Aspettando il Grande Cocomero
di Costanza Miriano
Io non so quale Chiesa conoscano quelli che continuano a parlare delle rigidità da contrastare, da abbattere. Di certo non la Chiesa che scrive che Gesù Cristo e il Buddha hanno promosso la via della nonviolenza, come ha appena fatto il pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Leggo su wikipedia, confesso di non essermi mai interessata del tema, che il Buddha è uno che raggiunge un certo stato dopo avere trascorso varie vite non ho capito bene come. Ergo, il Buddha non esiste, perché la reincarnazione non esiste. Quindi dire che Gesù e Buddha hanno fatto qualcosa è una stupidaggine. Uno non esiste, l’altro non ha mai promosso la via della nonviolenza. Ma che è, la Justice League tipo quando i supereroi si sono uniti? Superman, Wonder Woman e Batman?
Che, Gesù da solo non bastava? Ma ci crediamo almeno noi, almeno i Pontifici Consigli, che Dio è solo uno, Padre, Figlio e Spirito Santo? O ci mettiamo alla finestra ad aspettare, tante volte arrivasse il Grande Cocomero che ci dia una parola definitiva? Gesù e Buddha non hanno proposto nessuna via della nonviolenza semplicemente perché non c’è una via della nonviolenza, che brutta parola. C’è la via di Cristo, che è la Via. Se stiamo attaccati a lui abbiamo una qualche speranza di non essere violenti, falsi, doppi, avidi, vendicativi, dispotici, iracondi, cioè come siamo tutti noi nella nostra parte puramente animale, cioè quella umana senza Dio.
Dio non si è fatto uomo e non è morto in croce per insegnarci l’autocontrollo, tecniche zen di estraniazione dalle passioni. Ci è venuto a dire che ci ama follemente, e che se lo chiediamo davvero se lo mendichiamo, se lo supplichiamo, ci dà lo Spirito Santo, e con quello la grazia trasformante. Di solito lo fa quando abbiamo l’occasione di una croce. Non perché sia sadico, ma perché senza croce la maggior parte di noi pensa di poter fare a meno di lui. Tutto il resto sono balle. Perché c’è il mistero del male, c’è il peccato originale, e le buone intenzioni vanno a lumache inevitabilmente (san Paolo nella lettera ai Romani lo dice un po’ meglio, ma credo che mi capirebbe se leggesse il blog). Se smettiamo di annunciare che l’uomo è ferito dal peccato originale e ha bisogno di redenzione non abbiamo più niente da annunciare. La nostra fede non assomiglia a niente altro, perché noi siamo certi del fatto che Dio è morto in croce a causa del nostro peccato, e se togliamo il sacrificio di Cristo, le altre sono solo pie intenzioni. L’uomo senza redenzione non può fare nulla. A che serve il dialogo interreligioso? Serve a dire che se un islamico o un buddhista hanno bisogno di qualcosa noi ci siamo, senza mettere in mezzo discorsi di fede dobbiamo essere pronti a cedere il mantello o il pranzo. Che con la grazia di Cristo proveremo ad amare tutti gli uomini senza distinzioni preconcette, e a provvedere se serve al loro bisogno corporale prima di far loro la predica. Ma non che smetteremo di credere che Dio è uno solo, e non che smetteremo di dirlo.
Allora, sono come minimo inutili le proposte che il Pontificio Consiglio fa per la festa di Vesakh: “studiare le cause della violenza (te la diciamo noi la causa: il peccato originale); insegnare ai nostri rispettivi seguaci come combattere il male nei loro cuori (preghiera a Dio e digiuno); liberare dal male sia le vittime sia coloro che commettono la violenza; formare i cuori e le menti di tutti, specialmente dei bambini, ad amare e vivere in pace con tutti e con l’ambiente (io farei una netta distinzione tra i due piani, e l’ambiente viene dopo); insegnare che non c’è pace senza giustizia, né vi è vera giustizia senza perdono (non c’è pace né giustizia senza Cristo); invitare tutti a collaborare alla prevenzione dei conflitti nella ricostruzione delle società frantumate; incoraggiare i mezzi di comunicazione sociale ad evitare e combattere il discorso dell’odio, e i rapporti di parte e provocatori; incoraggiare le riforme dell’educazione per prevenire la distorsione e la cattiva interpretazione della storia e dei testi scritturistici; e pregare per la pace nel mondo percorrendo insieme la via della non violenza (che bello, la preghiera è nominata!”. Sono solo pie intenzioni, che possono realizzarsi solo se l’uomo incontra Dio, si converte, fa un’esperienza vera e reale e concreta dell’amore di Dio. E le vie per farla sono la preghiera, i sacramenti, la Parola di Dio, l’ascesi. Tutto il resto è lavoretto dell’asilo, tutto il resto è suonare Imagine col piffero, togliendo riferimenti a Cristo nella poesia di Natale per non offendere nessuno (che ti festeggi il Natale, se non la nascita di Gesù Cristo? Trovati un’altra festa, tu che non ti vuoi scandalizzare, celebra il grande cocomero).
Io credo che chi dice che la Chiesa oggi ha il problema della rigidità non conosca la realtà occidentale, non quella di oggi almeno (io non conosco le altre realtà, ma di rigidità non ne vedo molta in giro). La Chiesa oggi non ha il problema della rigidità, ma della liquidità. Se mi proponi una vita uguale a quella di tutti, solo un po’ più presentabile, io mi diverto di più a fare la mia vita come mi pare. Se tu proponi ai giovani lo spettacolino, lo svago, la proposta culturale solo leggermente ripulita, senza parolacce, io, giovane, me ne vado da un’altra parte, dove trovo sapori più forti. Non servono proposte poco attraenti per giovani uomini e donne che vogliono l’assoluto, vogliono qualcosa di grande per cui spendere la vita, odiano istintivamente la mediocrità, vogliono identità chiare e appassionanti, proposte esigenti, radicali. Non ne ho vista traccia nel documento preparatorio al sinodo, dove la preoccupazione più grande è quella di capire il linguaggio dei giovani. Dobbiamo essere originali, se abbiamo incontrato la Vita, non abbiamo bisogno di imitare il linguaggio del mondo per essere simpatici: la simpatia i ggiovani la trovano ovunque sui social. Parliamo ai ragazzi di morte. Di vita eterna. Della possibilità di risorgere.
https://costanzamiriano.com/2017/04/27/aspettando-il-grande-cocomero/
Io non so quale Chiesa conoscano quelli che continuano a parlare delle rigidità da contrastare, da abbattere. Di certo non la Chiesa che scrive che Gesù Cristo e il Buddha hanno promosso la via della nonviolenza, come ha appena fatto il pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Leggo su wikipedia, confesso di non essermi mai interessata del tema, che il Buddha è uno che raggiunge un certo stato dopo avere trascorso varie vite non ho capito bene come. Ergo, il Buddha non esiste, perché la reincarnazione non esiste. Quindi dire che Gesù e Buddha hanno fatto qualcosa è una stupidaggine. Uno non esiste, l’altro non ha mai promosso la via della nonviolenza. Ma che è, la Justice League tipo quando i supereroi si sono uniti? Superman, Wonder Woman e Batman?
Che, Gesù da solo non bastava? Ma ci crediamo almeno noi, almeno i Pontifici Consigli, che Dio è solo uno, Padre, Figlio e Spirito Santo? O ci mettiamo alla finestra ad aspettare, tante volte arrivasse il Grande Cocomero che ci dia una parola definitiva? Gesù e Buddha non hanno proposto nessuna via della nonviolenza semplicemente perché non c’è una via della nonviolenza, che brutta parola. C’è la via di Cristo, che è la Via. Se stiamo attaccati a lui abbiamo una qualche speranza di non essere violenti, falsi, doppi, avidi, vendicativi, dispotici, iracondi, cioè come siamo tutti noi nella nostra parte puramente animale, cioè quella umana senza Dio.
Dio non si è fatto uomo e non è morto in croce per insegnarci l’autocontrollo, tecniche zen di estraniazione dalle passioni. Ci è venuto a dire che ci ama follemente, e che se lo chiediamo davvero se lo mendichiamo, se lo supplichiamo, ci dà lo Spirito Santo, e con quello la grazia trasformante. Di solito lo fa quando abbiamo l’occasione di una croce. Non perché sia sadico, ma perché senza croce la maggior parte di noi pensa di poter fare a meno di lui. Tutto il resto sono balle. Perché c’è il mistero del male, c’è il peccato originale, e le buone intenzioni vanno a lumache inevitabilmente (san Paolo nella lettera ai Romani lo dice un po’ meglio, ma credo che mi capirebbe se leggesse il blog). Se smettiamo di annunciare che l’uomo è ferito dal peccato originale e ha bisogno di redenzione non abbiamo più niente da annunciare. La nostra fede non assomiglia a niente altro, perché noi siamo certi del fatto che Dio è morto in croce a causa del nostro peccato, e se togliamo il sacrificio di Cristo, le altre sono solo pie intenzioni. L’uomo senza redenzione non può fare nulla. A che serve il dialogo interreligioso? Serve a dire che se un islamico o un buddhista hanno bisogno di qualcosa noi ci siamo, senza mettere in mezzo discorsi di fede dobbiamo essere pronti a cedere il mantello o il pranzo. Che con la grazia di Cristo proveremo ad amare tutti gli uomini senza distinzioni preconcette, e a provvedere se serve al loro bisogno corporale prima di far loro la predica. Ma non che smetteremo di credere che Dio è uno solo, e non che smetteremo di dirlo.
Allora, sono come minimo inutili le proposte che il Pontificio Consiglio fa per la festa di Vesakh: “studiare le cause della violenza (te la diciamo noi la causa: il peccato originale); insegnare ai nostri rispettivi seguaci come combattere il male nei loro cuori (preghiera a Dio e digiuno); liberare dal male sia le vittime sia coloro che commettono la violenza; formare i cuori e le menti di tutti, specialmente dei bambini, ad amare e vivere in pace con tutti e con l’ambiente (io farei una netta distinzione tra i due piani, e l’ambiente viene dopo); insegnare che non c’è pace senza giustizia, né vi è vera giustizia senza perdono (non c’è pace né giustizia senza Cristo); invitare tutti a collaborare alla prevenzione dei conflitti nella ricostruzione delle società frantumate; incoraggiare i mezzi di comunicazione sociale ad evitare e combattere il discorso dell’odio, e i rapporti di parte e provocatori; incoraggiare le riforme dell’educazione per prevenire la distorsione e la cattiva interpretazione della storia e dei testi scritturistici; e pregare per la pace nel mondo percorrendo insieme la via della non violenza (che bello, la preghiera è nominata!”. Sono solo pie intenzioni, che possono realizzarsi solo se l’uomo incontra Dio, si converte, fa un’esperienza vera e reale e concreta dell’amore di Dio. E le vie per farla sono la preghiera, i sacramenti, la Parola di Dio, l’ascesi. Tutto il resto è lavoretto dell’asilo, tutto il resto è suonare Imagine col piffero, togliendo riferimenti a Cristo nella poesia di Natale per non offendere nessuno (che ti festeggi il Natale, se non la nascita di Gesù Cristo? Trovati un’altra festa, tu che non ti vuoi scandalizzare, celebra il grande cocomero).
Io credo che chi dice che la Chiesa oggi ha il problema della rigidità non conosca la realtà occidentale, non quella di oggi almeno (io non conosco le altre realtà, ma di rigidità non ne vedo molta in giro). La Chiesa oggi non ha il problema della rigidità, ma della liquidità. Se mi proponi una vita uguale a quella di tutti, solo un po’ più presentabile, io mi diverto di più a fare la mia vita come mi pare. Se tu proponi ai giovani lo spettacolino, lo svago, la proposta culturale solo leggermente ripulita, senza parolacce, io, giovane, me ne vado da un’altra parte, dove trovo sapori più forti. Non servono proposte poco attraenti per giovani uomini e donne che vogliono l’assoluto, vogliono qualcosa di grande per cui spendere la vita, odiano istintivamente la mediocrità, vogliono identità chiare e appassionanti, proposte esigenti, radicali. Non ne ho vista traccia nel documento preparatorio al sinodo, dove la preoccupazione più grande è quella di capire il linguaggio dei giovani. Dobbiamo essere originali, se abbiamo incontrato la Vita, non abbiamo bisogno di imitare il linguaggio del mondo per essere simpatici: la simpatia i ggiovani la trovano ovunque sui social. Parliamo ai ragazzi di morte. Di vita eterna. Della possibilità di risorgere.
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