ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 21 agosto 2016

I due segni che annunciano gli ultimi tempi

GUAI AI PASTORI DI SE STESSI

    Guai ai pastori che si sono dimostrati pastori di se stessi! Gli errori teologici spacciati per verità minano alla base la fede e colpiscono al cuore il bene delle anime cioè la speranza nella vita eterna, ricordiamone i principali 
di F.Lamendola  




Nella Bibbia, per un cristiano, c’è tutto; e c’è molto, moltissimo, già nel Vecchio Testamento, sebbene esso non sia che la preparazione del Nuovo, e in esso lo Spirito Santo parli attraverso la voce dei Profeti, ma solo in preparazione all’evento centrale di tutta la storia, terrena e ultraterrena: l’Incarnazione del Verbo e l’inizio della Redenzione per tutto il genere umano, anzi, come dice San Paolo, per l’universo intero (Romani, 8, 19-23):

La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità – non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa – e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino a oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.

Nella Bibbia c’è anche l’annuncio, nel Libro dell’Apocalisse, della grande prova finale cui saranno sottoposti i credenti e la Chiesa, dove si parla delle cose ultime che concluderanno le vicende della storia umana, e dove si preannuncia l’avvento di una nuova creazione: di un cielo nuovo e di una terra nuova; ma non prima che abbia avuto luogo l’estremo combattimento, al termine del quale vi sarà il grande e inappellabile Giudizio (20, 7-10):

Una volta compiuti i mille anni, Satana sarà lasciato libero dal carcere e uscirà ad ingannare le genti dei quattro angoli della terra, cioè Gog e Magog, convocandoli per la guerra; il loro numero uguaglia l’arena del mare. saliti sull’altipiano della terra presero d’assalto l’accampamento dei santi e la città diletta. Ma scese dal cielo da parte di Dio un fuoco che li divorò. Il Diavolo, loro seduttore, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, proprio dove si trovano la bestia e lo pseudo-profeta: saranno tormentati giorno e notte, nei secoli dei secoli.

Ebbene: per quanto questo libro tremendo parli a noi per mezzo di un linguaggio misterioso e fortemente allegorico, una cosa emerge con una certa chiarezza, e cioè che i seguaci del Diavolo e dell’Anticristo saranno, sostanzialmente, degli illusi, ingannati e sedotti dalla astuzia infernale di costoro; pertanto, è legittimo immaginare che non si presenteranno come nemici dichiarati di Cristo e della Chiesa, non lotteranno apertamente contro di essa, ma troveranno il odo di accreditarsi, almeno in un primo momento, come i veri rappresentanti della Parola di Dio.
Ancora più esplicito, san Paolo, nella Seconda lettera ai Tessalonicesi, parla apertamente di una grande apostasia, che colpirà proprio i cristiani e che avverrà simultaneamente alla comparsa di un “iniquo” (l’Anticristo?), per mezzo del quale verrà posta al vaglio la fede e sarà operata una scriminatura fra i veri credenti e quelli che cadranno a capofitto nell’errore, perdendosi e dannandosi per sempre (con buona pace dei teologi buonisti che non vogliono nemmeno sentir parlare dell’eternità dell’Inferno, anzi, che non vorrebbero nemmeno sentir parlare dell’Inferno; del quale, infatti, essi per primi non parlano mai, come se fosse cosa decisamente archiviata e degna di un’epoca ignorante e superstiziosa, come lo fu il Medioevo).
Ecco le parole con cui san Paolo esprime questo concetto (2 Tess., 2, 1-12):

Vi preghiamo, fratelli, quanto alla venuta del Signore nostro Gesù e la nostra riunione con lui, a non agitarvi facilmente nel vostro animo, a non spaventarvi né da oracoli dello Spirito, né da parola o da lettera come spedita da noi, quasi che il giorno del Signore sia imminente. Nessuno vi inganno in alcun modo. Infatti, se prima non viene l’apostasia e non si rivela l’uomo dell’iniquità, il figlio della perdizione, colui che si oppone e si innalza su tutto ciò che è chiamato Dio o che è oggetto di culto, fino a sedersi egli stesso nel tempio di Dio, dichiarando se stesso Dio…
Non vi ricordate che, essendo ancora in mezzo a voi, vi dicevo queste cose? E ora sapete ciò che lo trattiene, in modo che si manifesti nell’ora sua. Infatti il mistero dell’iniquità è già in atto: c’è solo da attendere che chi lo trattiene sia tolto di mezzo. Allora si manifesterà l’iniquo, che il Signore Gesù distruggerà con il soffio della sua bocca e annienterà con la manifestazione della sua parusia. La parusia dell’iniquo avviene per opera di Satana, con ogni genere di potenza, con miracoli e prodigi di menzogna, con tutte le seduzioni dell’iniquità per quelli che si perdono, perché on hanno accolto  l’amore della verità per essere salvi.  Ecco perché Dio manda ad essi una forza di errore,  perché credano alla menzogna, affinché siano condannati  tutti quelli che non hanno creduto alla verità ma si sono compiaciuti dell’ingiustizia.

Apostasia e rivelazione dell’uomo dell’iniquità sono, dunque, i due segni che annunciano gli ultimi tempi; il mistero dell’iniquità, tuttavia, è già in atto: questo vuol dire che gli ultimi tempi sono incominciati fin dall’indomani della venuta di Cristo, che il Diavolo non ha mai cessato di ordire i suoi intrighi per confondere e ingannare l’umanità redenta da Cristo, e che l’atto finale della storia vedrà una prova suprema cui sarà sottoposta la Chiesa stessa, a cominciare dai suoi pastori, soggetti, come gli altri, alla possibilità di essere ingannati, ma non senza loro colpa, perché il Diavolo riesce a sedurre solo coloro i quali, in cuor loro, hanno già deciso di allontanarsi da Dio e di tradire la Verità che è stata annunciata per tutti.
Secondo alcune rivelazioni private, prima fra tutte quella di Fatima ai tre pastorelli, e custodita da suor Lucia, la grande apostasia di cui parla san Paolo colpirà appunto i vertici della Chiesa e sarà per questo tanto più pericolosa: perché, ingannati dai pastori infedeli, molti cristiani lasceranno la via della Verità e si faranno traviare da falsi insegnamenti e da dottrine menzognere, spacciate, però, come autentiche e sante. E alcuni sospettano che sia proprio questo particolare sconcertante ad aver fatto sì che tanti ostacoli venissero frapposti alla diffusione del terzo segreto di Fatima, dietro il quale se ne celerebbe un quarto, mai però ufficialmente ammesso dalla Chiesa.
Ci si chiede come sia possibile che i pastori del gregge, invece di custodire le pecorelle loro affidate e proteggerle contro i pericoli, si trasformino, proprio essi, in lupi rapaci, o in mercenari distratti ed egoisti, preoccupati solo di sé stessi e del loro salario, ossia delle loro comodità e dei loro vantaggi. Eppure, specialmente in questi ultimi tempi, abbiamo visto davvero le cose più tristi: ad esempio un sacerdote e teologo, fra i più stimati in Vaticano, Krzysztof Charamsa, dichiarare in una pubblica intervista, convocata alla vigilia del Sinodo sulla Famiglia, la propria omosessualità, della quale si è detto fiero e orgoglioso, presentando a tutti il proprio “compagno” e scambiando con lui gesti di effusione affettiva, come si fa tra giovani fidanzati: e questo – ripetiamo - è solo un esempio. Ancor più gravi, secondo noi, sono gli esempi negativi di quei pastori che smentiscono le verità stesse della Rivelazione cristiana, ma che lo fanno con diabolica astuzia, ossia non in modo plateale e ed esplicito, ma subdolamente e artatamente, modificando un po’ qua e un po’ là, la dottrina cattolica, e arrivando al punto di corromperla e capovolgerla, con somma perizia e con tortuosa gradualità, fino a quando arrivano a proclamare un vangelo che non è più il Vangelo di Gesù, una rivelazione che non è più la Rivelazione di Gesù, una chiesa che non ha più nulla a che fare con la Chiesa dei santi di Gesù, per la cui purezza, e perché rimanesse fedele a Dio, tanti martiri hanno lottato strenuamente, affrontato immani sacrifici e, in molti casi, sacrificato la vita stessa.
È scritto nel Libro di Ezechiele (34, 1-31):

Mi giunse la parola del Signore: “Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele che si sono dimostrati pastori di se stessi. I pastori non pascolano forse le pecore? Voi invece con il latte vi cibate, con la lana vi vestite, la pecora grassa l’uccidete. Voi non pascolate le pecore! Non avete ridato forza alle indebolite, non avete guarito le malate, non avete fasciato quelle che si sono fratturate e non avete richiamato quelle che si sono allontanate, non avete cercato quelle perdute, le avete oppresse con la forza e la brutalità. Si sono disperse quindi per mancanza di pastore e sono diventate pasto d’ogni animale della campagna. Le mie pecore sono disperse e vagano per tutti i monti e i colli elevati; le mie pecore si sono disperse su tutta la faccia della terra e non ci fu chi indagasse, chi le andasse a cercare. Perciò, o pastori, ascoltate la parola del Signore. Per la mia vita, oracolo di Dio, mio Signore, le mie pecore sono divenute bottino, sono state in pasto a tutti gi animali della campagna per mancanza di pastore! I mie pastori non sono andati a cercare le mie pecore; i pastori hanno pascolato se stessi ma le mie pecore non le hanno pascolate. Perciò, o pastori, ascoltate la parola del Signore: così dice Dio, mio Signore: Eccomi contro i pastori! Chiederò loro conto delle mie pecore e li farò smettere di pascolare le pecore; quei pastori non le pascoleranno più e farò scampare le mie pecore dalla loro bocca, onde non siano più in pasto a loro. Sì, così dice Dio, mio Signore: Ecco, io stesso andrò in cerca delle mie pecore e le passerò in rassegna. Com’è l’ispezione del gregge da parte del pastore,  quando è in mezzo alle sue pecore che si sono disperse, così passerò in rassegna le mie pecore e le trarrò in salvo da ogni luogo dove furono disseminate in giorni nuvolosi e tenebrosi. Le farò uscire di tra i popoli, le radunerò dai vari paesi, le condurrò alla loro terra, le farò pascolare sui monti d’Israele, nelle gole e n tutti i luoghi abitati del paese. In ottimi pascoli le pascolerò, i loro stazzi saranno sui monti alti d’Israele, là se ne staranno, in un buon stazzo, e pascoleranno in pascoli grassi sui monti d’Israele. Sarò io a condurre al pascolo le mie pecore e a radunarle, oracolo di Dio, mio Signore. Quella che s’è perduta andrò a cercare, quella che s’è allontanata la farò tornare, quella che s’è fratturata la fascerò, quella ammalata la farò ristabilire; veglierò sulla grassa e sulla robusta. Le pascolerò come si deve.
Quanto a voi, mie pecore, così dice Dio, mio Signore: Badate! Giudicherò pecore a pecora,tra montoni e capri. Vi sembra poco pascolare nel buon pascolo e poi pestare cin i piedi il rimanente del vostro pascolo, bere alle acque limpide e poi quel che rimane intorbidarlo con le zampe? Le mie pecore, così, devono pascolare ciò che le vostre zampe hanno pestato e bere ciò che i vostri piedi hanno intorbidito. Perciò così dice Dio, mio Signore, a loro riguardo: Badate! Giudicherò tra pecora grassa e pecora magra. Poiché date spintoni col fianco e col dorso e ferite con  le cornate tutte quelle deboli fino a disperderle per la strada, io salverò le mie pecore; non saranno più un bottino e giudicherò tra una pecora e l’altra.
Farò spargere per loro finalmente un pastore che le pascolerà: il mio servo Davide. Egli sì che le pascolerà; egli sarà il loro pastore! E io, il Signore, sarò il loro Dio e il mio servo Davide sarà principe in mezzo a loro; io, il Signore, ho parlato. Stipulerò con esse un patto di pace e farò sparire le bestie cattive dalla terra. Abiteranno al sicuro persino nel deserto,  potranno dormire anche nelle foreste.  Darò la benedizione a loro, tutt’attorno al mio colle, e farò scendere a suo tempo le mie piogge;  saranno piogge benedette. Gli alberi della campagna daranno il loro frutto, la terra produrrà i suoi prodotti; staranno al sicuro nella loro terra e riconosceranno che io sono il Signore, quando romperò le verghe del loro giogo e le farò scampare dalla mani di quelli che le tiranneggiano. Non saranno più bottino delle genti, non le mangeranno più le bestie della terra. Abiteranno al sicuro nella terra senza che nessuno le faccia più tremare. Farò sorgere per loro una piantagione rinomata, non saranno più prese dalla fame nel paese, non porteranno più l’onta delle genti. Riconosceranno che io sono il Signore, loro Dio, vicino a loro, ed essi saranno il mio popolo, la casa d’Israele. Oracolo di Dio, mio Signore. Voi siete le mie pecore, le pecore del mio pascolo, ed io il Signore, vostro Dio! Oracolo di Dio, mio Signore.

Dicevamo che, nella Bibbia, c’è tutto; ebbene, in questo passo del profeta Ezechiele è descritto quel che accade quando i pastori divengono infedeli a Dio, e come ciò possa accadere. In questo senso, lo si può leggere anche come un libro di estrema attualità, perché quel che dice si adatta benissimo a ciò che, purtroppo, vediamo verificarsi, sempre più spesso, nella Chiesa di Cristo, e proprio fra i sacerdoti e ancora più in alto, fra i vescovi e i cardinali, cioè fra coloro i quali dovrebbero indicare la strada al gregge, dovrebbero proteggere e riunire le pecore, e dovrebbero affrontare qualunque rischio e qualsiasi fatica, pur di restare fedeli al mandato divino ricevuto con il sacramento dell’Ordine sacro.
Una sola spiegazione ci sembra possibile, per la maggioranza dei casi in cui i pastori tradiscono la promessa e si fanno annunciatori di dottrine menzognere, che falsificano in maniera sacrilega la sola, perenne dottrina della Chiesa: la perdita della fede, non accompagnata dall’onestà intellettuale di prenderne atto e di trarne le dovute conseguenze. Sempre san Paolo, nella Lettera ai Romani, in un brano famoso, tratteggiato con superba maestria, descrive lo stato miserevole di abbrutimento in cui cadono gli uomini, allorché, pur avendo visto e riconosciuto la verità, la tradiscono e negano a Dio di rendergli l’onore dovuto. In un certo senso, tutti i peccati dell’umanità sono riconducibili a questo peccato iniziale, che è, essenzialmente, un peccato di superbia intellettuale: il rifiuto di adorare Dio come Signore supremo, e la pretesa blasfema di auto-divinizzarsi.  Il rifiuto di adorare Dio genera ogni sorta di confusione e, di conseguenza, ogni genere di vizio.
Che cosa avrebbe dovuto fare, poniamo, un sacerdote come Charamsa, se non gettarsi in ginocchio davanti al Crocifisso e chiedergli di aiutarlo nella sua poca fede? Oppure, se non se la sentiva più di vivere nella maniera prescritta dalla morale cattolica, avrebbe potuto prendersi, come si dice, una pausa di riflessione: confidarsi con un confessore, andare in ritiro o, al limite, chiedere la riduzione allo stato laicale. Il tutto con discrezione, con riserbo, con pudore e con rispetto per il pudore altrui. Egli ha fatto esattamente il contrario: non solo ha messo in piazza la sua convivenza omosessuale, ma lo ha fatto scavalcando i suoi superiori e la Chiesa, di cui faceva parte e alla quale aveva promesso, solennemente, castità e obbedienza, oltre che povertà: si è rivolto ai giornali, poi ha scritto anche un libro, e con tono di accusa ha puntato il dito contro la Chiesa, le ha rimproverato la sua grettezza, la sua ottusità, e ha preteso che essa riformuli la sua dottrina morale, in modo da soddisfare il suo particolare bisogno. Ecco, lo scandalo peggiore è questo: pastori che cadono ve ne sono sempre stati, e sempre ve ne saranno, perché sono, anch’essi, degli uomini, e la carne è debole, se non ci si tiene strettamente uniti a Cristo; ma pastori che pretendono di rovesciare la dottrina e di stravolgere sia la Scrittura che la Tradizione (nelle quali, entrambe, la presa di posizione sul peccato contro natura è sempre stata chiarissima), e questo a loro uso e consumo; pastori che pretendono di trasformare il vizio in virtù, di ribattezzare come giusto e santo ciò che è ingiusto e sbagliato: pastori animati da una protervia e da una improntitudine così infernali, non se ne erano visti, se  non in particolarissimi momenti storici e in settori limitati della Chiesa.
Oggi, purtroppo, la cosa sta assumendo proporzioni generalizzate; e, ripetiamo, il danno più grave viene proprio sul piano della dottrina. I cattivi comportamenti, infatti, turbano i fedeli, ma lasciano salde le anime nelle verità di fede; mentre gli errori teologici, spacciati per verità, minano alla base la fede stessa, la pervertono, la annullano: essi colpiscono al cuore il bene delle anime, cioè la speranza nella vita eterna. Davvero, solo una malizia veramente diabolica, superiore all’umana, può arrivare ad un tale livello di suprema raffinatezza. Ed è qui che si riconosce il marchio del Diavolo.
Di nuovo: si rilegga la Bibbia, e si troverà, predetta fedelmente, ogni cosa. Anche il fatto che i figli della perdizione si lasciano volonterosamente marchiare dall’Anticristo (Apocalisse, 13, 13-18):

Faceva prodigi strabilianti, al punto da far discendere dal cielo sulla terra il fuoco, e ciò sotto gli occhi degli uomini. Così traeva in inganno gli abitanti della terra con i portenti che aveva il potere di fare a servizio della bestia; spingeva i fatti gli abitanti della terra ad erigere un’immagine della bestia che aveva ricevuto la ferita della spada e poi aveva ripreso vita. Quindi fu dato ad essa di infondere lo spirito al simulacro della bestia in modo che questa potesse parlare. Quanti non avessero voluto adorare l’immagine della bestia ordinava che fossero uccisi. S’adoperava, inoltre, che a tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, fosse impresso sulla loro mano destra o sulla fronte un marchio, in modo che nessuno potesse comprare o vendere all’infuori di coloro che portavano il marchio, cioè il nome della bestia, o il numero del suo nome.
Qui sta la sapienza. Chi ha mente computi il numero della bestia; è un numero d’uomo. Il suo numero è seicentosessantasei.

Gli errori teologici, sempre più gravi, ed insegnati con sempre maggiore insistenza, da parte di certi sedicenti teologi cattolici, e propagati da certi pastori infedeli, sono, se considerati nel loro aspetto centrale, facilmente riconoscibili; il problema è che essi vengono distribuiti in piccole dosi, in dosi omeopatiche, e che ciò avviene da circa mezzo secolo, a partire dal Concilio Vaticano II, per cui molti cristiani stentano a riconoscerli per ciò che effettivamente sono.

Ricordiamo i principali:

1) la graduale sostituzione del principio d’immanenza al principio della trascendenza (riducendo in tal modo la figura di Gesù Cristo a quella di un semplice “maestro di giustizia”);
2) la graduale sostituzione di una “morale della situazione”, che valuta le cose volta per volta, alla morale perenne e immodificabile, scaturente dal Vangelo;
3) l’abbandono, sempre graduale, del concetto di Creazione, di Peccato, di Grazia, di Redenzione, e perfino dell’Incarnazione, a vantaggio di una prospettiva antropocentrica;
4) la separazione arbitraria della misericordia divina dalla giustizia di Dio, come se la prima  potesse o dovesse “prevalere” sulla seconda: quasi che si trattasse, appunto, di due realtà distinte;
5) il silenzio – un silenzio assordante – sui Novissimi: morte, giudizio, inferno e paradiso; come se, per il cristiano, la vita terrena fosse l’unico orizzonte di fede (ma fede in che cosa, giunti a quel punto?);
6) l’indifferenza o, addirittura, la negazione di un principio del Male;
7) lo scarso interesse, o addirittura il fastidio, nei confronti del culto dei Santi, degli Angeli e della Madonna, con relativo disuso del Rosario e delle altre forme di pietà e devozione mariana;
8) l’indifferentismo religioso mascherato, più o meno abilmente, da “pluralismo” e da “ecumenismo”, in dispregio delle parole di Gesù:Io sono la Via, la Verità e la Vita;
9) il silenzio o l’insofferenza nei confronti dei miracoli e, in genere, del soprannaturale;
10) il silenzio o l’insofferenza nei confronti della coerenza di vita e dello stile cristiano, a vantaggio di stili e comportamenti i quali, con la scusa del “dialogo col mondo”, contraddicono platealmente la dottrina cristiana (divorzio, aborto, eutanasia, eccetera).

Perciò, quando ascoltiamo i discorsi di certi pastori, o leggiamo i libri di certi teologi, dobbiamo fare attenzione. Se compaiono queste caratteristiche, sia pure abilmente mascherate, allora è possibile che ci troviamo in presenza di esponenti della grande apostasia. Non era così, fino a un paio di generazioni fa: i pastori potevano anche dare, purtroppo, il cattivo esempio sul piano del comportamento, mai però su quello della dottrina; anche perché, se ciò avveniva (ma era cosa rarissima), un pronto intervento del Magistero e dell’Autorità ecclesiastica rimetteva le cose al loro posto. Ora non è più così, e ogni singolo fedele deve stare in guardia. Deve tenere accesa la sua lampada nella notte, perché non sappiamo quando giungerà lo sposo; ma sappiamo che giungerà, e che giungerà all’improvviso: preghiamo, dunque, affinché la Sua venuta ci trovi con le lucerne pronte a fare luce, e possiamo così riconoscerlo.

Francesco Lamendola

Guai ai pastori che si sono dimostrati pastori di se stessi!

di Francesco Lamendola

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