ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 7 settembre 2016

"Intra" omnes

                 L’AVVENIRE DELLA CHIESA

Oggi vogliamo offrire ai lettori un saggio dell’involuzione dottrinaria – teologia e morale – in cui  gli uomini di Chiesa, e gli esponenti dell’informazione cattolica, si stanno incartando, storditi dalla giulebbosa e mefitica  “aria nuova” di roncalliana memoria e proni all’untuosa pastorale eversiva di Papa Bergoglio.

Il fatto che racconteremo riguarda la risposta che il Dr. Marco Tarquinio, Direttore di “Avvenire”, organo della CEI, ha rilasciato ad alcuni critici lettori – cinque, tra cui noi - sul tema della sodomia e dell’apertura ecclesiastica a questa oscena condizione di vita (3 settembre 2016). E per ben illustrare i particolari dello scenario entro cui si dispiega la nuova teologìa “avveniristica” dobbiamo, per necessità, trascrivere la lettera che noi, il 20 agosto scorso, inviammo a quel quotidiano per la rubrica “Il Direttore risponde”, dalla quale i lettori comprenderanno da sùbito la dimensione gelatinosa, liquida, mobile e relativistica dell’argomento in cui galleggia la replica del Direttore.

Ecco in appresso quanto gli scrivemmo:
Caro Direttore,
ho letto la lettera di Domenico Volpi e la sua risposta di venerdì 19 agosto 2016 (“quelle enfasi guardone del sistema mediatico”), e mi permetto di precisare che, sobria o non sobria, la esternazione con cui un’atleta italica ha dedicato la medaglia alla propria “compagna”, resta che tanto questa manifestazione, che è tuttavìa massmediatica e sottilmente propagandistica, che la stessa condizione di vita delle due donne, sono abominio davanti a Dio. A meno che la perenne dottrina della Chiesa non abbia cancellato il peccato di sodomia. E da come si avverte e si constata – vedi il sempre più frequente numero di coppie sacrileghe che accedono alla Comunione – pare che sia così. Ne dà prova quella coppia di due uomini – 79 e 83 anni – “congiunta” giorni fa’ in matrimonio dalla sindaca di Torino, che ha “consumato il viaggio di nozze” andandosene a Lourdes in ringraziamento (!) per la conquistata felicità. Questo è quanto ci dice la cronaca e questo ci dice l’andazzo delle cose.

Si armino, i lettori, di santa pazienza e di autocontrollo perché la risposta di Tarquinio alla nostra lettera, e a quelle degli altri quattro scriventi, è di una inaudita protervia intellettuale e di superficialità, di uno sbrodoloso relativismo e di un capovolgimento etico per i quali reati parti offese non sono solo i lettori o la comunità cattolica, ma in primis la Parola di Dio. Una manifesta adesione, la sua, ai comandamenti del mondo – liberismo, licenza, massoneria, edonismo - e, di contro, una disinvolta disobbedienza a quelli di Dio, condita con la salsa bergogliesca della misericordia spalmata a dosi industriali.

Ed, allora, noi, adoperandoci con quella severa ma proficua didattica della correzione che già, in tempi lontani dell’insegnamento, praticammo armati di matita rosso/blu, faremo scorrere la risposta del dr. Tarquinio apponendo via via, ai vari passaggi della risposta, la nostra rispettiva chiosa, argomentata e sostenuta da oggettiva e probante dottrina.
E, allora, andiamo a incominciare.


Dopo l’esordio di prammatica, con cui il direttore esprime l’interesse e il rispetto per le opinioni di chiunque dolendosi alquanto per quelle che talora traspirano toni anche “sferzanti”, chiede ai cristiani “qualcosa in più della civiltà formale” di espressione, soprattutto quando “ci si avventura a giudicare la vita e la fede degli altri”. E, a rafforzare questa sua considerazione, così scrive:

Quando sento di cadere anch’io in questa tentazione, vado a rileggermi un passo del Vangelo di Matteo (7, 1-11) che penso sia utile non solo a me. In particolare, mi chiedo: ma come si fa, in assoluto, e senza sapere nulla della vita di quelle persone, a condannare come “blasfema” un’intenzione di pellegrinaggio a Lourdes per ringraziare di ciò che si è avuto nel corso della propria esistenza?.

Premessa: noi siamo di quelli che rifiutano il mantra “rispetto le tue idee”, che le idee non le rispettano quasi fossero idoli, ma le combattono se contrarie alla logica o le approvano, condividendole  e sostenendole quando foriere di Verità. Per questo ci piace amministrare la sferza del rigore – la correzione fraterna -  specialmente contro chi, pur avendo professato voto e giuramento di diffondere e difendere la parola di Dio, si esercita ad inquinarla con argomenti capziosi. Punto.

Tarquinio rimprovera i cinque lettori, e con essi la legione di anonimi che senza dubbio nutrono la loro stessa opinione, perché affermano come blasfemo il pellegrinaggio a Lourdes, compiuto da due sodomiti dichiarati e praticanti, contrapponendo, il direttore, siffatta condizione di peccato come qualcosa di altamente luminoso tale da far decidere ai due di renderne debito ringraziamento alla Madonna.

Certamente, in linea di principio etico giudicare al buio è sempre non solo azzardato ma financo illecito. Ma dacché i due in oggetto sono individui che palesemente, con una cerimonia civile officiata dalla sindaca di Torino, hanno pubblicamente ammesso e dimostrato la propria condizione di peccato grave e di scandalo, c’è quanto basta per ritenerli peccatori pubblici. E c’è poco da citare San Matteo che ci mette in guardia dall’osservare la pagliuzza nell’occhio altrui trascurando la propria trave. Non giudicate per non essere giudicati: giusto, caro Tarquinio, poiché  il monito di Cristo riguarda un contesto in cui il giudizio è avventato in quanto basato sulle mere apparenze. Ma in questo caso stiamo davanti a uno scandalo per la cui gravità lei avrebbe dovuto richiamare un altro monito ben più aspro e terribile, quello che Cristo indirizza ai seminatori di scandali (Lc. 17, 1/3).
Ma ci rendiamo conto? Costoro, i due sodomiti, che dovrebbero appendersi una macina al collo e gettarsi in mare, se ne vanno invece, con la benedizione della pubblica e laica opinione e con la presunzione di innocenza rilasciata dal “cattolico” Avvenire, in pellegrinaggio a Lourdes, ad immergersi nelle vasche della guarigione, per uscirne e continuare la vergognosa pratica della lurida omosessualità.
Non ci sarà per costoro l’acqua lustrale ma un fuoco inestinguibile, come Gesù ha insegnato.


E la nostra maggior Musa, che ben si staglia nella sublimità di una dottrina cattolica assolutamente pura, adamantina ed inequivoca, condanna i sodomiti a correre, nell’inferno, nudi e abbrustoliti sotto una pioggia di fuoco (Inf. XIII) la cui reminiscenza con quello biblico, sotto cui sprofondarono Sodoma e Gomorra (Gen. 19, 23/26), è quanto mai evidente. Altro che “rispetto, attenzione, deferenza, accoglienza, misericordia” di cui l’attuale pontificato riempie la cronaca mondiale!

Che cosa, poi, di bello e di esemplare codesti due satiri possono deporre ai piedi della Vergine?  Da quanto Tarquinio scrive, pare che la sporcizia di un commercio carnale e contro natura che, Dio non voglia, i due avranno praticato anche in quella terra consacrata, sia lodevole prodotto di cui render grazie a Dio.



INITIUM SAPIENTIAE TIMOR DOMINI


“E come si fa a immaginare e porre, noi, limiti all’amore di Maria, madre di Dio e madre nostra?”

Ha ragione Tarquinio, ha ragione, perché Papa Bergoglio, intriso di misericordia, ha affermato, in piena convinzione, che la Madonna è così tenera, compassionevole e astuta che, allorquando San Pietro, rigido custode e geloso clavigero del Paradiso, al sopraggiunger della notte si addormenta o si allontana, ella di soppiatto e in silenzio fa entrare i poveri peccatori(Radio Vaticana, 15/8/2013). Intriso di misericordia a tal punto Bergoglio da non esitare dal descrivere la Madre di Dio come una sessantottina sovvertitrice dell’ordine divino, una che di notte apre al nemico le porte della città. Noi sapevamo, e credevamo, che in Paradiso si entra con le carte in regola e vestiti dell’abito nuziale (Mt. 22, 11/12) e questa storia di Maria che fa entrare chi l’abito non solo non ce l’ha, ma addirittura chi lo porta ce l’ha sporco, è di marca blasfema ed eretica.
Come ben si vede, stiamo davanti alla rottamazione del “timor Domini” (Salmo 110, 10) e di tutta l’escatologìa che ha retto la morale in due millenni di storia. La porta stretta, che conduce alla salvezza (Mt. 7, 13/14), è diventata, nella pastorale di Papa Bergoglio e nell’esegesi di Avvenire organo CEI, larga e praticamente senza vigilanza, spalancata e aperta a tutti, anche e soprattutto ai peccatori, mentre quella che conduce alla perdizione, da larga che era è diventata angusta, addirittura, secondo alcuni – U. von Balthasar e soci – chiusa con un conseguente inferno vuoto.



3 -  “E ancora, su un altro piano: come si fa a considerare “politicamente corretta” la scelta di registrare ciò che quasi tutti gli altri massmedia hanno taciuto. E cioè il fatto che due persone omosessuali parlino apertamente della propria fede cattolica e dicano cose seriamente controcorrente rispetto alle note e sbagliate rivendicazioni dei movimenti politici gay sul “diritto” ad avere figli ad ogni costo con utero in affitto, stepchild adoption e quant’altro? Io a due persone così – che sono credenti, vivono assieme da mezzo secolo e liberamente si misurano con l’esigente via che la Chiesa (CCC 2359) indica agli omosessuali – auguro ogni bene e dedico a mia volta una preghiera”.

Straordinario! Tarquinio non si fa remora di venderci una patacca e, cioè, quella relativa alla testimonianza di fede cattolica che i due “apertamente” attestano. Noi, non portiamo l’anello al naso né siamo soliti trangugiare qual che sia beveraggio, men che meno questo bischero distillato di superficialità.
Non basta, caro Tarquinio, gridare al vento una propria fede, in questo caso cattolica, per dirsi ancorati nella stessa. “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt. 7, 21); non basta, proclamare di essere cattolico perché la storia è piena di cialtroni che tali a chiacchiere si dissero, uno per tutti quel Jack Kerouac che, tra una sbornia e una sniffata, se ne andava dicendo “I’m catholic” – uccellando il credulo buon Socci - salvo poi partire, con i suoi compagni di lordura e di orgia: Borroughs, Ginsberg e compagnìa recitando,  in quel di Tangeri, alla compra di carne infantile per i loro sacrileghi, sporchi e violenti giochi. Tanto “catholic” da morire soffocato da un rigurgito di alcool e droga. Un martire del vizio. E come costui tanti altri, non ultimo quel tristo batterista del complesso “Eagles of death metal”che il 23 novembre 2015, nel ritrovo parigino del Bataclan, pestava sulle percussioni al ritmo di una satanica canzone allorquando Lucifero si materializzò sotto forma di terroristi islamici. Costui dichiara, pensate un po’, di essere cattolico praticante.

Straordinario Tarquinio che, di séguito, evidenzia quale preziosa medaglia al merito, il fatto che costoro - i due sodomiti, tali dichiaratisi in quanto fattisi registrare come tali dall’ufficio comunale - respingano tutte le teorìe e le rivendicazioni avanzate dai gruppi LGBT, e cioè: il diritto, per i sodomiti, ad avere figli ad ogni costo sia per maternità affittata sia per l’adozione (rifuggo dal barbaro termine anglomane!). Straordinario, perché questo atteggiamento di… coraggio e di anticonformismo prevale sulla grave condizione di scandalo in cui persistono e l’annulla. Bella testimonianza opporsi alle farneticanti richieste del mondo omosessuale e poi praticare il medesimo commercio carnale.
Si vede in maniera chiara quale sia, per Tarquinio, la scala dei valori su cui egli pone al primo piolo l’ipocrisìa chiacchierona azzerando la virtù della castità, la sequela alla parola di Dio e la perenne dottrina della Chiesa. Ed allora noi riportiamo, per opportuno svegliarino a chi facilmente dimentica, il canone 1867 del CCC che così recita: La tradizione catechistica ricorda che esistono “peccati che gridano verso il cielo”. Gridano verso il cielo: il sangue di Abele; il peccato dei sodomiti; il lamento del popolo oppresso in Egitto, il lamento del forestiero, della vedova e dell’orfano; l’ingiustizia verso il salariato.

Il successivo can. 1868, pur rammentando che siffatti peccati sono personali, possono far ricadere la responsabilità in altri soggetti quando, siffatti peccati siano protetti, lodati ed approvati. Ma su questo tema torneremo nella seconda parte, adducendone esempi concreti.

Non soddisfatto, quindi, di aver, contro il disposto citato, decorato al valore i due, ne loda la esemplare convivenza che, pensate, dura da oltre mezzo secolo e questa longevità diventa attestato di fede. Due uomini, che da oltre cinquant’anni persistono in uno dei più gravi peccati, se ne vanno a Lourdes per ringraziare la Vergine della felicità raggiunta per essere, cioè, stati riconosciuti, in “virtù”… ops! In “vizio” del decreto Cirinnà, come coppia ufficiale e, per questo, degni di essere additati dal direttore di Avvenire come “credenti” e che, a tal proposito, si sarà chiesto: se credenti nell’unico Dio, quello “non cattolico” di Papa Bergoglio, sono, dal Conciliabolo Vat. II, ritenuti: islamici, buddisti, animisti, ebrei, induisti…, perché mai non possono essere credenti di fede cattolica due sodomiti che da oltre mezzo secolo felicemente convivono e, miracolo!,  vanno in pellegrinaggio a Lourdes per render grazie di questo raggiunto record?

Noi, come lui, volentieri eleviamo una preghiera per costoro, non per esaltarne la condotta peccaminosa ma per chiedere al Signore di illuminar loro mente e cuore abbandonando questo abito immorale che è soltanto causa di scandalo, finendola di prendere per il naso ingenui e “cristiani adulti”.

di L. P.
Parte prima

http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1641_L-P_Avvenire_della_Chiesa.html

AVVENIRE’ E IL BOOMERANG  DELLA “MIOPIA” SULLE 'NOZZE GAY'
Leggendo come al solito con attenzione ‘Avvenire’ – in questo caso di domenica 4 settembre - ci riesce poi difficile tacere almeno su un punto della risposta del direttore  ad alcuni lettori che in maggioranza criticavano duramente la malcelata soddisfazione emergente da un ‘capocronaca’ del numero del 7 agosto (a pagina 8): due colonne per evidenziare il pellegrinaggio “di ringraziamento” a Lourdes di due omosessuali la cui unione era stata celebrata a Torino dalla gaiamente super-relativista sindaca Appendino.
Scrive tra l’altro Marco Tarquinio, difendendo la scelta di ‘Avvenire’ e dunque rispondendo a chi tra i lettori si era chiesto se la pubblicazione dell’articolo non fosse stata uno “scivolone”: “Un’ultima cosa, a proposito di ‘scivoloni’. Credo che sia uno scivolone molto serio da parte di alcuni difensori della famiglia costituzionalmente definita quello di continuare a sostenere – all’unisono con Monica Cirinnà e con i portavoce dei movimenti politici gay – che in Italia è già stato introdotto di fatto il ‘matrimonio omosessuale’. Le unioni civili non sono (ancora) il matrimonio tra persone dello stesso sesso. (…) Proprio per questo continuare a spingere nella direzione errata, anche solo per polemica o magari per pigrizia lessicale, dando per scontato quello che scontato non è, mi sembra semplicemente miope”.
Qualche osservazione su questo passo esemplare del direttore del quotidiano della Cei.
Primo: da notare l’equidistanza che de facto il cattolico-galantino Tarquinio stabilisce tra alcuni “difensori della famiglia costituzionalmente definita” (sembra quasi di sentire il dispetto e la viscerale antipatia con cui scrive tali parole) e la Cirinnà insieme con i portavoce della nota lobby. Che Tarquinio tra l’altro sia andato a lezione, oltre che da mons. Galantino, anche da don Carron?
Secondo: per il cattolico-galantino Tarquinio non è vero (sarebbe uno “scivolone molto serio”) che in Italia de facto sia ormai stato introdotto il ‘matrimonio gay’. Coloro che lo sostengono sarebbero “miopi”. Certo qui il puntiglioso giureconsulto dalla vista d’aquila ha formalmente ragione: non esiste ancora una legge sul ‘matrimonio gay’. Può darsi però che, vivacchiando nella nebulosa galantina, il direttore di ‘Avvenire’ non si sia accorto che nella società italiana il ‘matrimonio gay’ è già de facto ampiamente sdoganato. Sempre che ritenga che ne valga la pena, si cali dalla nebulosa ed entri in contatto con la realtà della gente comune, ‘nutrita’ peraltro da programmi,talk show, film ‘per famiglie’ tipici del cosiddetto servizio pubblico e organici agli obiettivi della nota lobby. Gente comune che s’è anche accorta come per certo cattolicesimo ‘ufficiale’ la novità non sia per nulla sconvolgente, anzi in fin dei conti benvenuta. Si accorgerà allora Tarquinio che la “miopia”  rimproverata ad alcuni “difensori della famiglia costituzionalmente definita” riguarda direttamente lui stesso e la linea (tenuta e confermata) di ‘Avvenire’ sull’argomento. Può darsi naturalmente che il direttore già sia cosciente che nella società in cui viviamo il colore dominante è l’arcobaleno. Il fatto è che in ogni caso davanti a tale realtà il direttore di ‘Avvenire’ ha già alzato bandiera bianca: perciò la sua parte in scena diventa quella del finto tonto. 
Confidando – proprio come il suo datore di lavoro, il segretario generale della Cei - di continuare a ricevere da chi imbandisce la tavola qualcosa di più di un paio di briciole… almeno una fetta di torta gliela vogliamo ancora concedere a questi cattolici à la carte così accomodanti e ben rappresentati dal Fantasma (silenzioso ma operoso) del Quirinale, dallo Spavaldo che pilota il governo (e che durante la messa dei recenti funerali di Stato ad Ascoli Piceno  - per i morti marchigiani del terremoto - si è fatto pescare mentre occhieggiava di sbieco il cellulare nascosto sotto la cravatta sollevata da una mano ... intanto l’altra mano era impegnata nel segno della Croce…), dalla Garrula Ministra tutta ammiccamenti, moine, coccole con la nota lobby?
È successo a Palermo. La Chiesa allo sbando. C'è rimasto solo da pregare soffrire e offrire; ma resistere.

Una scomunica per questo prete apostata? No? Che fa il vescovo? Se questo sacrilegio passa come cosa in sé normale... allora possiamo andare tutti a casa. Altro che Circo Massimo e Marcia per la Vita... Tutti zitti? Non disturbiamo il manovratore? (e la chiesa è pure bella...) (Massimo Viglione)
http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2016/09/prete-benedice-coppia-lesbica-in-chiesa.html

Un testo “pedagogico” su Amoris laetitia esce in Francia


amoris-laetitia-la-joie-de-lamourEsce in questi giorni in Francia un testo commentato dell’esortazione Amoris laetitia, si intitola “La joie de l’amour” (La gioia dell’amore) ed è pubblicato dalle edizioni Lessius et Fidélité.
Si tratta di un edizione frutto della collaborazione tra il Servizio Nazionale Famiglia e Società della Conferenza episcopale francese e la Facoltà di Teologia del Centre Sèvres, dei Gesuiti di Parigi.
Mons. Jean-Luc Brunin, vescovo di Le Havre, scrive nella prefazione che l’opera ha un intento “pedagogico”, tale da permettere al popolo di Dio di “tornare al documento, in gruppo o da soli, e incoraggiare iniziative per la sua attuazione”.
La post-fazione è affidata, invece, al celebre teologo Padre Christoph Theobald, sj, il quale sottolinea che “in ultima analisi, da questo testo [Amoris laetitia, ndr], emerge una nuova immagine di Chiesa, largamente legata a un nuovo modo di guardarla: un immagine “colorata”, più chiaramente segnata dai molteplici episodi di incontro, a volti strani, dei racconti evangelici”.
Christoph Theobald è conosciuto come uno dei teologi più originali dei nostri tempi, autore, tra l’altro di un saggio che ha avuto una certa diffusione anche nella chiesa italiana, “Il cristianesimo come stile. Un modo di fare teologia nella post-modernità”, edito nel 2009 dalle EDB. In questo suo saggio possiamo intravedere quale sia la radice di questo nuovo sguardo che lo stesso autore intravede come vera cifra di Amoris laetitia.
L’autore, che si dice profondamente segnato dal metodo immanentistico di Blondel, sostiene che “l’approccio stilistico ci permette di non ridurre il cristianesimo al suo insegnamento dottrinale, ma di onorare l’insieme della vita cristiana sia nelle sue espressioni singolari che plurali, sia relazionali e socio-politiche”. Il suo approccio “stilistico” conduce il cristiano, come ha scritto nel suo “Trasmettere un Vangelo di libertà” (EDB, 2010), ad apprendere lo “stile” di Gesù, ma non per una imitazione secondo “canoni standardizzati”, bensì per realizzarlo dentro la propria unicità e irripetibilità.
Come possa intendersi questo approccio “stilistico” nell’ambito di Amoris laetitia forse può essere compreso nel commento al capitolo 8 dell’esortazione, quello più discusso e riferito all’accoglienza e integrazione delle cosiddette “coppie ferite” o “irregolari”. La guida alla lettura di questo capitolo nel libro appena pubblica in Francia (“La Joie de l’amour”) viene fornita da due teologi, p. Jean Francois Chiron dell’Università Cattolica di Lione, e p. Alain Thommasset sj del Centre Sèvres.
Il primo era già intervenuto sul dibattito pubblicando anche un articolo sul quotidiano La Croix nel febbraio 2015, mentre il secondo era noto alle cronache sinodali per essere stato uno dei più attivi teologi che parteciparono al cosiddetto “sinodo ombra” tenuto presso locali dell’Università Gregoriana di Roma nell’aprile precedente il sinodo ordinario 2015.
Il primo, citando il vescovo di Anversa, mons. Bonny, indicava che, nel caso dell’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati, non è possibile “privilegiare un unica scuola di teologia morale”, e pertanto sperava in una miglior analisi etica dell’atto umano che riuscisse a valorizzare le circostanze e i singoli casi. Alain Thommasset, sj, era ancor più chiaro quando nel suo intervento nei locali della Gregoriana diceva apertamente che l’interpretazione degli atti detti intrinsecamente cattivi» oggi è poco compresa da «molti», in quanto «trascura la dimensione biografica dell’esistenza e le condizioni specifiche di ogni percorso personale». Sul «piano soggettivo», secondo Thommasset, questa dottrina necessita di discernimento in nome di circostanze attenuanti che possono ridurre la responsabilità soggettiva. «Un disordine oggettivo, dunque, non comporta necessariamente una colpevolezza oggettiva».
L’approccio “stilistico” del p. Christoph Theobald si traduce quindi in un’etica della situazione? Certamente non sarà così, tuttavia, è interessante che la Conferenza Episcopale di Francia affidi proprio a questi teologi l’approccio “pedagogico” per consegnare il testo di Amoris laetitia al popolo di Dio. (L.B.)

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