ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 31 gennaio 2017

Ciechi non san leggere?


Attenzione, pericolo! Niente più discorsi del papa nelle visite "ad limina"


Vescovi
Pochi l'hanno notato. Ma nel riprendere gli incontri con i vescovi in visita "ad limina apostolorum", dopo la lunga vacanza del giubileo, papa Francesco ha inaugurato una nuova prassi.
I primi a sperimentarla sono stati i vescovi dell'Irlanda, ricevuti dal papa lo scorso 20 gennaio.
Il bollettino ufficiale della Santa Sede ha fornito i nomi dei trentun vescovi presenti. Nient'altro. Neanche l'ombra delle parole rivolte loro da Francesco.
E così per i cinque vescovi della Cambogia ricevuti dal papa il 26 gennaio e per i nove vescovi di Serbia, Montenegro, Kosovo e Macedonia ricevuti oggi, 30 gennaio.
In precedenza non avveniva così. Da decenni le visite "ad limina" erano regolarmente concluse da un discorso del papa reso pubblico subito dopo, nel quale si trovavano spesso dei riferimenti alle questioni più scottanti di quella tal Chiesa nazionale, con i relativi giudizi, incoraggiamenti, rimproveri da parte del successore di Pietro.
Ad occhi esperti, quei discorsi erano il termometro romano dello stato di salute della Chiesa nelle varie regioni del mondo.
Ma papa Francesco si disabituò presto dal seguire quella prassi consolidata. I discorsi non erano scritti di suo pugno, sebbene resi pubblici come suoi, e lui sempre più spesso tralasciava di leggerli. Li dava per "consegnati" ai vescovi che si trovava di fronte. Con loro preferiva discorrere a ruota libera, a porte chiuse ed esigendo che le parole dette restassero riservate.
E così probabilmente sarebbero andate avanti le cose, se non fosse capitato ciò che accadde nell'ultima visita "ad limina" prima della pausa giubilare, il 20 novembre 2015, con i vescovi della Germania.
Il doppio sinodo sulla famiglia era terminato da poco, e proprio con i vescovi tedeschi Francesco aveva stretto un'alleanza di ferro, per introdurre le sue "aperture" nella pastorale del matrimonio cattolico, specie sulla "vexata quaestio" della comunione ai divorziati risposati.
La Chiesa di Germania, però, non brillava affatto nell'insieme della Chiesa mondiale. Anzi, per troppe cose costituiva un pessimo esempio. E nel discorso che Francesco si trovò fra le mani, nell'incontro con i vescovi tedeschi in visita "ad limina", c'era proprio una denuncia impietosa delle tante cose che là andavano storte.
Ad esempio il crollo della fede e della pratica religiosa:
"Si nota un calo molto forte della partecipazione alla messa domenicale, nonché della vita sacramentale. Dove negli anni Sessanta ovunque ancora quasi ogni fedele partecipava tutte le domeniche alla santa messa, oggi sono spesso meno del 10 per cento. Ai sacramenti ci si accosta sempre di meno. Il sacramento della penitenza è spesso scomparso. Sempre meno cattolici ricevono la cresima o contraggono un matrimonio cattolico. Il numero delle vocazioni al ministero sacerdotale e alla vita consacrata è nettamente diminuito. Considerati questi fatti si può parlare veramente di una erosione della fede cattolica in Germania".
Le eccessive strutture:
"Vengono inaugurate strutture sempre nuove, per le quali alla fine mancano i fedeli. Si tratta di una sorta di nuovo pelagianesimo, che ci porta a riporre la fiducia nelle strutture amministrative, nelle organizzazioni perfette. Un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria".
Lo sbandamento teologico e catechistico:
"Come padre premuroso, il presule accompagnerà le facoltà teologiche aiutando i docenti a riscoprire la grande portata ecclesiale della loro missione. La fedeltà alla Chiesa e al magistero non contraddice la libertà accademica, ma esige un umile atteggiamento di servizio ai doni di Dio. Il sentire 'cum Ecclesia' deve contraddistinguere in modo particolare coloro che educano e formano le nuove generazioni".
La tentazione di far celebrare la messa dai semplici laici:
"È necessario evidenziare sempre l’intimo nesso tra eucaristia e sacerdozio. Piani pastorali che non attribuiscono adeguata importanza ai sacerdoti nel loro ministero di governare, insegnare e santificare riguardo alla struttura e alla vita sacramentale della Chiesa, sulla base dell’esperienza sono destinati al fallimento. La preziosa collaborazione di fedeli laici, soprattutto là dove mancano le vocazioni, non può diventare un surrogato del ministero sacerdotale o farlo addirittura sembrare un semplice 'optional'. Senza sacerdote non c’è l’eucaristia".
I cedimenti su aborto ed eutanasia:
"Un compito del Vescovo che è mai abbastanza apprezzato è l’impegno per la vita. La Chiesa non deve stancarsi mai di essere l’avvocata della vita e non deve fare passi indietro nell’annuncio che la vita umana sia è proteggere incondizionatamente dal momento del concepimento fino alla morte naturale. Qui non possiamo mai fare compromessi, senza diventare anche noi stessi colpevoli".
Francesco non lesse ai vescovi questo discorso, che effettivamente gettava pessima luce sull'alleanza che lui aveva stretto con l'ala progressista della Chiesta tedesca.
Il discorso però, come sempre, fu reso pubblico come pronunciato dal papa. E in Germania scatenò un putiferio, di cui il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e capofila degli innovatori, si fece lamentoso portavoce presso Francesco, ottenendone questa giustificazione, poi riferita ad altri dallo stesso Marx: "Non l'ho scritto io, non l'avevo letto, non tenetene conto".
Sta di fatto che da quel giorno Francesco sospese le visite "ad limina", a motivo – si disse – del giubileo.
E ora che le ha ricominciate, non vi associa più alcun discorso.

Settimo Cielo di Sandro Magister30 gen


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