“No, non è il momento di parlare loro di Dio…” così più o meno (cito a memoria) ho sentito per radio preti, frati e un vescovo che “davano conforto” a terremotati, a quelli che ad Amatrice hanno perso i familiari, o anche solo la casa, la roba e l’auto. Il tono, fra timoroso e depresso, faceva capire perché: i sopravvissuti gli si erano rivoltati contro. I bravi religiosi avevano steso una mano e quelli glie l’avevano morsicata, rabbiosi; pieni di rabbia contro Dio, ovvio.
Ahimé, la cosa è comprensibile. Da cinquant’anni la Chiesa proclama un Dio ottimista e tutto bontà; un Dio che non castiga mai, al punto che anche l’inferno è vuoto, e guai se provate a dire che malattie, guerre, sciagure possono essere “punizioni e avvertimenti”; un Dio progressista e benefico; la Messa non è più “sacrificio della croce” ma “cena pasquale”, non evoca la morte giudiziaria nel supplizio, ma la resurrezione. Dal Concilio, la Chiesa ha assicurato che non è l’uomo nato per servire Dio, ma il contrario: Dio è al servizio dell’uomo : “La sola creatura che Dio ha amato per sé stessa”, canta la Gaudium et Spes: “tutti i beni della terra debbono ordinarsi in funzione dell’uomo, centro e vertice di tutti questi”, che “è stato costituito signore della intera creazione visibile per governarla e usarla glorificando Dio”.
Poi arriva il terremoto, muoiono trecento familiari ed amici, bambini e nonnette, e tu scopri, povero frate o prete, che i sopravvissuti non vogliono “le consolazioni della fede” (quali poi?), ma una cosa precisa: sapere perché Dio, tutto misericordia e onnipotenza, non ha salvato gli amici e i parenti, o la Fiat Punto schiacciata dal pietrisco, o le persone morte sotto le solette di cemento armato usate come tetti. Altrimenti vada al d–, lui e il suo Dio, questa non gliela perdoniamo! Ma quali preghiere!
Spero si siano resi conto, frati e suore e qualche bravo vescovo che hanno avuto la mano addentata da questi (chiamiamoli) fedeli, della triste realtà: che quello che provano a predicare dal Concilio in poi, il Dio al servizio dell’uomo “centro cima, creatore e governante della creazione” è un falso Dio. Che può funzionare più o meno nelle giornate della gioventù, nei raduni festosi e le domeniche in piazza san Pietro (più o meno), ma non ha nulla da dire a chi ha perso le figlie sotto le macerie; non ha la parola giusta per “spiegare” quel che è successo e succede da migliaia di anni all’uomo, il mistero della sofferenza inflitto da quella natura di cui sarebbe “il coronamento” e il signore. Il Signore è un altro, e si vede qui.
“perché soffrire, se è inutile?”
Terribile la condizione di una Chiesa ammutolita, morsicata dai ‘fedeli’. Terribile la condizione dei fedeli, degli uomini d’oggi davanti alla tragedia: subire una irrimediabile sofferenza senza motivo, di cui non ci si sa dar ragione, che si rigetta invece di accettarla, che non porta alcuna espiazione, è già un condizione molto simile all’inferno; se ci aggiungi le imprecazioni, la rabbia e le bestemmie, la somiglianza con la dannazione eterna diventa quasi identità.
Lo dico dopo aver letto il blog di Costanza Miriano, grande persona credente. Essa aveva lanciato una campagna di preghiere, fra gli amici credenti, perché raccomandassero al Padre le anime di coloro che, essendo morti nel sonno e senza il tempo di raccomandare le anime a Dio, avevano bisogno di questo aiuto.
Ebbene: il blog è stato investito da migliaia di “bestemmie” e “insulti surreali”; gente che “schiumando di rabbia e vomitando offese” le lanciava accuse più che irrazionali, deliranti psichiatriche. Per lo più sul tono del politicamente corretto: pregare per i morti “violava la privacy” dei morti medesimi; offendeva la loro autonomia e libertà (“come ti permetti, se loro non credevano?”), senza riflettere un attimo che un cadavere non ha più autonomia né libertà alcuna. Alcuni hanno minacciato di denunciarla, supponendo (non del tutto a torto) che qualche procuratore avrebbe aperto una pratica su questo intollerabile sopruso, consistente nel raccomandare a Gesù le anime di estranei, approfittando del fatto che “Non possono rifiutare” né difendersi (da che? Dalla salvezza eterna…). La Costanza segnala “tra i più arrabbiati diversi sedicenti cattolici”. Quelli suppongo che hanno “accolto in pieno la novità del Concilio”; ossia che l’uomo da Dio non deve aspettarsi che la gioia; perché infatti soffrire, se è inutile?
E’ la domanda che risuona nell’inferno.
Ma questa rabbia mi è ben nota: non posso affrontare il tema della religione e della sua necessità, senza suscitare (non nel mio sito, ma in altri che mi riprendono) la stessa canea di rabbiosi scherni, di derisioni, di odio – tutto in misura eccessiva, palesemente immotivata.
Sono interventi che mi dispiace non aver raccolto, per mostrare la loro demenzialità sbavante; sono esorcismi di povere anime perse, che con l’insulto e la derisione esorcizzano la paura che le anima: e se fosse vero? Se dovessi cambiar vita? Anime che non vogliono esser salvate, che non vogliono che si preghi per loro – un altro ingrediente dell’inferno.
Il punto è che questo ribollire di rabbia, odio e terrore, questo pandemonium di cui frati e preti hanno fatto esperienza andando tra “la gente comune” colpita da una sciagura, ci metterà poco a coagularsi in azione. Azione collettiva, di piazza, o legislativa. Tra quei miei lettori sbavanti c’è chi si è stupito: come mai al mio paese la chiesa è più grande del municipio (perché c’era da secoli prima…ma lui, ignorante come scarpa scalcagnata, sente questo come un sopruso – un sopruso contro la laicità secolarizzata, la modernità in cui vive come un insetto nel formaggio). Un altro, a proposito degli attentati-strage islamici, approfitta per ululare: “Bisogna vietare tutte le religioni! Sono la causa dell’intolleranza e delle guerre! Milioni di vittime dell’Inquisizione!”.
Prima o poi, più prima che poi, questo ululare e strillare diverrà atto legislativo; il parlamento lo approverà; magari sotto la pressione ‘popolare’ che avrà cominciato ad ammazzare suore e preti e a distruggere chiese.
Non voglio evocare qui il terzo segreto di Fatima, o le visioni di Cornacchiola. Mi par d’aver capito che quei preti ad Amatrice e dintorni abbiano sentito un pericolo sconosciuto, estremo.
“Voi siete il sale della terra; ma, se il sale diventa insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla, se non ad essere gettato via e calpestato dagli uomini”.
M’ero sempre domandato perché il sale insipido non bastava che fosse gettato via, ma sarebbe stato “calpestato dagli uomini”. Temo di averlo più chiaro.
http://www.maurizioblondet.it/quella-sinistra-rabbia-si-sente-ad-amatrice/
Storia di Emidio. Il santo che protegge dai terremoti
La storia di Emidio è singolare sotto diversi aspetti. Il futuro santo nasce nella Gallia Belgica, oggi Germania, a Treviri, come il più famoso Ambrogio. L’anno è il 273, quindi circa settant’anni prima di colui che diventerà vescovo di Milano. A differenza di Ambrogio, appartenente a una famiglia cristiana, Emidio nasce pagano e si converte al cristianesimo da giovane, grazie alla predicazione di Nazario e Celso, evangelizzatori delle Gallie e futuri santi: gli stessi Nazario e Celso dei quali Ambrogio troverà i corpi, nel 395, a Milano.
Nonostante l’opposizione della famiglia, Emidio si converte, è battezzato e deve vedersela con alcuni pagani che lo catturano e lo portano al tempio dedicato a Giove. Qui il giovane, anziché abiurare, tiene una solenne professione di fede alla quale segue un improvviso terremoto. I suoi persecutori fuggono ed Emidio decide di lasciare la sua patria. Parte per l’Italia e va, come farà Ambrogio, a Milano, la città che insieme a Treviri, Sirmio (nell’attuale Serbia) e Nicomedia (nell’attuale Turchia) fa parte della Tetrarchia, il sistema di governo imperiale a quattro capitali voluto da Diocleziano. A Milano Emidio riceve la consacrazione sacerdotale e si distingue per la sua predicazione. A causa delle persecuzioni scatenate dall’imperatore Diocleziano deve però fuggire e va a Roma, dove si rende protagonista di numerose guarigioni miracolose. Per questo il popolo lo porta sull’Isola Tiberina, dove sorge il tempio dedicato a Esculapio, il dio della medicina, e anche lì Emidio opera guarigioni miracolose. I romani, sorpresi e conquistati dai suoi prodigi, considerano quindi Emidio la reincarnazione di Esculapio e forse proprio per questa sua fama il papa lo nomina vescovo di Ascoli, in un periodo storico in cui la città e la sua regione sono ancora da evangelizzare. Prima di raggiungere la sua meta, Emidio si ferma all’Aquila, a Teramo e in altri centri che ricevono il Vangelo proprio da lui. Arrivato ad Ascoli, deve fare i conti con il prefetto romano, Polimio, che gli vieta di predicare il Vangelo, ma lui ignora l’ordine e anzi, come a Roma, non solo predica, ma guarisce numerosi malati. Anche il prefetto lo ritiene la reincarnazione di Esculapio, così gli ordina di offrire sacrifici agli dei e gli promette in sposa la figlia, ma il futuro santo rifiuta e anzi converte e battezza la giovane donna nelle acque del fiume Tronto (il padre ordinerà alla ragazza di rinunciare alla fede e lei preferirà uccidersi lanciandosi in un burrone). Per Emidio, inevitabile, arriva la condanna a morte per decapitazione. Questa viene eseguita nell’anno 303, o 309, ed è a sua volta singolare perché la leggenda narra che Emidio, dopo essere stato decapitato, non muore subito ma, raccolta la sua testa, cammina per circa trecento passi fino a raggiungere il monte sul quale aveva fatto costruire un luogo di preghiera.
Questi santi che, dopo la decapitazione, trasportano la loro testa sono detti cefalofori (dal greco: trasportatori di testa) e, a quanto risulta, non sono rari. Lo stesso Giovanni Battista, secondo alcuni, lo sarebbe stato, così come san Miniato, il nobile armeno decapitato a Firenze, santa Caterina di Alessandria e san Dionigi (Denis), primo vescovo di Parigi.
La decapitazione era riservata a coloro che avevano meritato la morte per speciali qualità intellettuali, per la predicazione, per l’intelligenza. Era un modo per annientare del tutto quelle virtù, ma i cefalofori, trasportando la propria testa fino al luogo scelto per la sepoltura, mettevano in atto un’estrema forma di resistenza e avevano, di fatto, l’ultima parola.
Torniamo comunque a Emidio. Come e perché diventa il santo protettore contro i terremoti?
Stando a quanto hanno ricostruito gli studiosi, questa qualità gli viene riconosciuta molti secoli dopo la sua morte, nel 1703. Quell’anno, nei mesi di gennaio e febbraio, l’Italia centrale è funestata da una serie di terremoti devastanti, che colpiscono in particolare Norcia, Amatrice e l’Aquila, ma Ascoli ne viene preservata: gli edifici infatti, nonostante la violenza delle scosse, subiscono danni piuttosto lievi. Inoltre gli ascolani che, per diverse ragioni, si trovano nei luoghi più colpiti, si salvano. Il merito di un fatto tanto sensazionale è subito attribuito al patrono della città e così nasce un culto che sarà sempre più diffuso e prenderà il posto di altri. Pare infatti che in precedenza, contro i terremoti e i loro effetti, gli italiani invocassero soprattutto san Filippo Neri e due spagnoli: il gesuita Francesco Borgia e il missionario Francesco Solano (che predisse un terremoto mentre si trovava in Sudamerica)
Nel 1703 nasce quindi una devozione che rapidamente si diffonde in Italia ma anche all’estero, tanto che oggi si trovano tracce del culto di sant’Emidio in varie parti d’Europa, nelle Americhe, in Asia e anche in Oceania. L’associazione Sant’Emidio nel mondo, con sede ad Ascoli, tiene una mappa aggiornata, dalla quale risulta che la devozione nei confronti del santo è diffusa in tutte le regioni italiane. In cima alla classifica, per numero di luoghi di culto, si trovano le Marche, l’Abruzzo, il Molise, l’Umbria, il Lazio, la Campania, la Puglia, ma Emidio è ricordato e venerato anche là dove meno ce lo aspetteremmo, come in Piemonte, Lombardia e Veneto. Quanto all’estero, tracce del santo si trovano un po’ ovunque, da Cracovia a Malta, dalla Spagna (con ben trentasei località) al Portogallo, ma arrivano fino agli Stati Uniti (in particolare a San Francisco, altra area segnata dal rischio terremoti), al Salvador, al Venezuela, e poi ecco le Filippine e perfino il Kenya e la Nuova Zelanda.
I membri dell’associazione, come detective, chiedono a tutti di segnalare la presenza del culto di sant’Emidio, così da allargare un quadro già sorprendente. Intanto ricordano che la bella preghiera da rivolgere al santo, le cui spoglie riposano ad Ascoli nella cripta del duomo a lui dedicato, è la seguente: «Sant’Emidio, apostolo e martire della fede, accogli benigno la preghiera che fiduciosi ti rivolgiamo. Intercedi per noi presso il Signore affinché, a tua imitazione, la nostra fede, vivificata dalle opere, sia testimonianza di filiale amore a Dio e di fraterna carità per il prossimo. Spronàti dal tuo esempio, promettiamo di vivere col cuore staccato dai beni della terra e disposti a sacrificare tutto pur di restare fedeli a Dio e alla Chiesa. Estendi su di noi, sulle nostre famiglie e sulla nostra città e diocesi la tua protezione affinché, preservati dal terremoto e da ogni altro flagello, possiamo trascorrere una vita quieta e tranquilla, tutta intesa a dare gloria a Dio e a rendere più sicura la salvezza delle nostre anime».
Aldo Maria Valli
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