CITTÀ DEL VATICANO - L’attore del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, ringraziando Papa Francesco per la sua visita a Milano, attribuisce a Bergoglio un autentico «miracolo».
«Caro Papa ti sei reso conto che hai trasformato un milione e mezzo di milanesi, in un milione e mezzo di terroni?» L'attore in un messaggio diffuso dalla diocesi milanese allude al tifo che si respirava nelle strade, all'aeroporto, in piazza Duomo, a San Siro, a Monza.
«Sei riuscito a tirare fuori il napoletano che c’è in ogni milanese».
Giacomo Poretti insiste affinchè il Papa, visto che si è trovato tanto bene, a riprendere l'aereo per rivedere la Madunina sul Duomo. «Mi raccomando c’è un andata, ma anche un ritorno». Il messaggio diretto in Vaticano fa parte di cinque letterine - come le chiama lui stesso - autoprodotte con il telefonino per dare risalto ad un aspetto diverso della città: il rapporto con gli stranieri, la frenesia cittadina, l’ossessione per l’eccellenza, la fragilità dietro la smania del fare.
di Franca Giansoldati
IL SORRISO E' UN DONO DI DIO
Il sorriso è un dono divino fatto all’uomo, in esso si spalanca una finestra sull'anima che illumina lo sguardo e l'intero volto, l'intera persona. Ma perché si sorride? Dimmi come sorridi, e ti dirò chi sei
di Francesco Lamendola
Il sorriso è un grande mistero, un grande dono, una grande lode.
È un mistero, perché dischiude uno spiraglio sulle profondità dell'anima e le rivela, meglio di quanto potrebbero fare cento discorsi. È un dono, perché riempie di gioia gli altri, dà loro un benessere, un senso di appagamento che non hanno un prezzo, perché non si trovano in commercio. Ed è una lode perché chi sorride, in un certo senso, dona qualcosa di sé, ma anche ringrazia: ringrazia la vita, ringrazia il fatto di esserci, ringrazia Dio come l'Autore di tutta la varietà e la bellezza che vi sono al mondo.
Naturalmente, non tutti i sorrisi sono buoni, ma noi vogliamo parlare di questi. Vi sono anche i sorrisi di perfidia, d'ironia, di dissimulazione, d'inganno, di disprezzo, di sfida, di provocazione; e i sorrisi di seduzione, che nascondono una volontà di conquista e di possesso, e si servono delle armi della sensualità e della malizia erotica. Tutti questi non c'interessano, in questa sede: preferiamo concentrarci sul sorriso buono, espressione di dono e di benevolenza, senza secondi fini, senza malizie. In esso si spalanca una finestra sull'anima che illumina lo sguardo e l'intero volto, l'intera persona. Si dice che gli occhi sono le finestre dell'anima; eppure gli occhi possono restare freddi, impassibili o inespressivi, mentre la bocca si atteggia a un sorriso. Bisogna diffidare di un simile sorriso. Il sorriso vero è quello che parte dallo sguardo, non dalle labbra: tutti sono capaci di tirare in su le labbra, atteggiando la bocca al sorriso; ma solo chi sorride veramente, spontaneamente, naturalmente, sorride a partire dallo sguardo, che s'illumina di una luce nuova, fresca, viva. Come quando si aprono le finestre di una stanza chiusa e, in una bella giornata di sole, si permette alla luce e all'aria pura di entrare nel locale.
Ma perché si sorride? Il sorriso vero, quello spontaneo, non ha necessariamente una ragione precisa; anzi, esso è tanto più spontaneo, e quindi vero, quanto meno ce l'ha. Noi sorridiamo a chi ci fa una cortesia, un complimento, un regalo; ma sorridiamo anche a uno sconosciuto, sorridiamo anche al sole di primavera, al profumo della pioggia e della campagna bagnata; sorridiamo perché ci sentiamo l'anima in pace, o perché vogliamo donare agli altri un poco della nostra sovrabbondanza interiore. Quando sorridiamo agli altri, siamo come un milionario che ha voglia di distribuire anche al prossimo qualcosa delle sue ricchezze; con la differenza che il sorriso non costa nulla, ma ha un grande valore. Ci sono sorrisi che donano la pace a un'anima tormentata: per esempio, il sorriso di un figlio che si riconcilia col padre, di una moglie che si riconcilia col marito, dopo amare incomprensioni e rimproveri vicendevoli. A volte basta un sorriso perché due amici si ritrovino, dopo anni di sorda ostilità, di malanimo esacerbato.
In verità, il sorriso circostanziato, legato a una particolare occasione, è piuttosto l’eccezione che la regola. Per un’anima serena e tranquilla, in pace con Dio e con se stessa, e senza rancori o frustrazioni riguardo al mondo, il sorriso è un atteggiamento spontaneo e abituale: è una specie di veste che lo sguardo ed il viso indossano sempre, o quasi sempre; è un modo di essere, di porsi, di guardare il mondo, e, nello stesso tempo, di lasciar filtrare all’esterno qualche cosa della propria interiorità., gettando un ponte di benevolenza fra sé e gli altri. Le persone che non sorridono mai non possiedono la pace e l’equilibrio interiore, per quanto elevata possa essere la loro vita interiore; dunque, non possono neppure trasmettere armonia e benessere ad alcun altro. Potranno fare dei grossi doni materiali al prossimo, agli amici, forse anche a degli sconosciuti: per senso del dovere, o per vanità, o per convinzione teorica; ma sono incapaci di donare la cosa più preziosa: qualche bagliore di se stessi, della propria ricchezza interiore, posto che ce l’abbiano. Infatti, chi non sorride mai difficilmente possiede una vita interiore ricca e varia; o, se ce l’ha, è come se l’avesse murata nelle profondità della propria anima, e non sa o non può lasciarla uscire. Forse ha smarrito egli stesso la chiave; per cui non lo potrebbe, nemmeno se lo volesse.
Non si può dire con sicurezza che anche gli animali sorridano. Probabilmente no; e quando ci sembra il contrario, è perché alcuni animali domestici, specialmente il cane, a causa della lunga frequentazione e della familiarità con gli esseri umani, hanno strappato ad essi un riflesso della loro umanità. E se il sorriso è un privilegio dell'uomo fra tutte le creature, allora non è esagerato affermare che esso è uno delle gemme più fulgide della collana con cui Dio lo ha adornato. Ecco perché vi è qualcosa di divino nel sorriso che una madre rivolge al suo bimbo, cullandolo in seno; ed ecco perché la contemplazione di una icona, o di un quadro sacro raffigurante la Madonna che tiene in braccio il Bambino Gesù, mentre i due si stanno guardando e si stanno sorridendo, equivale ad una sublime preghiera e ha un valore più grande della lettura di un intero trattato di teologia: perché nel sorriso della Madre a suo Figlio, e in quello di lui a lei, vi è un commovente riflesso dell'amore infinito di Dio per le sue creature, e di queste per Lui.
Ci piace riportare una riflessione del biblista salesiano Carlo De Ambrogio, fondatore - nel 1975, a Torino - della Gioventù Ardente Mariana, nel suo commento al Vangelo di San Giovanni (Rosta, Torino, Centro Mater Divinae Gratiae, 1967, pp. 117-118):
Il sorriso è uno dei doni più belli che Dio abbia fatto all'uomo; è una manifestazione di vita profonda, uno spioncino aperto sul proprio io segreto. Fa emergere le profondità dell'animo. Tra compagni si ride anche fragorosamente, ma tra amici e tra persone che si vogliono bene si sorride. il sorriso è uno dei migliori mezzi di espressione di quella grande silenziosa che è l'anima.
Ci sono dei sorrisi che sono corrotti: il sorriso enigmatico,attraverso il quale si occulta la propria anima piuttosto che rivelarla; il sorriso scettico, con cui si mostra diffidenza dinanzi agli altri; il sorriso sdegnoso, con cui si afferma la propria superiorità; il sorriso sornione, con cui ci si mette in stato di difesa o di provocazione di fronte a un avversario. Nella commedia "La regina morta" di Montherlant, il protagonista Ferrante dice a Ines: " Ho voluto farti sorridere. Quando si dubita se uno sconosciuto sia pericoloso o no, basta guardarlo sorridere; il sorriso è un'indicazione, se non proprio una certezza".
Il sorriso ci è stato dato a Dio perché noi si potesse con quello fare al prossimo l'offerta del nostro io profondo. Basta guardare i bimbi. Finché non sorridono, la mamma non ha l'impressione di possederli completamente. la giovane mamma spia ogni giorno la comparsa di questo segno di presenza dell'amore nel volto del suo bimbo. E quando il sorriso fiorisce sulle labbrucce del piccino, la mamma ne gode: solo allora si intrecciano le prime relazioni veramente umane tra madre e figlio.
Bisogna sorridere con la freschezza e la donazione stessa dei bimbi. Il sorriso dei bimbi è un autentico dono dell'anima. I bimbi sono nuovi, freschi, aperti, semplici, chiari, senza amor proprio, sena risentimenti. Con la musica e la preghiera sono una di quelle grandi porte aperte su un mistero, non di tenebra ma di luce.
Ci sono degli uomini che hanno un volto sempre corrucciato. Un grande industriale aveva un aspetto costantemente funebre; eppure regalava grosse somme ai poveri e in opere di beneficenza. Ma le regalava con volto funereo. Anche quando donate pochissimo, magari 10 lire, datele con un sorriso: è un raddoppiare la somma.
Quando sorridete, vi umanizzate. Il sorriso è come il levarsi del sole sul viso di un uomo. Ogni famiglia diventerebbe un nido di cielo se i suoi membri avessero la preoccupazione di sorridersi vicendevolmente. Quando il padre torna dal lavoro e trova i suoi familiari che lo salutano col sorriso, si sene ripagati dei suoi sacrifici. Il sorriso è una carità che costa pochissimo: esige solo un'anima aperta e accogliente.
Il sorriso non è un semplice gesto delle lebbra; è piuttosto un segno di gratitudine, di comprensione, di fiducia. Bisognerebbe acclimatarlo sul proprio volto. Il poeta americano Walt Whitman diceva: "Non è importante quello che faremo con gli anni della nostra vita; è importante quello che stiamo facendo in ogni ora. E ogni ora noi la possiamo illuminare col sorriso".
Parafrasando un celebre adagio, potremmo affermare: dimmi come sorridi, e ti dirò chi sei. Il sorriso non mente; o meglio, vi sono sorrisi menzogneri, eppure un attento osservatore dovrebbe essere in grado di riconoscerli. Se ciò non avviene, è perché quelle strane creature che sono gli esseri umani amano, più di quel che non si pensi, essere ingannate. Lo fanno per molte ragioni, e la più frequente è anche la più banale: perché preferiscono sentirsi desiderate e amate, pur sospettando che ciò sia solo una illusione o un inganno, piuttosto che essere ignorate e mese in un angolo dal flusso della vita. Infatti, una donna innamorata preferisce l’inganno alla franchezza, se il primo è dolce, la seconda è rude; ella può perfino perdonare il suo seduttore, che l’abbia ingannata deliberatamente, se continua ad voler credere di essere stata amata; mentre non perdonerà mai l’uomo di cui è innamorata, se non l’ha mai degnata della minima attenzione. Vi sono anche molti uomini che hanno questo tipo di atteggiamento, anche se bisogna dire che esso è una prerogativa essenzialmente femminile. Sia come sia, lasciamo stare questo mistero e torniamo al nostro assunto iniziale: che nulla è più gradito di un sorriso, almeno per gli animi sensibili, e nulla può arricchire con così poco, nulla crea una sensazione di benessere con minor dispendio di aspettative per chi lo riceve e di promesse per chi lo fa. In pratica, un sorriso di benevolenza non lega, non fa pressione, non esercita un ricatto: dona senza nulla chiedere, e non promette nulla oltre se stesso, a meno che lo si voglia fraintendere deliberatamente.
Nella società odierna, ove tutto ha un prezzo, perfino un bicchier d’acqua per chi è assetato, ma nulla ha un valore, proprio perché nulla è spontaneo e sincero, il sorriso è la ventata d’aria fresca che porta la vita in un luogo chiuso, il quale sa di muffa e di polvere. Ci si accorge di quanto esso sia prezioso solo quando se ne viene privati del tutto. Questa, forse, è la ragione per cui le carceri, in primo luogo, ma anche gli ospedali e le caserme, sono luoghi così terribilmente tetri: perché il sorriso vi è quasi sconosciuto. Vi è in essi, e anche abbastanza sovente, la sua contraffazione plebea, la risata, più o meno allegra, più o meno rumorosa; ma la risata non ha affatto la stessa sorgente del sorriso, e, quasi sempre, non è affatto così innocente come si crede: al contrario, essa nasconde un sentimento crudele nei confronti del prossimo: il divertimento per la sua inferiorità o per la sua inadeguatezza (cfr. il nostro saggio Sulla natura del riso, pubblicato sulla rivista letteraria Alla Bottega, Milano, 1988, n. 5, pp. 21-23). Non si confonda mai il riso con il sorriso; non si faccia l‘errore di crederli parenti. Hanno sorgenti diverse, fini diversi, natura radicalmente differente. Nella risata si esprime l’umanità inferiore; nel riso, quella superiore. Gli uomini volgari o malvagi ridono spesso, ma non sanno sorridere; gli uomini spirituali ed elevati sorridono abitualmente, ma ridono assai di rado.
Qualcuno si è domandato se Gesù Cristo ridesse, oppure no; e qualcuno ci ha costruito sopra dei romanzi, come Umberto Eco nel troppo celebrato Il nome della rosa. Pur non avendo elementi di prova a sostegno di quanto andiamo dicendo, noi personalmente siamo dell’idea che Gesù sorridesse volentieri, ma non fosse per nulla incline alla risata. Risus abundat in ore stultorum, dicevano i romani: il riso è frequente sulla bocca degli sciocchi. Un maestro spirituale non ride, perché sa che la vita una cosa seria, e nulla vi è in essa che meriti d’essere deriso; e nondimeno egli è capace di sorridere, e lo fa volentieri, sia per incoraggiare i suoi discepoli, sia perché consapevole della bellezza del mondo. In quest’ultimo senso, il sorriso è una forma di preghiera, e più precisamente una preghiera di lode e di ringraziamento. È come se, sorridendo, l’uomo dicesse: Ti rendo lode, o Padre, Creatore e Signore di tutte le cose del cielo e della terra, perché ci hai donato una così stupenda dimora, quale mai avremmo saputo concepire e realizzare da soli, con la nostra intelligenza e con le nostre sole forze. Anche sorridendo si può lodare e pregare il Signore; e non crediamo che, fra tutte le altre, questa preghiera sia per Lui quella meno gradita. Se fosse altrimenti, Egli non ci avrebbe fatto il dono inestimabile di poter sorridere. Come tutti i doni che da Dio abbiamo ricevuto, sta poi a noi farne un buon uso. Vi sono uomini e donne che fanno un cattivo uso del sorriso, come abbiamo già detto: di chi la colpa, se non della nostra atavica malizia? Eva, quando offrì la mela ad Adamo, certamente gli sorrise; e Giuda, quando andò verso Gesù nell’orto degli olivi per baciarlo, e così tradirlo, finse di sorridere. Sorriso di seduzione l’uno, di perfidia l’altro. Pure, c’è anche il sorriso buono: eredità degli angeli e prezioso dono fatto da Dio all’uomo...
Il sorriso è un dono divino fatto all’uomo
di
Francesco Lamendola
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