveva ridotti al silenzio”. Egli prevedeva che i modernisti avrebbero preso il predominio nell’assise conciliare. Con grande saggezza pertanto sia Pio XI che, in seguito, Pio XII, rinunciarono alla convocazione di un concilio ecumenico. D’altronde, tutti riconoscevano che esso non era affatto necessario; il Sommo Pontefice col suo Magistero (da Leone XIII, S. Pio X, Pio XI, Pio XII) provvedeva più che sufficientemente alle necessità dottrinali e disciplinari incombenti.
Il Card. Billot dunque previde:
1. il nefasto influsso dei “modernisti” nello svolgimento del Concilio;
2. i rovinosi effetti del post-concilio;
3. affermava la sua certezza che la Chiesa avrebbe superato la gravissima crisi; però “vedremmo ancora di peggio” dei tumultuosi tempi “modernistici” del passato. Quando il 28 ottobre 1958 alla morte di Pio XII, veniva eletto papa, il Card. Roncalli, che assumeva il nome di Giovanni XXIII, “gli indizi più certi” delle mene dei “peggiori nemici della Chiesa, i modernisti” erano più che palesi nel campo teologico, ma principalmente in quello esegetico. Nonostante la “Humani Generis” (1950), la situazione nel decennio (1950-1960) permaneva grave. […]
Prima considerazione: l’inizio e la prima sessione del Concilio mostrano sufficientemente il realizzarsi della previsione pessimistica del Cardinale Billot: gli acerrimi nemici della Chiesa, i modernisti, che aspettavano la proclamazione del Concilio per imporre alla Chiesa la “loro” rivoluzione, riescono a immettere i loro uomini nelle Commissioni (così determinanti per la stesura dei testi) e ad influenzare la “massa” dei componenti l’Assemblea conciliare.
Seconda considerazione. Con la fede nella indefettibilità della Chiesa e nella parola di Cristo: su di te, Pietro, edifico la mia Chiesa e le potenze infernali non prevarranno contro di essa, il Cardinale aggiungeva: “Inutile dire che non ci riusciranno”. Ma il Concilio produrrà purtroppo dei gravi danni, con frutti di tosco, nella grave crisi che ne seguirà, ma che sarà a sua volta certamente superata. Nella “Dei Verbum” abbiamo visto il triplice colpo tentato: contro la traduzione apostolica costitutiva; contro l’inerranza assoluta della Sacra Scrittura; contro la storicità dei nostri Santi Evangeli.
Terza considerazione. Il tentativo pervicacemente rinnovato dagli stessi “neo-modernisti” e fautori della “nuova teologia”, di imporre alla Chiesa i loro errori, sotto il presunto, vantato usbergo del Concilio Vaticano II, sfruttando le espressioni equivoche, inserite nel testo, per sorprendere la buona fede della “massa”, “sempre disposta…”, a di dir sì, col voto più sbrigativo.
L’azione dei “neo-modernisti” si svilupperà possente, per la Costituzione sulla Chiesa: sarà il punto culminante della loro offensiva: un falso “collegialismo”, contro la definizione dogmatica solenne del Concilio Vaticano I sulla Potestà suprema immediata del Romano Pontefice su tutta la Chiesa, potestà sovrana di Vicario di Gesù, sui Vescovi e sui fedeli. Una ed unica vera Chiesa,corpo mistico del Cristo, e, come nel simbolo apostolico crediamo, santa ed apostolica, che è la Chiesa Cattolica Romana affidata dal Cristo Risorto a San Pietro e ai suoi Successori. […]
Quarta considerazione. Si accentuerà la sorda lotta cominciata contro il Santo Officio, e contro il suo valoroso e grande Capo, il Cardinale Alfredo Ottaviani, in ciò favorito dal disegno appena dissimulato, dl nuovo Pontefice, Giovanni battista Montini, eletto nel giugno 1963, Paolo VI, assecondato e coadiuvato nel suo programma dal Cardinale Agostino Bea. Questi, subito dopo la votazione in aula del 30 ottobre 1963, che esprimeva il pensiero dell’assemblea a favore della collegialità, parlando con Paolo VI “osservò che ormai era giunto il momento di fare approvare il documento da lui preparato, nella forma di un “votum” del Concilio, e lo invitò a dividere il governo della Chiesa con alcuni vescovi”! (così attesta Michele Serafian, “La difficile scelta. Il Concilio e la Chiesa tra Giovanni XXIII e Paolo VI, Milano, Feltrinelli, 1964, p. 163).
In occasione del risultato di questa votazione del 30 ottobre, il noto esponente della “nuova teologia”, “nouvelle vague”, il domenicano Yves Congar sentenziò: “La Chiesa ha compiuto la sua rivoluzione d’ottobre!”. “Analogia” con la rivoluzione bolscevica!...
Ora, visto che Yves Congar – una delle anime più inquiete, più affaccendate e onnipresenti durante i lavori conciliari, portatore della “buona novella” antropologica - non si è vergognato di paragonare il Vaticano II alla Rivoluzione di Ottobre (paragone incauto, oltre che di cattivo gusto, perché gli storici, oggi, sempre più concordano sul fatto che quella di Ottobre non fu una “rivoluzione”, come lo era stata quella di Febbraio, ma, in sostanza, un abile e fortunato colpo di mano dei bolscevichi), nemmeno noi – sull’esempio del cardinale Billot - esiteremo a paragonare la convocazione del Concilio a quella degli Stati Generali da parte di Luigi XVIII. Il monarca francese si decise a quel passo, pur fra mille dubbi e incertezze, per riformare e non certo per distruggere la monarchia, e, in particolare, per rafforzare e non certo per distruggere l’assolutismo; ma i membri “progressisti” del Terzo Stato, e anche alcuni della Nobiltà e del Clero, non esitarono a cogliere al volo l’occasione “storica” di sovvertire dall’interno l’ordine esistente, e di servirsi degli Stati Generali come di un grimaldello per demolire sia la società d’ordini, che l’assolutismo. Allo stesso modo, Giovanni XXIII convocò il Concilio pensando non già di rivoluzionare la Chiesa cattolica, ma di prevenire e neutralizzare, giocando d’anticipo, alcune tendenze dissolutrici che da tempo stavano lavorando all’interno della Chiesa e che lui non solo non approvava, ma considerava con viva preoccupazione: tanto è vero, se vi fossero dei dubbi in proposito, che, nei suoi progetti, il Concilio avrebbe dovuto risolversi in un paio di mesi (fra l’inizio di ottobre e l’inizio di dicembre 1962), ed essere chiuso con la festività dell’Immacolata Concezione di Maria.
Lo ripetiamo: dove le forzature esegetiche delle Sacre Scritture non furono sufficienti, i vescovi e i teologi progressisti non si fecero scrupolo di affermare, o di lasciar intendere (metodo, quest’ultimo, da essi preferito, perché sfugge a una critica puntuale) che il Concilio era stato chiuso troppo “presto”, e che insomma Paolo VI aveva voluto quasi scipparlo ai “riformisti”, cioè a loro; ma che, nondimeno, la via indicata era stata “chiara” e bisognava “andare avanti”, ancora più avanti, tanto più che “indietro non si torna”: una vera e propria tautologia basata su un sofisma, o meglio, su un inganno, perché il Concilio, nonostante l’imboscata dei progressisti, non aveva mai affermato ciò che essi pretendevano (un esempio per tutti: non aveva mai affermato che si deve abolire il latino dalla liturgia) e non aveva affatto convalidato né la “scuola delle forme”, né la stessa “svolta antropologica”. La quale ultima, come vedrebbe anche un bambino, era, ed è, una contraddizione in termini: perché sostituire alla “vecchia” antropologia teologica una nuovateologia antropologica significa uccidere la teologia, né più, né meno: cioè portare l’annuncio trascendente di Dio all’uomo al livello di un “incontro” in cui l’attore principale non è più Dio, ma l’uomo.
Non bisogna credere che la maggioranza dei Padri conciliari cooperasse a questo agguato; anzi, è pressoché certo che molti di loro, in buona fede, non si accorsero nemmeno di quel che stava accadendo dietro le quinte. Essi, forniti di una sana cultura teologica, non afferrarono che quel concilio, essendo dichiaratamente pastorale e non dogmatico, li avrebbe spiazzati e colpiti, per così dire, alle spalle: che si sarebbe servito, cioè, di una serie d’innovazioni pastorali e liturgiche, presentate non come “rottura” ma come “attuazione” della perennità della Rivelazione, per scalzare il substrato teologico del cattolicesimo e per introdurre nella Chiesa, di soppiatto, un vero e proprio rovesciamento della prospettiva teologica. Quel che i progressisti si proponevano, era di sottrarre la Rivelazione al Magistero ecclesiastico e di consegnarla ai teologi e ai vescovi novatori, ossia a se stessi: ciò che sta puntualmente accadendo coi vari Enzo Bianchi, Walter Kasper, Reinhard Marx…
Il Concilio Vaticano II è stato il frutto d’un agguato dei modernisti alla Chiesa
di Francesco Lamendola
http://www.ilcorrieredelleregioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=9095:lagguato-alla-chiesa&catid=70:chiesa-cattolica&Itemid=96
martedì 5 luglio 2016
i due chiodi fissi del gesuitismo gesuitante gesuitico
Molti anni fa facevo notare agli amici che i gesuiti preferivano inginocchiarsi non davanti all'Eucarestia, ma davanti a Lutero e all'omosessualità.
E gli amici infuriati rispondevano: nooo, ma cosa dici mai, nooo, sei sempre il solito criticone, nooo, ma a te non garba mai nulla, nooo....
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/07/01/quando-bergoglio-diceva-no-allintercomunione-tra-protestanti-e-cattolici/
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/papa-francesco-bacchetta-chiesa-deve-chiedere-scusa-ai-gay-1276259.html
Naturalmente il mondo gay non vede l'ora di approfittarne:
http://www.lafedequotidiana.it/franco-grillini-sui-gay-papa-francesco-e-incoerente/
Non cliccate qui sotto!!
http://www.maurizioblondet.it/la-chiesa-si-deve-scusare/
E gli amici infuriati rispondevano: nooo, ma cosa dici mai, nooo, sei sempre il solito criticone, nooo, ma a te non garba mai nulla, nooo....
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