ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 12 febbraio 2017

“Credere il dubbio” ?


KATALEPTON Ovvero: alla spicciolata. 
Crimini e fattacci cattolici.

Lo spunto virgiliano del titolo, messo a cappello di questo nostro intervento, non tragga in inganno il lettore ché non di tematiche idilliche o elegiache scriveremo ma di autentici crimini e di fattacci che, pur esposti alla spicciolata uno via l’altro, non sono per questo meno lesivi della Verità, cioè di Cristo, ed indiziarî del baratro dell’errore e dell’apostasìa in cui sta precipitando il Magistero Ecclesiale.
Ne parliamo perché sentiamo di dover opporre viva e forte e santa resistenza – a costo di rischiar l’inquisizione misericordiosa bergoglio/spadariana o quella poliziesca dell’italiota DIGOS - a quanto, nella nostra Santa Madre Chiesa Cattolica, Apostolica e Romana sta, sinodo dopo sinodo, omelìa dopo omelìa, udienza dopo udienza, intervista dopo intervista, corrodendo il fondamento teologico dogmatico ed etico e devastando le coscienze dei fedeli.
  

Nel raccontare e nel commentare i fattacci che verranno esposti, vogliamo in premessa stabilirne la diretta dipendenza dalla eretica ed eversiva pastorale del Vat. II, tanto per dire che non bisogna indagare chissà dove per individuare la genesi del neomodernismo gnostico che appesta del suo lezzo la Cattolicità; una pastorale che, coniugandosi laidamente con la cultura del mondo, di fatto ha prevaricato sul dogma fino ad affermare l’uomo e i suoi diritti preminenti su Dio, e la prassi superiore alla dottrina.
E non è, questa, una nostra estravagante riflessione ma la testuale dichiarazione con cui Papa Bergoglio fa sua questa linea quando, con sfrontatezza, proclama: “Il Vaticano II, ispirato da Papa Giovanni e da Paolo VI, decise di guardare al futuro con spirito moderno e di aprire alla cultura moderna. I padri conciliari sapevano che aprire alla cultura moderna significava ecumenismo religioso e dialogo con i non credenti. Dopo di allora fu fatto molto poco in quella direzione. Io ho l’umiltà e l’ambizione di volerlo fare” (Dialogo con Eugenio Scalfari, 1 ottobre 2013).

Nel commentare alcuni fattacci, vogliamo principiare seguendo più l’ordine di gravità di essi che della cronologia anche perché, se la data è diversa in questo o in quello, l’eterodossìa, l’arroganza, l’aura fosca del tradimento e l’indegnità che li connotano sono  le stesse.

Ed allora:



Roma, San Gregorio al Celio, 5 ottobre 2016: Bergoglio - a sx - e Welby - a dx -

1 – PROVE DI FUSIONE A FREDDO.

Il 13 Marzo del 2017 – così annuncia il sito Vatican Insider di cui longa mensè il Tornielli Andrea – si terrà, nella Basilica di San Pietro in Roma, il  Vespro secondo il rito del “Common Prayer Book” anglicano a cui parteciperanno esponenti del clero cattolico. Scopo, precisa il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica della quale ha concesso l’uso agli scismatici, è quello di festeggiare il “50° anniversario del dialogo tra la Chiesa cattolica e quella anglicana, ristabilito con l’incontro del 23 marzo 1966 tra il beato (?) Paolo VI e l’arcivescovo (?) di Canterbury, Michael Ramsey”.
Il dispaccio, diramato sempre dal sito citato, dice che “per la prima volta si terrà la Preghiera corale della sera secondo l’uso anglicano, nella Basilica di San Pietro” (Vatican Insider  7 febbraio 2017).

Come in tutte le vicende umane c’è sempre una prima volta e, questa dell’anglicano che entra nella chiesa principe del Cattolicesimo - ove riposano i resti umani del primo Pontefice e vi aleggia la sua presenza -  sporcandola con le proprie lordure, è uno dei traguardi che Bergoglio si è prefissato: fare della Chiesa un conglomerato gelatinoso di confessioni in esecutivo ossequio al Nuovo Ordine Mondiale massonico.
Di fatto, Bergoglio aveva già, a simil oscenità, partecipato attivamente quando il 5 ottobre 2016 “aveva celebrato l’importante ricorrenza con i vespri ecumenici nella basilica di San Gregorio al Celio insieme all’arcivescovo Justin Welby” (i. c. s.). Ma non era sufficiente aver imbrattato quella veneranda basilica gregoriana, no! bisognava concludere con la chiesa, segno e simbolo del Cattolicesimo, quella Basilica di San Pietro peraltro già violata, offesa e dissacrata con lo zoofotosafari proiettato la sera dell’8 dicembre 2015, con la regìa delle multinazionali del N. O. M.

La data della celebrazione del prossimo 13 marzo è stata scelta perché la più vicina al giorno di san Gregorio Magno, divenuto il patrono delle relazioni tra le due Chiese. Fu infatti questo Papa a portare il cristianesimo in Gran Bretagna tramite l’azione evangelizzatrice di alcuni monaci benedettini del cenobio romano di Sant’Andrea sul Celio, tra i quali si ricorda Sant’Agostino che divenne il primo arcivescovo di Canterbury” (i. c. s.).
Un periodo costellato di bischere e false affermazioni come l’aver definito patrono di un dialogo sterile e velenoso un gran Papa che dialogante non fu, ed aver equiparato la Chiesa Cattolica ad una sètta scismatica. Si compirà, così, un capovolgimento sostanziale in cui vedremo la Chiesa di Gregorio che, in “uscita controllata”, rese cristiane-cattoliche le lande del Nord Europa e che subì lo scisma partorito da un atto di superbia e di lussuria – Enrico VIII e Lutero – e questa postconciliare che, méssasi in “libera uscita” con i portali della fortezza spalancati, verrà essa stessa convertita allo scisma e all’apostasìa lutero/anglicana.
Si verificherà lo scempio e l’abominio della desolazione così come profetò Daniele (12, 11), come ricordò Gesù (Mt. 24,15), come immaginò Dante (Purg. XXXIII, 1), e come previde la Vergine Maria a La Salette (1846) e a Fatima (1917).

A completamento ed ultimazione della rivoluzione modernista, Bergoglio ha predisposto una Commissione mista – catto-lutero-anglicana – che studi ed appronti uno schema di riforma della Messa, tale che sia di ecumenica uniformità. Staremo a vedere dove andranno a finire la “Transustanziazione” e la realtà del “Sacrificio”.
Insomma, siam precipitati sul fondo dell’abisso.

Deus venerunt gentes in hereditatem tuam /polluerunt templum sanctum tuum” (Salmo 78, 1) – Signore, i pagani hanno invaso il tuo patrimonio e imbrattato il tuo santo Tempio.




2 – DUBBÎ E CERTEZZE E. . .

In occasione del n. 4000 di “Civiltà Cattolica” il Papa, nella Sala del Concistoro, ha dato udienza alla comunità della rivista gesuitica esortandola a non temere il mare aperto e a non cercare il riparo di porti sicuri.
Poi ha aggiunto: “Soprattutto voi, come gesuiti, evitate di aggrapparvi a certezze e sicurezze. . . Andando al largo si incontrano tempeste e ci può essere vento contrario. E tuttavìa il santo viaggio si fa sempre in compagnìa di Gesù che dice ai suoi: ‘Coraggio, sono io, non abbiate paura’” (Avvenire 9 febbraio 2017).

Intanto ci sentiamo di osservare che i gesuiti non hanno bisogno di questa esortazione ché, da molto tempo, hanno rifiutato certezze e sicurezze, sufficiente essendo sapere quanto a questa cultura del dubbio si sìano adoperati i varî  De Chardin, Rahner, Balthasar, C. M. Martini. Ma ciò che interessa sottolineare in questa breve citazione è l’evidente contraddizione che serpeggia nelle parole del Papa quando, in ossequio alla “didattica del dubbio”, all’invito ad “evitare certezze e sicurezze” fa seguire le parole di Cristo (Mc. 6, 50) in cui emerge chiaro che la certezza, la sicurezza, il porto sicuro è proprio il Figlio di Dio.
E, allora, perché esortare a non cercare certezza nella Verità quando questa è Cristo stesso?

Certamente Bergoglio non ha ecceduto per ansia retorica, o per vera convinzione, quando ha ricordato ai suoi gesuiti che Gesù è la sicurezza perché il suo vero pensiero orbita sempre intorno al tema del dubbio cartesiano, tale essendo la sua pastorale quando, assai chiaramente, dice che: “in questo cercare Dio in tutte le cose resta sempre una zona d’ombra. Deve esserci. Se una persona dice che ha incontrato Dio con certezza totale e non è sfiorato da un margine di incertezza, allora non bene” (pag. 469 – fascicolo in pdf de La Civiltà Cattolica – Intervista con il Direttore p. Spadaro 19, 23, 29 agosto 2013).
Ora, se la zona d’ombra è il mistero stesso di Dio non c’è bisogno sottolinearlo, ma se questa “zona” è la riserva intellettuale che rimane accanto alla fede allora c’è da rimanere allibiti per come il Vicario di Cristo (lui malgrado!) solleciti i fedeli a fare del dubbio la base fissa e immobile del credere. Che, al postutto, non sarà mai un “credere” semmai “credere il dubbio” e aver certezza di questo. Un bell’ossimoro bergogliano.

Ma a questa scepsi si oppone il comando di Gesù che rimprovera Tommaso: “Non essere incredulo ma credente” (Gv. 20, 27).
Non è forse Egli Via, Verità e Vita?


3 – 2300  ABBANDONI ALL’ANNO

La notizia, apparsa su poche testate e, per di più, in formato minimale, dice che negli anni 2015 e 2016 ci sono stati circa 2300 abbandoni all’anno, vale a dire, un totale di 4600, che aggiunto ai 13.123 del periodo 2008/2012, fa 17.723, quasi due legioni. Nel primo calcolo sono compresi i 271 decreti di dimissione dall’Istituto, le 518 dispense dal celibato che concede la Congregazione per il Clero, i 141 sacerdoti religiosi incardinati “pure et simpliciter” in diverse diocesi e le 332 dispense dai voti tra le contemplative.
Spiega mons. Rodriguez Carballo – frate minore, Segretario della Congregazione per gli Istituti di vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica – che molti non hanno vocazione e che il più alto numero di abbandoni si ha tra le religiose, fatto almeno spiegabile in quanto esse sono la grande maggioranza dei consacrati. E della frangia più progressista e festaiola, aggiungiamo noi, che comprende ballerine, cantanti, attrici, giocoliere, chitarriste, teologhe alla dulcamara ma velenose, delle quali ultime diremo in appresso.

Ora, di fronte a simile emorragìa la CEI – dìcasi Galantino e Bagnasco – invece di mettersi all’opera per arrestare questo flusso di anime e di preoccuparsi per una crisi che si profila, per l’immediato futuro, con picchi altissimi di abbandoni, si fa spalla e sponda al governo civile segnalando i diagrammi in rialzo della disoccupazione giovanile, della produzione, del consumo sicché, parafrasando il buon Tito Livio (21, 7, 1) “Dum in CEI consulitur Ecclesia vacuefit” – mentre in CEI si discute, la Chiesa si spopola.



En el 
programa ‘Chester in love’ de Cuatro,
la mediática Sor Lucía Caram se atrevió a afirmar que
“María estaba enamorada de José y que era una pareja normal,
y lo normal es tener sexo
”.


4 – MA SI PUÒ, OGGI, CREDERE AI DOGMI?

Attenzione, non sono atei come Voltaire o Odifreddi a porre questa domanda, né tanto meno modernisti alla Buonaiuti o Küng. No, questa domanda, a cui seguirà una risposta negativa, è una suora, argentina come Bergoglio - El Papa come lo chiama amabilmente Blondet - suor Lucia Caram, domenicana di Barcellona, nota opinionista  che cinguetta su Twitter e straparla settimanalmente in una tv spagnola con un programma salottiero dal titolo “Chester in love” (La Verità, 10 febbraio 2017).

Sul principiar dello scorso anno, noi producemmo, su questo sito, quattro interventi relativi all’opera di smottamento e di aggressione condotta, contro il culto mariano, non da agnostici o atei ma da esponenti cattolici che, pur non affondando i colpi direttamente al cuore del dogma, ne sgretolano lentamente, ma con continuità, la monolitica consistenza ontologica.

E contro il culto di Maria, Colei che “è Mediatrice di tutte le grazie”  (Marienfried, Baviera - 1946), Colei che “sta nel mistero della Trinità” (Rivelazione delle 3 Fontane, Roma -1947), parte l’attacco di questa suora anima nera, blasfema, pettegola, vanesia, cialtrona, spudorata, sfacciata che, senza remora alcuna, e con il sorriso più simile a un cachinno, afferma che “Maria non era vergine”, che “difficile è credere che i due, lei e Giuseppe, non abbiano avuto rapporti sessuali”.
La protesta di migliaia di ascoltatori e di fedeli, che ne hanno reclamato l’espulsione dall’Ordine, ha indotto il vescovo di Vic a censurarla pubblicamente e a chiederne le scuse. Ciò che la sciagurata ha fatto, figuriamoci con quanta difficoltà!
Ma, intanto, il colpo è andato a segno soprattutto perché costei, che dirige un progetto di solidarietà per l’aiuto di 1400 famiglie povere, proprio per l’ammantarsi di simile aura bergogliesca di filantropìa, di solidarietà, di accoglienza, di misericordia ha riscosso, nella massa dei “cristiani adulti”, consensi ed approvazione.

Non è un caso che Bergoglio si appresti a varare una riforma del celibato – ricordate la visita alle famiglie dei sacerdoti sposati, dell’11 novembre 2016? – disegnando uno scenario in cui sarà possibile il matrimonio dei preti e il conferimento del sacerdozio alle donne, rendendo la Chiesa Cattolica, fotocopia della sètta lutero-anglicana.

La Chiesa, dove vive e prega chi si fa “eunuco per il regno dei cieli” (Mt. 19, 12), dove Vergine è la Madre di Dio, dove migliaia furono e sono coloro che indossano l’abito della verginità nella sequela di Cristo, questa  Chiesa sta per farsi simile a quelle sètte scismatiche che, per lussuria, le si ribellarono contro. Un evidente contrapasso che ben illustra gli scandali recenti di preti e monache immersi nel peccato contro il sesto comandamento.

11 febbraio 2017 anniversario di Lourdes



di L. P.
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1853_L-P_Katalepton.html

Mons. Lefebvre: Fermezza e Prudenza – di Cristina Siccardi

La prudenza della FSSPX nei tempi dell’apostasia
di Cristina Siccardi
.
Di fronte alle proposte di apertura della Santa Sede nei confronti della Fraternità Sacerdotale San Pio X, il Superiore, S.E. Monsignor Bernard Fellay, ha avanzato sia parole di speranza che di prudenza. Speranza e prudenza sono virtù peculiarmente cattoliche e mai come ora, sotto il Pontificato di Francesco, la prudenza chiede di essere esercitata, poiché ci troviamo a vivere un tempo di Rivoluzione indomita nella Chiesa.
Da quando Jorge Bergoglio è Sommo Pontefice con il nome di Francesco, si moltiplicano esternazioni ed insegnamenti contrari alla dottrina della Chiesa, anche se confliggenti con essa solo in modo obliquo e non diretto, come è costume dei modernisti[1]; chiaro esempio di ciò è la Lettera Apostolica Amoris laetiatia, dove, pur ribadendosi l’indissolubilità del matrimonio, si afferma che divorziati “risposati” possono accedere, in alcuni casi, alla Santa Comunione, perché le loro unioni adulterine avrebbero in sé, a dispetto dei principi evangelici, qualcosa di moralmente elevante. Ciò, ovviamente, ha creato e crea confusione e malessere, che pure i media di potere non possono più ignorare. Lo stesso vaticanista Aldo Maria Valli, da sempre disciplinato, scevro da ogni accusa di essere «giornalista tradizionalista», per anni stimato esperto dei Sacri Palazzi del Tg3 (rete televisiva da sempre vicina alla sinistra comunista) ha pubblicamente dichiarato, nel suo personale blog, la volontà di Papa Francesco di far combaciare gli opposti:
«Primo esempio. Quando papa Francesco si è recato in visita alla chiesa luterana di Roma e gli è stato chiesto se un cattolico e un luterano possono partecipare alla comunione, Bergoglio, attraverso una lunga risposta a braccio, ha detto in sostanza: no, ma anche sì, bisogna vedere caso per caso, perché “è un problema a cui ognuno deve rispondere”.
Secondo esempio. Quando, nella sala stampa vaticana, il cardinale Schönborn, commentando Amoris laetitia, ha detto che il divieto di fare la comunione, per i divorziati risposati, non è stato revocato, ma, attraverso la via caritatis indicata da Francesco, “si può dare anche l’aiuto dei sacramenti in certi casi”, in pratica ha detto: no, ma anche sì; sì, ma anche no.
Terzo esempio. Quando Francesco, prendendo parte a un video sul dialogo interreligioso (nel quale appaiono un musulmano, un buddista, un ebreo e un prete cattolico) ha detto che le persone “trovano Dio in modi diversi” e “in questa moltitudine c’è una sola certezza per noi: siamo tutti figli di Dio”, chi eventualmente volesse avere un’altra certezza di un certo spessore (qual è la vera fede?) potrebbe arrivare alla conclusione che è la nostra, ma anche quella degli altri.
Quarto esempio. Quando eminenti esponenti della curia romana ci dicono che la Chiesa, dopo la rinuncia di Benedetto XVI, ha sì un unico papa legittimo, però ha in effetti due successori di Pietro, entrambi viventi ed entrambi pienamente papi, si vede anche lì all’opera la logica del “ma anche” [2]: abbiamo un papa, ma anche due. E se qualcuno, inopportunamente, sostenesse che non possono essere entrambi pienamente papi, la risposta sarebbe assicurata: perché no? Lo è l’uno, ma anche l’altro.
È tanto bello e buono non giudicare e prendere la realtà per quella che è, cioè complicata e contraddittoria. Perché dobbiamo sottoporre le persone a dure prove? Non è meglio smussare gli angoli e giustificare?
Ecco che cosa c’è di male: che la Chiesa del “ma anche” sposa esattamente la logica del mondo, non quella del Vangelo di Gesù. E infatti riceve gli applausi del mondo. Ma noi sappiamo che questo non è un buon segno. Il cristiano, quando è coerente, è perseguitato dal mondo, non applaudito»[3].
Papa Francesco non è credibile nella Chiesa: fa e disfa, parla e strumentalizza e contraddice il Vangelo, creando incertezze ed errori. L’idea stessa di avere oggi una posizione canonica della FSSPX sotto il suo inquietante Pontificato suscita paura e incertezza, supportate dall’evidenza dei fatti, delle cose dette e di quelle taciute, come: la non risposta ai Dubia (19 settembre 2016) dei quattro Cardinali (Walter Brandmüller, Raymond Leo Burke, Carlo Caffarra, Joachim Meisnernon);  la scure che si è abbattuta sui Francescani dell’Immacolata e i soprusi imposti in questi giorni al fondatore, Padre Stefano Maria Manelli; l’aggressione al Sovrano Militare Ordine di Malta. Francesco, attento alle questioni socio-politiche e non alla difesa delle anime, si comporta come un tiranno che gratifica i “suoi” (finché ciò gli torna utile) e schiaccia gli indesiderati in spregio ad ogni regola etica e/o giuridica.
Monsignor Fellay entrò nel Seminario di Ècône 40 anni fa: era l’ottobre del 1977. È stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1982 e subito nominato economo generale della Fraternità; allo stesso tempo ha ricevuto l’incarico di Cappellano di diversi gruppi giovanili. Ha poi compiuto diversi viaggi apostolici nei paesi del Terzo Mondo per poi venire consacrato Vescovo il 30 giugno 1988 insieme con altri tre sacerdoti dal Sant’Atanasio dei tempi moderni.
L’attuale Superiore generale della Fraternità difese la legittimità morale e giuridica della consacrazione sua e degli altri tre Vescovi, poiché il mancato consenso ad essa del Papa era finalizzato unicamente all’aggressione alla FSSPX, proprio perché baluardo della dottrina, del Sacerdozio e della Santa Messa e dei Sacramenti cattolici, contro la montante deriva modernista; l’obbedienza ad un ordine ingiusto non può mai essere pretesa ed ogni punizione per il suo rifiuto è iniqua ed invalida.
Monsignor Fellay venne eletto Superiore della Fraternità nel giugno del 1994. Il 28 settembre 2000 fondò la Fraternità San Giosafat d’Ucraina con sede a Leopoli, di rito bizantino. Parla correntemente francese, italiano, inglese, tedesco e, spagnolo. L’11 luglio 2006 è stato rieletto Superiore della Fraternità Sacerdotale San Pio X per 12 anni. Oggi, desiderando il Regno sociale di Nostro Signore in terra, è chiamato a discernere, caratteristica a cui sono vocati proprio i Superiori della FSSPX, nata per salvaguardare i doni e le ricchezze della Chiesa nell’attuale tempesta. La Fraternità ora si interroga saggiamente sulle avance del Vaticano, come si constata nelle ultime dichiarazioni di Monsignor Fellay emerse dall’intervista rilasciata lo scorso 26 gennaio a Radio Courtoisie, dove il Vescovo ha fatto presente che non sono da considerare tanto le allettanti proposte canoniche, quanto il fatto che esse provengono da una Chiesa infettata da principi errati che vanno contro la Fede e contro la Chiesa di Cristo:
«Al di là di questo, il problema non è la struttura. La struttura, mi pare, è ben stabilita; c’è magari qualche punto, direi qualche dettaglio da rifinire. Essenzialmente è adatta, adeguata ai nostri bisogni. Per questo sono soddisfatto. Ripeto, ci sono dettagli che hanno bisogno di miglioramenti e questioni che devono essere ancora discusse. Il problema non è la struttura che ci offrono. Se quello fosse il solo problema, diremmo “sì” in un batter d’occhio. Ma il problema non è questo. Il problema è, ancora una volta, questa battaglia dei princìpi. Una Chiesa che per quarant’anni ha imposto un modo di pensare, questo modo modernista di pensare contro il quale noi combattiamo, contro il quale, o a causa del quale, siamo anche stati dichiarati scismatici e molto peggio, e definiti fuori dalla Chiesa; una Chiesa così è pronta o no a lasciarci continuare il nostro lavoro?».
Come è possibile fidarsi di una persona che occhieggia ai Luterani, che ammira Fidel Castro, che elogia la radicale Emma Bonino? E, allo stesso tempo, agisce senza pietà e senza misericordia contro tutti e tutto ciò che rimembra l’anima della Chiesa? Quali enormi e tremendi quesiti per il Superiore della FSSPX, Vescovo di straordinaria orazione e predicazione… Questa Chiesa[4] è inaffidabile, è ingannevole, è inquietante nel suo modo di porsi e di imporsi. È più matrigna che madre. Ed è prudenziale non fidarsi delle matrigne perché esse, spesso e volentieri, più che guardare al bene dei figliastri, guardano al proprio obiettivo. Fra l’altro l’incompatibilità fra gli insegnamenti – sia nella formazione dei sacerdoti, sia nell’educazione catechetica dei fedeli – dell’attuale linea ecclesiastica e quelli della Fraternità Sacerdotale San Pio X sono di un’evidenza plastica.
Di fronte all’incertezza la Chiesa ha sempre detto che la prudenza accompagnata alla fortezza sono le migliori confidenti nella scelta, così come dimostrò il fondatore della FSSPX. In una mirabile conferenza che egli tenne ai seminaristi, in occasione dell’emanazione del decreto per l’indulto della Santa Messa in Vetus Ordo del 3 ottobre 1984, affermò:
«Penso che ci vorrà ancora qualche mese, forse anche un anno prima di poter fare il bilancio di questo decreto, ma è ugualmente importante situarlo nel suo contesto storico. Non dobbiamo dimenticare la lotta che abbiamo condotto e che continuiamo a condurre, e che questa lotta è anzitutto una lotta per la fede, per conservare la fede cattolica.
Rifiutiamo coraggiosamente e definitivamente gli errori liberali, questi errori che sono stati condannati costantemente da numerosi Papi. Noi vogliamo essere fedeli alla voce di Dio, alla voce della Chiesa che si è manifestata attraverso tutti questi Papi: a partire da Pio VI, Pio VII, fino a Pio XII; i Papi hanno condannato tutti gli errori liberali […] e tutto questo spirito libertino, di licenza, i Papi l’han condannato in nome della legge di Dio, in nome dell’obbedienza a Dio, hanno condannato le costituzioni dei diritti dell’uomo […] perché sono contrarie alla legge di Dio, sono contrarie al Regno di Nostro Signore Gesù Cristo; allora, poiché ci siamo trovati di fronte ad un’invasione di idee liberali, all’interno della Chiesa a partire dal Concilio Vaticano II, fino ai più alti vertici della Chiesa. Ebbene abbiamo voluto resistere e combattere, e rifiutare assolutamente di sottometterci a questa invasione di falsi principi, che stanno distruggendo la Chiesa e che distruggono tutta la società, tutta la cristianità».
Queste riflessioni sono straordinarie per i nostri giorni oscuri, nei quali le anime sono tormentate, strapazzate, spezzate, abbandonate, esasperate ed esacerbate, tanto da inveire persino contro chi opera da sempre per la buona battaglia in nome di Cristo, unica Via, unica Verità, unica Via, che unisce tutti in Sé, ma tutti restano irrimediabilmente divisi se non sono in Lui e non vivono e non trasmettono i Suoi comandamenti. «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.  Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15, 1-11).
I sacrosanti dubbi di Monsignor Fellay si intrecciano con le voci di Monsignor Lefebvre. Ancora e con saggezza domanda il Superiore della FSSPX:
«Mons. Lefebvre era solito parlare del “lasciarci fare l’esperienza della Tradizione”. Ce la lascerebbero fare, o no? O ci aspetterebbero al varco, per dirci un domani che dobbiamo “rientrare nei ranghi”? Che dobbiamo accettare ciò che abbiamo combattuto per quarant’anni? In questo non intendiamo cedere.
Dunque è tutto qui, qui sta tutto il problema. Con questi nuovi atteggiamenti, più aperti, quando ci dicono che alcune cose non sono criteri richiesti per essere considerati cattolici, sembra che si apra una strada. Ora, è solo un’apertura, o è realmente un passaggio? È un passaggio sicuro? Voglio dire, potremo veramente continuare come siamo? Per noi ovviamente non sarebbe questa la fine della battaglia.
L’errore rimane errore. Così noi rimaniamo oggi, esattamente come prima, sempre convinti che ci sono errori che sono stati diffusi nella Chiesa e che stanno uccidendo la Chiesa. […] Esiste una qualche intenzione di abbandonare il modo di pensare che fu imposto al Concilio?
E noi vediamo, almeno per quel che riguarda le voci autorevoli (all’interno della gerarchia attuale, n.d.t.), diremmo le voci di chi guida, che ripetono: “No, no! noi continueremo sulla stessa linea!”. Così rimaniamo fuorilegge. Beh, fuorilegge tollerati, e potremmo anche dire, in modo sorprendente, che con Papa Francesco siamo anche più tollerati, ma rimaniamo ai margini.
Dunque le cose resteranno come sono? Andranno avanti? O domani saremo inghiottiti da questo movimento che, lo ripeto, sta uccidendo la Chiesa? Questo è il problema. E fino a che non avremo una risposta abbastanza chiara, non possiamo procedere oltre»[5].
La risposta è pressoché automatica e non necessita di sofismi, è la coscienza cattolica che si fa avanti, senza perplessità: No, non si può procedere oltre quando si hanno interlocutori che dimostrano il disprezzo più assoluto per ogni norma e regola, fosse anche solo il rispetto della propria parola.
Affermava ancora Monsignor Lefebvre nella stessa conferenza del 1984:
«Non siamo contro l’autorità della Chiesa, anzi, al contrario, ed è in ragione della sottomissione nostra alla Chiesa che continuiamo a fare ciò che facciamo; sottomissione ai Papi, a ciò che rappresenta la Chiesa; la Chiesa non cambia. La verità della Chiesa non può cambiare […] sono gli altri che hanno preso un corso nuovo nella Chiesa, che hanno instaurato una nuova tendenza nella Chiesa, una tendenza liberale.
[…]. Allora, si trova che taluni si augurano con ardore di rientrare nel quadro della Chiesa, ma sono io che me lo auguro per primo, di rientrare nel quadro ufficiale, nel quadro pubblico, nel quadro normale della Chiesa.
Ritengo che siamo nella Chiesa, e che siamo coloro che sono della Chiesa e che siamo i veri figli della Chiesa, e che gli altri non lo sono, non lo sono! Perché il liberalismo non è figlio della Chiesa; il liberalismo è contro la Chiesa, il liberalismo è la distruzione della Chiesa […] Noi possiamo dirci figli della Chiesa perché continuiamo la dottrina della Chiesa, manteniamo tutta la verità della Chiesa integralmente, tale e quale la Chiesa l’ha sempre insegnata».
Il fondatore della Fraternità dichiara che vi sono coloro che sarebbero pronti a sacrificare il combattimento della fede dicendo «“Taciamo i nostri problemi dogmatici, taciamo il nostro combattimento, non parliamo più della malizia della messa nuova, chiudiamo la bocca e non diciamo più nulla, non siamo più contro quelle persone, non diciamo più nulla sulla questione della libertà religiosa, dei diritti dell’uomo, dell’ecumenismo, stiamo zitti, stiamo zitti e poi così potremo entrare nel quadro della Chiesa, faremo piacere a quelli che sono nella Chiesa, entreremo all’interno della Chiesa ed una volta che saremo all’interno della Chiesa, vedrete che si potrà combattere, che si potrà fare questo e quell’altro…”.
È assolutamente falso! FALSO!». E si era nel 1984, sotto Giovanni Paolo II, mentre ora siamo sotto Papa Francesco…
D’altro canto Monsignor Lefebvre non era ottimista neppure sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II, sebbene il Papa a quell’epoca non avesse ancora portato a compimento l’incontro interreligioso di Assisi (1986). Infatti, per rispondere a coloro che erano allora pronti a rinunciare al combattimento della fede, disse:
«Non si rientra in un quadro, sotto dei superiori, dicendo che si scombussolerà tutto appena saremo all’interno, allorquando questi superiori stessi hanno tutto in mano per soffocarci e ne hanno tutta l’autorità per farlo», pensiamo poi al Papa attuale, capace di chiedere la testa di chiunque, dall’oggi al domani, senza altra giustificazione se non la sua volontà. Allora qual è l’autentico obiettivo dei figli di Monsignor Lefebvre? È lui stesso a rivelarlo: «Ciò che c’interessa innanzitutto è di mantenere la fede cattolica: è questo il nostro combattimento; ed allora la questione canonica, puramente canonica, esteriore, pubblica nella Chiesa è secondaria, ciò che è importante è di restare nella Chiesa, cioè nella fede cattolica di sempre e nel vero sacerdozio e nella vera Messa e nei veri Sacramenti, nel Catechismo di sempre, con la Bibbia di sempre. È ciò che ci interessa, è questa la Chiesa.
L’essere riconosciuti pubblicamente è secondario, allora non bisogna cercare il secondario perdendo ciò che è primario, ciò che è il primo oggetto del nostro combattimento».
Allora? Monsignor Lefebvre non ha dubbi: «Bisogna essere fermi, molto fermi».
Monsignor Fellay, che ha le grazie di stato necessarie per decidere secondo i disegni dell’Altissimo e che, a differenza di gran parte dell’attuale panorama episcopale, possiede una visione soprannaturale delle caduche cose, saprà sciogliere al meglio i nodi della dolorosa matassa.
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[1] Fin dalla nascita del Cattolicesimo liberale (anni Venti del XIX secolo), padre spirituale e dottrinale del Modernismo, la tecnica è sempre stata quella di evitare ogni negazione diretta di proposizioni dogmatiche o de fide, ma di aggirare tali affermazioni, conducendo il lettore o l’ascoltatore a negarle lui stesso. Questo modo di procedere ha certamente una ragione utilitaristica (quella di evitare l’accusa di eresia e la relativa scomunica), ma ne ha una più profonda e più pericolosa, quella ragione che ha fatto definire da San Pio X nell’enciclica Pascendi Dominici Gregis (1907) il Modernismo come «omnium haereseon conlectum» («l’insieme di tutte le eresie»): il Modernismo, di fatto, nega che esista una verità oggettiva imponibile a tutti.
[2] Implicita citazione della parodia di Walter Veltroni ad opera di Maurizio Crozza.
[3] http://www.aldomariavalli.it/2016/05/28/la-chiesa-e-la-logica-del-ma-anche/
[4] Qui, con il termine Chiesa, si fa riferimento, ovviamente, alla sua parte umana e non al Corpo mistico di Nostro Signore Gesù Cristo.
[5] http://www.sanpiox.it/attualita/1929-alcune-precisazioni-circa-l-intervista-del-29-gennaio-su-tv-libertes

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