Wwf: da Papa Francesco parole straordinarie, quasi un undicesimo comandamento
I monaci di Bose: «Animali, alberi e fiori sono maestri»
[2 settembre 2016]
Oggi L’Osservatore Romano titola “L’ottava opera di misericordia”, l’articolo con il quale riassume ilmessaggio di Papa Francesco per la giornata mondiale di preghiera per la cura del creato e spiega: «Alle tradizionali opere di misericordia corporali e spirituali, Papa Francesco ne ha aggiunta un’altra: “la cura della casa comune”. Lo ha fatto nel messaggio per la giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, celebrata il 1° settembre. Raccogliendo i punti fondamentali dell’enciclica Laudato si’, il Pontefice ha rivolto un pressante invito a “ogni persona che abita questo pianeta”, sollecitando tutti ad ascoltare “tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri” e a fare un serio esame di coscienza riguardo al nostro modo di vivere il mondo che abitiamo».
La Bianchi aggiunge che «dopo la profonda e poetica Enciclica Laudato Si’, il Papa chiarisce che il ruolo attivo nella salvaguardia della natura da parte dei cristiani non è né secondario né opzionale e nel messaggio di oggi dice esplicitamente che chi danneggia il Creato commette un vero e proprio peccato: questo ha grande rilevanza dal punto di vista morale per tutti, anche per i non credenti. Così come è importante il forte richiamo alla equità verso i poveri e alla giustizia intergenerazionale perché una natura sana è la base per il benessere di tutti. Di qui il richiamo agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile approvati dall’Onu lo scorso anno e all’Accordo di Parigi sul Clima, sui quali il Papa richiama i Governi al “dovere di rispettare gli impegni che si sono assunti” e le imprese a “fare responsabilmente la loro parte”. Ma esorta anche i cittadini alla mobilitazione per esigere che questo avvenga, “anzi che si miri a obiettivi sempre più ambiziosi”».
La presidente del Wwf Italia sottolinea che «il Santo Padre richiama all’impegno all’esercitare concretamente, tutti i giorni, un profondo rispetto per la natura ed un concreto impegno a salvaguardarla e tutelarla: è lo stesso impegno che il WWF, da anni, porta avanti in tutto il mondo sollecitando cittadini, imprese, istituzioni e governi a fare la propria parte – conclude la Bianchi -. Adesso le parole del Santo Padre devono trovare ascolto ed è compito di tutti far sì che il suo messaggio trovi attuazione nelle azioni quotidiane dei cittadini come dei governi per salvare il pianeta e con esso l’umanità”».
Ieri è stata l’intera Chiesa cattolica, insieme a quella Ortodossa che ha promosso la giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, a interrogarsi sui peccati che l’umanità ha commesso e commette contro l’ambiente. Durante i vespri nella basilica vaticana il predicatore della Casa Pontificia, Raniero Cantalamessa, ha sottolineato un aspetto che divide una parte del movimento ambientalista dalla concezione più antropocentrica della chiesa, ma lo ha declinato secondo il nuovo paradigma di Papa Francesco: «La sovranità dell’uomo sul cosmo non è trionfalismo di specie, ma assunzione di responsabilità verso i deboli, i poveri, gli indifesi».
Cantalamessa prende ad esempio San Francesco d’Assisi e spiega che «quello che commuove fino alle lacrime il Poverello a Natale non è l’unione delle nature o l’unità dell’ipostasi, ma è l’umiltà e la povertà del Figlio di Dio che «da ricco che era, si è fatto povero per noi» (cfr. 2 Corinzi, 8, 9). In lui amore per la povertà e amore per il creato andavano di pari passo e avevano una radice comune nella sua radicale rinuncia a voler possedere. Francesco appartiene a quella categoria di persone di cui san Paolo dice che “non hanno niente e posseggono tutto” (2 Corinzi, 6, 10). Se Francesco d’Assisi ha qualcosa da dire ancora oggi a proposito di ecologismo, è solo questo. Egli non prega “per” il creato, per la sua salvaguardia (a suo tempo non ce n’era ancora bisogno), prega “con” il creato, o “a causa del creato”, o ancora “a motivo del creato”. Sono tutte sfumature presenti nella preposizione “per” da lui usata: “Laudato si’, mi Signore, per frate sole, per sorella luna, per sorella madre terra”. Il suo cantico è tutto una dossologia e un inno di ringraziamento. Ma proprio da qui gli derivava quel rispetto straordinario verso ogni creatura per cui voleva che perfino alle erbe selvatiche fosse lasciato uno spazio per crescere».
Per il predicatore della Casa Pontificia, «Anche questo suo messaggio è stato raccolto dal Santo Padre nell’enciclica sull’ambiente. Essa inizia con la dossologia — «Laudato si’» — e termina significativamente con due distinte preghiere: una “per” il creato, e l’altra “con” il creato».
L’Osservatore Romano riporta anche l’omelia “Animali, alberi e fiori sono maestri” di Luciano Manicardi, monaco di Bose, che si rifà direttamente ai Vangeli e a Gesù quando dice: «Guardate attentamente gli uccelli del cielo», «considerate i gigli del campo», e altrove: «osservate i corvi», «guardate il fico e tutti gli alberi», «imparate dall’albero di fico».
Secondo il monaco di Bose, «Gesù osservava animali, piante e fiori e ne coglieva il magistero, sapeva imparare da essi, sapeva porsi alla loro scuola. Tanto che nelle sue parabole e nel suo parlare di Dio e del suo Regno ricorrono chiocce e pulcini, volpi e lupi, cammelli e asini, passeri e colombe, grani di senape e chicchi di grano, vigne e cardi, zizzania e frumento, e per designare sé e i suoi discepoli parla di vite e di tralci. Le parole di Gesù ci svelano che animali, alberi e fiori sono maestri. Essi lo sono, anche per noi, oggi, lo sono con la loro presenza silenziosa, lo sono con il loro semplice esserci: il comando di Gesù si rivolge non a loro, ma a noi umani che dobbiamo risvegliarci al reale, lasciarci illuminare dal reale, ascoltare e osservare e imparare dalle creature del creato. Perché solo allora la nostra esperienza di Dio e il nostro parlarne potranno avere una qualche credibilità. Animali, alberi e fiori sono lì, con la loro silente presenza a offrirci con discrezione la possibilità di entrare in consonanza con il sentire che fu in Gesù stesso».
Manicardi si chiede: «Che cosa imparare dalle creature del creato? Che cosa ci insegnano? Anzitutto a far cadere l’illusione che ci abita e ci muove quotidianamente, del nostro situarci al centro, di essere al centro di tutto. Siamo invece una grande comunione, accanto ad animali domestici e selvatici, accanto a piante diverse che ogni giorno ci narrano la loro fedeltà, accanto a fiori che ci insegnano la lezione della precarietà e preziosità della bellezza. Sì, queste creature sono maestri, ma anzitutto sono compagni, amici, fratelli, sorelle. Sono per noi consolazione con il loro semplice esserci accanto senza che noi lo abbiamo minimamente meritato. Quindi ci insegnano la grandezza delle cose piccole, a noi che siamo affascinati e abbagliati da ciò che è potente e si impone, nel mondo come nella chiesa. Lo insegnano a noi che spesso rimpiccioliamo ciò che è grande per ridurlo alla nostra misura. Ci insegnano a relativizzare il senso dell’indispensabilità del nostro fare per condurre avanti il mondo: spesso è solo un modo di acquietare la nostra angoscia, di rassicurare la nostra coscienza, di illuderci di avere controllo sulla realtà e sugli altri.
Gli uccelli del cielo, dice Gesù, non seminano, non mietono e non raccolgono nei granai. I gigli del campo non faticano e non filano. Ci insegnano — queste creature — a fermarci, a entrare in amicizia con il tempo, a guardare e a vedere, a sentire e ad ascoltare il loro racconto, a dialogare silenziosamente con esse. Ci insegnano a essere presenti a esse e dunque a noi stessi. Ci insegnano l’umiltà, la fatica e la bellezza della contemplazione. Ascoltando la loro preghiera che si rivolge a noi e ci chiede di rispettarle, di lasciarle essere, ci insegnano che l’unico vero potere legittimo che abbiamo è quello su noi stessi, quello per cambiare noi stessi e il nostro cuore, il nostro sguardo, il nostro sentire».
Il Papa: "Pentirsi per i peccati contro il creato. Si faccia un uso oculato della plastica"
Il Messaggio di Francesco per la tutela ambientale: "Non possiamo essere indifferenti alla perdita della biodiversità"
di Redazione | 01 Settembre 2016
Papa Francesco durante i Vespri in San Pietro per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato (LaPresse)
"Non possiamo arrenderci o essere indifferenti alla perdita della biodiversità e alla distruzione degli ecosistemi, spesso provocate dai nostri comportamenti irresponsabili ed egoistici. «Per causa nostra, migliaia di specie non daranno gloria a Dio con la loro esistenza né potranno comunicarci il proprio messaggio. Non ne abbiamo il diritto". E' quanto ha scritto il Papa nel Messaggio per la Celebrazione della giornata mondiale di preghiera per la cura del creato. Un testo corposo, in cui Francesco riprende concetti già espressi nell'enciclica Laudato si' e ribadisce la necessità di agire prima che sia stroppo tardi. Il pianeta, scrive il Pontefice, "continua a riscaldarsi, in parte a causa dell’attività umana: il 2015 è stato l’anno più caldo mai registrato e probabilmente il 2016 lo sarà ancora di più. Questo provoca siccità, inondazioni, incendi ed eventi meteorologici estremi sempre più gravi. I cambiamenti climatici contribuiscono anche alla straziante crisi dei migranti forzati. I poveri del mondo, che pure sono i meno responsabili dei cambiamenti climatici, sono i più vulnerabili e già ne subiscono gli effetti".
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Il Papa richiama tutti alla necessità di procedere a un severo esame di coscienza, che implica "l'amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre creature, ma di formare con gli altri esseri dell'universo una stupenda comunione universale. Per il credente, il mondo non si contempla dal di fuori, ma dal di dentro, riconoscendo i legami con i quali il Padre ci ha unito a tutti gli esseri viventi". Dopo un "serio esame di coscienza", scrive Francesco, "e abitati da tale pentimento, possiamo confessare i nostri peccati contro il Creatore, contro il creato, contro i nostri fratelli e le nostre sorelle. "Il Catechismo della Chiesa cattolica ci fa vedere il confessionale come un luogo in cui la verità ci rende liberi per un incontro. Sappiamo che Dio è più grande del nostro peccato, di tutti i peccati, compresi quelli contro la creazione. Li confessiamo perché siamo pentiti e vogliamo cambiare. E la grazia misericordiosa di Dio che riceviamo nel Sacramento ci aiuterà a farlo".
E' necessario, dunque, cambiare rotta. "L’esame di coscienza, il pentimento e la confessione al Padre ricco di misericordia conducono a un fermo proposito di cambiare vita. E questo deve tradursi in atteggiamenti e comportamenti concreti più rispettosi del creato, come ad esempio fare un uso oculato della plastica e della carta, non sprecare acqua, cibo ed energia elettrica, differenziare i rifiuti, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico e condividere un medesimo veicolo tra più persone, e così via. Non dobbiamo credere che questi sforzi siano troppo piccoli per migliorare il mondo. Tali azioni provocano in seno a questa terra un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente e incoraggiano uno stile di vita profetico e contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo".
Ma il Papa fa anche esempi concreti, e uno è "quello del debito ecologico tra il nord e il sud del mondo. La sua restituzione richiederebbe di prendersi cura dell'ambiente dei paesi più poveri, fornendo loro risorse finanziarie e assistenza tecnica che li aiutino a gestire le conseguenze dei cambiamenti climatici e a promuovere lo sviluppo sostenibile".
http://www.ilfoglio.it/chiesa/2016/09/01/il-papa-pentirsi-per-i-peccati-contro-il-creato-si-faccia-un-uso-oculato-della-plastica___1-v-146770-rubriche_c332.htm
Francesco: pentiamoci del male che stiamo facendo alla terra
Nel messaggio per la seconda «Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato» l’invito a una «conversione ecologica», nei piccoli gesti, in politica e economia. Appello per i paesi più poveri
Il Papa invita i cattolici a pentirsi «del male che stiamo facendo alla nostra casa comune»,dei «nostri peccati verso il creato, i poveri e le future generazioni», nel messaggio per la seconda «Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato», ed invita tutti a una «conversione ecologica», nei piccoli gesti così come in politica ed economia, nella società e nella cultura, perché «la terra grida» per «le sofferenze che affliggono i poveri e la devastazione dell’ambiente». Francesco, che alle 17 presiede i vespri a San Pietro per questa ricorrenza che ha istituito dopo la pubblicazione dell’enciclica ecologica Laudato si’, in convergenza con gli ortodossi, elogia il risultato del vertice Onu sul clima che si è svolto l’anno scorso a Parigi, introduce una nuova opera di misericordia per «la cura della casa comune» e fa appello affinché la comunità internazionale aiuti l’impegno ecologico dei paesi più poveri.
«In questo Anno Giubilare, impariamo a cercare la misericordia di Dio per i peccati contro il creato che finora non abbiamo saputo riconoscere e confessare ; e impegniamoci a compiere passi concreti sulla strada della conversione ecologica, che richiede una chiara presa di coscienza della nostra responsabilità nei confronti di noi stessi, del prossimo, del creato e del Creatore», scriva il Papa nel messaggio dedicato, quest’anno, al tema Usiamo misericordia verso la nostra casa comune. Francesco propone «un complemento ai due tradizionali elenchi di sette opere di misericordia», corporali e spirituali, «aggiungendo a ciascuno la cura della casa comune».
«Nel 2000, anch’esso un Anno Giubilare – ricorda il Papa – il mio predecessore san Giovanni Paolo II ha invitato i cattolici a fare ammenda per l’intolleranza religiosa passata e presente, così come per le ingiustizie commesse verso gli ebrei, le donne, i popoli indigeni, gli immigrati, i poveri e i nascituri. In questo Giubileo Straordinario della Misericordia invito ciascuno a fare altrettanto. Come singoli, ormai assuefatti a stili di vita indotti sia da una malintesa cultura del benessere sia da un “desiderio disordinato di consumare più di quello di cui realmente si ha bisogno” – prosegue il Papa citando il patriarca ortodosso ecumenico Bartolomeo – e come partecipi di un sistema “che – continua citando un suo discorso ai movimenti popolari incontrati nel 2015 in Bolivia – ha imposto la logica del profitto ad ogni costo, senza pensare all’esclusione sociale o alla distruzione della natura”, pentiamoci del male che stiamo facendo alla nostra casa comune».
Il pianeta, è un esempio portato dal Papa, «continua a riscaldarsi, in parte a causa dell’attività umana: il 2015 è stato l’anno più caldo mai registrato e probabilmente il 2016 lo sarà ancora di più». Tra le conseguenze a cui questo fenomeno contribuisce, siccità, inondazioni, incendi, nonché la «straziante crisi dei migranti forzati»: «I poveri del mondo, che pure sono i meno responsabili dei cambiamenti climatici, sono i più vulnerabili e già ne subiscono gli effetti».
La conseguenza del pentimento, scriva il Papa, deve essere quella di «cambiare rotta» e cambiare vita: «E questo – spiega Francesco rievocando la sua enciclica Laudato si’ – deve tradursi in atteggiamenti e comportamenti concreti più rispettosi del creato, come ad esempio fare un uso oculato della plastica e della carta, non sprecare acqua, cibo ed energia elettrica, differenziare i rifiuti, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico e condividere un medesimo veicolo tra più persone, e così via. Non dobbiamo credere che questi sforzi siano troppo piccoli per migliorare il mondo. Tali azioni “provocano in seno a questa terra un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente” e incoraggiano “uno stile di vita profetico e contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo”».
Più in generale, «l’economia e la politica, la società e la cultura non possono essere dominate da una mentalità del breve termine e dalla ricerca di un immediato ritorno finanziario o elettorale. Esse devono invece essere urgentemente riorientate verso il bene comune, che comprende la sostenibilità e la cura del creato».
A questo proposito, il Papa sottolinea un caso concreto, quello del “debito ecologico” tra il Nord e il Sud del mondo: «La sua restituzione richiederebbe di prendersi cura dell’ambiente dei Paesi più poveri, fornendo loro risorse finanziarie e assistenza tecnica che li aiutino a gestire le conseguenze dei cambiamenti climatici e a promuovere lo sviluppo sostenibile». Il Papa esprime anche soddisfazione per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile adottati dai paesi del mondo a settembre scorso e, a dicembre, l’approvazione dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, che deve essere ora messo in pratica, sottolinea, da parte di Governi, imprese e cittadini.
Nel messaggio il Papa sottolinea il pregresso impegno ecumenico, e in particolare l’attenzione del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, a favore del tema ecologico, e sottolinea: «Cristiani e non, persone di fede e di buona volontà, dobbiamo essere uniti nel dimostrare misericordia verso la nostra casa comune – la terra – e valorizzare pienamente il mondo in cui viviamo come luogo di condivisione e di comunione». Il messaggio del Papa viene presentato oggi in Vaticano dal cardinale ghanese Peter Kodwo Appiah Turkson, finora presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e a capo del nascituro nuovo dicastero vaticano per il Servizio dello sviluppo umano integrale, mons. Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani, e Terence Ward, autore del libro Il guardiano della Misericordia (LEF 2016), The Guardian of Mercy (Arcade 2016).
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