A Roma sì, a Firenze no. Ecco come "Amoris
laetitia" divide la Chiesa
Nella diocesi del papa i divorziati risposati possono fare
la comunione, in altre diocesi italiane no. Perché ogni vescovo decide come
vuole. Un vademecum del cardinale Antonelli per i confessori che vogliono
restare fedeli alla dottrina di sempre
ROMA, 14 ottobre 2016 – Papa Francesco l'ha detto chiaro fin
dalle prime righe di "Amoris laetitia" che "nella Chiesa è
necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano
diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze
che da essa derivano".
E quindi "in ogni paese o regione si possono cercare
soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali".
Infatti è proprio questo che accade, sotto gli occhi di
tutti. In ciascuna regione, diocesi e parrocchia ciascuno applica "Amoris
laetitia" come gli pare.
Ad esempio a Roma, nella diocesi del papa, il cardinale
vicario Agostino Vallini ha stabilito – con l'approvazione del suo diretto
superiore – che i divorziati risposati possono fare la comunione, autorizzati
dal confessore, anche se non vivono "in continenza", cioè come
fratello e sorella, "se questa scelta è difficile da praticare per la
stabilità della coppia":
> Buenos Aires e Roma. Per Francesco sono le diocesi
modello
Mentre invece a Firenze non è così. Sabato 8 ottobre il
cardinale Ennio Antonelli, già presidente del pontificio consiglio per la
famiglia e stimato studioso della materia, ha dettato ai sacerdoti della
diocesi – in pieno accordo con l'arcivescovo del luogo, il cardinale Giuseppe
Betori – delle linee guida per l'interpretazione e l'applicazione di
"Amoris laetitia" che sono in perfetta continuità con il magistero
della Chiesa di sempre, e quindi non consentono la comunione ai divorziati
risposati che vivono "more uxorio", salvo in un caso particolarissimo
già previsto dalla classica teologia morale, cioè "il difficile caso in
cui si riscontrasse la mancanza temporanea di un chiaro proposito riguardo alla
continenza sessuale".
Come questa apparente eccezione sia affrontata e risolta lo
si vedrà nelle linee guida del cardinale, riprodotte in parte più sotto.
Ma prima va notato che questa sua interpretazione di
"Amoris laetitia" Antonelli l'ha riproposta giovedì 13 ottobre anche
ai sacerdoti della diocesi di Trieste. E altrettanto farà in altre diocesi,
nelle prossime settimane.
Non solo. Il testo integrale di queste sue linee guida è
ospitato in ben cinque lingue nel sito del Pontificium Consilium pro Familia, a
disposizione di chiunque lo voglia utilizzare, in tutto il mondo:
> "Amoris laetitia": per l'interpretazione e
l'attuazione
> "Amoris laetitia": for its interpretation and
actuation
> "Amoris laetitia": pour l'interpretation et
mise en oeuvre
> "Amoris laetitia": para su interpretación y
aplicación
> "Amoris laetitia": para a interpretaçâo y
aplicaçâo
*
Non è la prima volta che il cardinale Antonelli prende
posizione pubblicamente sulla questione cruciale della comunione ai divorziati
risposati.
L'ha fatto nell'intervallo tra la prima e la seconda
sessione del sinodo sulla famiglia, alle quali papa Francesco si guardò bene
dall'invitarlo:
> Sinodo. Il doppio grido d'allarme del cardinale
Antonelli (12.6.2015)
E l'ha fatto tre mesi dopo la pubblicazione dell'esortazione
postsinodale:
> "Amoris laetitia". Consigli minimi per non
perdere la strada (6.7.2016)
In quel suo intervento d'inizio estate il cardinale
Antonelli si diceva "in attesa di auspicabili indicazioni autorevoli"
che chiarissero i punti oscuri di "Amoris laetitia", in primo luogo
sul nodo cruciale della comunione ai divorziati risposati.
Ma l'attesa sua e di tanti altri non è stata esaudita,
nonostante le analoghe richieste fatte al papa da un gran numero di vescovi e
cardinali di ogni continente.
E questa mancata risposta ha rafforzato la convinzione che
le oscurità di "Amoris laetitia" siano frutto di una deliberata
volontà di Francesco, e che tali egli voglia che restino.
Anche in questa sua nuova guida alla lettura di "Amoris
laetitia" il cardinale Antonelli rileva l'oscurità di alcuni passaggi.
Ad esempio là dove lamenta che "purtroppo 'Amoris
laetitia' tace sulle norme generali negative", quelle che vietano "in
ogni situazione, senza alcuna eccezione", atti "disordinati in se
stessi, per il loro stesso contenuto, tra i quali anche le unioni dei
divorziati risposati e di altre coppie conviventi, […] come insegna molto
autorevolmente, nel solco della tradizione cattolica, l’enciclica 'Veritatis
splendor' di san Giovanni Paolo II".
Questo silenzio – commenta il cardinale – "può
agevolare l’errata interpretazione secondo cui in certi casi queste unioni
sarebbero oggettivamente lecite, come un bene analogo al matrimonio, anche se
incompleto".
Ma diamo a lui la parola. Ecco qui di seguito i punti quarto
e quinto della sua esposizione, quelli più concentrati sulla questione della
comunione ai divorziati risposati.
__________
Istruzioni per i confessori, nel solco della tradizione
cattolica
di Ennio Antonelli
4. LA RESPONSABILITÀ PERSONALE SOGGETTIVA
Certamente "Amoris laetitia" non dimentica la
legge morale oggettiva; tuttavia pone in primo piano ed esplicita ampiamente la
prospettiva della coscienza e della responsabilità personale, raccomandando tra
l’altro di tenerla in maggiore considerazione nella prassi pastorale (cf. AL
303).
Il documento precisa correttamente che l’osservanza delle
norme, se attuata senza amore, potrebbe essere insufficiente davanti a Dio (cf.
AL 304) e viceversa la vita in grazia di Dio potrebbe realizzarsi anche in una
situazione oggettiva di disordine morale, quando i condizionamenti attenuano o
annullano la colpevolezza soggettiva (cf. AL 305).
Altro dunque è il grave disordine oggettivo e altro è il
peccato mortale personale, che comporta la piena avvertenza e il deliberato
consenso.
"Amoris laetitia" conferma la cosiddetta legge
della gradualità (cf. AL 295), già formulata da san Giovanni Paolo II:
“[L’uomo] conosce, ama e realizza il bene morale secondo tappe di crescita”
("Familiaris consortio" 34). Tale legge implica che a volte la
coscienza può essere erronea senza cessare di essere retta; può agire in
contrasto con la norma morale senza essere colpevole o senza esserlo
pienamente.
La persona potrebbe ignorare la norma generale (ad esempio,
che il rapporto sessuale è sempre illecito fuori del matrimonio). Potrebbe non
percepire il valore contenuto nella norma, in modo da poter scegliere il bene
ed evitare il male liberamente per convinzione interiore (ad esempio, potrebbe
non comprendere che il rapporto sessuale è proprio del matrimonio e solo in
esso ha valore e dignità umana, come espressione del dono reciproco totale e
del comune dono ai figli). Potrebbe infine ritenere erroneamente che
l’osservanza della norma, nella sua particolare situazione, sia impossibile, diventando
anzi occasione di altre colpe (ad esempio, che la continenza sessuale, se il
convivente non fosse d’accordo, potrebbe diventare occasione di rapporti
sessuali con altre persone e provocare l’interruzione della coabitazione con
grave danno per la cura e l’educazione dei figli).
Ho detto che l’osservanza della norma morale potrebbe dalla
persona essere ritenuta impossibile erroneamente, perché in realtà, con l’aiuto
della grazia di Dio, è sempre possibile osservare i comandamenti, anche quello
di essere casti secondo la propria condizione di vita.
Il magistero della Chiesa lo insegna impegnando la sua
autorità al più alto grado:
- “Dio non comanda ciò che è impossibile, ma nel comandare
ti esorta a fare quello che puoi, e a chiedere ciò che non puoi, e ti aiuta
perché tu possa” (Concilio di Trento, DH 1536).
- “Se qualcuno dice che anche per l’uomo giustificato e
costituito in grazia i comandamenti di Dio sono impossibili da osservare: sia
anatema” (Concilio di Trento, DH 1568).
- “L’osservanza della legge di Dio, in determinate
situazioni, può essere difficile, difficilissima: non è mai, però, impossibile.
È questo un insegnamento costante della tradizione della Chiesa” (San Giovanni
Paolo II, "Veritatis splendor" 102).
Per chi prega, coltiva un intenso rapporto personale con il
Signore Gesù Cristo e invoca, con umiltà e fiducia, l’aiuto della sua grazia,
diventa possibile osservare i comandamenti e, se è un divorziato risposato, gli
diventa possibile osservare la continenza sessuale. Secondo una celebre
metafora, utilizzata più volte da san Giovanni Paolo II, la vita cristiana è
difficile come la scalata di una montagna, ma il credente non deve rinunciare a
salire, deve invece mettersi in cammino sollecitamente e cercare con coraggio
di procedere verso la vetta.
Infatti la legge della gradualità non significa che la legge
obbligherà in un futuro più o meno lontano. “Non possono guardare alla legge
solo come a un puro ideale da raggiungere in futuro, ma debbono considerarla
come un comando di Cristo Signore a superare con impegno le difficoltà. Perciò
la cosiddetta legge della gradualità, o cammino graduale, non può identificarsi
con la gradualità della legge, come se ci fossero vari gradi e varie forme di
precetto nella legge divina per uomini e situazioni diverse” (San Giovanni
Paolo II, "Familiaris consortio" 34).
Perciò non ci si deve stabilizzare nella situazione
contrastante con la legge; non ci si deve adagiare ai piedi della montagna.
D’altra parte i pastori nell’insegnare la dottrina non devono abbassare la
montagna e nell’accompagnare personalmente il singolo fedele devono aiutarlo a
salire con il proprio passo, secondo le sue forze, mettendosi da subito in
cammino, pronto a rialzarsi dopo ogni eventuale caduta, deciso a proseguire con
l’aiuto di Dio.
5. ACCOMPAGNAMENTO PASTORALE
"Amoris laetitia" chiede che nella predicazione e
nella catechesi i sacerdoti e gli altri operatori pastorali propongano la
concezione cristiana del matrimonio nella sua integralità (cf. AL 303; 307).
D’altra parte raccomanda di non aggravare ulteriormente la
situazione delle persone già oppresse dalla sofferenza e dalla miseria,
colpevolizzando la loro coscienza (cf. Al 49).
A riguardo si può ricordare che a volte bisogna tollerare un
male minore per evitare un male maggiore e che il sacerdote, nella confessione
e nell’accompagnamento personalizzato, può lecitamente, con il suo silenzio,
lasciare il penitente nell’ignoranza, qualora lo ritenga, almeno per il
momento, incapace di emendarsi di qualche grave disordine oggettivo (ad
esempio, la contraccezione o la convivenza sessuale irregolare). Egli con il
suo silenzio non approva il male; non coopera con esso; evita solo di
aggravarlo, preoccupandosi che il peccato materiale non si trasformi in peccato
formale. Il dialogo interpersonale non ha le stesse esigenze di completezza che
ha l’insegnamento pubblico.
Il sacerdote però non deve continuare a tacere neppure
davanti al singolo cristiano, se questi, mentre vive in una situazione
pubblicamente conosciuta di grave disordine morale, intende accedere alla
comunione eucaristica, sacramento dell’unità ecclesiale, spirituale e visibile,
che esige sintonia nella professione di fede e coerenza oggettiva nella forma
di vita.
“Il giudizio sullo stato di grazia, ovviamente, spetta
soltanto all’interessato, trattandosi di una valutazione di coscienza. Nei casi
però di un comportamento esterno gravemente, manifestamente e stabilmente
contrario alla norma morale, la Chiesa, nella sua cura pastorale per il buon
ordine comunitario e per il rispetto del sacramento, non può non sentirsi
chiamata in causa” (San Giovanni Paolo II, "Ecclesia de eucaristia"
37).
La contraddizione oggettiva e palese crea scandalo e
coinvolge la responsabilità della comunità ecclesiale e, specialmente, dei
pastori. Il sacerdote, se è a conoscenza della situazione irregolare, deve
ammonire la persona interessata, con rispetto e amore, perché non tenga conto
solo del suo giudizio di coscienza. Deve rinviare l’ammissione di tale persona
alla comunione eucaristica fino a quando non avrà fatto discernimento “col
sacerdote in foro interno” (AL 298; cf. 300) e non avrà compiuto, sotto la
guida di lui, un cammino ecclesiale appropriato (cf. AL 294; 300; 305; 308).
Dato che le norme generali negative obbligano sempre, senza
alcuna eccezione, il cristiano in situazione irregolare è tenuto davanti a Dio
a fare il possibile per uscire dal disordine oggettivo e armonizzare il suo
comportamento con la norma.
Può darsi che la sua coscienza, erronea in buona fede, non
se ne renda conto; ma il sacerdote, che lo accompagna, deve guidarlo con carità
e prudenza a discernere e a compiere la volontà di Dio nei suoi confronti, fino
ad assumere una forma di vita coerente con il Vangelo.
I passi, che in questo cammino potrebbero trovare spazio,
sono i seguenti:
a) verificare la validità del precedente matrimonio e
ottenere eventualmente la sentenza di nullità, avvalendosi delle facilitazioni
procedurali introdotte da papa Francesco in data 15 agosto 2015 nei due motu proprio
"Mitis iudex Dominus Jesus" e "Mitis et misericords Jesus";
b) celebrare il matrimonio religioso o sanare in radice il
matrimonio civile;
c) interrompere la coabitazione, se non ci sono impedimenti;
d) praticare la continenza sessuale, se altre soluzioni non
sono possibili (cf. san Giovanni Paolo II, "Familiaris consortio"
84);
e) in caso di errore temporaneamente invincibile e perciò di
rifiuto circa la continenza sessuale, ritenuta nel proprio caso impossibile o
assurda e senza valore, valutare la possibile rettitudine della coscienza alla
luce della personalità e del vissuto complessivo (preghiera, amore del
prossimo, partecipazione alla vita della Chiesa e rispetto per la sua dottrina,
umiltà e obbedienza davanti a Dio); esigere che la persona si impegni almeno a
pregare e a crescere spiritualmente, allo scopo di conoscere correttamente e
compiere fedelmente la volontà di Dio nei propri confronti, come si
manifesterà;
f) infine si può concedere l’assoluzione sacramentale e la
comunione eucaristica, avendo cura di mantenere la riservatezza e di evitare lo
scandalo (cf. AL 299);
g) il sacerdote ha bisogno di carità e sapienza, per
testimoniare la misericordia di Dio che a tutti e sempre offre il perdono e
nello stesso tempo per discernere se il perdono viene realmente accolto dal
penitente con la necessaria conversione. (Non sembra però che il cristiano,
finché rimane in una situazione oggettivamente disordinata, possa rivendicare
il diritto ai sacramenti, appellandosi alle sue disposizioni interiori e al suo
giudizio di coscienza. Nel capitolo ottavo, "Amoris laetitia" non
sembra voler dare comandi, ma solo consigli).
di Sandro Magister
Le linee guida del Card. Antonelli sull’eucaristia per i divorziati risposati
Il cardinale Ennio Antonelli, già presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia, è intervenuto più volte sul dibattito sinodale, in particolare dando alle stampe due agili libretti sui temi in discussione (vedi QUI e QUI). Il suo punto di vista, sostanzialmente, considera Amoris laetitia di non facile interpretazione rispetto al tema dell’accesso all’eucaristia per i divorziati risposati.
In particolare così si legge nelle linee guida del cardinale Antonelli, un testo che lo stesso cardinale ha anche proposto giovedì 13 ottobre ai preti della diocesi di Trieste:
«Dato che le norme generali negative obbligano sempre, senza alcuna eccezione, il cristiano in situazione irregolare è tenuto davanti a Dio a fare il possibile per uscire dal disordine oggettivo e armonizzare il suo comportamento con la norma.
Può darsi che la sua coscienza, erronea in buona fede, non se ne renda conto; ma il sacerdote, che lo accompagna, deve guidarlo con carità e prudenza a discernere e a compiere la volontà di Dio nei suoi confronti, fino ad assumere una forma di vita coerente con il Vangelo.
I passi, che in questo cammino potrebbero trovare spazio, sono i seguenti:
a) verificare la validità del precedente matrimonio e ottenere eventualmente la sentenza di nullità, avvalendosi delle facilitazioni procedurali introdotte da papa Francesco in data 15 agosto 2015 nei due motu proprio “Mitis iudex Dominus Jesus” e “Mitis et misericords Jesus”;
b) celebrare il matrimonio religioso o sanare in radice il matrimonio civile;
c) interrompere la coabitazione, se non ci sono impedimenti;
d) praticare la continenza sessuale, se altre soluzioni non sono possibili (cf. san Giovanni Paolo II, “Familiaris consortio” 84);
e) in caso di errore temporaneamente invincibile e perciò di rifiuto circa la continenza sessuale, ritenuta nel proprio caso impossibile o assurda e senza valore, valutare la possibile rettitudine della coscienza alla luce della personalità e del vissuto complessivo (preghiera, amore del prossimo, partecipazione alla vita della Chiesa e rispetto per la sua dottrina, umiltà e obbedienza davanti a Dio); esigere che la persona si impegni almeno a pregare e a crescere spiritualmente, allo scopo di conoscere correttamente e compiere fedelmente la volontà di Dio nei propri confronti, come si manifesterà;
f) infine si può concedere l’assoluzione sacramentale e la comunione eucaristica, avendo cura di mantenere la riservatezza e di evitare lo scandalo (cf. AL 299);
g) il sacerdote ha bisogno di carità e sapienza, per testimoniare la misericordia di Dio che a tutti e sempre offre il perdono e nello stesso tempo per discernere se il perdono viene realmente accolto dal penitente con la necessaria conversione. (Non sembra però che il cristiano, finché rimane in una situazione oggettivamente disordinata, possa rivendicare il diritto ai sacramenti, appellandosi alle sue disposizioni interiori e al suo giudizio di coscienza. Nel capitolo ottavo, “Amoris laetitia” non sembra voler dare comandi, ma solo consigli)».
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