Amoris Laetitia, indiretta risposta di Francesco ai “dubia” dei cardinali?
Le cinquanta sfumature di grigio di papa Francesco: nella Chiesa non dovrebbe esserci il legalismo del bianco e nero.
Che il santo Padre Francesco non abbia voluto rispondere ai Dubia descritti dai quattro cardinali, vedi qui, è oramai chiarissimo, ma che abbia pensato di farlo attraverso il suo strumento preferito, le interviste, è molto credibile.
Infatti ecco che il Papa rilascia una intervista ad Avvenire, il ché non a caso è il giornale portavoce dei Vescovi italiani e lui è il Vescovo di Roma…. vedi qui. Un bel pastrocchio dover pensare che anche questa intervista risponda ad un “magistero” papale che prima dice di non essere magistero (quello dei Media), ma di fatto lo diventa.
Radio Vaticana, vedi qui, ha dato un’ampia descrizione del contenuto dell’intervista e riteniamo plausibile che fra alcune affermazioni vi sia una risposta – seppur indiretta – ai quattro cardinali. Cosa ce lo fa pensare? Alcune frasi sempre più agghiaccianti per le quali, date per mezzo di interviste, non concedono una replica, per Bergoglio sono pensieri definitivi, sono la sua volontà indiscutibile, a prescindere se sia magistero o no.
Papa Francesco afferma (riportiamo il virgolettato di Radio Vaticana):
“Al Concilio, spiega il Papa, la Chiesa ha sentito “la responsabilità di essere nel mondo come segno vivo dell’amore del Padre”, risalendo “alle sorgenti della sua natura, al Vangelo”. Questo sposta l’asse della concezione cristiana “da un certo legalismo, che può essere ideologico, alla Persona di Dio che si è fatto misericordia nell’incarnazione del Figlio”. Alcuni – pensa a certe repliche ad Amoris Laetitia, secondo Stefania Falasca – “continuano a non comprendere, o bianco o nero, anche se è nel flusso della vita che si deve discernere”. Il Vaticano II ce lo ha detto, ma secondo gli storici – ricorda il Papa – un Concilio per essere “assorbito bene dal corpo della Chiesa” ha bisogno di un secolo: siamo “a metà”, constata….”
Dunque, sembrerebbe rispondere il Papa ai quattro cardinali, non rammentano che “L’ASSE DELLA CONCEZIONE CRISTIANA” sarebbe stata “spostata” – ribaltata diciamo noi – dal concilio Vaticano II…. e che la Chiesa di “prima” era LEGALISTA che avrebbe portato la concezione cristiana ad una IDEOLOGIA del Figlio di Dio che in verità “è misericordia” e nient’altro.
Certo, questo lo deduciamo noi, ma provate a darci un’altra lettura di questo pensiero espresso dal Papa, ve ne saremo grati! Siamo noi con questi quattro cardinali, parrebbe dire il Papa, a “non comprendere” e a pretendere “o bianco o nero” mentre, secondo el Papa, ESISTE UNA VIA DI MEZZO… e di avere pazienza perché, per l’attualizzazione del concilio e di questo ribaltamento, ci vorrà un secolo e siamo solo a metà strada.
Ed ecco la solita ciliegina sulla torta, dice il Papa:
“D’altra parte la Chiesa “è il Vangelo”, è l’opera di Gesù Cristo, cresce “per attrazione” e non per proselitismo, non è “una squadra di calcio che cerca tifosi”, né “un cammino di idee” e uno “strumento” per affermarle. Quando a prevalere è la tentazione di costruire una Chiesa “autoreferenziale”, che invece di guardare Cristo “guarda troppo se stessa”, sopraggiungono contrapposizioni e divisioni: il “cancro nella Chiesa” è il darsi gloria “l’un l’altro”. La Chiesa non ha “luce propria”, “esiste” solo come strumento per comunicare agli uomini il disegno misericordioso di Dio…”
Innanzi tutto a riguardo di certe tifoserie non se ne era mai vista una nella Chiesa come il “partito dei bergogliosi” che il Papa stesso sembra approvare e sostenere, attraverso i suoi compiacimenti e nomine. Ma al di la di questo non s’era mai vista piuttosto una chiesa più “autoreferenziale” di questa (attraverso nomine ed epurazioni di stampo marxista sudamericano e chiediamo perdono agli abitanti dell’America latina), proprio perché esprime la propria autorità attraverso le interviste e pure i canali – a pagamento – non ufficiali… imponendo un proprio pensiero verso il quale E’ VIETATO controbattere.
Non è la prima volta, poi, che il Papa insiste nel dire che: “LA CHIESA NON HA LUCE PROPRIA”! Certo bisogna comprendere bene cosa il Papa intenda per “luce propria”, è ovvio che la Chiesa non si è fatta da se stessa e di conseguenza non è Dio e non ha luce propria, ma è abitata da Dio, è la Sposa di Cristo il quale solo a Lei ha promesso la Sua Presenza costante e divina, solo a Lei ha promesso che le porte degli inferi non prevarranno, e solo di Lei si parla di istituzione divina.
Francesco rispose già nella Messa dell’Epifania 2016: la Chiesa è illuminata dal Signore, ed è chiamata a riflettere questa illuminazione; annunciare il Vangelo «non è una professione» né una scelta tra tante. È nella semplicità di Betlemme, dove è nato Gesù, che trova sintesi la vita del popolo di Dio; «è qui la sorgente che orienta il cammino sulla via della pace». Davanti a Cristo «non esiste divisione di razza, lingua e cultura: in quel Bambino tutta l’umanità trova la sua unità»
Del resto Pio XI nella enciclica Divini illius Magistri (30.12.1929) afferma che lo Spirito Santo è “l’anima e il corpo” di questa istituzione che le garantisce di essere Maestra efficace con la sua dottrina celeste ed infallibile.
Dice il Catechismo: «Questa è l’unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica ». Questi quattro attributi, legati inseparabilmente tra di loro, indicano tratti essenziali della Chiesa e della sua missione. La Chiesa non se li conferisce da se stessa; è Cristo che, per mezzo dello Spirito Santo, concede alla sua Chiesa di essere una, santa, cattolica e apostolica, ed è ancora lui che la chiama a realizzare ciascuna di queste caratteristiche.(n.811)
Orbene, è proprio LO SPIRITO SANTO che guidando questa unica Chiesa la fa “brillare di luce propria”, questa “luce propria” è lo Spirito Santo per cui diciamo che la Chiesa E’ SANTA, infatti diciamo anche che Essa non è stata costruita dall’uomo, ma è stata generata da Dio stesso, le dottrine non sono inventate dai Papi, ma provengono dallo Spirito Santo, questa Luce “propria” che abita SOLO nell’unica Chiesa di Cristo e per questo la Verità che Essa possiede è unica.
“Soltanto la fede può riconoscere che la Chiesa trae tali caratteristiche dalla sua origine divina…” (CCC n.812). Diversamente la Chiesa non potrebbe essere Santa. Ma ciò accade per tutti i Santi i quali certamente non brillano di luce propria, anche la Vergine stessa, tutti ricevono la Luce da Dio, ma nella Chiesa che GENERA i Figli di Dio mediante il Battesimo, ha come attributo che le è proprio quello della santità, infatti diciamo che E’ LA CHIESA CHE SANTIIFICA, una espressione che non usiamo per i Santi, non diciamo che quel Santo si ha fatti santi! Solo nella Chiesa infatti abita Dio nella Presenza reale dell’Eucaristia, ed è ovvio che è LUI la fonte di questa luce propria che è data però alla Chiesa perché brillasse: “La Chiesa, unita a Cristo, da lui è santificata; per mezzo di lui e in lui diventa anche santificante…”(CCC n.824), è questa la “luce propria” della Chiesa.
Piuttosto non è vero che esiste “solo” per comunicare agli uomini il disegno misericordioso di Dio! Se bastava solo L’ANNUNCIO, non serviva una Chiesa, una struttura, una istituzione per quanto divina! Gesù comanda di andare e ad annunciare ma… anche a CONVERTIRE mediante l’imposizione del Battesimo e degli altri Sacramenti.
“Il santo Concilio «insegna, appoggiandosi sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione, che questa Chiesa pellegrinante è necessaria alla salvezza. Infatti solo Cristo, presente per noi nel suo corpo, che è la Chiesa, è il Mediatore e la Via della salvezza; ora egli, inculcando espressamente la necessità della fede e del Battesimo, ha insieme confermato la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano mediante il Battesimo come per la porta. Perciò non potrebbero salvarsi quegli uomini, i quali, non ignorando che la Chiesa cattolica è stata da Dio per mezzo di Gesù Cristo fondata come necessaria, non avessero tuttavia voluto entrare in essa o in essa perseverare».”(CCC n.846)
E’ Gesù che ha “inculcato” la necessità non solo del Sacramento del Battesimo ma, leggiamo bene, DELLA FEDE e del Battesimo, di questa unica Chiesa… fulcro centrale della gratuità della Misericordia di Dio è LA CONVERSIONE A CRISTO! Un termine questo, CONVERSIONE, che a Bergoglio e al gesuitismo modernista filo rahneriano, dà orticaria.
Dice infatti il Papa nell’Intervista (citando maldestramente santa Teresina): “Gesù non domanda grandi gesti, ma solo l’abbandono e la riconoscenza…”
RICONOSCENZA? No santo Padre, Gesù chiede proprio la CONVERSIONE del cuore, non un gesto di riconoscenza, chiede IL RIPUDIO DEL PECCATO, un concetto ed un termine obsoleto in questo magistero della “strada facile e dalla porta larga”.
Il pensiero espresso dal Pontefice, purtroppo, è dottrina modernista di stampo rahneriano che tende di fatto ad un sincretismo della Fede che non prevede la conversione del peccatore, ma solo la sua disposizione di “prendere” accettare questa misericordia occupandosi, magari, solo di opere di carità. Per il resto infatti è per lui dichiarato “o bianco o nero, legalismo, indottrinamento, rigidità, fondamentalismo e pure tradizionalismo”…. Per Bergoglio esiste una “via di mezzo” che è l’accantonamento dottrinale e della Tradizione. E questa sembra essere una risposta chiara ai Dubia dei quattro cardinali.
Ci sono altre “perle” di questa intervista che, come quelle sull’ecumenismo, riprenderemo in altra occasione.
Il 19 gennaio 1972, così tuonava Paolo VI: “Così è, Figli carissimi; e così affermando, la nostra dottrina si stacca da errori che hanno circolato e tuttora affiorano nella cultura del nostro tempo, e che potrebbero rovinare totalmente la nostra concezione cristiana della vita e della storia. Il modernismo rappresentò l’espressione caratteristica di questi errori, e sotto altri nomi è ancora d’attualità (Cfr. Decr. Lamentabili di S. Pio X, 1907, e la sua Enc. Pascendi;DENZ). Noi possiamo allora comprendere perché la Chiesa cattolica, ieri ed oggi, dia tanta importanza alla rigorosa conservazione della Rivelazione autentica, e la consideri come tesoro inviolabile, e abbia una coscienza così severa del suo fondamentale dovere di difendere e di trasmettere in termini inequivocabili la dottrina della fede; l’ortodossia è la sua prima preoccupazione; il magistero pastorale la sua funzione primaria e provvidenziale; l’insegnamento apostolico fissa infatti i canoni della sua predicazione; e la consegna dell’Apostolo Paolo: Depositum custodi (1 Tim. 6, 20; 2 Tim. 1, 14) costituisce per essa un tale impegno, che sarebbe tradimento violare. La Chiesa maestra non inventa la sua dottrina; ella è teste, è custode, è interprete, è tramite; e, per quanto riguarda le verità proprie del messaggio cristiano, essa si può dire conservatrice, intransigente; ed a chi la sollecita di rendere più facile, più relativa ai gusti della mutevole mentalità dei tempi la sua fede, risponde con gli Apostoli: Non possumus, non possiamo (Act. 4, 20).” (vedi qui).
«Un tempo si voleva distruggere la Chiesa, oggi la si vuole “riformare”»
(Nicolás Gómez Dávila, Escolios a un texto implícito. Obra completa, 5 voll. Bogotá, Villegas Editores, 2005)
https://cronicasdepapafrancisco.wordpress.com/2016/11/18/amoris-laetitia-indiretta-risposta-di-francesco-ai-dubia/
di A. Giacobazzi
La notizia delle paventate monizioni, poste come “atto di correzione formale” da parte di alcuni cardinali a Bergoglio sul tema della morale famigliare, ha scosso il cosiddetto mondo tradizionalista più di quanto non abbia scosso il Mondo generalmente inteso.
Per l’homo mediaticus nella sua versione comune il fatto ha una valenza poco più che folkloristica: sono aspetti considerati tecnici e non sostanziali. Del resto per la larga maggioranza dei fedeli la trasformazione della gerarchia cattolica dopo il Concilio non ha avuto un interesse reale: la Verità non è argomento mediatico. Chi si aspetta moti naturali di rivolta contro il bergoglismo metta da parte le speranze e le riponga nel Soprannaturale, che tutto può.
Ma torniamo al piccolo mondo “tradizionalista”. Tutti (o quasi) sanno chi sono questi cardinali e conoscono bene quanto abbiano accettato ciò che la Chiesa ha eternamente condannato (ecumenismo sincretista, liberalismo religioso, collegialità). Questi porporati, è noto, hanno avuto la berretta dagli smantellatori della Fede, tacendo su tutto ciò su cui era possibile tacere e sui cui era invece doveroso parlare. Fin qui è tutto chiaro e non val la pena cimentarsi oltre nell’elenco dei loro errori.
Viste queste permesse, c’è da vedere se andranno a fondo e se saranno, almeno accidentalmente, coerenti. Tuttavia, se così avverrà, sarà necessario avere l’onestà intellettuale di riconoscere che il fatto non è irrilevante e – si badi – non in merito ad un giudizio personale sui soggetti in questione ma, cosa più significativa, sulla dinamica della crisi nella Chiesa.
Un atto formale di correzione proposto come monizione da parte della Gerarchia rispetto ad un errore avanzato dal Vaticano sarebbe un fatto inedito nella storia del post-Concilio. A Mons. Lefebvre non fu possibile in quanto non più vescovo residenziale, stesso discorso per Mons. Thục. Leggermente diversa, ma di fatto simile, la questione per il Breve esame critico dei Cardinali Bacci e Ottaviani (che sebbene sostenuta da due porporati romani, non aveva la forma di correzione ma di consiglio critico) e per le celebri lettere di Mons. de Castro Mayer (che era ancora vescovo residenziale ma non aveva scopi di aperta monizione).
Oltre ai quattro cardinali “ribelli” si parla di una truppa di riserva – fatta di vescovi (residenziali?) e altri cardinali – pronta a firmare la monizione.
L’eventualità avrebbe un duplice significato: in primis di teologia ecclesiastica, in secundis di politica ecclesiastica.
La teologia ecclesiastica sarebbe investita dalla novità pratica di un uomo seduto sul Trono di Pietro che, per monizione d’autorità, si troverebbe in stato di pertinacia rispetto all’errore, ovvero formalmente al di fuori della retta via. Questo scenario, data la situazione in corso (diffusione pubblica dei dubia, rifiuto di rispondere e decisione di fare un concistoro senza convocazione dei cardinali), è sostanzialmente già in atto. Risulta pacifica, salvo smentite, la pertinacia di Bergoglio rispetto all’errore denunciato (dichiarazione di oggi, riportata da Avvenire: “Le critiche? Non mi tolgono il sonno, non esiste solo nero o bianco”), pertinacia che sarebbe ineludibile se gli eventi arrivassero alle loro ragionevoli conseguenze, ma già di fatto manifesta. Che il matrimonio sia indissolubile e che solo chi è in stato grazia possa accostarsi alla Comunione sono elementi facenti parte della verità rivelata. Stante una monizione, la posizione bergogliana nemmeno apparentemente potrebbe ritenersi ancora cattolica. Pur senza voler trattare ex professo la materia va ribadito come non manchino ampi studi teologici sul compito dei cardinali e dei vescovi residenziali di muovere queste monizioni a chi sta nella Sede Romana.
Questo aspetto ha poi un’implicazione di politica ecclesiastica: come convivere con un Bergoglio errante in maniera non solo palese ma pertinace? Volendo tralasciare il dibattito sul fatto che sia già deposto (depositus – S. Roberto Bellarmino), o da deporsi (deponendus – Gaetano), oppure che conservi il Pontificato, va detto che – nella pratica – ci si troverebbe con una Chiesa a tre velocità: quella bergoglian-parrocchiale, quella ratzingerian-wojtyliana dei vari Burke e quella dell’arcipelago “tradizionalista”. Una situazione di crisi aggravata che – ancora una volta – solo la Provvidenza potrebbe districare.
In una fase così singolare e fumosa i giudizi tagliati con l’accetta sono, purtroppo, uno dei tanti riflessi pavloviani tipici dell’arcipelago della Tradizione. Certo: sarebbe peculiare vedere i cardinali conservator-modernisti dissociarsi da Bergoglio nel silenzio dei vertici della Fraternità Sacerdotale San Pio X, che si troverebbe così in una curiosa situazione caratterizzata da una impossibilità di sinergia con la Gerarchia “conservatrice” in quanto troppo focosa nel combattere gli sviluppi ultimi del neomodernismo.
Questi eventi, comunque si concludano, metteranno alla prova tanti schemi consolidati, tante certezze private (quelle eterne, grazie al Cielo, non dipendono da noi), tante tesi e ipotesi, tante critiche avanzate con la sicurezza del ditino alzato.
Non di sole critiche vive l’uomo.
http://www.radiospada.org/2016/11/non-di-sole-critiche-vive-luomo/
di A. Giacobazzi
La notizia delle paventate monizioni, poste come “atto di correzione formale” da parte di alcuni cardinali a Bergoglio sul tema della morale famigliare, ha scosso il cosiddetto mondo tradizionalista più di quanto non abbia scosso il Mondo generalmente inteso.
Per l’homo mediaticus nella sua versione comune il fatto ha una valenza poco più che folkloristica: sono aspetti considerati tecnici e non sostanziali. Del resto per la larga maggioranza dei fedeli la trasformazione della gerarchia cattolica dopo il Concilio non ha avuto un interesse reale: la Verità non è argomento mediatico. Chi si aspetta moti naturali di rivolta contro il bergoglismo metta da parte le speranze e le riponga nel Soprannaturale, che tutto può.
Ma torniamo al piccolo mondo “tradizionalista”. Tutti (o quasi) sanno chi sono questi cardinali e conoscono bene quanto abbiano accettato ciò che la Chiesa ha eternamente condannato (ecumenismo sincretista, liberalismo religioso, collegialità). Questi porporati, è noto, hanno avuto la berretta dagli smantellatori della Fede, tacendo su tutto ciò su cui era possibile tacere e sui cui era invece doveroso parlare. Fin qui è tutto chiaro e non val la pena cimentarsi oltre nell’elenco dei loro errori.
Viste queste permesse, c’è da vedere se andranno a fondo e se saranno, almeno accidentalmente, coerenti. Tuttavia, se così avverrà, sarà necessario avere l’onestà intellettuale di riconoscere che il fatto non è irrilevante e – si badi – non in merito ad un giudizio personale sui soggetti in questione ma, cosa più significativa, sulla dinamica della crisi nella Chiesa.
Un atto formale di correzione proposto come monizione da parte della Gerarchia rispetto ad un errore avanzato dal Vaticano sarebbe un fatto inedito nella storia del post-Concilio. A Mons. Lefebvre non fu possibile in quanto non più vescovo residenziale, stesso discorso per Mons. Thục. Leggermente diversa, ma di fatto simile, la questione per il Breve esame critico dei Cardinali Bacci e Ottaviani (che sebbene sostenuta da due porporati romani, non aveva la forma di correzione ma di consiglio critico) e per le celebri lettere di Mons. de Castro Mayer (che era ancora vescovo residenziale ma non aveva scopi di aperta monizione).
Oltre ai quattro cardinali “ribelli” si parla di una truppa di riserva – fatta di vescovi (residenziali?) e altri cardinali – pronta a firmare la monizione.
L’eventualità avrebbe un duplice significato: in primis di teologia ecclesiastica, in secundis di politica ecclesiastica.
La teologia ecclesiastica sarebbe investita dalla novità pratica di un uomo seduto sul Trono di Pietro che, per monizione d’autorità, si troverebbe in stato di pertinacia rispetto all’errore, ovvero formalmente al di fuori della retta via. Questo scenario, data la situazione in corso (diffusione pubblica dei dubia, rifiuto di rispondere e decisione di fare un concistoro senza convocazione dei cardinali), è sostanzialmente già in atto. Risulta pacifica, salvo smentite, la pertinacia di Bergoglio rispetto all’errore denunciato (dichiarazione di oggi, riportata da Avvenire: “Le critiche? Non mi tolgono il sonno, non esiste solo nero o bianco”), pertinacia che sarebbe ineludibile se gli eventi arrivassero alle loro ragionevoli conseguenze, ma già di fatto manifesta. Che il matrimonio sia indissolubile e che solo chi è in stato grazia possa accostarsi alla Comunione sono elementi facenti parte della verità rivelata. Stante una monizione, la posizione bergogliana nemmeno apparentemente potrebbe ritenersi ancora cattolica. Pur senza voler trattare ex professo la materia va ribadito come non manchino ampi studi teologici sul compito dei cardinali e dei vescovi residenziali di muovere queste monizioni a chi sta nella Sede Romana.
Questo aspetto ha poi un’implicazione di politica ecclesiastica: come convivere con un Bergoglio errante in maniera non solo palese ma pertinace? Volendo tralasciare il dibattito sul fatto che sia già deposto (depositus – S. Roberto Bellarmino), o da deporsi (deponendus – Gaetano), oppure che conservi il Pontificato, va detto che – nella pratica – ci si troverebbe con una Chiesa a tre velocità: quella bergoglian-parrocchiale, quella ratzingerian-wojtyliana dei vari Burke e quella dell’arcipelago “tradizionalista”. Una situazione di crisi aggravata che – ancora una volta – solo la Provvidenza potrebbe districare.
In una fase così singolare e fumosa i giudizi tagliati con l’accetta sono, purtroppo, uno dei tanti riflessi pavloviani tipici dell’arcipelago della Tradizione. Certo: sarebbe peculiare vedere i cardinali conservator-modernisti dissociarsi da Bergoglio nel silenzio dei vertici della Fraternità Sacerdotale San Pio X, che si troverebbe così in una curiosa situazione caratterizzata da una impossibilità di sinergia con la Gerarchia “conservatrice” in quanto troppo focosa nel combattere gli sviluppi ultimi del neomodernismo.
Questi eventi, comunque si concludano, metteranno alla prova tanti schemi consolidati, tante certezze private (quelle eterne, grazie al Cielo, non dipendono da noi), tante tesi e ipotesi, tante critiche avanzate con la sicurezza del ditino alzato.
Non di sole critiche vive l’uomo.
http://www.radiospada.org/2016/11/non-di-sole-critiche-vive-luomo/
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