ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 3 marzo 2017

Oh terreni animali! O menti grosse!

DUE, OTTO, VENTI RIVELAZIONI ?

    Si può essere brave persone e quindi meritevoli del paradiso anche se non si sa nulla del Vangelo? La dichiarazione "Nostra aetate" che ha rivoluzionato l’impostazione del rapporto fra il cristianesimo e le altre religioni
 di Francesco Lamendola  


  
Che ne è di quella parte di umanità che non conosce il Vangelo, non ha udito la predicazione di Gesù e degli apostoli: bisogna pensare sia esclusa dalla salvezza? Se solo i cristiani si salvano, o, quanto meno, possono salvarsi, che colpa ne hanno quanti ignorano il cristianesimo? Forse che non si può essere brave persone, e quindi meritevoli del paradiso, anche se non si sa nulla del Vangelo? Da sempre, quanti non hanno di meglio da fare che cercare cavilli per poter giustificare la loro accidia, la loro mancanza di scelte, si trastullano con queste ed altre domande del medesimo tenore. Di solito, per uscire dall’impasse, giungono alla conclusione che non vi è una sola Rivelazione, quella cristiana, ma che Dio ha parlato e parla anche per mezzo di altre rivelazioni, chiamiamole minori, ma pur sempre rivelazioni, cioè indicazioni per giungere alla verità divina e, così, accedere alla vita eterna. Il che dimostra, se non altro, che domande sbagliate non possono che generare risposte sbagliate. Sta di fatto che, a partire dagli anni del Concilio Vaticano II, le domande di cui sopra, già liquidate come oziose, nonché presuntuose, dal pensiero cristiano, son tornate con forza alla ribalta e hanno preteso che venisse riformulato tutto l’impianto della teologia cattolica, al preciso scopo di consentire tante eccezioni alla regola – Io sono la Via, la Verità e la Vita, dice Gesù – da poter far passare tutti, proprio tutti, verso la salvezza, anche i seguaci delle religioni più lontane, nella forma e nello spirito, dal cristianesimo; e perfino gli atei, purché, si capisce, “di buona volontà”, cioè politicamente corretti. Come se un ateo serio e convinto, alla Ivan Karamazov, per intenderci, non potesse nuocere alla salvezza delle anime (compresa la propria) assai più di un seguace di qualsiasi religione, poiché negare la provvidenza di Dio è perfino peggio che attribuirgli caratteristiche umanamente discutibili (ma sarebbe più corretto dire incomprensibili, come incomprensibile è il sacrificio del figlio Isacco, che Dio chiede ad Abramo).
Dante Alighieri, circa il mistero della salvezza per i soli credenti in Gesù Cristo, aveva fatto, innanzitutto, l’avvocato del diavolo, domandando: Ché tu dicevi; un uom nasce alla riva / de l’Indo, e quivi non è chi ragioni / di Cristo, né chi legga, né chi scriva; / e tutti suoi voleri ed atti buoni / sono, quanto ragione umana vede, / sanza peccato in vita od in sermoni: / muore non battezzato e sanza fede; / ov’è questa giustizia che ‘l condanna? / Ov’è la colpa sua se ei non crede? (Par, XIX, 70-78). Al che l’Aquila gli aveva risposto: Or tu chi se’, che vuo’ sedere a scranna, / per giudicar di lungi mille miglia / con la veduta corta d’una spanna? / Certo  a colui che meco s’assottiglia , / se la Scrittura sovra voi non fosse / da dubitar sarebbe a meraviglia. / Oh terreni animali! O menti grosse! / La prima volontà, ch’è da sé buona, / da sé, ch’è sommo ben, mai non si mosse. / Cotanto è giusto quanto a lei consuona: / nullo creato bene a sé la tira / ma essa, radïando, lui cagiona (id., 79-90). Un invito all’umiltà, quindi, specificamente in senso intellettuale: come potrebbe la mente dell’uomo giudicare la giustizia di Dio, dato che Dio è il Sommo Bene, e in Lui, pertanto, amore e giustizia non possono che essere presenti in maniera perfetta, sì che i concetti umani di amore e giustizia, che da quella fonte scaturiscono, non potrebbero mai penetrarne l’intimo mistero? Possiamo aggiungere: sarebbe come se un torrente pretendesse di comprendere il mare; come se la luce tremula di una candela pretendesse di penetrare la luce del Sole. Poi, dopo aver ribadito che la mente umana non può, in nessun caso, comprendere il mistero di Dio, l’Aquila riprende: … A questo regno / non salì mai chi non credette in Cristo, / né pria né poi ch’el si chiavasse al legno (103-105). E subito dopo, lo ammonisce che molti, che hanno gridato: Cristo, Cristo!, ne sono stati esclusi; e passa in rassegna tutti i regni della cristianità, per mostrare di quanto si sono allontanati da Dio e, quindi, dal mistero della salvezza: più di quanto non facciano i buoni pagani. Tale è sempre stata la posizione della teologia cristiana: Dante non dice nulla di nuovo, ma si rifà alla lezione dei teologi del suo tempo e anche ai Padri della Chiesa. Nel giorno del giudizio, vi saranno degli etiopi e dei persiani che saranno meno lontani di Cristo da tanti sedicenti cristiani, i quali, nella loro vita, non seguono per niente il modello del Vangelo. Discorso chiaro, dunque: in paradiso vanno solo i cristiani, ma quelli veri; i cristiani che vivono nel peccato non vanno in paradiso, ma in purgatorio, o, nei casi più gravi, all’inferno. I pagani, se conducono una vita buona, non vanno in paradiso, ma certo la sapienza e la giustizia di Dio non li condannerà con lo stesso rigore di quanti hanno conosciuto il Vangelo, e tuttavia l’hanno tradito e calpestato. Si può pensare ad una condizione simile a quella delle anime dei giusti non battezzati, collocate nel limbo, come quella di Virgilio; in ogni caso, l’uomo non può pretendere di leggere nella mente del suo Creatore, e meno che mai può ardire di ergersi a giudice della sua giustizia. Non tutto può essere compreso; vi sono delle cose che vanno accettate senza ulteriori domande, perché la fede è, innanzitutto, umiltà davanti a Dio. Beati coloro che crederanno senza aver visto, dice Gesù risorto a san Tommaso, che aveva voluto vedere il suo corpo e toccare e le sue ferite, per credere al mistero della sua Resurrezione.
Ma poi, dicevamo, dopo quasi duemila anni di sana teologia cristiana, è arrivato lo “spirito” del Concilio Vaticano II (con la lettera minuscola) e i Padri hanno cominciato a fare come quel cristiano immaginato da Dante, che vuol sapere tutto e che pretende di giudicare anche Dio. Eppure, nel ventesimo secolo, ormai tutti i popoli hanno conosciuto il Vangelo: se alcuni l’hanno accolto e altri l’hanno rifiutato, così come nel caso dei singoli individui, ciò fa da discrimine e dissolve lo scenario ipotizzato da Dante, al principio del XIV secolo, quando ancora perfino alcuni popoli dell’Europa (i Lituani, per esempio) non conoscevano il Vangelo, o non si erano aperti alla sua diffusione. I teologi del Vaticano II, disponendo di un potere sproporzionato su di esso, e animati da uno spirito diversissimo da quello che aveva animato sant’Agostino, o san Tommaso d’Aquino, o san Bonaventura, in nome della “svolta antropologica” hanno preteso di capire, di spiegare, di illuminare anche ciò che, nelle profondità insondabili di Dio, è mistero. Logico: se la teologia va  impostata dalla prospettiva dell’uomo, allora bisogna che Dio faccia comprendere le sue ragioni; e, se ormai tutti i popoli hanno conosciuto il Vangelo, ma alcuni lo hanno decisamente rifiutato, e gli hanno preferito altre fedi e altre credenze, ciò, per la ragione umana, costituisce motivo di scandalo. Non resta altro da fare, allora, che regolarsi come i Padri conciliari: negare che solo la verità cristiana sia via alla salvezza, e riconoscere, sia pure con un linguaggio volutamente ambiguo, che anche le altre religioni conducono al medesimo fine. Quali? Ma tutte, naturalmente: non solo le grandi religioni, come il giudaismo, l’islamismo, il buddismo, nelle quali “vi è un riflesso della verità divina”, ma anche le altre, perfino quelle dei popoli primitivi delle isole oceaniche; altrimenti, dove andrebbero a finire la misericordia di Dio e la sua giustizia? E siccome Dio è misericordioso, e non può essere che Egli sia ingiusto, ecco che tutte le religioni diventano vie verso la salvezza, e tutte, in qualche misura, conducono l’uomo verso la verità divina, in maniera diretta o indiretta. Anche le forme feroci di stregoneria dei cannibali della Nuova Guinea? Anche la religione degli antichi Aztechi, degli antichi Maya, degli antichi Fenici, assetata di sangue umano? I Padri non osano dirlo: preferiscono parlare dei tratti nobili ed elevati delle religioni; ma è solo per mancanza di coraggio concettuale e per incapacità di portare le loro premesse alle logiche conclusioni.
Sappiano che questa impostazione ha dato luogo alla stesura della dichiarazione Nostra aetate, che ha letteralmente rivoluzionato l’impostazione del rapporto fra il cristianesimo e le altre religioni e, in un certo senso, ha capovolto la prospettiva precedente. Se fossero stati più umili, i Padri avrebbero riconosciuto, con Dante, che l’uomo non può sapere tutto; se fossero stati umili, del resto, invece di arzigogolare sul fatto che Dio si serve di tutte le religioni per condurre gli uomini verso la verità – il che è semplicemente uno sproposito, sia storico che teologico e morale -, avrebbero ascoltato ciò che hanno da dire i missionari a proposito delle altre religioni, cioè coloro che lavorano sul campo, a contatto con le cose e le persone, non coi libri, come fanno i teologi; e avrebbero ”scoperto” che fra gli induisti, gli islamici, i giudei, vi sono, sì, delle cose che possono richiamare, alla lontana, il messaggio di amore e fratellanza cristiano, ma ve ne sono pure molte altre che vanno esattamente nella direzione opposta, e che non solo non avvicinano l’uomo a Dio, ma offendono la dignità della persona, concetto tanto caro ai cattolici progressisti e modernisti, che imperversano dal Vaticano II in poi. Strano che non si siano accorti della contraddizione. Ma già un po’ meno strano, a  ben guadare, se si considera che sono gli stessi che, nel marxismo, volevano vedere soprattutto lo sforzo verso la giustizia, l’equità e la solidarietà, e si mettevano il paraocchi per non vedere tutto il resto, comprese le feroci persecuzioni anticristiane attuate dai regini marxisti. In quegli anni, i ‘60 e i ‘70 del Novecento – se ne son viste delle belle: ad esempio, una chiesa progressista che ha cercato ostinatamente un ”dialogo” con il comunismo, fino al punto d’irritarsi e infastidirsi se, di tanto in tanto, le cronache rammentavano il dramma di qualche vescovo, qualche sacerdote, qualche fedele cattolico, i quali, caduti nelle grinfie del potere marxista, non volevano abiurare, né piegarsi alla sua violenza. Che cattivo gusto, quei cattolici dell’Est, o della Cina, che si facevano ammazzare proprio in tempi di Realpolitik vaticana, e rompevano le uova nel paniere ai vari “cristiani per il socialismo”, come don Giulio Girardi e, poi, come Andrea Gallo, e ai poeti cattolici innamorati della rivoluzione, come David Maria Turoldo! Che indelicatezza, che mancanza di bon ton, quei Mindszenty, quei Popiełuszko, a fare da cattiva coscienza dei cattolici progressisti, dei teologi della liberazione, tutti impegnati a gettare ponti e cercare punti d’incontro!
Lo stravolgimento teologico del rapporto fra la Verità cristiana e le “verità” delle altre religioni, anticamera del relativismo oggi trionfante, dal Concilio è passata nel Magistero dei pontefici della stagione successiva. Specialmente nel pensiero e nella pastorale di Giovanni Paolo II appare esplicita la volontà di adottare lo schema della Nostra aetate come pietra del paragone per stabilire nuove relazioni con i “fratelli” delle altre fedi (dimenticando che gli altri uomini sono fratelli dei cristiani in quanto uomini, e non in quanto buddisti, islamici o giudei: per il semplice fatto che non può esservi dialogo fra la Verità e delle false verità, ossia fra la Verità e l’errore). Ecco, ad esempio, cosa diceva papa Wojtyla, alla domanda: perché tante religioni?, nel libro-intervista con Vittorio Messori, Varcare le soglie della speranza (Milano, Mondadori, 1994, pp. 87-88):

La Rivelazione cristiana, sin dall’inizio, ha rivolto alla storia spirituale dell’uomo uno sguardo in cui entrano in qualche modo tutte le religioni, mostrando L’UNITÀ DEL GENERE UMANO RIGUARDO AGLI ETERNI ED ULTIMI DESTINI DELL’UOMO. La dichiarazione conciliare parla di tale unità, ricollegandosi alla propensione tipica del nostro tempo  ad avvicinare e unire l’umanità in virtù dei mezzi di cui dispone la civiltà attuale. La Chiesa vede l’impegno a favore di questa unità come uno dei propri compiti: “UNA SOLA COMUNITÀ INFATTI COSTITUISCONO I VARI POPOLI”. Essi hanno una sola origine poiché Dio ha fatto abitare  l’intero genere umano su tutta la faccia della terra; essi hanno anche un solo fine ultimo, Dio, la cui provvidenza, testimonianza di bontà e disegno di salvezza si estendono a tutti… Gli uomini ATTENDONO DALLE VARIE RELIGIONI LA RISPOSTA AI RECONDITI ENIGMI DELLA CONDIZIONE UMANA, che oggi come ieri turbano profondamente il cuore dell’uomo, la natura dell’uomo, il senso e il fine della nostra vita, il bene e il peccato, l’origine e il fine del dolore, la via per raggiungere la vera felicità, la morte, il giudizio e la sanzione dopo la morte, infine l’ultimo e ineffabile mistero che circonda la nostra esistenza, donde noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo…”

C’è da restare interdetti. Pare che Wojtyla non si renda conto che l’unità della famiglia umana, di per sé, non è necessariamente un bene, ma lo è solo se si tratta di una unità nella verità, mentre non lo è se si tratta di unità nell’errore, ossia di una qualche forma di sincretismo, deismo e relativismo. Ciò a cui deve tendere la Chiesa è la salvezza delle anime: e che salvezza può esservi nella confusione e nell’errore? La propensione all’unità della civiltà moderna è, in realtà, semplicemente il meccanismo disumano e anticristiano del materialismo e della globalizzazione, messo in moto da crudeli leggi economiche: è questo che i cristiani devono assecondare? Quanto al fatto che gli uomini attendono le risposte ultime dalle varie religioni, possibile che non vi sia alcuna distinzione fra risposte vere e buone, e risposte false e malvagie? Certo che il disegno di salvezza si estende a tutti: ma si attua per mezzo del Vangelo, sì o no? Quando Gesù diceva agli apostoli (Mc 16, 15-16): Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura; chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato, aveva voglia di scherzare o parlava sul serio? Egli non ha detto: Andate e valorizzate gli elementi di verità presenti in ogni religione; dialogate coi rabbini e con i sacerdoti dei vari culti, perché  si deve tendere sempre all’unità. E questo è poco, ma sicuro.

Due, otto, venti Rivelazioni?

di

Francesco Lamendola

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