Ti adoro, mio Dio, e Ti amo con tutto il cuore …
Adorazione, amore e ringraziamento. Ecco, tre parole (tre atteggiamenti) importantissime, ma due delle quali poco citate (e applicate), se non ignorate, nelle liturgie domenicali nelle nostre chiese.
di Giovanni Lugaresi
“Ti adoro, mio Dio, e Ti amo con tutto il cuore, Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano…”.
Così, in altri tempi, fin da bambini, ci insegnavano a pregare, mattina e sera, con la variante (ovvia), che al mattino si offrivano al Signore le azioni della giornata chiedendogli che venissero fatte tutte secondo “la Tua santa volontà, per la maggior Tua gloria…”, mentre alla sera si chiedeva “perdono del male oggi commesso…”.
Non sappiamo se, in famiglia questa preghiera ai bambini venga insegnata e fatta recitare, o se i sacerdoti, i parroci (certi sacerdoti, certi parroci!), a loro volta se ne ricordino – gente che quando vai a confessarti non ti rivolgono più nemmeno il “classico” Sia lodato Gesù Cristo!
Chi scrive, questa preghiera appresa nell’infanzia ancora la recita quotidianamente: sera e mattina, e trova che è stupendamente articolata, per così dire, fin dall’inizio, laddove cioè, rivolgendoci a Nostro Signore, si parla di adorazione, amore e ringraziamento.
Ecco, tre parole (tre atteggiamenti) importantissime, ma due delle quali poco citate (e applicate), se non ignorate, nelle liturgie domenicali nelle nostre chiese.
Sono: adorazione e ringraziamento.
Ma quale adorazione, se intanto si incomincia, da parte del sacerdote, voltando le spalle a Dio (e magari tenendo il telefono cellulare acceso in tasca, sì che capita che suoni durante il rito – è accaduto in una chiesa di Padova)? Poi si prosegue inginocchiandosi il meno possibile, e, per converso, stando molto seduti – celebrante compreso? Infine, da parte dei fedeli, andando a ricevere l’ostia consacrata, nella quale Nostro Signore è presente in corpo, sangue, anima e divinità, restando in piedi?
Quanto al ringraziamento, rendere grazia di che, di che cosa? Se abbiamo ormai soltanto diritti e per molti esiste soltanto il diritto del tutto ci è dovuto?
Ci dimentichiamo (certi preti per primi) dei diritti di Dio, che non appare più al centro delle liturgie, e al centro della vita del cosiddetto “popolo di Dio”, perché è stato spodestato, innanzitutto dai nuovi altari che sono semplici tavole da buffet self service, poi dalle liturgie stesse, che celebrano a volte la vanità del prete o rendono protagonisti i presenti…
Ma il Protagonista non dovrebbe essere Lui?
Che cosa si aspetta a reintegrarlo, per così dire, nella Sua gloria, al centro di tutto, e a rendergli quella adorazione che tanti (troppi) rendono al mondo, alle sue cose, ai suoi idoli?
Che cosa ci starebbe a fare, altrimenti, la Chiesa Cattolica, se non per insegnarci innanzitutto ad adorare, glorificare, ringraziare Nostro Signore?
Tanto varrebbe ognuno si facesse la sua religione, colloquiasse col suo dio personale, tanto poi la salvezza verrebbe comunque…
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PS. Tenuto conto dei “diritti di Dio”, vengono i nostri, ma dopo, molto dopo! E fra quelli che noi vecchi cattolici pretendiamo (sì, pretendiamo), c’è il rispetto del rituale, delle regole, che ci sono, eccome, anche nel Novus Ordo, e che vengono disattesi sia nelle messe, sia nelle celebrazioni di matrimoni e funerali, eccetera. Basta dunque con i pistolotti vari all’inizio, a metà, alla fine delle liturgie, basta con gli applausi in chiesa, basta con le “aggiunte” e/o le omissioni.
E, considerando che il vetus ordo non è mai stato abolito, perché in ogni chiesa cattedrale e nei santuari non viene celebrata una (diciamo una) messa festiva nel rito antico? – senza bisogno che ci siano richieste specifiche da parte di gruppi o associazioni.
La risposta a lorsignori, anzi, monsignori!
Aboliti i peccati....non c'è bisogno di enunciarli...rischiamo di ritrovarci tutti al calduccio all'inferno!Signore aiutaci salvaci!
RispondiEliminaIl mio vecchio parroco recitava questa preghiera ogni sera insieme al popolo a conclusione della S. Messa... e io anche oggi, da frate minore, non mi addormento prima di essermi rivolto al Signore con queste parole... (P. S.: ho trent'anni, non novanta...)
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