Nel 2006 l’assassino turco di don Andrea Santoro aveva sedici anni. Fu condannato a quasi vent’anni di galera ed è stato rimesso in libertà nello scorso agosto. Cioè, dieci anni gli sono stati condonati. Eh, le carceri turche non sono più quella di un tempo. Ricordate il film Fuga di Mezzanotte di Alan Parker? Fu premiato nel 1978 con l’Oscar alla colonna sonora (Giorgio Moroder) ed era tratto da una storia vera. Descrive un sistema giudiziario-carcerario da incubo in un Paese a quel tempo laico, membro della Nato e antemurale dell’Occidente contro l’Urss.
Eppure, il protagonista della storia (vera, ribadiamo) ebbe modo di constatare che i turchi facevano fatica a liberarsi da millenarie abitudini e che l’unico modo di assicurarsi una giustizia equa era quello di scappare.Oggi, l’islamismo incipiente non fa ben sperare rispetto al tema e, se tanto ci dà tanto, la situazione nelle carceri turche potrebbe essere anche peggiore di quella del 1978. Eppure a un assassino confesso è stata dimezzata la pena. Anzi, tutto fa supporre che, nella Turchia che scivola nell’islamismo, a Oguzhan Akdin sia stato riservato un trattamento di tutto riguardo quale «eroe dell’islam». Il giovane ha adesso solo ventisei anni e c’è da giurare che farà strada. Chi muore giace, dice il proverbio.
Subito intervistato dal quotidiano locale «Karadeniz» l’Akdin ha raccontato come si sono svolti i fatti. Le agenzie italiane dicono «secondo lui», ma non si vede il motivo per cui l’Akdin debba sbugiardare una sentenza scritta, visto che da quelle parti si scherza poco e un premier può destituire magistrati quando e come vuole. Oguzhan Akdin il 5 febbraio 2006 si arma di pistola e va a trovare a Trabzon (l’antica Trebisonda) il parroco don Andrea Santoro, colpevole di avere intenzione di battezzare alcuni giovani musulmani. La discussione trascende e a un certo punto il prete afferma che «il cristianesimo è l’unica vera religione» e che un giorno tutti i turchi si convertiranno al cristianesimo.
Il sedicenne non ci vede più dagli occhi ed esplode due colpi che uccidono il sacerdote; spara gridando che l’unica vera religione è l’islam. Ora, le agenzie (italiane) si affrettano a dire che questa versione dei fatti è inattendibile. Perché? Perché don Santoro non può essere accusato di «proselitismo». Il quale, com’è noto, è la bestia nera dell’attuale papa. Il gesuita Paolo Bizzeti, vicario apostolico dell’Anatolia, nel decennale dell’omicidio così si era espresso con l’agenzia Fides: «Don Andrea con il suo approccio aiutava a capirsi e a disarmare le logiche del muro contro muro. Per questo la sua figura di missionario e uomo del dialogo è attualissima». Stile opportunamente diplomatico in un luogo dove il fanatismo avanza a grandi passi.
Dice l’agenzia Zenit: «Il racconto fornito dall’assassino si configura come un ennesimo atto di offesa nei confronti della figura di don Santoro, che ha testimoniato con la sua vita di sacerdote, fino alla fine, anche l’amore per i musulmani e l’assoluta estraneità rispetto a progetti di “proselitismo” organizzato». Facciamo, tuttavia, fatica a capire in che cosa possano consistere i «progetti di proselitismo organizzato». A Milano, per esempio, in una via molto frequentata sta parcheggiato da mesi un autobus con sopra scritto «Gesù ti ama» e alcuni offrono volantini. Nella vicina piazza c’è un gazebo di Bibbie e altro volantinaggio. Talvolta, più in là, c’è un banchetto di Scientology. Questi sono gli unici esempi che mi vengono in mente. Ma, con tutta franchezza, non ci vedo niente di male.
E’ probabile che un tipo di proselitismo un po’ più aggressivo si possa riscontrare in Sudamerica, o negli stessi Stati Uniti, dove i telepredicatori imperversano. Ma, ripeto, non riesco a vedere la nocività di tali espressioni. Nessuno ci ha ancora fatto il bene di spiegarci una buona volta in che cosa consiste la differenza tra missionarietà, apostolato e proselitismo. Se è una questione di parole, basta dirlo. Ma si rischia la caduta nel clerically correct, come faceva il prete che guidava me e il gruppetto a cui ero aggregato in visita in Terrasanta: quando parlava, citava sempre «i nostri fratelli ebrei» e «i nostri fratelli musulmani». Solo, che quando ci udì recitare in coro il rosario in latino, smettemmo di essere «fratelli» noi, e da allora non nascose il suo fastidio nei nostri confronti. Ma forse per «proselitismo» si deve intendere l’atteggiamento alla Adkin: se non ti converti ti sparo; se converti altri ti sparo; se osi discutere il mio credo ti sparo. Forse è questo il «proselitismo» odiato da papa Francesco. Se così, siamo d’accordo.
di Rino Cammilleri
24-01-2017
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-non-facciamo-di-don-santoro-una-macchietta--18730.htm
+ Luigi Negri, Arcivescovo
Mons. Luigi Negri
Arcivescovo di Ferrara-Comacchio
Abate di Pomposa
Abate di Pomposa
DECRETO
Decreto 6/2017 n.43/2017
Con animo tribolato e ferito dai sentimenti più gravi, abbiamo appreso del furto sacrilego della pisside contenente le sacre particole consacrate che ha interessato direttamente la chiesa di Santa Chiara in Corso Giovecca, tanto cara al nostro popolo cattolico anche per la custodia delle spoglie mortali della Serva di Dio Suor Veronica del SS. Sacramento.
Questo terribile gesto offende gravemente Dio e lacera in profondità il cuore della nostra comunità ecclesiale cittadina e, per la specialissima comunione che le unisce, quella diocesana ed universale, perché non c'è nulla di più prezioso, nella Santa Chiesa di Dio, della Santa Eucaristia dove è presente realmente il Corpo, il Sangue, l'Anima e la Divinità di Gesù Cristo Nostro Signore (Concilio di Trento, Decr. De Euc. can 1).
Questa coscienza, cari figli, sia l'occasione per recuperare, in tutte le nostre comunità, con rinnovato slancio, l'amore e la vera devozione alla Santa Eucarestia che l'ultimo Concilio ha ribadito essere fonte e culmine di tutta la vita cristiana (LG 11).
Infatti tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere di apostolato, sono strettamente uniti alla sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati.
Infatti, nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua (PO 5).
Essendo inoltre il migliore dei modi possibili per riparare alle offese ricevute da Dio, l'offrire al Padre nello Spirito di Cristo la riparazione per i nostri peccati, ovvero l'offerta di Gesù Cristo sulla Croce,
DISPONIAMO
che in tutte le Parrocchie e Case religiose, e dove possibile nelle Associazioni e Movimenti ecclesiali, si celebri, in questa settimana, favorendo il più possibile la partecipazione del popolo di Dio, almeno una santa messa penitenziale di riparazione secondo il formulario del Messale Romano Per la Remissione dei Peccati, con il Prefazio della Penitenza e le letture dal Lezionario Per le Messe "Ad diversa" e Votive, Per la Remissione dei Peccati: la lettura Giona III,1-10 con il suo Salmo (opzione 4) e Vangelo Luca XV, 1-3.11-32 (opzione 4).
STABILIAMO inoltre
che sia celebrata con tutte le comunità che utilizzano stabilmente quegli ambienti, la santa messa penitenziale di riparazione nella chiesa di Santa Chiara in Corso Giovecca, il giorno sabato 28 gennaio alle ore 18 secondo il formulario sopra indicato in speciale deroga all'uso di quello della messa prefestiva e che presiederemo di persona come gesto penitenziale a nome di tutta la nostra Chiesa.
Al termine della Santa Messa, inoltre, si dovrà organizzare una processione eucaristica che terminerà nel vicino Santuario del Prodigioso Sangue.
In questa settimana inoltre siano favorite catechesi ed adorazioni eucaristiche e tutti quegli incontri che approfondiscano la fede cattolica nella Santa Eucarestia di cui la nostra Chiesa che è in Ferrara-Comacchio saprà farsi promotrice.
Questo Nostro Decreto sia notificato a tutti i reverendi parroci e ai superiori delle Case religiose e sia pubblicato sul Bollettino Ecclesiastico e conservato nell'Archivio della Venerabile Curia.
Ferrara, 22 gennaio 2017
+ Luigi Negri, Arcivescovo
PREGHIAMO PER LORO
Le vocazioni religiose sono in caduta libera, e così tutto l’insieme della vita cristiana. In questo contesto secolarizzato, laicista e irreligioso, vivere la vocazione cristiana è diventato difficile, molto difficile
di Francesco Lamendola
Il sacerdote, ai nostri giorni, sembra avviato a diventare una figura sempre più ambigua, sempre più contraddittoria. Fino a qualche decennio fa, aveva alle spalle una Chiesa ancora relativamente forte, era soldato di un esercito relativamente numeroso, bene addestrato ed equipaggiato, e si sentiva sostenuto e spalleggiato da una buona parte della società. Un ragazzo o una ragazza che sentivano la vocazione religiosa, non solo raramente venivano ostacolati dalle loro famiglie, o disapprovati dagli amici, ma, al contrario, erano incoraggiati e ammirati per la loro scelta. In seminario, il giovane aspirante sacerdote riceveva una buona formazione culturale e spirituale, e si vedeva attorniato da autorevoli figure d’insegnanti; aveva un direttore spirituale cui rivolgersi e con il quale chiarire dubbi di fede o di tipo vocazionale. Allo stesso modo, una giovane aspirante alla vita religiosa trovava, fra le mura del convento, un ambiente adatto a chiarire sempre meglio la propria vocazione, e aveva nelle altre suore degli esempi e dei modelli cui ispirarsi e nei quali trovare forza e serenità. In parrocchia, poi, il sacerdote non si sentiva mai solo, ma circondato dai suoi parrocchiani, per i quali era una guida, un punto di riferimento, una voce apprezzata e rispettata, anche al di fuori dello stretto ambito del suo ministero. Per molte parrocchie, specialmente nei piccoli paesi, quella del parroco era la sola voce autorevole, o una delle pochissime, insieme a quella del maestro, qualche volta del sindaco, e sovente del medico condotto.
In tali condizioni, il sacerdote, e così pure il religioso, presso i quali andavano a confessarsi le anime, oltre che ad ascoltare la santa Messa, potevano anche permettersi di andare decisamente controcorrente, rispetto ai modelli sociali e culturali proposti dalla civiltà dei consumi. Vi erano paesi nei quali l’autorevolezza del parroco era così forte, da contendere a lungo fra la parrocchia e le prime discoteche, le serate dei giovani di entrambi i sessi. Cerano poi i cinema parrocchiali, presso i quali bambini e ragazzi potevano vedere film divertenti, cartoni animati o film di avventura, con Maciste o Tarzan nel ruolo dei protagonisti; mentre nei cinema “profani” cominciavano a dilagare il sesso e la violenza, aprendo una breccia nella diga che non si è mai più richiusa, anzi, si è allargata sempre più, fino a scaricare sugli spettatori quantità impressionanti di pornografia e sadismo. E non c’erano i computer, non c’erano gli smartphone, né i giochi elettronici: anche per questo la voce del prete (come quella del maestro o della maestra) godeva di un prestigio notevolissimo. Così, dal pulpito, o dall’aula del catechismo, il prete insegnava ai giovani a non seguire pedissequamente le mode del consumismo, a non sopravvalutare l’importanza delle cose materiali, ad essere semplici e sobri; insegnava alle ragazze, o lo insegnavano le signorine catechiste, il dovere della modestia, del pudore, e la bellezza della castità; spiegavano loro quanto sia bello, per una donna, offrire tutta se stessa, fresca e intatta, al futuro sposo, e crescere con lui una famiglia sana, onesta e laboriosa, animata dal timor di Dio.
Ma oggi, quale prete o quale catechista potrebbe parlare così, senza suscitare un coro di risatine, di sorrisetti, di battute ironiche? Le vocazioni religiose sono in caduta libera, e così tutto l’insieme della vita cristiana; le coppie che si sposano sono ormai una sparuta minoranza, gran parte dei giovani vanno a convivere e, semmai, si sposano in un secondo momento; molto numerose sono anche le nuove famiglie, formate da uomini e donne separati o divorziati, che mettono al mondo altri figli e che, più o meno pacificamente, più o meno a colpi di citazioni davanti all’avvocato, si dividono i figli di primo letto e le spese per il loro mantenimento; né mancano le “famiglie” formate da omosessuali, anche con bambini, avuti con la fecondazione eterologa, o con la pratica dell’utero in affitto, o ”semplicemente” adottati. Frattanto, il richiamo del consumismo si è fatto imperioso, capillare, implacabile; quasi tutti vi soggiacciono: eludere una moda, rinunciare a qualche gingillo tecnologico, a qualche capo firmato, è diventato quasi impensabile.
In questo contesto secolarizzato, laicista e irreligioso, vivere la vocazione cristiana è diventato difficile, molto difficile. Non deve stupire che le suore, i religiosi e i sacerdoti dei nostri giorni vivano delle tensioni interiori che ai loro predecessori sono state, il più delle volte, risparmiate. Stretti fra una società che non accetta più i valori e i modelli del Vangelo, e una Chiesa che pare in balia, essa stessa, di una deriva modernista, nonché largamente infiltrata da elementi massonici che cospirano per incrinare la sua ortodossia e la sua compattezza, essi devono lottare ogni giorno contro l’indifferenza, l’ostilità, lo scetticismo, il disprezzo del mondo, e, sempre più spesso, contro un nemico più sottile e ancor più pernicioso: la lenta, quasi impercettibile introiezione di idee e comportamenti che non sono più cattolici, anche se possono sembrarlo, ma che, in realtà, sorgono da una volontà di adulterare, falsare, inquinare, la vera e sana dottrina cattolica, per sostituirla gradualmente, come dice il Terzo Segreto di Fatima, con una Chiesa senza Cristo, con una religione senza lo Spirito Santo, con un perdono senza pentimento e con un aldilà senza inferno, fatto solo di paradiso per tutti, buoni e cattivi. E Pio XII ebbe a dire: Verrà un giorno in cui il mondo civilizzato negherà il proprio Dio, quando a Chiesa dubiterà come dubitò Pietro. Sarà allora tentata di credere che l’uomo è diventato Dio… Nelle nostre chiese, i cristiani cercheranno invano la lampada rossa dive Dio li aspetta. Come Maria Maddalena, in lacrime dinanzi alla tomba vuota, si chiederanno invano: “Dove Lo hanno portato?”.
Ebbene: non stupisce troppo se, in questa situazione complessiva, un numero crescente di ministri di Dio abbia perso la fede, o che la stia perdendo. La loro fede è sottoposta a una prova tremenda, a un logorio continuo, quotidiano; una prova e un logorio che provengono sia dall’esterno che dall’interno della Chiesa stessa. Un numero non piccolo di cardinali, arcivescovi e vescovi sono attivi nel diffondere idee erronee e contrarie al Vangelo e al Magistero, ma, in compenso, molto popolari nella società moderna; idee che procurano loro l’approvazione e l’applauso di molti, ma che contribuiscono alla confusione morale, allo sbandamento, al senso di abbandono in cui vivono, sempre più spesso, moltissimi fedeli. Vi è un numero enorme di fedeli che si sentono orfani, abbandonati, perfino traditi. Odono questi falsi pastori dire cose incompatibili con la dottrina che è stata sempre insegnata dalla Chiesa, e restano sconcertati, feriti, amareggiati. Parliamo di uomini e donne non più giovani, che hanno conosciuto la Chiesa di prima del Concilio e che hanno ricevuto la loro formazione religiosa sul Catechismo di san Pio X, e hanno conosciuto la profondità, la spiritualità e la bellezza della Messa tridentina. I giovani, che non sanno queste cose, che non hanno ricevuto queste basi, non si accorgono, più di tanto, di quel che sta accadendo; alcuni, i più intelligenti, intuiscono che qualcosa non va come dovrebbe, ma stentano a individuare le cause di ciò, e dubitano perfino di essersi ingannati, di essersi lasciati suggestionare da impressioni soggettive. In questo cima di confusione, di relativismo, di apostasia strisciante, ma generalizzata, è sempre più forte la tentazione, per i cristiani, e anche per i sacerdoti e i religiosi, di ritagliarsi ciascuno una Chiesa secondo i propri gusti, di crearsi un proprio Vangelo personale, con un Gesù che dice e fa soltanto quelle cose che riescono gradite, e, soprattutto, che non è veramente Dio, ma un uomo, un saggio e generoso uomo, fin che si vuole, ma comunque non un Dio che redime, perché non c’è niente da redimere. Gli uomini vanno benissimo così come sono, e non c’è alcun bisogno che qualcuno pretenda di cambiarli, oppure che additi loro dei paradisi inesistenti e dei modelli di vita utopistici e inattuali, distogliendoli dalle cose di quaggiù e dalla ricerca dei piaceri e delle occasioni favorevoli.
Sempre più spesso, allora, accade che dei religiosi o dei sacerdoti perdano la fede, ma senza rendersene pienamente conto; per ogni “pezzo” della loro vera fede che se ne va, subentra un altro “pezzo”, fornito loro dalle idee oggi tanto di moda, dal neomodernismo cattolico, dal progressismo, da un insieme di pseudo valori, di tendenze gnostiche o panteiste, di suggestioni intellettuali delle matrici più diverse, oltre che di pure e semplici tentazioni, indotte dalla lussuria, dalla superbia, dalla cupidigia continuamente esaltate e reclamizzate dai mass media, dalla pubblicità, dagli stili di vita consumisti ed edonisti, dalla spericolate e semi eretiche teorie di certi teologi che vanno per la maggiore, e che, tutti pervasi da umana vanità, desiderano solo stupire, sorprendere, meravigliare il grosso pubblico, incuranti dello scandalo che danno e del pericolo per la salute delle anime.
Quando un sacerdote pere la fede, ma ne conserva le apparenze; quando la perde, ma non se ne rende conto sino in fondo, o non lo vuole ammettere, neanche con se stesso, per orgoglio, per vanità, per incoscienza; quando la perde, ma crede di averla ritrovata, magari su un piano più “alto”, più “adulto”, più “maturo”, come appunto insegnano, e da tempo, certi cattivi teologi, sia cattolici che protestanti, succede una cosa tremenda: quel prete rimane al suo posto, nella sua parrocchia, a contatto con i suoi parrocchiani: ma non parla, non agisce, non si comporta più da prete, bensì da eretico e da apostata, che seminano una semente velenosa. Ed eccolo parlare dal pulpito, insegnare durante il catechismo, in maniera non conforme alla dottrina cattolica; eccolo sgridare le donne per certe pratiche devozionali, mortificarle, sgridarle, intimando loro di non portare più fiori all’altare della Madonna, perché “fanno sporco”; di prendere l’Ostia consacrata con le mani, perché lui, in bocca, non gliela vuol più dare; eccolo insegnare che tutta una serie di cose non sono più peccato, perché la Chiesa, in passato, si è sbagliata, e ha insegnato che troppe cose sono peccato; eccolo affermare, con saccenteria, che bisogna smetterla con i pellegrinaggi, con il culto dei santi, con i “bei discorsi” sull’Aldilà, ma piuttosto rimboccarsi le maniche e creare un mondo migliore già qui, adesso, e che esso è nelle nostre mani, come lo è la nostra vita, che dipende da noi soli. Che lo sappiano o no, costoro stanno seminando germi d’incredulità, d’immanentismo, di modernismo: proprio quel modernismo che centodieci anni fa venne solennemente condannato da san Pio X con l’enciclica Pascendi, nella quale venne definito come la sintesi di tutte le eresie.
Per questi pastori senza più la fede, e che non hanno nemmeno la capacità di rendersene conto, e di domandare aiuto a Dio; che forse non sanno letteralmente a chi rivolgersi, abbandonati, pur essi, dai loro superiori, da vescovi modernisti e progressisti in tutt’altre faccende affaccendati, e più che mai desiderosi di piacere al mondo, e di ricevere le lodi e i complimenti dei non cristiani e degli anticristiani, quelli dichiarati e quelli subdoli: per tutti costoro dobbiamo pregare, pregare, pregare, perché lo Spirito Santo, il Consolatore, scenda a confortarli, consigliarli, rianimarli, vivificarli, e impedisca che la loro apostasia imputridisca, e faccia imputridire la fede dei loro parrocchiani; che sparga il contagio dappertutto, dilagando in maniera incontenibile. Hanno bisogno delle preghiere di ciascuno, proprio perché non credono di averne bisogno: accecati dall’orgoglio, indisponibili a riconoscere di essere in crisi, preferiscono ammantare la loro mancanza di fede con parole menzognere, con formule ingannevoli, così come hanno insegnato loro a fare i cattivi teologi e i vescovi incoscienti e irresponsabili. Così, essi si lusingano di essere “più avanti” degli altri sulla via di una fede sempre più moderna, sempre più emancipata; e non si rendono conto che quella non è più la fede cattolica, ma un’altra cosa: una religione tutta umana, costruita interamene dall’uomo, al fine di spodestare Dio e glorificare se stesso. Hanno bisogno delle nostre preghiere per rientrare in se stessi, per guardarsi dentro con onestà e per chiedere il perdono e l’aiuto di Dio, prima che diano altro scandalo, prima che facciano dell’altro male. Sono come delle mine vaganti, la cui folle deriva deve essere arrestata, perché, scoppiando, possono causare rovine irreparabili. Hanno bisogno che si preghi per loro, perché, da se stessi, probabilmente non sanno più farlo. Se sapessero farlo, non parlerebbero come parlano e non agirebbero come agiscono: non seminerebbero la confusione tra i fedeli, né sarebbero di scandalo. Una persona che sia in crisi di fede, ma che non smetta di amare e di cercare Dio, non sarà mai di scandalo; anche perché, qualora si accorgesse che potrebbe esserlo, diventerebbe prudente, riservata, e cercherebbe di risolvere i suoi dubbi senza scaricarli su quanti vedono in lui una guida. Sarebbe come se una guida alpina, sul più bello della arrampicata, dicesse agli altri, ai suoi compagni di cordata, di non avere idea di come procedere oltre, e d’ignorare anche il modo per tornare indietro. Un vero sacerdote non può agire a quel modo: se lo fa, vuol dire che è già traviato. Tuttavia, non c’è miracolo che la preghiera non possa fare: se non la sua, quella degli altri. La preghiera crea una rete virtuosa che abbraccia il mondo intero, che annulla perfino la distanza tra i vivi e i defunti. Tale è la comunione dei santi; e la Chiesa, non lo si dimentichi, non è solo quella visibile, ossia la Chiesa militante, ma anche quella invisibile: quella purgante e quella trionfante, che comprende tutte le anime buone passate nell’altra dimensione. Esse pregano per noi, come noi preghiamo per loro. Molto può fare la preghiera, come insegna Gesù: perfino smuovere le montagne. Perché allora non potrebbe aiutare anche i pastori smarriti a ritrovare il giusto cammino?
Preghiamo per loro
di Francesco Lamendola
http://www.ilcorrieredelleregioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=10920:preghiamo-per-loro&catid=70:chiesa-cattolica&Itemid=96
Trump come Hitler? Se Bergoglio non smentisce ciò che gli viene attribuito o non si scusa è un insulto a un capo di Stato e a tutto il popolo americano – di Antonio Socci
Prendiamo un titolo del quotidiano israeliano Haarezt: “Papa Francesco su Trump: stare in guardia contro i leader populisti come Hitler che affermano di essere i ‘Salvatori’ ”. In realtà Bergoglio non ha fatto il parallelo in modo diretto fra Trump e Hitler. Ma i media hanno colto il riferimento a Hitler come un’obliqua allusione al presidente americano e – quel che è peggio – sono passati tre giorni e il Vaticano non ha ancora sentito il dovere urgente di smentire questa enormità che viene attribuita a Bergoglio.
Colpisce però la gravità di tale insinuazione, soprattutto se paragonata alle parole lusinghiere che Bergoglio ha espresso negli anni verso tiranni comunisti che hanno calpestato e calpestano i diritti umani.
PAROLE IRRESPONSABILI
Solo Pierluigi Battista – che pure non simpatizza per Trump – ieri ha osservato che “è molto pericoloso e controproducente, questo continuo, reiterato e anche insensato stabilire una connessione tra la vittoria di Donald Trump e dei cosiddetti ‘populisti’ d’Europa con quella del nazismo”.
Battista si è stupito che “anche papa Francesco ha finito per alludere a una possibile analogia”, cosa che “è insieme una follia polemica, un’esagerazione retorica, una stupidaggine storica e un favore colossale ai nazisti veri”.
Infatti “paragonare Trump a Hitler” ha argomentato Battista “è l’aiuto migliore a chi vuole relativizzare, banalizzare, minimizzare la portata malefica del nazismo”.
Ciò che però Battista evita di considerare è un’altra cosa: Bergoglio non è uno dei tanti giornalisti o cantanti, attori, attrici, ballerine o politici che si agitano sulla scena e sui media.
E’ il Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica. Non mi pare una cosuccia che si possa passare in cavalleria, perché Trump rappresenta tutto il popolo degli Stati Uniti d’America e l’offesa colpisce lo stesso popolo Americano che lo ha eletto e che egli rappresenta.
Si rischia obiettivamente un grosso pasticcio diplomatico: un’allusione oltraggiosa, fatta pubblicamente, è inconcepibile sulle labbra del capo della Chiesa che è anche un capo di stato.
Oltretutto in un momento in cui si fa un gran parlare sulle “parole dell’odio” che tracimerebbero dalla rete (deprecandole, com’è giusto) e in un momento in cui negli Stati Uniti emergono – da parte degli estremisti – forti sentimenti di rabbia contro Trump, anche con qualche manifestazione violenta, la demonizzazione (anzi criminalizzazione) del presidente americano rischia di gettare benzina sul fuoco, alimentando rancori pericolosi.
CHIARIRE SUBITO
Vogliamo pensare e sperare che papa Bergoglio sia stato frainteso, che non intendesse affatto paragonare il presidente Trump a Hitler, che tutto sia stato uno spiacevole infortunio.
Ma in questo caso Bergoglio doveva assolutamente affrettarsi a rettificare le interpretazioni errate e malevole. Invece, sebbene siano già passati tre giorni, non lo ha fatto.
Speriamo che provveda quanto prima, scusandosi per aver dato adito a quella pessima interpretazione delle sue parole.
Ma lo faccia. E soprattutto lo faccia in modo inequivocabile e convincente, per non dare l’impressione – come gli è già capitato – di lanciare il sasso e ritirare la mano, cosa che apparirebbe molto ipocrita e lascerebbe intatto il danno alla reputazione altrui e l’offesa al popolo americano.
Nel caso in cui non lo facesse dovremmo prendere atto che a capo della Chiesa c’è attualmente un uomo che – per suoi rancori politici – lancia insinuazioni irresponsabili, che non conosce le minime regole di prudenza, di galateo istituzionale e di correttezza (chi è lui per giudicare – e condannare – Trump che, oltretutto, si è appena insediato?).
Se non arrivasse una seria e convincente rettifica dovremmo riconoscere che c’è oggi un papa che senza ragioni oggettive accomuna il presidente degli Stati uniti d’America a Hitler, uno dei più infami e sanguinari criminali della storia umana (o che lascia circolare questa interpretazione).
DELEGITTIMAZIONE
Peraltro è del tutto assurdo dire che Hitler fu eletto democraticamente, perché Hitler non ha mai avuto l’unanimità dei voti di cui parla Bergoglio (“tutta la Germania vota Hitler”) e mai nemmeno la maggioranza assoluta, ma solo relativa, e prese il potere imponendosi con la violenza (diversamente da quanto crede Bergoglio).
Oltretutto Hitler non fu eletto cancelliere dal popolo, ma venne sciaguratamente nominato Cancelliere dal Presidente Hindenburg che avrebbe potuto prendere altre strade.
Voglio anche dire che è molto triste e pericoloso che un papa usi questo sgangherato esempio storico (oltretutto sbagliato) per delegittimare il voto democratico dei popoli sostenendo che esso produce gli Hitler.
Tutta questa vicenda è davvero incresciosa e inspiegabile: chi rappresenta la Chiesa Cattolica dovrebbe dare esempio di saggezza umana e carità cristiana.
COSA FARA’ TRUMP
La cosa potrebbe provocare un grave incidente diplomatico perché gli Usa avrebbero tutto il diritto di esigere delle scuse formali.
Bergoglio è purtroppo abituato a insolentire – quasi quotidianamente – chi, nella Chiesa, pensa diversamente. Egli approfitta della sua posizione per umiliare e offendere i suoi sottoposti. Lo fa perché è al riparo di una carica di sovrano assoluto a cui, nella Chiesa, non si osa ribattere o rispondere per le rime.
Ma il mondo è un’altra cosa e sulla scena pubblica non è previsto che il capo dello stato vaticano possa offendere pubblicamente altri capi di stato perché non gli piacciono o hanno idee diverse dalle sue sull’emigrazione.
Se Trump decidesse di glissare su questa infelice esternazione bergogliana impartirebbe una lezione di superiorità morale e pure di misericordia a chi – pur avanti negli anni e in una posizione istituzionale delicata – non sa controllare i suoi odi ideologici e la sua rabbia, umiliando l’istituzione che invece dovrebbe rispettare e onorare con un comportamento serio.
Antonio Socci
Da “Libero”, 24 gennaio 2017
Sito: “Lo Straniero”
Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”
Twitter: @Antonio Socci1
Colpisce però la gravità di tale insinuazione, soprattutto se paragonata alle parole lusinghiere che Bergoglio ha espresso negli anni verso tiranni comunisti che hanno calpestato e calpestano i diritti umani.
PAROLE IRRESPONSABILI
Solo Pierluigi Battista – che pure non simpatizza per Trump – ieri ha osservato che “è molto pericoloso e controproducente, questo continuo, reiterato e anche insensato stabilire una connessione tra la vittoria di Donald Trump e dei cosiddetti ‘populisti’ d’Europa con quella del nazismo”.
Battista si è stupito che “anche papa Francesco ha finito per alludere a una possibile analogia”, cosa che “è insieme una follia polemica, un’esagerazione retorica, una stupidaggine storica e un favore colossale ai nazisti veri”.
Infatti “paragonare Trump a Hitler” ha argomentato Battista “è l’aiuto migliore a chi vuole relativizzare, banalizzare, minimizzare la portata malefica del nazismo”.
Ciò che però Battista evita di considerare è un’altra cosa: Bergoglio non è uno dei tanti giornalisti o cantanti, attori, attrici, ballerine o politici che si agitano sulla scena e sui media.
E’ il Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica. Non mi pare una cosuccia che si possa passare in cavalleria, perché Trump rappresenta tutto il popolo degli Stati Uniti d’America e l’offesa colpisce lo stesso popolo Americano che lo ha eletto e che egli rappresenta.
Si rischia obiettivamente un grosso pasticcio diplomatico: un’allusione oltraggiosa, fatta pubblicamente, è inconcepibile sulle labbra del capo della Chiesa che è anche un capo di stato.
Oltretutto in un momento in cui si fa un gran parlare sulle “parole dell’odio” che tracimerebbero dalla rete (deprecandole, com’è giusto) e in un momento in cui negli Stati Uniti emergono – da parte degli estremisti – forti sentimenti di rabbia contro Trump, anche con qualche manifestazione violenta, la demonizzazione (anzi criminalizzazione) del presidente americano rischia di gettare benzina sul fuoco, alimentando rancori pericolosi.
CHIARIRE SUBITO
Vogliamo pensare e sperare che papa Bergoglio sia stato frainteso, che non intendesse affatto paragonare il presidente Trump a Hitler, che tutto sia stato uno spiacevole infortunio.
Ma in questo caso Bergoglio doveva assolutamente affrettarsi a rettificare le interpretazioni errate e malevole. Invece, sebbene siano già passati tre giorni, non lo ha fatto.
Speriamo che provveda quanto prima, scusandosi per aver dato adito a quella pessima interpretazione delle sue parole.
Ma lo faccia. E soprattutto lo faccia in modo inequivocabile e convincente, per non dare l’impressione – come gli è già capitato – di lanciare il sasso e ritirare la mano, cosa che apparirebbe molto ipocrita e lascerebbe intatto il danno alla reputazione altrui e l’offesa al popolo americano.
Nel caso in cui non lo facesse dovremmo prendere atto che a capo della Chiesa c’è attualmente un uomo che – per suoi rancori politici – lancia insinuazioni irresponsabili, che non conosce le minime regole di prudenza, di galateo istituzionale e di correttezza (chi è lui per giudicare – e condannare – Trump che, oltretutto, si è appena insediato?).
Se non arrivasse una seria e convincente rettifica dovremmo riconoscere che c’è oggi un papa che senza ragioni oggettive accomuna il presidente degli Stati uniti d’America a Hitler, uno dei più infami e sanguinari criminali della storia umana (o che lascia circolare questa interpretazione).
DELEGITTIMAZIONE
Peraltro è del tutto assurdo dire che Hitler fu eletto democraticamente, perché Hitler non ha mai avuto l’unanimità dei voti di cui parla Bergoglio (“tutta la Germania vota Hitler”) e mai nemmeno la maggioranza assoluta, ma solo relativa, e prese il potere imponendosi con la violenza (diversamente da quanto crede Bergoglio).
Oltretutto Hitler non fu eletto cancelliere dal popolo, ma venne sciaguratamente nominato Cancelliere dal Presidente Hindenburg che avrebbe potuto prendere altre strade.
Voglio anche dire che è molto triste e pericoloso che un papa usi questo sgangherato esempio storico (oltretutto sbagliato) per delegittimare il voto democratico dei popoli sostenendo che esso produce gli Hitler.
Tutta questa vicenda è davvero incresciosa e inspiegabile: chi rappresenta la Chiesa Cattolica dovrebbe dare esempio di saggezza umana e carità cristiana.
COSA FARA’ TRUMP
La cosa potrebbe provocare un grave incidente diplomatico perché gli Usa avrebbero tutto il diritto di esigere delle scuse formali.
Bergoglio è purtroppo abituato a insolentire – quasi quotidianamente – chi, nella Chiesa, pensa diversamente. Egli approfitta della sua posizione per umiliare e offendere i suoi sottoposti. Lo fa perché è al riparo di una carica di sovrano assoluto a cui, nella Chiesa, non si osa ribattere o rispondere per le rime.
Ma il mondo è un’altra cosa e sulla scena pubblica non è previsto che il capo dello stato vaticano possa offendere pubblicamente altri capi di stato perché non gli piacciono o hanno idee diverse dalle sue sull’emigrazione.
Se Trump decidesse di glissare su questa infelice esternazione bergogliana impartirebbe una lezione di superiorità morale e pure di misericordia a chi – pur avanti negli anni e in una posizione istituzionale delicata – non sa controllare i suoi odi ideologici e la sua rabbia, umiliando l’istituzione che invece dovrebbe rispettare e onorare con un comportamento serio.
Antonio Socci
Da “Libero”, 24 gennaio 2017
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