L'ANTICO AVVERSARIO
Dietro l’enorme confusione che travaglia la Chiesa s’intravede l’antico Avversario. Il grande peccato dei modernisti: l’arroganza intellettuale; il senso di superiorità verso la fede dei piccoli, degli umili, dei semplici
di Francesco Lamendola
Anche se gli studiosi cattolici, come Alberto Melloni (beninteso: i cosiddetti cattolici progressisti) minimizzano; anche se i teologi cattolici, loro pari, non vedono alcun problema, anzi, si inebriano e si auto-incensano per le meraviglie portate, dopo il Vaticano II, dalla svolta antropologica; anche se tutti i cardinali, vescovi e sacerdoti di tendenza modernista, più o meno affiliati a qualche loggia, più o meno animati da ambizioni riformatrici e filosofico-religiose, alla Teilhard de Chardin, più o meno amici di qualche esponente della ideologia liberale, radicale, postcomunista, navigano con piena soddisfazione nel “nuovo corso” inaugurato da papa Francesco, ma già preannunziato da talune posizioni dei suoi immediati predecessori, la verità è che la Chiesa cattolica, considerando le cose con un minimo di oggettività, sta attraversando la più grave crisi che abbia mai vissuto nei suoi duemila anni di storia. Di fatto, è giunta a un bivio: e mai, neppure ai tempi del Grande Scisma, né all’epoca della ribellione protestante, si è trovata allo sbando come lo è ora: perché l’attacco viene dal suo interno, e perché esso non è stato percepito come tale, se non da pochissimi, e solo negli ultimi anni.
Invece esso parte da lontano, è stato concepito oltre un secolo fa e iniziato, sfruttando una serie di circostanze favorevoli, da più di cinquant’anni, all’epoca del Concilio Vaticano II, quando le forze dissolutrici ed ereticali sono uscite allo scoperto e hanno incominciato la conquista, un pezzo dopo l’altro, della Chiesa cattolica: partendo dalla liturgia, che è stato il grimaldello, su, su, fino alla stessa dogmatica. Forze esterne, beninteso, hanno fiancheggiato quest’opera di distruzione interna, e ne abbiamo più volte parlato, indicandole chiaramente per nome e cognome; ma il nemico principale è stato interno, ed ha avuto l’astuzia di non presentarsi affatto come tale, bensì come un mite e benevolo riformatore, pieno di buona volontà e desiderio di pace e di dialogo con tutti. Con tutti, guarda caso, tranne che con gli ultimi, strenui difensori di quella che è la vera dottrina cattolica, gli ultimi esponenti della vera Chiesa, fondata da Cristo, in luogo di quella contraffazione che è la contro-chiesa modernista e progressista, insediata al suo posto. E siamo arrivati al punto che gli ultimi veri cattolici sono accusati di essere fuori della Chiesa, di volersi chiudere in una cittadella, di rifiutare l’amore e la misericordia di Cristo: strategia veramente diabolica, la quale non può non suggerire che, alla lettera, vi siano delle forze non solamente umane dietro l’attacco insidiosissimo che viene sferrato oggi contro la sposa di Cristo.
Come è stato facile, ai novatori, ai riformisti, ai modernisti travestiti da buoni cattolici, arrivare ad un tale, sorprendente risultato! Dove non sono riusciti né i leoni del Colosseo, né gli aguzzini di Enrico VIII e di Elisabetta, né la ghigliottina dei giacobini, né i gulag di Stalin, e nemmeno i plotoni d’esecuzione che hanno falciato migliaia di preti, suore e semplici fedeli, dal Messico alla Spagna, ora stanno riuscendo i perfidi modernisti, in combutta con settori della massoneria giudaica e con la massoneria nostrana, e con tale abilità, da farsi applaudire come i gioiosi rappresentanti di una chiesa viva e rinnovata, aperta al mondo e piena di ottimismo, che piace tanto alla gente, e specialmente i giovani: perché son riusciti a cancellare in fretta anche il ricordo della vera Chiesa, quella di Pio X, Benedetto XV, Pio XI e Pio XII; quella del Magistero di sempre, che si ispira alla Scrittura e alla Tradizione e che non fa sconti alla mentalità moderna, perché vuole obbedire a Dio piuttosto che agli uomini; quella piena dell’amore, ma anche del timore di Dio, perché è conscia della Sua misericordia, ma anche della Sua severità, e sa che con Dio non si può giocare, non si può barare, non si arriva a compromessi, ma ci si assume le proprie responsabilità e si aspetta di ricevere il premio o il castigo eterni, secondo i meriti e i peccati, in perfetta verità e giustizia. E che giustizia sarebbe se tutti, anche i peccatori, ricevessero il premio eterno? Certo, Dio vuole la salvezza degli uomini, di tutti gli uomini: per questo ha mandato suo Figlio, per questo ha mandato lo Spirito Santo; per questo Cristo è morto e risorto. Ma Dio non può salvare gli uomini loro malgrado; non può far sì che si salvino coloro che non vogliono essere salvati, coloro che ostinatamente Lo rifiutano e che disprezzano il Suo amore. Perciò quei teologi modernisti che negano l’esistenza dell’inferno, o che, compromesso pietoso, affermano che esiste, ma che non ci va, né mai ci è andato nessuno, mentono sapendo di mentire: che razza di dottrina cattolica insegnano, costoro? Non è la dottrina cattolica, ma è il veleno modernista, sparso ormai da qualche decennio impunemente, nel silenzio fragoroso di chi avrebbe dovuto vigilare, di chi avrebbe dovuto ammonire, di chi avrebbe dovuto custodire fedelmente il gregge di Cristo.
E qui non si può tacere che, se papa Francesco ha impresso alla svolta modernista l’impulso finale, il più esplicito, il più colpevole, prima di lui altri pontefice hanno vigilato poco e male, hanno permesso che il veleno modernista scorresse continuamente nelle vene della Chiesa e inquinasse, poco a poco, tutto l’organismo; hanno permesso che singoli preti, improvvisandosi riformatori, nonché predicatori secolari, si mettessero a manipolare la santa Messa in ogni forma possibile, e che abusassero della loro veste e del pulpito per predicare una dottrina che poco o nulla ha di cattolico, parlando male del Magistero e della storia della Chiesa, denigrando e insultando l’opera da lei svolta nella società e nella storia, plaudendo i suoi peggiori nemici, esortando i fedeli a gettarsi dietro le spalle secoli di Tradizione, incitandoli a leggere liberamente le Scritture, proprio come i protestanti; e insegnando, o dando a intendere, che la Chiesa non solo può, ma deve mettersi d’accordo con il mondo moderno, che deve trovare con esso un modus vivendi, che deve puntare tutto sull’ecumenismo e sul dialogo inter-religioso, come se la cosa essenziale sia di andare d’accordo con tutti, e quella meno importante, per non dire quella da eliminare, sia la sana e vera dottrina cattolica, fedelmente custodita dai loro predecessori per due millenni, contesa eroicamente a infiniti nemici, testimoniata anche con il sangue dei martiri, attraverso innumerevoli persecuzioni. Ogni domenica, ormai, andare alla santa Messa vuol dire esporsi ad assistere a uno spettacolo indecoroso, anarcoide, populista, nel quale non sembra proprio che si celebri il mistero della morte e risurrezione di Cristo, ma una qualche forma di socialità e di festosità umana, e in cui ogni sacerdote si sente libero di aggiungere, togliere, cantare, suonare, sproloquiare, incitare i fedeli a disprezzare ciò che è stato santo per innumerevoli generazioni di cattolici: il culto della Madonna, degli Angeli, dei Santi; la recita del santo Rosario e le altre devozioni particolari; i pellegrinaggi, i digiuni, i voti, le rinunce e le mortificazioni volontarie. Preti che non esitano a dare la comunione ai divorziati risposati, ad assolvere le madri che hanno abortito, ad approvare, e talvolta a incoraggiare, gli amori omosessuali; che hanno sempre la giustizia sociale sulla bocca, le lotte dei poveri, i diritti dei migranti, e che fustigano in continuazione i “benpensanti”, i “farisei”, i “clericali”, cioè, molte volte, i veri e buoni cattolici, i quali si sentono più che mai soli, traditi, abbandonati, vilipesi, mortificati, insultati, rifiutati, scacciati.
E il papa, in mezzo a tutta questa rovina, a questa confusione, a questo sgretolamento, che fa? Non perde occasione per scagliarsi contro i “conservatori”, i “tradizionalisti”; li definisce rigidi, persone dalla doppia vita, malati e infelici; mette in guardia contro di loro, li isola, li proscrive, li martella, li aggredisce; fa commissariare i francescani dell’Immacolata, non risponde ai quattro cardinali che hanno chiesto chiarimenti sulla Amoris laetitia, li tratta da reprobi, da ribelli, da nemici pubblici, lui così buono, lui così misericordioso, lui sempre tutto sorrisi e abbracci. Ma i sorrisi e gli abbracci sono per gli altri, per i musulmani, per i giudei, per i luterani, fino alla scandalosa commemorazione dei cinquecento anni da che Lutero si è ribellato alla Chiesa cattolica e ha cercato di distruggerla con tutte le sue forze. Altri abbracci e altri sorrisi, poi, sono riservati ai massoni, ai radicali, a coloro che hanno speso la loro intera vita per lottare contro la morale cattolica e la stessa morale naturale: i fautori del divorzio, dell’aborto, dell’eutanasia, delle coppie di fatto, del matrimonio omosessuale, della adozione di bambini da parte delle coppie omosessuali, della fecondazione eterologa e della pratica dell’utero in affitto. Per costoro, sì, che papa Francesco ha parole di lode e sorrisi che vanno da un angolo all’altro della bocca; per costoro e per i rabbini e per gli imam, per i massoni del premio Carlo Magno. Niente di nuovo, in fondo: è da un pezzo che cardinali massoni e amici dei massoni, come Carlo Maria Martini, facevano propaganda per questo grande abbraccio, per questa sacrilega alleanza, da cui la sposa di Cristo non può che uscire sfigurata, mutilata, annientata. Certo che dover assistere allo spettacolo di un papa modernista, amico dei massoni e dei nemici della Chiesa; un papa che rimprovera ogni giorni i veri cattolici e non cessa un momento di sconcertarli, disorientarli, confonderli, amareggiarli, con prediche incaute, con interviste sopra le righe, con commenti al Vangelo che sono al limite, e talvolta oltre il limite, dell’eresia, significa che siamo scesi all’ultimo gradino sulla via della auto-rottamazione della Chiesa.
Ma Cristo lo aveva detto; ci aveva messi in guardia: Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano, ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno (Luca, 22, 31-32). Si cade nell’apostasia, infatti, quando la fede viene meno; e può succedere che la fede venga meno, ma il cattolico, o piuttosto l’ex cattolico, non se ne accorga, non sospetti di averla persa: succede quando costui è gonfio di superbia intellettuale, quando ha letto molti libri, senza averli digeriti, perché li ha letti male, con una disposizione d’animo sbagliata, cioè con la pretesa di capire tutto, anche ciò che appartiene a Dio, anche ciò che va chiesto a Lui, semmai, affinché ci aiuti a comprenderlo, perché vi sono cose che, umanamente parlando, nessuno potrà mai capire con la sola intelligenza umana. Ecco il grande peccato dei modernisti: l’arroganza intellettuale; il senso di superiorità verso la fede dei piccoli, degli umili, dei semplici. Il peccato contro il quale Gesù ha messo tante volte in guardia! Si rileggano le Lettere di un prete modernista, di Ernesto Buonaiuti (ma che egli non ebbe mai il coraggio di riconoscere per sue): quando parla di Pio X, le sue parole trasudano il disprezzo dell’intellettuale nei confronti del figlio del popolo, del cristiano dalla fede semplice. Questo ignorante che pretende di saperne più delle persone colte!, è il motivo conduttore dell’atteggiamento di Buonaiuti, e di tutti i modernisti. Ma, a parte il fatto che Pio X non era affatto un ignorante, dove sta scritto che la fede è solo per pochi intelletti superiori? Questo è gnosticismo, non cattolicesimo; un’altra eresia che confluisce nel gran mare del modernismo. Pio X era un figlio del popolo; e, con il sano buon senso di chi viene dalla terra, di chi conosce il cuore dei semplici, i loro problemi, le loro sofferenze, le loro speranze, vide benissimo, come non seppero vederlo tanti altri, il pericolo modernista, in tutta la sua estrema gravità. Ancora oggi, la maggior parte dei libri cattolici scritti dopo il Concilio Vaticano II trattano quella stagione con imbarazzo, ma con un atteggiamento più o meno apertamente critico nei confronti di quel grande papa: lo accusano di aver esagerato il pericolo, di aver instaurato nella Chiesa un clima poliziesco, per esempio esigendo il giuramento antimodernista da parte dei nuovi sacerdoti. Non hanno capito niente, o, forse, hanno capito anche troppo! San Pio X fu lucido e lungimirante: vide il pericolo e lo valutò per quello che era: un pericolo mortale. Quelli che non lo videro, che non lo compresero, o erano collusi con la cabala modernista, massonica e liberaleggiante, oppure non avevamo capito nulla. E almeno facessero autocritica, a tanti anni di distanza! Niente affatto: si ostinano a dare torto a san Pio X, e semmai ragione, implicitamente o esplicitamente, a Loisy, a Tyrrell, a Buonaiuti (e ora perfino a Lutero!); e si sentono dalla parte della ragione, perché papa Francesco è con loro: quasi che un papa potesse fare, lui, il Magistero, magari rovesciandolo da un giorno all’altro; quasi che il papa non fosse solo e unicamente il pastore del gregge, che gli è stato affidato perché lo custodisca.
Ed ecco, allora, che dietro tanta perfidia, tanta protervia, tanta ostinazione nell’errore, tornano alla mente le parole ammonitrici di san Paolo nella Lettera agli Efesini (6, 11-17): Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove. State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il Vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio…
Dietro l’enorme confusione che travaglia la Chiesa s’intravede l’antico Avversario
di Francesco Lamendola
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