ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 2 aprile 2017

La terza opera di misericordia spirituale

AMMONIRE I PECCATORI

    Ammonire i peccatori: dov’è finita la terza opera di misericordia spirituale? Il danno che ha prodotto, e continua a produrre, la nuovissima teologia morale del Chi sono io per giudicarlo?, è gravissimo, incalcolabile 
di Francesco Lamendola  





La chiesa un po’ troppo ecumenista dei nostri tempi, con il papa che vola a Lund per celebrare la “messa” coi luterani e poi, separatamente e quasi di malavoglia, dice la vera Messa anche per i cattolici della Scandinavia, su loro insistente richiesta, perché di essi s’era dimenticato, e son venuti a rompergli le uova nel paniere; la chiesa di monsignor Paglia, che celebra le lodi di Pannella e le innalza  fino al cielo, e intanto lascia un “buco” da 20 milioni di euro – altre fonti parlano di 35 - nel bilancio della diocesi di Terni (che poi dovremo un po’ tutti ripianare), magari anche per pagare l’orrido affresco, in duomo, del pittore sodomita Ricardo Cinalli, che dei sodomiti fa l’apoteosi “cristiana”, sempre su commissione dell’ottimo vescovo; la chiesa di teologi come Andrea Grillo, che, nella smania di accreditare le discutibili indicazioni della Amoris laetitia, denigra e offende un vescovo mite e timorato di Dio, come Carlo Caffarra, reo di “ribellione” contro il papa Francesco: ebbene, abbiamo definito tante volte questa chiesa come una “neochiesa” o una “contro-chiesa”, ed è ora che cominciamo a spiegare perché.
Una contro-chiesa è una falsa chiesa che attua un’azione speculare ed opposta a quella della vera Chiesa, la Chiesa cattolica fondata da Gesù Cristo (anche se, dice papa Francesco, Dio non è cattolico; e anche se, dice il generale dei gesuiti, Sosa Abascal, noi non sappiamo cosa realmente Gesù abbia detto, e perciò, a rigore, tutto quel che la Chiesa ha insegnato fino ad oggi andrebbe rimesso in discussione, a cominciare dai Vangeli).
Si può documentare che il papa Francesco e i suoi più stretti collaboratori sul piano teologico e pastorale, da lui messi nelle posizioni-chiave, non di radio allontanando uomini a lui sgraditi, stanno sistematicamente stravolgendo la sana e vera dottrina cristiana, stanno profanando la sacra liturgia, stanno distorcendo la pastorale, sia con ciò che dicono e che fanno, sia con ciò che non dicono e non fanno: il papa, personalmente, non inginocchiandosi mai davanti al Santissimo e non nominando mai il peccato, il diavolo, il giudizio e l’inferno, oltre che il paradiso. Una istituzione svolge i suoi compiti in due maniere: facendo quel che deve fare, evitando quel che non deve. Ma cosa si può pensare di una istituzione che non fa quel che dovrebbe fare, e che fa, invece, ciò che non dovrebbe?
Prediamo, per esempio, le sette opere di misericordia spirituale. Si direbbe che, per la contro-chiesa, esistano solo quelle di misericordia materiale, talvolta spinte fino all’eccesso, all’assurdo, all’autolesionismo, come nel caso dell’accoglienza forzata di qualunque massa d’immigrati, quasi tutti musulmani, e talmente intolleranti da maltrattare e minacciar di morte i loro compagni di avventura cristiani perfino durante il viaggio, sui gommoni, poi nei centri di prima accoglienza, sotto il naso degli operatori italiani. Però tutto questo non conta, bisogna accogliere, includere, gettare ponti e abbattere muri, senza discernimento, senza buon senso, senza prudenza alcuna, così, follemente, perché lo ordina papa Francesco: ma quando mai il Vangelo – quello vero, di Gesù Cristo; non quello taroccato, non il vangelo con la minuscola, di monsignor Paglia o di monsignor Galantino, né quello di Sosa Abascal, ammesso che per lui ce ne sia uno, o di Andrea Grillo, Enzo Bianchi e Walter Kasper -  ha prescritto un simile modo di agire? La parabola del buon samaritano dice forse che costui aveva l’obbligo morale di prendere in casa propria, a tempo indeterminato, tutti i poveri e i sedicenti poveri che l’avessero voluto, anzi, preteso, con le buone o con le cattive? Non ci sembra. Il buon samaritano ha soccorso l’uomo picchiato e derubato dai ladroni, per amor di Dio, liberamente, e lo ha fatto curare alla locanda perché ne aveva i mezzi. Non lo ha portato in casa sua e non ha tolto il pane di bocca ai suoi figli, per darlo allo straniero.
Se il cristianesimo ordinasse questo – e per i catto-progressisti il vangelo cui si richiamano, effettivamente, non chiede nulla di meno – la sua base non sarebbe il Vangelo di Gesù, ma il Libretto rosso di Mao Zedong, o, magari, il Libro verde di Gheddafi; non sarebbe la religione dell’amore, ma la religione della lotta di classe. E infatti, per i Paglia e i Galantino, il cristianesimo è il surrogato di una fede laica e tutta immanente: fede nell’uomo e non in Cristo, nella misericordia di Bergoglio e non nel timor di Dio (anzi, del “timore” neanche l’ombra: solo nasi da pagliaccio, sombreri calati in testa, battute di pessimo gusto, risate sguaiate e fuori luogo, sorrisi ai fotografi e sedute ostentate davanti all’altare con il Corpo di Nostro Signore, la papalina ben calcata in testa: perché papa Francesco non s’inginocchia mai davanti a Domineddio, o almeno nessuno l’ha mai visto, tranne che quando concelebra coi protestanti e quando lava e bacia i piedi ai musulmani; e non si scopre il capo, lui, il vescovo di Roma che ama così tanto l’umiltà, da ostentarla davanti alle folle nella maniera più plateale, trasformando in uno show perfino l’andare al gabinetto).
Ora, se l’uomo è fatto di corpo e anima, non bastano le opere di misericordia corporale; ci vogliono anche quelle di misericordia spirituale: purché ci si creda, all’anima, ovviamente; visto che a forza di aderire all’evoluzionismo, alla psicanalisi e ad altre teorie scientifiche, o pseudoscientifiche, materialiste e irreligiose, e a tante forme di pensiero ispirate più o meno apertamente al panteismo (vedi Teilhard de Chardin), ormai è inevitabile dubitare anche di quello: come non si stanca d’insinuare, ma sempre con perfida ambiguità e mal dissimulato compiacimento, il bravo Hans Küng, stupendo esempio di teologo “cattolico” che ha in odio tutto ciò che di più bello e di più vero c’era, e c’è sempre stato, nella teologia cattolica, e che ora fa la vittima per essere stato allontanato, dopo aver sparso ampiamente il suo veleno, dall’insegnamento nelle facoltà cattoliche, gridando all’Inquisizione e lamentando di essere il nuovo agnello sacrificale immolato dai farisei dei nostri giorni. E, se l’uomo è fatto anche di anima, allora ha bisogno anche delle sette opere di misericordia spirituale; di tutte e sette, e non di due o tre soltanto, magari storpiate in senso relativista e modernista. Eccole qui (le ricordiamo a chi avesse poca familiarità col buon, vecchio Catechismo della Chiesa cattolica, magari per aver dato retta a chi lo considera un’espressione del detestabile “clericalismo”, orribile male che, a detta di papa Francesco, stravolge il vero volto della Chiesa):

1. Consigliare i dubbiosi;
2. Insegnare agli ignoranti;
3. Ammonire i peccatori;
4. Consolare gli afflitti;
5. Perdonare le offese;
6. Sopportare pazientemente le persone moleste;
7. Pregare Dio per i vivi e per i morti.

Ebbene, che ne è della terza? Ammonire i peccatori. Quando la chiesa dei nostri giorni, nella persona dei suoi cardinali, arcivescovi e vescovi, dei suoi sacerdoti, dei suoi catechisti e collaboratori pastorali, oltre che, naturalmente, nella persona del sommo pontefice, si prende il disturbo di ammonire i peccatori? Anzi, anche solo di nominare il peccato e i peccatori? Di ricordare ad essi che, senza il pentimento sincero e la conversione a Dio, non vi sarà perdono, per essi, ma che il loro inevitabile destino sarà quello di trovarsi all’inferno?
Invece la contro-chiesa modernista e relativista sta facendo tutto il contrario: non solo non ammonisce, ma dà l’impressione che il peccato non esista più, e che i peccatori o non ci siano, o che saranno comunque perdonati in blocco, mediante un condono del Padre Eterno, senza neanche bisogno di pentirsi e convertirsi. Valgano a mo’ di esempio le parole di monsignor Nunzio Galantino, secondo il quale Dio avrebbe risparmiato Sodoma e Gomorra, invece di distruggerle. Dove abbia letto la Bibbia monsignor Galantino, non si sa. Ma è comunque un buon esempio di questa contro-chiesa che non ammonisce più nessuno, che s’inventa una Bibbia sulla propria misura per distruggere il messaggio di salvezza, e che, così facendo, con l’aria di essere più che mai misericordiosa, in realtà mette terribilmente in pericolo le anime. Ma chi ci pensa più, in questa contro-chiesa, alla salvezza delle anime? Chi si preoccupa della vita eterna? A detta del teologo servita Ermes Ronchi, degno erede del poeta catto-progressista, anzi, rivoluzionario, David Maria Turoldo (friulano come lui), la Chiesa troppo a lungo ha fatto ricorso ad una pedagogia della paura. Benissimo. Vuol dire che, per non spaventare le anime troppo sensibili con i discorsi sul diavolo e sull’inferno (che pure fior di mistici e di santi hanno visto con i loro occhi, da Teresa d’Avila a Giovanni Bosco, da suor Faustina Kowalska a san Pio da Pietrelcina), è preferibile far correre alle anime il tremendo pericolo dell’inferno. Insomma: per non spaventare gli abitanti di una casa minacciata dalle fiamme, ora i pompieri hanno la consegna di rassicurarli e di rimandarli a letto, a fare sogni d’oro; quanto a loro, invece di attrezzarsi con le pompe e con gli idranti, se ne vanno a dormire anch’essi, e buonanotte a tutti).
Il danno che ha prodotto, e continua a produrre, la nuovissima teologia morale del Chi sono io per giudicarlo?, è gravissimo, incalcolabile. La posta in gioco è la salvezza delle anime: e questo, per il credente, non è un optional, ma una certezza. Almeno per il credente cattolico; non sapremmo dire per il credente modernista (diceva giustamente qualcuno che la distinzione non è fra i cattolici tradizionalisti e quelli modernisti, ma fra i cattolici e i modernisti, perché il modernismo non è cattolico, è eretico e anti-cattolico, anti-cristiano, ed è stato scomunicato solennemente da san Pio X fin dal 1907, con l’enciclica Pascendi). Pochi giorni fa (il 23 marzo 2017), il patriarca ortodosso Kirill, capo spirituale di 200 milioni di anime in Russia, ha dichiarato che il mondo moderno non è mai stato così imbevuto di eresia e che la Chiesa deve combattere una tale eresia globale, che rivendica il diritto di peccare. Il diritto di peccare: è questa la logica estensione della filosofia e della giurisprudenza moderne, tutte pervase dalla smania di affermare sempre nuovi diritti individuali e di far sparire, sotto il capello del prestigiatore, ogni corrispettivo dovere. Oggi tutti sembrano aver diritto a tutto, e lo rivendicano con molta forza, con aggressività. Non esiste più il senso del limite; sono crollate le barriere della morale e perfino del buon senso: rivendico, dunque esisto. In nome della filosofia del massimo dei diritti per ciascuno, stiamo andando verso la pazzia, l’impotenza e il crimine. Che succede se un uomo, che rivendica il diritto di essere considerato donna a termini di legge, deve andare al bagno in un locale pubblico? Ha il diritto di servirsi della toilette per signore, o deve “accontentarsi” di quella per signori? Una donna, che se lo trova accanto mentre va al bagno, ha il diritto, a sua volta, di infastidirsi e di lamentarsi presso la direzione di quel locale? E il magistrato, se verrà coinvolto nella diatriba - visto che l’Italia  il paese delle querele e dei tribunali come normale soluzioni di qualsiasi contenzioso – come se la caverà? A quale dei due dogmi politically correct finirà per inchinarsi, e per dar ragione: a quello dell’ideologia gender o a quello femminista? La stiamo buttando sullo scherzo, ma neanche tanto. A parte il fatto che l’increscioso episodio è già successo, ne parlò anche la stampa, perché ebbe come glorioso teatro le toilettes del Parlamento, e come protagonisti due parlamentari, il transessuale Vladimir Luxuria, che si serviva senz’altro di quella per signore, ed Elisabetta Gardini, che non gradì la sua presenza in quel luogo -, non occorre essere un Aristotele per capire che, una volta imboccata questa strada, si può arrivare, e di fatto si arriva, a qualunque eccesso, anche drammatico.
Niente più peccato, dunque? È sparito dall’orizzonte della Chiesa cattolica, e i cattolici fanno bene a non parlarne nemmeno, come non parlano più  delle streghe o dell’eresia (sbagliando, s’intende: perché esistono ancora sia le streghe che gli eretici), dato che non vogliono infastidire i non cattolici con le loro obsolete credenze, ma, semmai, far vedere che sono, se possibile, ancora più moderni, “razionali”, “scientifici” e, naturalmente, progressisti, buonisti, tolleranti, misericordiosi ed inclusivi (ecco la parola magica, la parola talismano!) di chiunque altro? Ma, se smette di parlare del peccato, che razza di vangelo annunzierà mai il cristiano, ammesso che ritenga ancora suo dovere annunziare il vangelo? E si tenga presente il piccolo particolare che “annunziare il Vangelo”, naturalmente con gli atti prima ancora che con le parole, non è un altro optional: è il preciso mandato di Gesù ai suoi discepoli: Andate in tutto il mondo e annunciate il Vangelo: chi crede e verrà battezzato, sarà salvo; ma chi non crede, sarà condannato. Oh, ma anche per questo i modernisti hanno pronta la risposta, e l’ha anzi già data, in anticipo, il furbo padre Sosa Abascal: che ne sappiamo noi di quel che veramente ha detto e fatto Gesù? Dopotutto, i Vangeli sono stati scritti da uomini; forse un po’ troppo “clericali”, chi sa; forse un po’ troppo ardenti di sacro zelo. Via, noi siamo uomini del terzo millennio: dunque, abbiamo “diritto” a un vangelo per il terzo millennio. Gioioso e misericordioso...


Ammonire i peccatori: dov’è finita la terza opera di misericordia spirituale?

di Francesco Lamendola

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