ERETICI ANGLICANI SULLA CATTEDRA DI SAN PIETRO CON LA BENEDIZIONE DI FRANCESCO I
Il 13 marzo 2017 alle ore 15:00, si sono tenuti i Vespri Anglicani nella basilica di San Pietro, sulla Cattedra del Principe degli Apostoli.Una confessione acattolica ha celebrato alla presenza del cardinale George Pell e dell'arcivescovo Arthur Roche, segretario della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, che ha pronunciato un sermone, un rito nel cuore storico e simbolico del Cattolicesimo Romano, per concessione delle autorità ecclesiastiche stesse; Questo evento, che ben si inserisce nel clima di falsa riconciliazione ecumenica che Francesco I sta portando avanti con energia durante il suo pontificato,è una palese contraddizione alla dottrina cattolica. le ordinazioni dei vescovi anglicani sono ritenute invalide. Tale invalidità venne ribadita da Papa Leone XIII nella lettera enciclica Apostolicae curae .
in riparazione per lo scandalo, il Distretto italiano della Fraternità San Pio X ha organizzato S. Messe, esposizione del santissimo sacramento in tutte le cappelle e i priorati in italia, Litanie, Rosari, Compiete riparatorie anche nella città di Roma sede dello scandalo, fedeli cattolici, accompagnati dai sacerdoti per recitare il Santo Rosario in atto di riparazione gli è stato interdetto l'accesso su piazza San Pietro come se fossero dei criminali,ben guardati dalle forze dell'ordine, e sotto lo sguardo attento della stampa.
Permettendo che gli Anglicani celebrino in San Pietro i loro Vespri, si offre a Dio un culto falso, dal momento che i Vespri Anglicani, pur essendo celebrati in un luogo consacrato al cattolicesimo, non sono un culto riconosciuto dalla Chiesa cattolica. Se pregare con gli acattolici e partecipare ai loro riti è peccato grave per i fedeli (sanzionato anche nell’attuale codice di diritto canonico) diventa peccato ancor più grave quando ciò riguarda le autorità della Chiesa cattolica, perché offre motivo maggiore di scandalo.
Nessuno difende più la Chiesa, solo un piccolo gregge, che ben guardato dalla polizia, un piccolissimo gregge, che come bandiera non ha altro che la croce di Cristo e nelle mani la corona del Santo Rosario, Questi soldati di Cristo fanno paura alle autorità ecclesiastiche, sono considerati i nemici della Chiesa i Pelagiani come li definisce Francesco I, il Papa della Misericordia del dialogo del costruttore di ponti che critica il presidente americano, che costruisce il muro alla frontiera con il messico, è poi schiera un plotone di polizia davanti piazza San Pietro per impedire a un piccolo gruppo di cattolici armati solo dalla corona del Rosario di poter recitare il Santo Rosario.Dove sta andando la Chiesa cattolica? La Chiesa Una Santa è viva e immacolata nel Suo Sposo; ma una parte di quella visibile rischia di subire una 'mutazione genetica' o questa è già avvenuta nostro malgrado e ne stiamo vedendo gli effetti?
https://intuajustitia.blogspot.it/2017/03/eretici-anglicani-sulla-cattedra-di-san.html
I vespri anglicani celebrati per la prima volta nella basilica di San Pietro. Ciò che ci unisce
L'Osservatore Romano
Un momento storico. Così l’arcivescovo Arthur Roche, segretario della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, e l’arcivescovo David Moxon, direttore del Centro anglicano di Roma, hanno definito la celebrazione dei vespri secondo il Book of Common Prayer della Chiesa di Inghilterra, che per la prima volta si è tenuta, lunedì 13 marzo, nella basilica vaticana. All’altare della cattedra, nel luogo dove san Gregorio Magno, l’apostolus Anglorum, fu consacrato vescovo, si è svolta la preghiera serale presieduta dall’arcivescovo Moxon con l’accompagnamento del coro del Merton College di Oxford. Significativa la scelta della data, legata all’antica memoria liturgica di san Gregorio (12 marzo), ma anche al quarto anniversario dell’elezione di Papa Francesco. Segno eloquente, quello della preghiera comune, del cammino ecumenico che impegna cattolici e anglicani e che ha recentemente registrato un’altra tappa storica con la visita del Pontefice alla comunità anglicana di Roma nella chiesa di All Saints.
«L’amore di Dio — ha detto l’arcivescovo Roche nell’omelia — e il nostro desiderio di adorarlo sono ciò che ci unisce come cristiani, anglicani e cattolici, ritornando sui nostri passi e puntando i nostri sguardi nuovi su un terreno di sfida ecumenica e di speranza». Poco prima, durante le intercessioni, il reverendo Marcus Walker, vicedirettore del Centro anglicano, aveva richiamato la preghiera di Gesù nell’ultima cena: «Fa’ che siano una cosa sola». E ricordando «in penitenza e umiltà, di aver fallito nell’adempiere al suo comando», aveva invocato lo Spirito santo di «renderci capaci di sperimentare la sofferenza causata dalla divisione, di vedere il nostro peccato, e di sperare oltre ogni speranza». Un pensiero speciale è stato dedicato a Papa Francesco nell’anniversario dell’elezione: «rendiamo grazie — si è pregato — per il modo in cui egli pasce il gregge che gli è stato affidato, attira i cristiani di tante tradizioni, e ricorda a tutti, ancora una volta, il grido del Vangelo che ci chiama a servire i poveri».
La figura di san Gregorio Magno, il pontefice che affidò a sant’Agostino di Canterbury l’evangelizzazione della Britannia, ha accompagnato questo intenso momento di preghiera comune. Ne ha ripercorso la biografia l’arcivescovo Roche che, nell’omelia, ha sottolineato due aspetti da recuperare come eredità preziosa per chi «cammina insieme alla ricerca di una maggiore unità». Innanzitutto il titolo che Papa Gregorio scelse per il successore di Pietro, servus servorum Dei: «Il nostro viaggio, il nostro camminare insieme in questo pellegrinaggio alla ricerca ecumenica dell’unità — ha detto — ci invita a diventare servi gli uni degli altri riconoscendoci nelle parole del Signore: “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: ‘Siamo servi inutili’” (Luca, 17, 10)».
E ha aggiunto: «Il nostro amore reciproco deve essere sempre umile e instancabile», perché «alla fine è la grazia di Dio che realizza ciò per cui lavoriamo» ed è «Gesù Cristo che proclamiamo e non noi stessi».
In secondo luogo, ha detto il presule, occorre che i cristiani si ispirino allo «zelo missionario» che fu nota caratteristica di san Gregorio. «Non dobbiamo mai dimenticare, come Papa Francesco ha recentemente affermato, che la Chiesa è nata in uscita. È stata chiusa nel cenacolo e poi è venuta fuori. E deve rimanere nel mondo esterno. Non deve chiudersi di nuovo». Cattolici e anglicani devono perciò «incoraggiarsi gli uni gli altri e sostenersi» in questa missione.
«Sotto la grande vetrata dello Spirito santo — ha concluso il segretario della Congregazione per il culto divino ricordando l’iconografia che rappresenta il Paraclito che sussurra nell’orecchio di san Gregorio — preghiamo perché come san Gregorio, anche noi siamo aperti al sussurro dello Spirito, in modo da avere il coraggio e la fede di continuare a pregare e a lavorare per superare le barriere che rimangono, per abbattere i muri di separazione e divisione», affinché «l’impensabile, o ciò che ora sembra così difficile, possa essere reso possibile in Cristo Gesù».
E a conclusione dei vespri, mentre i celebranti procedevano in processione verso la tomba di san Gregorio, il coro ha cantato l’inno che terminava con le parole: «Una Chiesa. Una fede. Un Signore».
L'Osservatore Romano, 14-15 marzo 2017http://ilsismografo.blogspot.it/2017/03/vaticano-i-vespri-anglicani-celebrati.html
VESPRI ANGLICANI IN SAN PIETRO, E IN PIAZZA UN ROSARIO DI
“RIPARAZIONE”. SULLO SFONDO L’ACCORDO FRA ROMA E I LEFEBVRIANI
MARCO TOSATTI
Ieri pomeriggio, poco dopo che nella basilica di San Pietro si erano celebrati i Vespri con esponenti della Chiesa anglicana, alcune decine di persone recitavano una rosario di riparazione per l’unità della Chiesa in piazza San Pietro. Contemporaneamente, tramite al tam tam sui social media, molte altre persone si univano alla preghiera ciascuno dove si trovava.
Personalmente non ritengo scandalosa la celebrazione di una preghiera come i Vespri insieme con esponenti delle altre confessioni cristiane, e tanto meno con gli Anglicani, che probabilmente nella galassia della Riforma sono una delle confessioni più vicine a Roma, e in cui una forma di trasmissione apostolica si è conservata, anche dopo lo scisma.
Penso però che sia interessante per i lettori dare questa notizia.
Anche perché si tratta di una prima, per quanto numericamente esigua, manifestazione di protesta in San Pietro, nata dal basso. Il gruppo, molto eterogeneo, comprendeva, a quanto mi riferiscono, persone che gravitano nell’ambito di Ecclesia Dei, della Fraternità San Pio X, oltre ad altre di ispirazione diversa. La Fraternità di San Pio X ha ufficialmente aderito all’evento organizzando una messa prima e facendo guidare il rosario da uno dei suoi sacerdoti. E’ interessante questa partecipazione, se si tiene conto che a quanto si dice l’accordo fra la Fraternità e la Santa Sede potrebbe essere imminente.
L’iniziativa del Rosario nasce dalla Milizia dell’Immacolata, una piccola associazione rifondata dall’ex superiore italiano della FSSPX don Pierpaolo Petrucci, ispirata quella fondata ai tempi da San Massimiliano Kolbe. Scopo dell’associazione è l’apostolato mariano sia spirituale che di evangelizzazione, quella di ieri è stata la prima sortita pubblica.
Fra i mezzi di comunicazione Radio Spada ha promosso l’evento. Poco dopo anche la FSSPX ha dato il suo appoggio ufficiale. Altre celebrazioni di “riparazione” della Fraternità si sono svolte in tutta Italia; l’impressione che è si siano decisi a partecipare quando è apparso chiaro che l’evento si stava diffondendo molto diffuso negli ambienti tradizionalisti. Una certa prudenza da parte della FSSPX sarebbe, secondo alcuni, riconducibile al fatto che il distretto è sotto la guida dell’assistente del Superiore Generale, Fellay, che proprio in questo periodo starebbe definendo i termini di un’eventuale regolarizzazione canonica. Nessun alto prelato ha aderito all’iniziativa, nata praticamente su Facebook e col passaparola.
L'Osservatore Romano
Un momento storico. Così l’arcivescovo Arthur Roche, segretario della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, e l’arcivescovo David Moxon, direttore del Centro anglicano di Roma, hanno definito la celebrazione dei vespri secondo il Book of Common Prayer della Chiesa di Inghilterra, che per la prima volta si è tenuta, lunedì 13 marzo, nella basilica vaticana. All’altare della cattedra, nel luogo dove san Gregorio Magno, l’apostolus Anglorum, fu consacrato vescovo, si è svolta la preghiera serale presieduta dall’arcivescovo Moxon con l’accompagnamento del coro del Merton College di Oxford. Significativa la scelta della data, legata all’antica memoria liturgica di san Gregorio (12 marzo), ma anche al quarto anniversario dell’elezione di Papa Francesco. Segno eloquente, quello della preghiera comune, del cammino ecumenico che impegna cattolici e anglicani e che ha recentemente registrato un’altra tappa storica con la visita del Pontefice alla comunità anglicana di Roma nella chiesa di All Saints.
«L’amore di Dio — ha detto l’arcivescovo Roche nell’omelia — e il nostro desiderio di adorarlo sono ciò che ci unisce come cristiani, anglicani e cattolici, ritornando sui nostri passi e puntando i nostri sguardi nuovi su un terreno di sfida ecumenica e di speranza». Poco prima, durante le intercessioni, il reverendo Marcus Walker, vicedirettore del Centro anglicano, aveva richiamato la preghiera di Gesù nell’ultima cena: «Fa’ che siano una cosa sola». E ricordando «in penitenza e umiltà, di aver fallito nell’adempiere al suo comando», aveva invocato lo Spirito santo di «renderci capaci di sperimentare la sofferenza causata dalla divisione, di vedere il nostro peccato, e di sperare oltre ogni speranza». Un pensiero speciale è stato dedicato a Papa Francesco nell’anniversario dell’elezione: «rendiamo grazie — si è pregato — per il modo in cui egli pasce il gregge che gli è stato affidato, attira i cristiani di tante tradizioni, e ricorda a tutti, ancora una volta, il grido del Vangelo che ci chiama a servire i poveri».
La figura di san Gregorio Magno, il pontefice che affidò a sant’Agostino di Canterbury l’evangelizzazione della Britannia, ha accompagnato questo intenso momento di preghiera comune. Ne ha ripercorso la biografia l’arcivescovo Roche che, nell’omelia, ha sottolineato due aspetti da recuperare come eredità preziosa per chi «cammina insieme alla ricerca di una maggiore unità». Innanzitutto il titolo che Papa Gregorio scelse per il successore di Pietro, servus servorum Dei: «Il nostro viaggio, il nostro camminare insieme in questo pellegrinaggio alla ricerca ecumenica dell’unità — ha detto — ci invita a diventare servi gli uni degli altri riconoscendoci nelle parole del Signore: “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: ‘Siamo servi inutili’” (Luca, 17, 10)».
E ha aggiunto: «Il nostro amore reciproco deve essere sempre umile e instancabile», perché «alla fine è la grazia di Dio che realizza ciò per cui lavoriamo» ed è «Gesù Cristo che proclamiamo e non noi stessi».
In secondo luogo, ha detto il presule, occorre che i cristiani si ispirino allo «zelo missionario» che fu nota caratteristica di san Gregorio. «Non dobbiamo mai dimenticare, come Papa Francesco ha recentemente affermato, che la Chiesa è nata in uscita. È stata chiusa nel cenacolo e poi è venuta fuori. E deve rimanere nel mondo esterno. Non deve chiudersi di nuovo». Cattolici e anglicani devono perciò «incoraggiarsi gli uni gli altri e sostenersi» in questa missione.
«Sotto la grande vetrata dello Spirito santo — ha concluso il segretario della Congregazione per il culto divino ricordando l’iconografia che rappresenta il Paraclito che sussurra nell’orecchio di san Gregorio — preghiamo perché come san Gregorio, anche noi siamo aperti al sussurro dello Spirito, in modo da avere il coraggio e la fede di continuare a pregare e a lavorare per superare le barriere che rimangono, per abbattere i muri di separazione e divisione», affinché «l’impensabile, o ciò che ora sembra così difficile, possa essere reso possibile in Cristo Gesù».
E a conclusione dei vespri, mentre i celebranti procedevano in processione verso la tomba di san Gregorio, il coro ha cantato l’inno che terminava con le parole: «Una Chiesa. Una fede. Un Signore».
L'Osservatore Romano, 14-15 marzo 2017http://ilsismografo.blogspot.it/2017/03/vaticano-i-vespri-anglicani-celebrati.html
Ma sì, meticciamoci con tutti! Basta con la fissazione della purezza della fede!
RispondiEliminaFinalmente l'aria nuova del Concilio Vaticano II comincia a tirare.
Aria nuova su TUTTA la linea!
Come riferito da Sandro Magister in www.chiesa.espresso.repubblica.it, si può ricordare l'intervista rilasciata al Sismografo il 14.01.16 da Massimo Faggioli, storico della Chiesa ed esponente di spicco della 'Scuola di Bologna' (quella secondo cui il CVII ha segnato una "rottura" e un "nuovo inizio" nella storia della Chiesa).
Essa ha per oggetto nientemeno che l'ermeneutica con cui papa Francesco interpreta e attua il Concilio Vaticano II.
"Il Sismografo" ha pubblicato l'entusiastica intervista con Faggioli, firmata da Luis Badilla Morales, direttore del sito vaticano, e dall'altro curatore del sito Francesco Gagliano.
In essa Faggioli sostiene che papa Francesco "parla pochissimo del Concilio", però "lo fa, lo applica costantemente, e la cosa più affascinante è che NON HA MAI MOSTRATO INTERESSE NELLA QUESTIONE ERMENEUTICA DEL CONCILIO."
Francesco, infatti – a detta di Faggioli –, "è il primo papa che non ha incertezze su come il Concilio debba essere interpretato", perché il suo pensiero è il seguente:
"IL CONCILIO ORA L'ABBIAMO IN MANO NOI E LO INTERPRETIAMO NOI, SENZA RIAPRIRE CONTROVERSIE DI TRENTA O QUARANT'ANNI FA".