"Macché uomo d'odio Da presidente difenderà i valori della Chiesa"
Libertà religiosa, sanità e tutela della vita: il cardinale americano "benedice" il tycoon
Libertà religiosa, sanità e tutela della vita: il cardinale americano "benedice" il tycoon
Il cardinale Raymond Leo Burke, dal 2014 è Patrone del Sovrano Militare Ordine di Malta, statunitense e da tanti anni in Vaticano.
Il 26 settembre 2015 papa Francesco lo ha nominato membro della Congregazione delle cause dei santi.
Cardinale, come legge il risultato delle elezioni americane con la vittoria di Donald Trump?
«Ecco, credo che sia un risultato espressione di una lunga crisi che sta attraversando il Paese ormai da diversi anni, con una campagna elettorale che ha scaldato gli animi e che ha dimostrato la volontà di grande cambiamento cercata dal popolo americano. Certamente la crisi ha influito molto nel risultato, adesso la speranza è che l'America, con questo nuovo presidente possa ritrovare una buona strada da percorrere».
«Sicuramente è un momento di grande paura non solo per l'America ma anche per tutto il mondo. Sentiamo sempre le notizie che arrivano e sono drammatiche. Sono convinto che in questo risultato ci sia anche una componente di paura di chi spera che le cose adesso si possano sistemare».
Crede che Donald Trump terrà conto di quelli che sono i valori tanto cari alla Chiesa cattolica?
«Da quello che ho sentito in campagna elettorale mi pare che il nuovo presidente capisca bene quali sono i beni fondamentali per noi importanti. In primo luogo sono convinto che, da come ha detto, avrà a cuore la difesa della vita umana sin dal suo concepimento e che potrà mettere in campo tutte le azioni possibili per contrastare l'aborto. E poi credo anche che abbia ben chiaro l'insostituibile bene della libertà religiosa. Infine sicuramente porrà attenzione alla Sanità americana, tema che per ora non va molto bene negli Stati Uniti».
Se da un lato Trump si occuperà anche dei temi cari alla Chiesa, dall'altro dice però che vuol costruire un muro contro gli immigrati al confine con il Messico (Sarà un muro impenetrabile, alto, imponente e bello. E lo pagherà il Messico), barriera, quella dei muri, che Papa Francesco ha sempre criticato, dicendo: "Bisogna costruire ponti di pace e non muri di odio"...
«Non penso che il nuovo Presidente sarà ispirato da odio nel trattamento della questione dell'immigrazione, una questione di prudenza che richiede la conoscenza di chi sono gli immigrati, delle ragioni che li spingono ad emigrare e della capacità delle comunità locali ad accoglierli. La carità deve essere sempre intelligente e, perciò, informata da una profonda conoscenza della situazione sia di chi vuol immigrare sia di chi deve ricevere queste persone».
Oltre a questo, la grande paura è che sul tema della politica estera Trump possa compiere qualche azione spregiudicata avendo a disposizione uno sconfinato arsenale nucleare...
«Non ho paura di questo. Credo che Donald Trump seguirà la lunga tradizione dei presidenti americani di cooperazione e comunicazione con le potenze internazionali e dubito fortemente che possa compiere qualche azione unilaterale che metta in pericolo il mondo. Sono convinto che si confronterà con gli altri Paesi sui più svariati temi di politica estera».
Quanto alla Russia, Trump ha detto che Putin potrà essere un buon partner nella lotta al terrorismo islamico...
«È vero, lo ha detto, speriamo ci siano sempre buone relazioni tra i nostri due Paesi».
Qual è quindi il suo auspicio per il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America?
«Mi auguro che Trump possa seguire i principi e i dettami della nostra Dichiarazione di Indipendenza e della Costituzione, che sia certamente un buon presidente, che possa occuparsi delle divisioni nel Paese (ha infatti detto alla Clinton che è il momento di non dividersi) e che ci sia quindi la comprensione incondizionata e perciò l'unione tra tutti i cittadini americani».
- Gio, 10/11/2016
UNA RESPONSABILITA' TREMENDA
I politici mondialisti massoni si stanno assumendo una responsabilità tremenda: quella di spingere i loro popoli all’esasperazione, di farli diventare intolleranti e razzisti, nonché di preparare un clima da guerra civile
di Francesco Lamendola
I politici mondialisti, massoni e rappresentanti dell’oligarchia finanziaria e gnostico-nichilista si stanno assumendo una responsabilità tremenda: quella di spingere i loro popoli all’esasperazione, di farli diventare intolleranti e razzisti, nonché di preparare un clima da guerra civile, che prima o poi potrebbe provocare un incendio devastante.
Sempre più evidente appare lo scollamento fra i popoli dell’Occidente e le loro classi dirigenti, specialmente i politici di lungo corso; sempre più evidente è il divario, per non dire l’abisso, che si sta creando fra essi, e che continua ogni giorno ad allargarsi, come mai era accaduto prima. Fino a qualche tempo fa, il segno del divario era dato dalla scarsa partecipazione delle masse alla vita politica e le bassissime percentuali dei votanti alle elezioni, sia politiche che amministrative; da qualche tempo in qua, esso ha preso una forma nuova: quello di una protesta sempre più ampia e generalizzata. In questo senso, la inaspettata vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane del novembre 2016 segna realmente una svolta, uno spartiacque: è difficile pensare, adesso, che le cose potranno tornare come prima. Sono due o tre decenni che sorgono e si sviluppano dei movimenti di contestazione alla politica ufficiale dei governi: alla politica mondialista, immigrazionista, omosessualista, islamofila (e si noti l’incongruenza degli ultimi due elementi: ma tant’è, qualcuno provi a spiegarlo ai soloni del politically correct); nessuno, però, finora, ha acquistato dimensioni consistenti, e perciò sono stati tutti snobbati, derisi e liquidati come manifestazioni di “populismo”, di “provincialismo”, di “conservatorismo” e di “razzismo”.
Adesso le cose sono cambiate. Contro tutti i pronostici (ma chi li aveva fatti, quei pronostici? e quanto erano truccati, quei sondaggi?), Trump ha battuto senza scusanti Hillary Clinton, portato alla presidenza da un’America profonda che i liberal di casa nostra, e di casa, loro possono anche permettersi di disprezzare e di equiparare al Ku-Klux-Klan, ma che, piaccia o non piaccia, sa molto bene quello che vuole, o, quanto meno, quello che non vuole: non vuole essere dominata dagli immigrati clandestini, dalle minoranze aggressive, dalle lobby finanziarie e dalla Massoneria. È stato un vero e proprio moto di popolo, che ha rovesciato tutte le aspettative della stragrande maggioranza degli osservatori, dei giornalisti, dei sedicenti intellettuali, nonché dei politici europei. L’America profonda, che è, fino a prova contraria, l’America “vera” (New York e Los Angeles, per motivi simili e complementari, non lo sono affatto), è stanca di un Partito Democratico che vorrebbe trasformare la presidenza in una dinastia; è stanca di un Obama che, alla faccia del suo Premio Nobel per la Pace, ha portato il mondo vicinissimo alla terza guerra mondiale; è stanca di una politica estera assurdamente ostile alla Russia, prona ai voleri d’Israele, fiancheggiatrice e finanziatrice dell’Isis e di altre frange del terrorismo islamico; è stanca di quella ipocrisia per cui si vuole abbattere a ogni costo il “dittatore”Assad in Siria, ma si va d’amore e d’accordo, più che mai, con la becera monarchia saudita, finanziatrice, a sua volta, di tutti i terroristi e di tutti i migranti/invasori, con il preciso scopo d’islamizzare e negrizzare sia l’Europa che l’America. Il popolo americano non vuole esser trascinato in guerra né per la Crimea, né per la Lettonia: capisce che sono solo pretesti per tagliare le ali a Putin e per rafforzare la presa sull’Europa tramite la NATO, divenuta ormai uno strumento dello sfrenato imperialismo yankee. L’americano medio, però, ha mostrato di avere più buon senso di Barack Obama e della sua candidata alla successione, Hillary Clinton, per la cui vittoria si era speso in maniera così plateale e così poco corretta.
Ora assisteremo al penoso voltafaccia di tutti i politici europei che avevano scommesso sulla vittoria democratica e fatto i loro conti in base ad essa; li vedremo tutti, Merkel, Hollande e Renzi in testa, abbozzare un sorriso e dichiarare la loro immutata e indefettibile amicizia per il grande alleato americano. Perfino Giovanna Botteri, prima o poi, elaborerà il lutto e riprenderà i suoi collegamenti televisivi, sia pure con il cuore pesante; perfino la signora Boldrini dovrà farsene una ragione.
Resta il fatto che, se in America il popolo ha fatto sentire la sua voce, e ha sventato le arroganti manovre della finanza massonica (si tenga presente che Trump ha vinto pur disponendo di un budget per la campagna elettorale che era la metà di quello della sua rivale: il che dimostra da che parte si fossero schierati i miliardari americani), in Europa, dove la situazione economica e quella della migrazione/invasione è ancora più drammatica, il potere, per il momento, resta nelle mani degli stessi politici, screditati e antipatriottici, i quali vogliono persuadere i loro concittadini che tutto sta andando bene, e che accogliere i migranti/invasori è la sola cosa giusta da fare, oltre che la sola scelta eticamente possibile. Vale a dire che intendono seguitare a fare orecchi mercante rispetto al malcontento che sta montando, dal basso, sempre più; e che ha già dato luogo ad episodi, come quello di Gorino, di fiera ripulsa, da parte dei cittadini, della imposizione dell’accoglienza. In Francia vi sono state le grandi manifestazioni dei poliziotti, esasperati per una presenza magrebina sempre più massiccia e sempre più ingestibile, in particolare dopo il gravissimo attentato contro due agenti che stavano pattugliando un quartiere periferico di Parigi ad altissima densità criminale, e i cui residenti, quasi tutti nordafricani, non gradivano l’installazione di una telecamera di sorveglianza, perché volevano completa libertà di spacciare droga e di delinquere, nonché far vedere che, nelle “loro” strade, i rappresentanti delle autorità francesi non hanno neppure il diritto di farsi vedere, a meno di voler rischiare d’essere bruciati vivi.
I mass media di regime, però, hanno parlato poco, in Italia, dei fatti di Gorino, e di tanti altri piccoli e medi comuni in rivolta; e, soprattutto, non hanno parlato affatto delle ragioni che spingono la gente a protestare con forza sempre maggiore. Le cose sono arrivate a un punto tale che i prefetti cominciano a requisire gli alberghi per metterci dentro i sedicenti rifugiati d’autorità, con o senza il benestare dei legittimi proprietari: scene da comunismo di guerra. Se proprio ne parlano, i giornali e i telegiornali lo fanno sporadicamente, episodicamente, quando accadono, ora qui, ora là, gli episodi più clamorosi; ma tutti fanno finta di non vedere qual è lo sfondo del problema: ossia l’installarsi in Italia (e nel resto d’Europa) di una massa d’immigrati africani e asiatici “regolari” che ammonta, ormai, a più del 10% della popolazione totale, e che, stante l’enorme divario nel tasso d’incremento demografico fra essi e i cittadini, come chiamarli?, “indigeni”, prospetta una Europa islamizzata nel giro di due generazioni al massimo. Le ultime ondate di profughi, che tali non sono al novanta per cento, rappresentano solo la goccia che sta facendo traboccare il vaso. Anche senza di loro, l’Italia, la Francia, il Belgio, la Germania, l’Olanda, la Svezia, la Gran Bretagna, hanno accolto una quota di gran lunga esorbitante di stranieri, in parte già divenuti cittadini in senso tecnico, ma che tali non si sentono nell’intimo, perché non hanno alcuna intenzione d’integrarsi; e si ricordi che i terroristi islamici che hanno colpito, negli ultimi mesi, in diverse città europee, sono, tutti, cittadini francesi, belgi, britannici, eccetera, di seconda o piuttosto di terza generazione.
Qualcuno (il “filantropo” George Soros? gli esecutori del Piano Kalergi?) ha deciso, almeno tre decenni fa, ma probabilmente già da prima, che la popolazione europea, peraltro sempre più vecchia e stanca, deve essere sostituita da una popolazione nuova, giovane e afro-asiatica, dal poderoso tasso di natalità; una popolazione islamica, che farà sparire le chiese e le sostituirà con le moschee, che farà sparire la Croce e la sostituirà con la Mezzaluna. La Chiesa cattolica, in questa congiuntura, si sta comportando esattamente come i politici europei nei confronti dei loro concittadini: tenta ostinatamente d’imporre ai fedeli una politica immigrazionista e “interreligiosa” che essi non capiscono, che non approvano, che giudicano con estrema preoccupazione; tuttavia, se per caso qualche fedele, o qualche prete, o qualche vescovo, osano parlare a voce alta ed esprimere il loro disagio, la loro perplessità, il loro dissenso, l’unica cosa che sanno fare papa Francesco, i cardinali “progressisti” e tutti i vescovi buonisti e neomodernisti, è rimproverarli aspramente, accusarli di essere “rigidi”, di essere egoisti, di essere ipocriti, di non esse misericordiosi, di non aver capito che il Vangelo è amore (certo che lo è; ma è anche discernimento, prudenza e giustizia), di non voler lasciar fare a loro, che hanno capito tutto e che stanno fedelmente interpretando lo spirito del vangelo (anche se, forse, non è proprio lo Spirito Santo, con la maiuscola, e nemmeno il Vangelo di Gesù, il solo che vada scritto con la lettera maiuscola). I governanti sono con i clandestini e contro i cittadini, come i vescovi sono con gli islamici e contro i fedeli.
Peraltro, la neochiesa non ha scelto solo di schierarsi con i migranti/invasori di religione islamica – quelli, per intenderci, che gettano in mare, durante la traversata del Mediterraneo, i loro compagni di religione cristiana, o che, nei centri di accoglienza, li maltrattano e li costringono a mangiare gli avanzi -, ma anche con un certo giudaismo filo-sionista, molto vicino alle grandi banche americane che fanno il bello e il brutto nella finanza mondiale, e, ancor più, con le potenti lobby gnostico-massoniche, che controllano buona parte della stampa, dell’industria e degli altri mezzi di comunicazione, e che, tramite le lobby omosessualiste, vogliono imporre l’ideologia gender nelle scuole e nell’intera società. E se qualcuno stesse pensando che ciò è esagerato, pensi all’elogio funebre di Marco Pannella fatto da padre Lombardi, portavoce ufficiale del pontefice, o dei continui andirivieni in Vaticano di Emma Bonino; e pensi a come il pontificato di Francesco sia iniziato con una intervista a Eugenio Scalfari, i cui contenuti e i cui toni hanno fatto polpette di buona parte di ciò che la sana dottrina cattolica è stata per decenni e per secoli, e di ciò che ha rappresentato nella evoluzione sociale, culturale e spirituale del popolo italiano. Curiose circostanze: Hillary Clinton, la paladina dei poveri, finanziata dalle grandi banche ebreo-americane; e il Vaticano di Bergoglio, paladino dei migranti, in ottime relazioni con le maggiori banche d’Europa e con… George Soros. Il quale non ha nascosto di aver puntato su questo papa, sostenendolo finanziariamente, per sostenere la sua riforma della Chiesa in senso favorevole alle migrazioni/invasioni, e alle lotte per i diritti civili: leggi aborto, eutanasia e matrimoni omosessuali.
Quello che più dovrebbe preoccupare, e, anzi, spaventare i nostri uomini politici – nostri, non solo d’Italia, ma d’Europa, e anche di altri Paesi – è la silenziosa, irresistibile mutazione che si sta operando nei loro cittadini, in quei cittadini che costituiscono la parte più profonda e, piaccia o no, più “vera” delle rispettive nazioni: se è esatto affermare che un francese della Normandia è più autenticamente francese di un parigino, o un italiano della Lombardia più autenticamente italiano di un romano, e un americano del Midwest, più autenticamente americano di un newyorkese. Le grandi città, si sa, sono liberal, progressiste, multiculturaliste e omosessualiste; ma le piccole città ed i paesi non la pensano allo stesso modo; ed è lì, nelle province, nelle campagne, che si è conservato quel che resta dell’anima dei popoli. L’urbanizzazione del XIX e XX secolo ha ammassato milioni di persone nelle metropoli, ma le ha sradicate dalle loro tradizioni e ne ha fatto altrettanti alienati, anonimi e spersonalizzati. Ed ecco perché Trump ha vinto col voto dell’America interna, ma non di New York; perché Le Pen trionfa nei dipartimenti, ma non a Parigi; e perché, in proporzione, sono più combattivi e decisi a resistere alla globalizzazione omologante i piccoli Stati “arretrati” dell’Europa centro-orientale, come la Slovacchia e l’Ungheria, che i grandi Stati, ormai assuefatti, e quasi rassegnati, alle “meraviglie” della modernità, invasione compresa.
La mutazione silenziosa che si sta operando nella maggioranza dei cittadini europei è questa: che, dopo avere accolto con simpatia, calore ed autentico spirito di solidarietà i primi profughi, i primi immigrati, poi, un poco alla volta, davanti al fatto che dalle migliaia si passava ai milioni, e che sia i politici, sia gli uomini di Chiesa, predicavano e predicano, anzi, esigono ed impongono, l’accoglienza indiscriminata, nonostante i problemi ormai gravissimi a livello sociale che tali presenze provocano, e lo sconcerto dei popoli che non capiscono perché mai la civiltà europea, con tutto ciò che ha prodotto nei secoli in fatto di arte, scienza, storia, cultura, debba essere gettata via e sommersa da ondate su ondate di persone le quali, molto spesso, non mostrano alcuna voglia d’integrarsi, e neppure di lavorare, ma che assumono sempre più i modi e lo stile dei conquistatori, ebbene, ora non ne possono più, e hanno deciso di dire: Basta. Se i nostri politici e i nostri monsignori si prendessero la briga di scendere dai loro palazzi (anche ideologici) e parlassero un po’ con la gente comune, si accorgerebbero di una cosa: che il popolo italiano, che non è mai stato razzista, ora lo sta diventando. E lo sta diventando per la rabbia di vedere come l’Italia viene svenduta, ogni santo giorno, in nome di non si sa quale ordine sceso dall’alto, e di non si sa quale astratto imperativo categorico; che la sua Marina militare è ridotta a fungere da servizio taxi agli invasori e ai falsi profughi; che le sue risorse finanziarie vengono destinate a mantenere, per un tempo medio di due anni, migliaia di baldi giovanotti che non fanno nulla tutto il giorno e vengono alloggiati in albergo e spesati d’ogni cosa, mentre i nostri pensionati vivono di stenti e umiliazioni...
Si stanno assumendo una responsabilità tremenda
di Francesco Lamendola
http://www.ilcorrieredelleregioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=10146:una-responsabilita-tremenda&catid=114:civiltaoccidentale&Itemid=145
Trump, non è “uomo di Davos”
10 novembre 2016
Due facciate su Trump, la sua visione del medio Oriente e i suoi non legami con il mondo della finanza,
nella biografia di Mattia Ferraresi, La febbre di Trump, del luglio 2016:
Una ventata d’aria fresca scuote il mondo, una opportunità per la pace ed un calcio ben assestato ai potentati finanziari, ai grandi media alimentati alla base dai rettili di questi poteri, agli analisti ed opinionisti del “pensiero unico”, a quelli del politicamente corretto, ai guerrafondai, ai progressisti ed ai loro portavoce ai codardi e ben pagati.
Il repubblicano Donald Trump ha fatto commuovere mezza opinione pubblica degli Stati Uniti ed il mondo intero nell’aver sbaragliato la corrotta e criminale Hillary Clinton nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti.
Trump, un populista con un discorso antisistema, sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti, Con l’appoggio massiccio degli statunitensi bianchi scontenti e risentiti contro le elites politiche ed economiche ed inquieti per il cambiamento demografico accelerato. Trump accusato di essere “un agente di Vladimir Putin” che propone di riformare le alleanze internazionali degli USA, ha rotto ogni pronostico, tutti i sondaggi ed ha ottenuto la vittoria, nessuno come Trump ha saputo interpretare la stanchezza e la nausea verso l’establishment al potere, quello con cui si identificava Clinton.
La ondata populista globale è arrivata alla Casa Bianca, “Le donne e gli uomini dimenticati del nostro paese già non saranno più dimenticati”, ha detto Trump, pronunciando il suo discorso di vittoria a New York.
Dal Nord al Sud, dall’Est all’Ovest, negli Stati dove si è votato per un presidente democratico, Barack Obama, nel 2008 e nel 2012, e negli Stati repubblicani, lo tsunami di Trump, una combinazione del voto rurale e del voto operaio bianco, ha spazzato via le strategie sofisticate di manipolazione della campagna democratica ed ha annullato l’effetto del voto latino e delle minoranze a favore della Clinton.
Dopo la giornata elettorale che si è celebrata questo 8 di Novembre, il repubblicano ha ottenuto più di 270 voti di fronte ai 218 della sua rivale del Partito Democratico, Hillary Clinton.
Mano a mano che arrivavano i risultati negli Stati chiave, e Trump cumulava vittoria dopo vittoria, si evidenziava lo sconcerto degli specialisti in sondaggio, degli strateghi democratici, dei mercati finanziari e delle cancellerie occidentali.
Dopo la giornata elettorale che si è celebrata questo 8 di Novembre, il repubblicano ha ottenuto più di 270 voti di fronte ai 218 della sua rivale del Partito Democratico, Hillary Clinton.
Mano a mano che arrivavano i risultati negli Stati chiave, e Trump cumulava vittoria dopo vittoria, si evidenziava lo sconcerto degli specialisti in sondaggio, degli strateghi democratici, dei mercati finanziari e delle cancellerie occidentali.
La vittoria in Florida, Stato in cui il presidente Obama, democratico come la Clinton, aveva vinto per due volte, ha aperto la via per la vittoria di un magnate immobiliarista e stella della telerealtà che ha saputo scuotere i canoni della politica tradizionale. Trump ha poi vinto nella Carolina del Nord, nell’Ohio e in Pensilvania, tra gli altri Stati dove la Clinton necessitava di vincere.
Trump ha dimostrato che un uomo praticamente solo, contro tutto e contro tutti, senza dipendere dai donatori multimilionari, è in grado di arrivare nella sala di comando del potere mondiale. A partire dal 20 di Gennaio, lì nell’Ufficio Ovale, Trump avrà a portata di mano la valigetta con i codici nucleari ed avrà il controllo delle forze armate più letali del pianeta, oltre a disporre di un pulpito unico per dirigere il suo paese e per segnare l’agenda mondiale.
Il repubblicano ha smentito tutti quelli che, da metà dell’anno, pronosticavano interessatamente la sua sconfitta. Lui ha sconfitto i Clinton, la famiglia mafiosa più possente della politica statunitense nelle ultime tre decadi, se si eccettua ad un’altra famiglia, quella dei repubblicani Bush, i quali anche loro si opponevano a lui. Trump ha dovuto affrontare l’apparato del suo stesso partito, l’apparato dei mega media controllato da Wall Street, fino a quelli delle grandi capitali europee e latinoamericane e alle organizzazioni internazionali come la NATO.
Il suo merito è consistito nell’intendere il malessere degli statunitensi vittime del ventoforte della globalizzazione, le classi medie che non hanno smesso di perdere il potere d’acquisto nelle ultime decadi, che hanno visto come la Grande Recessione abbia paralizzato l’ascensore sociale, quelli che assistono sconcertati ai cambiamenti demografici e sociali in un paese le cui elites politiche ed economiche li ignorano. I bianchi della classe lavoratrice – una minoranza una volta democratica che si trova in concorrenza con altre minoranze come i latini o i negri ma che manca di uno status sociale di vittima – che hanno trovato in Trump l’uomo della “provvidenza”.
Il golpe si dirige alle elites statunitensi e globali. Ed è una prova di quei tempi di incertezza che si coltivano nel caldo brodo idoneo per i leaders con i sensori giusti per identificare i timori della società e con un messaggio semplificatore che individui il nemico interno ed esterno.
Gli interminabili scandali di Clinton hanno lastricato la sua candidatura. Pochi politici si identificavano tanto con le elites come con lei. Alla fine dei conti, è la moglie di un ex presidente degli USA, una repubblica fondata sulle dinastie, già i cittadini USA ne avevano avuto a sufficienza con i presidenti Bush padre e figlio.
El Espia Digital
Traduzione: Manuel De Silva
I quadri del Partito Democratico e più che altro i commentatori liberal alla ricerca del perché gli americani abbiano eletto presidente Donald J. Trump si affannano a spiegare che Hillary Clinton è stato il candidato sbagliato. Non è vero. È stato il candidato peggiore. Per questo è stata sconfitta sonoramente.
DISFATTA DEL GIORNALISMO di R. Razzante
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