Il papa tace, ma i cardinali suoi amici parlano. E accusano
Il prefetto del nuovo dicastero per la famiglia attacca l'arcivescovo di Philadelphia, Charles J. Chaput, per come attua "Amoris laetitia" nella sua diocesi. Ecco le linee guida finite sotto processo
di Sandro Magister
di Sandro Magister
ROMA, 23 novembre 2016 – Non una parola è uscita dalla bocca di papa Francesco, dopo che quattro cardinali gli hanno pubblicamente chiesto di sciogliere cinque grossi "dubbi" sollevati dai passaggi più controversi di "Amoris laetitia":
> "Fare chiarezza". L'appello di quattro cardinali al papa
O meglio, una non risposta il papa l'ha data, quando nell'intervista a Stefania Falasca per "Avvenire" del 18 novembre a un certo punto ha detto, dando del tu all'intervistatrice, sua amica di lunga data:
"Alcuni – pensa a certe repliche ad 'Amoris laetitia' – continuano a non comprendere, o bianco o nero, anche se è nel flusso della vita che si deve discernere".
E un'altra non risposta l'ha data nell'udienza generale di mercoledì 23 novembre, dedicata proprio all'opera di misericordia "consigliare di dubbiosi":
"Non facciamo della fede una teoria astratta dove i dubbi si moltiplicano".
In compenso, si sono messi a parlare al posto del papa non pochi ecclesiastici della sua cerchia, i quali hanno fatto a gara nel dire che l'esortazione postsinodale "Amoris laetitia" è già in sé chiarissima e non può dar adito a dubbi, e quindi chi li solleva in realtà attacca il papa e disubbidisce al suo magistero.
In queste loquaci sortite si è particolarmente distinto il cardinale Christoph Schönborn, già più volte pubblicamente indicato da papa Francesco come suo interprete autorizzato e primo custode della dottrina della Chiesa, con buona pace del cardinale Gerhard L. Müller, il cui ruolo di prefetto della congregazione per la dottrina della fede è ormai ridotto a un mero titolo onorifico.
Ma il più incontinente è stato un altro cardinale, freschissimo di porpora, lo statunitense Kevin J. Farrell, il quale ha detto in un'intervista al "National Catholic Reporter":
"In 'Amoris laetitia' è lo Spirito Santo che parla. Deve essere presa così com'è. È il documento guida per gli anni a venire. Onestamente non vedo perché alcuni vescovi pensino di doverla interpretare".
Quindi sbaglia chi pretende che Francesco intervenga ancora. "Io penso che il papa abbia parlato" a sufficienza – ha aggiunto Farrell – quando il 5 settembre ha dato la sua approvazione all'esegesi di "Amoris laetitia" fatta dai vescovi argentini della regione di Buenos Aires, secondo cui non è escluso che dei divorziati civilmente risposati possano fare la comunione anche continuando a vivere "more uxorio".
Farrell è stato fatto cardinale da papa Jorge Mario Bergoglio nel concistoro dello scorso 19 novembre. E dallo scorso agosto è prefetto del nuovo dicastero vaticano per i laici, la famiglia e la vita.
È quindi uno dei volti nuovi della nuova curia di papa Francesco. Una curia che – viene ripetuto in continuazione – dovrebbe non più conculcare ma favorire la multiforme "creatività" di ciascun vescovo nella rispettiva diocesi.
In realtà qui è avvenuto l'opposto. In un'altra intervista – questa volta al "Catholic News Service", l'agenzia della conferenza episcopale degli Stati Uniti – Farrell ha pensato bene di aggredire "ad personam" un illustre vescovo suo connazionale, la cui "colpa" sarebbe stata proprio quella di aver offerto alla sua diocesi delle linee guida per l'attuazione di "Amoris laetitia", che evidentemente allo stesso Farrell non sono piaciute.
L'aggredito non è uno sconosciuto. È Charles J. Chaput, arcivescovo di Philadelphia, la città che nel 2015 ha ospitato l'incontro mondiale delle famiglie al quale papa Francesco fece visita (vedi foto).
Chaput è francescano ed è il primo vescovo degli Stati Uniti nato in una tribù di nativi americani. La pastorale famigliare è una delle sue competenze riconosciute. Ha partecipato al sinodo sulla famiglia e al termine della sua seconda e ultima sessione è stato eletto con una valanga di voti tra i dodici componenti del consiglio di cardinali e vescovi che fa da ponte tra un sinodo e l'altro.
A giudizio di Farrell, egli ha però il difetto di aver dettato ai suoi sacerdoti e fedeli delle linee guida "chiuse" invece che "aperte" come papa Francesco vuole.
"Io non condivido il senso di ciò che l'arcivescovo Chaput ha fatto", ha detto il nuovo prefetto vaticano della pastorale della famiglia. "La Chiesa non può reagire chiudendo le porte ancor prima di ascoltare le circostanze e la gente. Non è così che si fa".
Chaput ha reagito all'incredibile attacco con una lapidaria controintervista al "Catholic News Service", riportata integralmente in italiano e in inglese in questo post di "Settimo Cielo":
> Il papa tace, ma il neocardinale suo amico parla e accusa. Non c'è pace su "Amoris laetitia"
Ma ciò che ora più interessa verificare da vicino è la materia del contendere, cioè le linee guida offerte da Chaput alla sua arcidiocesi di Philadelphia.
Sono riprodotte qui di seguito per intero. Queste sì chiare, senza ombra di dubbio.
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Linee guida pastorali per l'attuazione di "Amoris laetitia"
Arcidiocesi di Philadelphia, 1 Luglio 2016
L'esortazione apostolica "Amoris laetitia" completa la riflessione sulla famiglia condotta dai sinodi del 2014 e 2015, una riflessione che ha coinvolto il mondo intero.
Pubblicando "Amoris laetitia", papa Francesco ancora una volta invita la Chiesa a rinnovare e intensificare l'annuncio missionario cristiano della misericordia di Dio, e allo stesso tempo a presentare in modo più persuasivo l'insegnamento della Chiesa sulla natura della famiglia e sul sacramento del matrimonio. "Amoris laetitia" ha sezioni di eccezionale bellezza e utilità sulla natura della vita familiare e dell'amore coniugale. Nel corso del prossimo anno (2016-17), queste saranno una risorsa fondamentale nel rivedere e aggiornare i nostri programmi di preparazione al matrimonio nell'arcidiocesi di Philadelphia.
Con tutto questo il Santo Padre, in unione con tutta la Chiesa, spera di rafforzare le famiglie esistenti e di andare incontro a coloro i cui matrimoni sono falliti, compresi i lontani dalla vita della Chiesa.
"Amoris laetitia" dunque invoca un accompagnamento attento di coloro che hanno una comprensione imperfetta della dottrina cristiana sul matrimonio e sulla vita familiare, che magari non vivono in accordo con la fede cattolica, eppure desiderano di essere integrati più pienamente nella vita della Chiesa, compresi i sacramenti della penitenza e dell'eucaristia.
Le affermazioni del Santo Padre si basano sulla classica visione cattolica, fondamentale per la teologia morale, della relazione tra la verità oggettiva circa il bene e male – per esempio, la verità circa il matrimonio rivelata da Gesù stesso – e il modo conn cui la singola persona afferra e applica quella verità a situazioni particolari nel suo giudizio di coscienza. L’insegnamento cattolico chiarisce che la coscienza soggettiva dell'individuo non può mai essere contrapposta alla verità morale oggettiva, come se la coscienza e la verità fossero due principi in competizione nel processo per una decisione morale.
Come Giovanni Paolo II ha scritto, tale punto di vista “mette in questione l'identità stessa della coscienza morale di fronte alla libertà dell'uomo e alla legge di Dio… La coscienza non è una fonte autonoma ed esclusiva per decidere ciò che è buono e ciò che è cattivo” (Veritatis splendor 56, 60). Piuttosto, "la coscienza è l'applicazione della legge oggettiva a un caso particolare" (Veritatis splendor 59). La coscienza si trova sotto la legge morale oggettiva e dovrebbe essere formata da essa, così che “la verità circa il bene morale, dichiarata nella legge della ragione, è riconosciuta praticamente e concretamente dal giudizio della coscienza" (Veritatis splendor 61).
Ma siccome delle persone con retta intenzione possono sbagliare in questioni di coscienza, soprattutto in una cultura che è già profondamente confusa circa le questioni complesse del matrimonio e della sessualità, uno può essere non pienamente colpevole per il fatto di agire contro la verità. I ministri della Chiesa, mossi dalla misericordia, dovrebbero adottare un approccio pastorale attento a tutte queste situazioni, un approccio sì paziente ma anche fedelmente fiducioso nella verità salvifica del Vangelo e nella forza trasformante della grazia di Dio, confidando nelle parole di Gesù Cristo, il quale promette che "conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv 8, 32). I pastori dovrebbero sforzarsi di evitare sia un soggettivismo incurante della verità, sia un rigorismo che manca di misericordia.
Come con tutti i documenti magisteriali, "Amoris laetitia" si comprende meglio se letta all'interno della tradizione di insegnamento e di vita della Chiesa. In effetti, lo stesso Santo Padre afferma chiaramente che né l'insegnamento della Chiesa, né la disciplina canonica sul matrimonio sono cambiate: "È comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal sinodo o da questa esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi". ("Amoris laetitia" 300): un punto, questo, ribadito dal cardinale Schönborn nel presentare il documento in Vaticano. L’esortazione del Santo Padre dovrebbe quindi essere letta in continuità con il grande tesoro della sapienza tramandata dai Padri e Dottori della Chiesa, la testimonianza della vita dei Santi, gli insegnamenti dei Concili della Chiesa e i precedenti documenti magisteriali.
Come "Amoris laetitia" fa notare, i vescovi devono provvedere all'accompagnamento di persone estraniate e ferite con delle linee guida che riflettano fedelmente la fede cattolica ("Amoris laetitia" 300). Quelle che seguono sono le linee guida dell'arcidiocesi destinate ai sacerdoti e diaconi, seminaristi e laici che lavorano nel campo del matrimonio, del ministero sacramentale e della cura pastorale delle questioni della sessualità umana. Esse sono in vigore a partire dal 1 luglio 2016.
Per le coppie cattoliche sposate
Il matrimonio cristiano, per sua natura, è permanente, monogamo e aperto alla vita. L'espressione sessuale dell'amore all'interno di un matrimonio veramente cristiano è benedetta da Dio: un potente legame di bellezza e di gioia tra uomo e donna. Gesù stesso ha elevato il matrimonio a una nuova dignità. Il matrimonio valido di due battezzati è un sacramento che conferisce la grazia, con la potenzialità di approfondire la vita della coppia in Cristo, specialmente attraverso il privilegio condiviso di portare nuova vita nel mondo e far crescere i figli nella conoscenza di Dio.
Il matrimonio e la crescita dei figli sono fonti di grande gioia. Hanno momenti (come la nascita di un figlio) nei quali la presenza di Dio è palpabile. Ma una vita intimamente condivisa può anche causare tensione e sofferenza. La fedeltà coniugale è un incontro continuo con la realtà. Quindi comporta veri e propri sacrifici e la disciplina di subordinare le proprie esigenze ai bisogni degli altri. "Amoris laetitia" ricorda ai mariti e alle mogli che "tutta la vita in comune degli sposi, tutta la rete delle relazioni che tesseranno tra loro, con i loro figli e con il mondo, sarà impregnata e irrobustita dalla grazia del sacramento" ("Amoris laetitia" 74). Integrate in ogni piano pastorale che miri a sostenere le coppie sposate ci dovrebbero essere delle istruzione sulla grazia sacramentale a loro disposizione e, in particolare, su come possono più pienamente attingere a questa fonte di grazia, così che essi sperimentino la potenza del sacramento per rafforzare il loro rapporto, non solo come un'idea, ma come una realtà che ha un impatto sulla loro vita coniugale quotidiana.
Strettamente legate a questo, i pastori dovrebbero sottolineare l'importanza della preghiera comune e della lettura domestica della Scrittura, traendo beneficio della grazia offerta a loro dalla ricezione frequente dei sacramenti della penitenza e della comunione, e la necessità di costruire un sostegno reciproco con amici e famiglie cattoliche impegnate. Ogni famiglia è una "chiesa domestica", ma nessuna famiglia cristiana può sopravvivere indefinitamente senza l'incoraggiamento di altre famiglie credenti. La comunità cristiana deve soprattutto trovare il modo di coinvolgere e aiutare le famiglie che sono oppresse dalla malattia, da rovesci finanziari e da attriti tra coniugi.
Per i cattolici e i cristiani che sono separati o divorziati ma non risposati
I pastori incontrano spesso delle persone i cui matrimoni devono affrontare gravi disagi, a volte per ragioni che sembrano immeritate e talvolta per colpa di una o di entrambe le parti sposate. L'essere separato o divorziato, e così trovarsi solo, può comportare grandi sofferenze. Può significare la separazione dai propri figli, una vita senza intimità coniugale e per alcuni la prospettiva di non avere figli. I pastori dovrebbero offrire a queste persone amicizia, comprensione, contatti con esperti laici affidabili e aiuto pratico, in modo che possano mantenere la loro fedeltà anche quando è posta sotto pressione.
Allo stesso modo, le parrocchie dovrebbero essere vivamente impegnate per il bene spirituale di coloro che si trovano separati o divorziati per un lungo periodo. Alcune persone, consapevoli che un vincolo matrimoniale valido è indissolubile, si astengono consapevolmente da una nuova unione e si dedicano a svolgere i loro compiti familiari e cristiani. Nessun ostacolo impedisce che questi ricevano la Comunione e gli altri sacramenti. In effetti, essi dovrebbero ricevere i sacramenti regolarmente, e meritano il caloroso sostegno della comunità cristiana, in quanto mostrano una straordinaria fedeltà a Gesù Cristo. Dio è fedele con loro anche quando i rispettivi coniugi non lo sono: è questa una verità che i cattolici dovrebbero rafforzare.
In alcuni casi, si può ragionevolmente chiedere se l'originario vincolo matrimoniale sia valido, e quindi se possano esistere ragioni per un decreto di nullità (un "annullamento"). Ai giorni nostri tali casi non sono infrequenti. Quelli che si trovano in queste circostanze dovrebbero essere fortemente incoraggiati a chiedere l'assistenza di un tribunale matrimoniale della Chiesa. L'indagine in questi casi dovrebbe essere sempre guidata dalla verità della situazione: Un matrimonio valido c'è stato? i decreti di nullità non sono un rimedio automatico o un diritto. Non possono essere concessi in modo informale o privatamente da singoli parroci o sacerdoti. Siccome il matrimonio è una realtà pubblica, e siccome una determinazione circa la validità di un matrimonio tocca la vita, i diritti, i doveri di tutte le parti in causa, ci devono essere un processo canonico e una decisione dell'autorità appropriata, sulla base del diritto canonico. Tali materie esigono che coloro che conducono l'inchiesta siano non solo compassionevoli ma anche attenti alla verità. Dovrebbero indagare su tali questioni in modo tempestivo, nel rispetto dei diritti di tutte le parti e garantendo che tutti abbiano accesso alle procedure di annullamento.
Per i cattolici e i cristiani che sono divorziati e risposati civilmente
"Amoris laetitia" manifesta una preoccupazione speciale per i cattolici divorziati e risposati civilmente. In alcuni casi, un primo vincolo matrimoniale valido potrebbe non essere mai esistito e un'indagine canonica sul primo matrimonio da parte di un tribunale della Chiesa può essere opportuna. In altri casi, il primo legame matrimoniale di una o di entrambe delle persone civilmente risposati può essere invece valido. E ciò impedirebbe qualsiasi tentativo di un successivo matrimonio. Se hanno figli dal matrimonio originario, essi hanno l'importante compito di educarli e di prendere cura di loro.
I divorziati risposati dovrebbero essere accolti dalla comunità cattolica. I pastori dovrebbero garantire che tali persone non si considerino come "al di fuori" della Chiesa. Al contrario, come persone battezzate, possono (e dovrebbero) prendere parte alla sua vita. Essi sono invitati a partecipare alla messa, a pregare e a partecipare alle attività della parrocchia. I loro figli – sia dal matrimonio originario come dal loro rapporto attuale – sono parte integrante della vita della comunità cattolica, e dovrebbero essere educati nella fede. Le coppie dovrebbero sperimentare dai loro pastori, e da tutta la comunità, l'amore che meritano come persone fatte a immagine di Dio e come fratelli cristiani.
Nello stesso tempo, come nota "Amoris laetitia", i sacerdoti dovrebbero "accompagnare [i divorziati e risposati] sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del vescovo. In questo processo sarà utile fare un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento. I divorziati risposati dovrebbero chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; come è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli; quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio". ("Amoris laetitia" 300). Prosegue "Amoris laetitia": "Si tratta di un itinerario di accompagnamento e di discernimento che ‘orienta questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio… Questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa’”. ("Amoris laetitia" 300).
Alla luce di questo, i sacerdoti devono aiutare i divorziati risposati civilmente a formare la loro coscienza secondo la verità. Si tratta di una vera e propria opera di misericordia. Dovrebbe essere effettuata con pazienza, compassione e un desiderio genuino per il bene di tutti gli interessati, sensibile alle ferite di ogni persona, e portando ognuno dolcemente verso il Signore. Lo scopo non è la condanna, ma il contrario: una riconciliazione completa della persona con Dio e il prossimo, e il restauro alla pienezza della comunione visibile con Gesù Cristo e la Chiesa.
Nei fatti, i pastori devono sempre trasmettere fedelmente l'insegnamento cattolico a tutte le persone – compresi i divorziati risposati – sia nel confessionale come in pubblic. Dovrebbero farlo con grande fiducia nella forza della grazia di Dio, sapendo che, quando si parla di amore, la verità guarisce, edifica, e rende liberi (cfr Gv 8, 32).
I divorziati risposati civilmente possono ricevere i sacramenti? In generale, i membri battezzati della Chiesa sono sempre in linea di principio invitati ai sacramenti. Le porte del confessionale sono sempre aperte ai pentiti e contriti di cuore. E la comunione? Ogni cattolico, non solo il divorziato risposato civilmente, deve confessare sacramentalmente tutti i peccati gravi di cui è consapevole, con un fermo proposito di cambiare, prima di ricevere l'eucaristia. In alcuni casi, la responsabilità personale della persona riguardo a una sua azione passata può essere diminuita. Ma la persona deve ancora pentirsi e rinunciare al peccato, con un proposito fermo di rettifica.
Con le persone divorziate e risposate civilmente, l'insegnamento della Chiesa richiede che si astengano dall’intimità sessuale. Ciò vale anche se essi devono (per la cura dei loro figli) continuare a vivere sotto lo stesso tetto. L’impegno a vivere come fratello e sorella è necessario a far sì che i divorziati risposati civilmente ricevano la riconciliazione nel sacramento della penitenza, che potrebbe poi aprire la strada all'eucaristia. Tali persone sono incoraggiate ad accostarsi al sacramento della penitenza regolarmente, ricorrendo alla grande misericordia di Dio nel sacramento, se falliscono nella castità.
Anche quando, per il bene dei loro figli, essi vivono sotto lo stesso tetto in continenza casta e hanno ricevuto l'assoluzione (così che sono liberi dal peccato personale), resta il fatto spiacevole che, oggettivamente, il loro stato pubblico e la loro condizione di vita nel nuovo rapporto sono in contrasto con l'insegnamento di Cristo contro il divorzio. Concretamente, quindi, dove i pastori danno la comunione ai divorziati risposati che cercano di vivere castamente, dovrebbero farlo in un modo che eviti lo scandalo o la deduzione che l'insegnamento di Cristo può essere messo da parte. In altri contesti, inoltre, bisogna fare attenzione ad evitare l’impressione non voluta di un'approvazione del divorzio e del nuovo matrimonio civile; quindi le persone divorziate e risposate civilmente non dovrebbero assumere incarichi di responsabilità in una parrocchia (ad esempio in un consiglio parrocchiale), né dovrebbero svolgere ministeri o funzioni liturgici (ad esempio, lettore o ministro straordinario della santa comunione).
Questo è un insegnamento difficile per molti, ma qualsiasi sua diminuzione induce le persone in errore circa la natura dell'eucaristia e della chiesa. La grazia di Gesù Cristo è più di un pio cliché; si tratta di un reale e potente seme di cambiamento nel cuore credente. Le vite di molti santi testimoniano che la grazia può investire grandi peccatori e, per il suo potere di rinnovamento interiore, rifarli in santità di vita. I pastori e tutti coloro che lavorano nel servizio della Chiesa dovrebbero promuovere instancabilmente la speranza in questo mistero salvifico.
Per le coppie che convivono e non sono sposate
La convivenza di coppie non sposate è ormai comune, spesso alimentata dalla convenienza, dalla paura di un impegno definitivo, o dal desiderio di "provare" un rapporto. Alcune coppie ritardano il matrimonio fino a che possono permettersi una festa di nozze elaborata. Molti bambini sono nati da queste unioni irregolari. Coppie conviventi e quelle che usano la contraccezione spesso entrano nel rito per l'iniziazione cristiana degli adulti, o cercano di ritornare alla fede cattolica, solo vagamente consapevoli dei problemi creati dalla loro situazione.
Lavorando con queste coppie, i pastori dovrebbero prendere in considerazione due questioni. In primo luogo, la coppia ha figli insieme? Un obbligo naturale di giustizia esige che i genitori prendano cura dei loro figli. E i bambini hanno il diritto naturale di essere educati da entrambi i genitori. I pastori dovrebbero cercare, nella misura possibile e quando un impegno permanente del matrimonio è praticabile, di rafforzare i rapporti esistenti in cui una coppia ha già figli insieme. In secondo luogo, la coppia ha la maturità per trasformare il loro rapporto in un matrimonio impegnato permanentemente? Le coppie conviventi spesso si astengono dal prendere impegni definitivi perché uno o entrambi i soggetti è gravemente carente di maturità o ha altri ostacoli significativi per entrare in una unione valida. Qui, la prudenza svolge un ruolo fondamentale. Qualora l'una o l'altra persona non è atta a sposarsi, o non è disposta a impegnarsi per un matrimonio, il parroco deve esortarli a separarsi.
Dove la coppia è disposta al matrimonio, dovrebbe essere incoraggiata a praticare la castità fino al matrimonio sacramentale. Essa troverà ciò impegnativo, ma ancora una volta, con l'aiuto della grazia, la padronanza di sé è possibile, e questo digiuno dall’intimità fisica è un elemento forte di preparazione spirituale per una vita duratura insieme. (Certo, le persone dovrebbero essere guidate a una presa di coscienza della loro situazione di fronte a Dio, in modo che possano fare una buona confessione prima del loro matrimonio, e così iniziare la loro vita coniugale con gioia nel Signore.).
Le coppie che non hanno figli dovrebbero prepararsi per il matrimonio con un periodo di separazione domestica. Dove una coppia convivente ha già figli, il bene della prole può richiedere che la coppia rimanga a vivere insieme, ma nella castità.
Per le persone che sperimentano l’attrazione per lo stesso sesso
La medesima chiamata alla castità e alla santità di vita vale ugualmente per tutte le persone, attratte per lo stesso sesso come per l’opposto. La cura pastorale delle persone con attrazione per lo stesso sesso deve essere guidata dallo stesso amore e rispetto che la Chiesa cerca di offrire a tutte le persone. I ministri della Chiesa dovrebbero evidenziare a tali persone che sono amate da Dio, che Gesù desidera che esse ricevano una eredità da figli adottivi del Padre, e che, come per ogni cristiano, ciò è reso possibile attraverso il dono della grazia .
Coloro che lavorano nel ministero pastorale spesso incontrano delle persone con diverse forme di attrazione verso lo stesso sesso. Molte di queste persone hanno trovato la possibilità di vivere una vocazione al matrimonio cristiano con dei figli, nonostante sperimentino un certo grado di attrazione per lo stesso sesso. Altri hanno trovato difficoltà a fare così. Poiché il matrimonio cristiano con figli è un grande bene, quelli che si trovano incapaci di abbracciare questo bene possono soffrire di un senso di perdita o di solitudine. E, come per coloro che sono attratti dal sesso opposto, alcuni possono trovare la castità molto difficile. La cura pastorale di tali persone non deve mai perdere di vista la loro vocazione alla santità individuale e all’unione con Gesù Cristo, e che il potere della grazia di Dio può fare di questo una possibilità reale per la loro vita.
La fede cattolica, radicata nella Scrittura, riserva tutte le espressioni di intimità sessuale a un uomo e a una donna in alleanza l’uno con l’altro in un matrimonio valido. Noi riteniamo che questo insegnamento è vero e immutabile, legato com'è alla nostra natura e al nostro scopo come figli di un Dio amorevole che desidera la nostra felicità. Quelli con predominanti attrazioni per lo stesso sesso sono quindi chiamati a lottare per vivere castamente per il regno di Dio. In questo sforzo hanno bisogno di sostegno, amicizia e comprensione se non ci riescono. Dovrebbero essere consigliati, come tutti gli altri, di fare frequente ricorso al sacramento della penitenza, dove dovrebbero essere trattati con gentilezza e compassione. In realtà, non poche di queste persone, con l'aiuto della grazia e dei sacramenti, vivono delle vite cristiane esemplari e anche eroiche.
La situazione pastorale delle coppie dello stesso sesso
Quando due persone dello stesso sesso si presentano apertamente in una parrocchia come una coppia dello stesso sesso (comprese quelle che potrebbero essere entrate in una unione dello stesso sesso sotto la legge civile), i pastori devono giudicare con prudenza come affrontare la situazione al meglio, sia per l’autentico bene spirituale delle persone coinvolte, sia per il bene comune della comunità credente. È importante ricordare che alcune coppie dello stesso sesso vivono insieme in amicizia casta e senza intimità sessuale, e molti pastori hanno avuto l'esperienza di seguire queste coppie. La Chiesa accoglie tutti gli uomini e le donne che onestamente cercano di incontrare il Signore, qualunque sia la loro situazione. Ma due persone in una relazione dello stesso sesso pubblica e attiva, non importa quanto sincera, offrono una grave contro-testimonianza della fede cattolica, che può produrre solo confusione morale nella comunità. Tale relazione non può essere accolta nella vita della parrocchia senza compromettere la fede della comunità, in particolare dei bambini.
Infine, quelli che manifestano apertamente uno stile di vita omosessuale non dovrebbero ricoprire posizioni di responsabilità in una parrocchia, né dovrebbero svolgere qualche ministero o funzione liturgica.
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È facile notare come le linee guida dell'arcidiocesi di Philadelphia siano simili a quelle dettate dal cardinale Ennio Antonelli ai sacerdoti dell'arcidiocesi di Firenze, riportate anch'esse lo scorso ottobre in www.chiesa:
> A Roma sì, a Firenze no. Ecco come "Amoris laetitia" divide la Chiesa
Il cardinale Antonelli è stato arcivescovo di Firenze dal 2001 al 2008 e poi per quattro anni prefetto del pontificio consiglio per la famiglia, dove è stato rimpiazzato nel 2012 da monsignor Vincenzo Paglia e infine quest'anno dal neocardinale Farrell, nel nuovo dicastero allargato.
Anche a lui è riconosciuta una indiscussa competenza nella materia. Ma nonostante ciò papa Francesco non lo chiamò a partecipare al doppio sinodo sulla famiglia.
Tre mesi dopo la pubblicazione di "Amoris laetitia" Antonelli si disse anche lui "in attesa di auspicabili indicazioni autorevoli" da parte del papa, che chiarissero i punti oscuri dell'esortazione. Prima ancora, quindi, che uscissero allo scoperto i quattro cardinali con i loro cinque "dubia".
Ma anche all'attesa di Antonelli papa Francesco ha risposto solo col silenzio. Come anche alle attese di tanti altri cardinali e vescovi, che in via riservata gli hanno rivolto e continuano a rivolgergli analoghi appelli, mossi da una crescente preoccupazione per la confusione in cui versa l'intera Chiesa, nella fede come nelle opere.
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