ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 2 maggio 2017

La vergine cuccia^

  1. vergine cuccia de le Grazie alunna 3,
  2. giovanilmente vezzeggiando, il piede
  3. villan 4 del servo con l’eburneo dente
  4. segnò di lieve nota: ed egli audace
  5. col sacrilego 5 piè lanciolla: e quella
  6. tre volte 6 rotolò; tre volte scosse
  7. gli scompigliati peli, e da le molli
  8. nari soffiò la polvere rodente.
  9. Indi i gemiti alzando: aita aita 7
  10. parea dicesse
  11. http://www.oilproject.org/lezione/parini-il-giorno-testo-parafrasi-vergine-cuccia-9292.html



Ong sul Mediterraneo, le intoccabili


di Giuliano Guzzo

Tutti contro Carmelo Zuccaro, il procuratore di Catania reo di indagare su alcune Ong che, sul Mediterraneo, avrebbero collaborato con gli scafisti. Sono difatti giorni che quest’uomo e la sua tesi vengono ridicolizzati, quasi fossero farneticazioni. Roberto Saviano ogni mezz’ora scrive un post su Facebook per sottolineare il «forse» che echeggia nelle dichiarazioni del magistrato (qualcuno gli spieghi che significa la parola prudenza), Avvenire ringhia («Basta fuoco sulle Ong», titolava l’altro giorno), mentre Repubblica ieri scriveva che costui «dice di essere in possesso di “evidenze”», con virgolette che odorano di presa per i fondelli lontano un miglio.

Il punto è che il procuratore di Catania, delle evidenze (senza virgolette, eh) su certe Ong, le possiede davvero – e pure pesantissime (documenti, telefonate per accordarsi sulle modalità di recupero marittimo dei migranti, chiamate agli scafisti affinché inviino gommoni anche se in condizioni precarie, rischiando di far annegare centinaia di persone) -, ma non è questa la sua “colpa” più grave. Il vero motivo per cui questo magistrato è nel mirino dei cecchini del buonismo è che (insieme al Parlamento) oggi indaga sullo sbarco continuo degli immigrati, fenomeno che più di qualcuno, a quanto pare, ritiene aprioristicamente una manna.

Poco importa la connessione indiscutibile tra il numero dei migranti diretti sulle coste italiane e quelli che annegano tra le acque – più ne partono più ne muoiono, ma non lo ricorda nessuno –; e poco importa che più aumentano gli arrivi e più si complica la possibilità, per il nostro Paese, di accogliere degnamente queste persone (tra le quali, comunque, i profughi sono un’esigua minoranza). L’importante è che gli arrivi di migranti continuino perché son risorse, coloro che ci pagheranno le pensioni, la nostra assicurazione sul futuro. Non è una provocazione, ma il ragionamento di tanti. Ecco perché per chi non osanna le Ong – o osa sospettare che qualcuno, in tutto ciò, speculi – scatta la fatwa.


Aiutare gli stranieri più dei compatrioti è immorale?

San Tommaso d’Aquino sul dovere di aiutare i vicini

30 aprile 2017, Santa Caterina da Siena
Santa Elisabetta d'Ungheria aiuta i vicini


Nell’articolo pubblicato nei mesi scorsi (Immigrazione e ordine nella carità, l’“accoglienza” indiscriminata è la negazione dell’amore di Dio) abbiamo affrontato la questione dell’ordine nell’esercizio della carità, con particolare riferimento al problema dell’immigrazione, compresa quella islamica, specialmente in rapporto al bene comune della società naturale e soprannaturale. Il presente articolo, che è in stretta relazione col precedente di cui è uno sviluppo, vuole offrire alcuni commenti di quei passaggi che in San Tommaso descrivono l’esercizio della carità soprattutto relativamente al problema se sia giusto o meno occuparsi prima e di più dei propri connazionali che non degli stranieri. Quando un membro della nostra famiglia, un compatriota o un commilitone viene trattato allo stesso modo dello straniero, ci può essere materia di peccato ed anche di peccato grave? Vedremo la risposta di San Tommaso d’Aquino, rimanendo nel solco della questione 26 della Secunda Secundaedella Summa Theologiae.

San Tommaso inquadra il problema con un argomento tratto da S. Agostino e che già contiene in nuce la risposta che poi svilupperà. Da un lato infatti sembrerebbe che si debbano aiutare tutti gli uomini in maniera uguale, ma è anche vero che non è possibile aiutare tutti e che bisogna tener conto del fatto che ad alcuni siamo uniti per circostanze di luogo e tempo o per qualsiasi altro motivo che ad essi ci stringe quasi ci fossero dati “in sorte” dall’Alto, dice l’Ipponense[1].

Da una parte è vero infatti che la ragione di tale amore verso gli uomini essendo Dio, essa ha uguale natura per tutti ed è anche vero che il bene che desideriamo per ogni uomo è quello supremo della vita eterna, la cui natura è la stessa per tutti. Ma non per questo consegue che ciascuno di noi debba amare ugualmente tutti, poiché l’esercizio della carità va ordinato anche in relazione alla situazione specifica e concreta di ciascuno di noi. Dobbiamo quindi avere verso tutti indistintamente quello che San Tommaso chiama “amore di benevolenza”, che alla lettera vuol dire volere il bene per tutti gli uomini, ma non potendo fare del bene a tutti dovremo essere ineguali nell’ “amore di beneficenza” (parola da prendere nel senso più ampio del termine di bene facere)[2]. Ovvero, senza escludere positivamente nessuno dal nostro amore di benevolenza per cui desideriamo per ciascuno il bene supremo ed eterno, dobbiamo amare in maniera differenziata il prossimo quanto alla beneficenza, che avrà diversa intensità a seconda che il prossimo sia più o meno legato a noi nelle diverse circostanze.

San Tommaso dice con chiarezza che pecca molto più gravemente colui che rifiuta il suo amore ad una persona a lui oggettivamente più vicina e che invece dovrebbe amare, che non colui che rifiuta il proprio amore ad una persona lontana. Ed a supporto e spiegazione di tale asserto porta le parole del Levitico “chiunque maledirà suo padre e sua madre, sia messo a morte”[3]. Pena di morte che non è prevista per chi maledice altri che il padre e la madre. E’ molto più grave per un figlio provare odio per i propri genitori, che provare odio per una persona qualsiasi. Ne consegue evidentemente che dobbiamo amare di più alcuni nostri prossimi piuttosto che altri, in ragione del legame oggettivo ed ineguale che ad essi ci unisce, legame che non può essere stabilito né dal nostro arbitrio né dall’egalitarismo alla moda.

San Tommaso specifica quindi che, se è vero che in quanto alla natura del bene soprannaturale che vogliamo per tutti non c’è differenza, per tutti infatti dobbiamo volere l’eterna beatitudine, è anche vero che c’è un’intensità diversa nell’amore di carità e nei benefici che dobbiamo prodigare al prossimo, questa diversa intensità nasce dalla maggiore o minore vicinanza alla persona da amare. San Paolo dice che se qualcuno non si prende cura dei propri familiari è peggiore dell’infedele (1 Tim 5, 8). L’affetto interno della carità, con quanto di esteriore essa comporta, si deve esercitare primariamente verso chi ci è più vicino[4]. Ciascuno di noi deve “proporzionare” l’affetto di carità a ciò che egli è, alla situazione in cui la Provvidenza l’ha messo, alla famiglia in cui Dio l’ha fatto nascere, alla patria in cui è cresciuto. Di qui il dovere primario di amare di carità più intensa quelli che ci sono più vicini; se a tutti dobbiamo l’amore di carità in maniera indistinta, ad alcuni, in ragione di un altro amore d’amicizia (nel senso più ampio del termine) che ad essi ci lega, dobbiamo un amore di carità maggiore[5]. Ed è così che l’ordine stesso della carità ci “comanda” di amare maggiormente dapprima i nostri consanguinei, poi colui cui siamo legati per altre ragioni e San Tommaso cita, subito dopo i parenti, i concittadini[6].

Si potrebbe dire che sui vicini, sui familiari, sui concittadini abbiamo in certo modo un “mandato divino d’amore”, quasi una responsabilità su di loro, che ci viene dall’ordine voluto da Dio Creatore, sul quale l’ordine soprannaturale si innesta.

“Quelli che sono a noi più congiunti, sono da amare maggiormente secondo la carità, sia perché sono amati più intensamente, sia perché sono amati sotto più aspetti”[7], San Tommaso sta spiegando che a seconda del tipo di legame che ci unisce siamo tenuti ad una dilezione particolare ed ordinata nei confronti di qualcuno prima che di qualcun altro. Ad esempio in ciò che riguarda la nostra origine naturale dobbiamo amare principalmente i consanguinei, in ciò che riguarda lo scambio civile dobbiamo amare principalmente i concittadini e in ciò che riguarda l’azione bellica la nostra dilezione deve andare prima ai nostri compagni d’arme[8]. Nella distribuzione delle risorse familiari ad esempio, dice il Santo Dottore commentando Sant’Ambrogio, un padre è tenuto a nutrire i propri figli naturali piuttosto che eventuali figli spirituali[9]. E’ l’ordine delle cose, che l’ordine soprannaturale non va a scardinare, ma a perfezionare. Analogamente quindi deve dirsi del dovere dei cittadini e dei Governanti, che in primis debbono occuparsi dei concittadini della propria Civitas prima che di quelli d’altre città. E tale amore di carità deve rivolgersi più intensamente ai concittadini proprio relativamente a quelle cose che riguardano la vita civile, dice San Tommaso, ovvero il sostegno derivante dall’intervento pubblico, per esempio, deve rispettare questa maggiore intensità che comporta diseguaglianza d’amore e di trattamento fra i connazionali e gli stranieri. Solo così l’intervento civico potrà essere veramente giusto e soprattutto veramente caritatevole.

Alla luce dell’insegnamento di San Tommaso d’Aquino non appare conforme alla dottrina cattolica sulla carità affermare che gli stranieri vadano amati e beneficiati in maniera uguale rispetto ai concittadini. Elevare alla dignità di principio che si debbano trattare in maniera egalitaria tanto nell’ambito familiare che in quello della Civitas, i figli propri e i figli degli altri, i propri concittadini e gli stranieri, i figli della Chiesa e gli infedeli musulmani, non solo non è conforme al diritto naturale, ma appare anche in contrasto con la Divina Rivelazione e la Tradizione cattolica che ci insegnano la carità ordinata.


Don Stefano Carusi
P. S. Un’ultima considerazione offre San Tommaso nella citata questione 26 sulla carità, a proposito della beneficenza troppo facile e del rapporto fra benefattore e beneficiato: “amiamo maggiormente quelle cose in cui ci sforziamo (per ottenerle), quelle invece che a noi provengono facilmente in certo modo le disprezziamo”[10]. Se ne potrebbe trarre un ultimo ammonimento indiretto dell’Aquinate in materia di carità ordinata : i benefici eccessivi, completamente gratuiti e per giunta spesso sommamente ingiusti, perché dati togliendo il dovuto ai propri figli o ai propri concittadini a vantaggio dei lontani o dello straniero, talvolta anche apertamente ostile alla nazione ospitante, possono generare anche il disprezzo di colui che riceve i benefici e ritorcersi gravemente contro le società che hanno rinnegato, oltre la giustizia, anche l’ordine che ci offrono la fede e la carità. 


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[1] S. Tommaso d’Aquino, S. Th., IIa IIae, q. 26, a. 6, arg. 1: “Dicit enim Augustinus, in I de Doct. Christ., omnes homines aeque diligendi sunt. Sed cum omnibus prodesse non possis, his potissimum consulendum est qui pro locorum et temporum vel quarumlibet rerum opportunitatibus, constrictius tibi quasi quadam sorte iunguntur”.

[2] Ibidem, ad 1: “Ad primum ergo dicendum quod dilectio potest esse inaequalis dupliciter. Uno modo, ex parte eius boni quod amico optamus. Et quantum ad hoc, omnes homines aeque diligimus ex caritate, quia omnibus optamus bonum idem in genere, scilicet beatitudinem aeternam. Alio modo dicitur maior dilectio propter intensiorem actum dilectionis. Et sic non oportet omnes aeque diligere. Vel aliter dicendum quod dilectio inaequaliter potest ad aliquos haberi dupliciter. Uno modo, ex eo quod quidam diliguntur et alii non diliguntur. Et hanc inaequalitatem oportet servare in beneficentia, quia non possumus omnibus prodesse, sed in benevolentia dilectionis talis inaequalitas haberi non debet. Alia vero est inaequalitas dilectionis ex hoc quod quidam plus aliis diliguntur. Augustinus ergo non intendit hanc excludere inaequalitatem, sed primam, ut patet ex his quae de beneficentia dicit”.

[3] Ibidem, s.c.: “Sed contra est quod tanto unusquisque magis debet diligi, quanto gravius peccat qui contra eius dilectionem operatur. Sed gravius peccat qui agit contra dilectionem aliquorum proximorum quam qui agit contra dilectionem aliorum, unde Levit. XX praecipitur quod qui maledixerit patri aut matri, morte moriatur, quod non praecipitur de his qui alios homines maledicunt. Ergo quosdam proximorum magis debemus diligere quam alios.

[4] Ibidem, a. 7, s.c.: “Sed contra est quod dicitur I ad Tim. V, si quis suorum, et maxime domesticorum curam non habet, fidem negavit et est infideli deterior. Sed interior caritatis affectio debet respondere exteriori effectui. Ergo caritas magis debet haberi ad propinquiores quam ad meliores”. Ibidem, corpus.

[5] Ibidem, corpus: “Sed intensio dilectionis est attendenda per comparationem ad ipsum hominem qui diligit. Et secundum hoc illos qui sunt sibi propinquiores intensiori affectu diligit homo ad illud bonum ad quod eos diligit, quam meliores ad maius bonum. Est etiam ibi et alia differentia attendenda. Nam aliqui proximi sunt propinqui nobis secundum naturalem originem, a qua discedere non possunt, quia secundum eam sunt id quod sunt”.

[6] Ibidem, corpus: “Et sic hoc ipsum quod est diligere aliquem quia consanguineus vel quia coniunctus est vel concivis, vel propter quodcumque huiusmodi aliud licitum ordinabile in finem caritatis, potest a caritate imperari. Et ita ex caritate eliciente cum imperante pluribus modis diligimus magis nobis coniunctos.

[7] Ibidem, a. 8, corpus.

[8] Ibidem“Sic igitur dicendum est quod amicitia consanguineorum fundatur in coniunctione naturalis originis; amicitia autem concivium in communicatione civili; et amicitia commilitantium in communicatione bellica. Et ideo in his quae pertinent ad naturam plus debemus diligere consanguineos; in his autem quae pertinent ad civilem conversationem plus debemus diligere concives; et in bellicis plus commilitones”.

[9] Ibidem, ad 2.

[10] Ibidem, a. 12, corpus.

disputationes-theologicae.blogspot.it/2017/04/aiutare-gli-stranieri-piu-dei.html

http://disputationes-theologicae.blogspot.it/2017/04/aiutare-gli-stranieri-piu-dei.html
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Migranti, mons. Perego (Cei): l’Italia puo’ trovare un futuro nel ‘meticciato’

“un Paese che sta morendo, nel 2016 150.000 morti in più rispetto alle nascite, può trovare un suo futuro in percorsi di ‘meticciato’, come più volte ha detto il card. Scola”

La situazione drammatica e instabile della Libia l’ha creata l’Europa e le incaute scelte europee non possono essere pagate solo da coloro che oggi sono costretti a mettersi in mare e arrivano da noi, cioè i migranti. A dirlo è il Direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Gian Carlo Perego, partecipando alla trasmissione “CoffeeBreak” su La 7.
“Sempre e in ogni occasione è giusto che la Procura e la Magistratura sia vigile e assuma conoscenze sulla situazione attuale nel Mediterraneo, perché i migranti non siano doppiamente vittime“, ha detto Mons. Perego: però, il fuoco politico “indistintamente sulle nove ONG che operano nel Mediterraneo per salvare le vite umane – difronte alle morti che sono passate a oltre 5 mila nel 2016 rispetto alle 3 mila del 2015 – con risorse di fondazioni bancarie e di privati, della società civile è stato un atto, lo ripeto, ipocrita e vergognoso”.
“Sono troppi coloro che stiamo accogliendo? 175.000 persone se accolte in maniera diffusa negli ottomila comuni italiani, valorizzando percorsi personali di accompagnamento e di integrazione, utilizzando le risorse disponibili per un servizio nuovo e per figure, educatori, mediatori etc., che possono essere utili per creare e favorire dialogo e inserimento sociale sul territorio credo sia un atto intelligente e di responsabilità. Tanto più in un Paese che sta morendo, nel 2016 150.000 morti in più rispetto alle nascite, e che può trovare un suo futuro in percorsi di ‘meticciato’, come più volte ha detto il card. Scola, come è sempre avvenuto nella storia italiana, questa volta in maniera pacifica. E’ chiaro – ha concluso Perego – che anche nell’accoglienza diffusa dei migranti l’Europa deve finalmente svegliarsi dal sonno e promuoverla in tutti i e 27 paesi europei”. (askanews) –
Incombono le elezioni ed il governo “scopre” la regia dietro gli sbarchi
Le elezioni amministrative di giugno incombono e, soprattutto, entro la primavera del 2018 si voterà per il rinnovo del Parlamento: come nel caso tedesco, urge chiudere momentaneamente “i rubinetti” dell’immigrazione per non ingrossare le fila delle destre sovraniste. L’attenzione del governo e della magistratura si è quindi improvvisamente focalizzata sui legami tra gli scafisti e le ong che operano nel Canale di Sicilia. Concentrarsi sulle navi “taxi” permette di sottrarsi dall’analisi della vera regia dietro le ondate migratorie: quei poteri atlantici che hanno gettato nel caos la Libia ed utilizzano i flussi incontrollati come strumento di destabilizzazione dell’Europa nel medio-lungo termine.

Ong? Semplici rotelle di un meccanismo

Conciliare fedeltà all’establishement atlantico, interessi economici ed indici di gradimento decorosi non è un’impresa semplice: deve essere questa l’amara constatazione del governo di centro-sinistra, diviso tra il desiderio di continuare con la politica migratoria sinora seguita in ossequio ai diktat di Washington, di incassarne i cospicui dividendi economici (si veda il giro d’affari ruotante attorno alle cooperative rosse e bianche, un giro  che muove 3,5-4 mld l’anno1 e, come ammesso da Salvatore Buzzi, “rende più della droga”2) e di evitare una Caporetto ai seggi.
Si avvicinano, infatti, le amministrative di giugno (Catanzaro, Genova, L’Aquila, Palermo ed una ventina di capoluoghi di provincia) e, soprattutto, nei primi mesi del 2018 sarà inevitabile indire le le elezioni per il rinnovo del Parlamento: se la crisi economica e l’emergenza disoccupazione ha già decimato i consensi del PD, l’ennesimo anno record di sbarchi rischia di infliggere al centro-sinistra una sconfitta da cui sarebbe difficile riprendersi, sulla falsariga di quella recentemente incassata dal partito socialista in Francia.
I numeri dei primi mesi del 2017 devono aver fatto suonare la campanella d’allarme: dopo i 170.000 arrivi del 2014, i 153.000 del 2015, i 181.000 del 2016, nel primo trimestre si è registrato un aumento del 50% rispetto all’anno precedente, prospettando l’anno in corso la cifra record di 200.000-250.000 clandestini/rifugiati. Decisamente troppo per un governo che, già ai minimi in termini di popolarità, sarà costretto entro la primavera del 2018 a sottoporsi al vaglio di un elettorato sempre più allarmato dal fenomeno: la barriera che i Paesi confinanti hanno tacitamente eretto attorno all’Italia e la ripartizione coatta degli immigrati nei comuni medio-piccoli, hanno rispettivamente intensificato l’emergenza (chiudendo le valvole di sfogo verso l’Europa del Nord) ed aumentato la percezione dell’emergenza tra i cittadini. Il “blitz” del 15-17 aprile, quando il clima ecumenico di Pasqua è stato sapientemente sfruttato per il maxi-sbarco di 8-500 immigrati, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: anche nei Palazzi romani si è constata la necessità di tirare il freno in vista delle elezioni. A distanza di un paio di giorni, è così apparsa la notizia sui sospetti dell’esecutivo circa una possibile “regia” dietro gli sbarchi: “Il governo pensa che gli sbarchi record di migranti non siano casuali: c’è una regia”3 scriveva La Stampa il 20 aprile.
L’improvvisa resipiscenza del governo italiano sul fenomeno migratorio non è certo la prima in Europa. Dopo la fulminea apertura della “via balcanica” che riversò un milione di immigrati in Germania nel solo 2015, il crollo verticale della CDU nei sondaggi e le pesanti sconfitte in alcuni land strategici, anche la Grande Coalizione di Angela Merkel corse ai ripari in vista delle legislative di quest’anno, firmando nel marzo 2016 un accordo con Ankara per bloccare il flusso migratorio sul confine greco-turco. Si può dire che Angela Merkel agì con unanime consenso: visti i drammatici effetti sull’opinione pubblica, per l’establishment atlantico era concreto il rischio di perdere una figura chiave dell’architettura UE/NATO come la cancelliera. Nel caso dell’Italia, nessuno si angoscia invece per le sorti di Paolo Gentiloni e Matteo Renzi (sostituibili in qualsiasi momento dal fedele Movimento 5 Stelle) tranne, forse, i diretti interessati: il “rinsavimento” del governo di centro-sinistra è un semplice gesto dettato dall’istinto di auto-conservazione (particolarmente radicato nell’ex-premier).
Denunciare tout court  la politica migratoria portata avanti da Washington è però impensabile per il governo italiano. Si ripiega quindi, alludendo alla loro collusione con gli scafisti, sulle organizzazioni non governative, finite all’attenzione del grande pubblico dopo anni di “salvataggi” nel Canale di Sicilia. Sono le ong (Medici Senza Frontiere, Human Rights Watch, Sos Mediterranee, etc, etc,) che, nascondendola dietro un velo di umanitarismo e apoliticità, attuano l’agenda estera dell’establishment liberal: nell’economia generale dei flussi migratori, il loro ruolo è certamente determinante ma limitato, paragonabile a quello di una rotella di un meccanismo. Se la rotella è ancora alla portata della magistratura italiana e dei partiti nostrani, il meccanismo esula invece dal loro campo di analisi/azione.
Si superi ad esempio il Canale di Sicilia e si osservi la Libia, dalle cui coste vanno e vengono le navi delle ong cariche di immigrati. L’ex-colonia italiana è stata scientemente trasformata negli ultimi anni nel “trampolino” africano dell’immigrazione clandestina verso l’Europa: si comincia nel 2011 col cambio di regime orchestrato da angloamericani e francesi, si prosegue nel 2012-2013 lasciando che le forze centrifughe si radichino nel Paese, si fa il salto di qualità nel 2014 sostenendo il golpe islamista che installa in Tripolitania una giunta appoggiata da Washington, Londra, Doha ed Ankara, si evita per tutto il 2015 di fornire assistenza politico-militare al legittimo governo esiliato a Tobruk, si crea nel 2016 un effimero “governo d’unità nazionale” che, installato a Tripoli, copra i traffici di immigrati gestiti dalle milizie islamiche. Di fronte all’esplodere dei flussi migratori, la NATO si guarda bene dall’isolare la Libia con un blocco navale: invia, al contrario, le proprie navi affinché contribuiscano al “servizio taxi” che copre il Canale di Sicilia. Un governo che volesse arginare i flussi migratori, anziché preoccuparsi delle ong, dovrebbe avere come priorità la ricostruzione dello Stato libico: un onere impensabile per l’Italia del 2017.
Come è poi noto, la Libia, con i suoi 6 milioni di abitanti, non è altro che un Paese di passaggio per i flussi migratori dell’Africa sub-sahariana: tagliare alla radice i flussi migratori significherebbe arrestare l’endemica opera di destabilizzazione attuata dagli angloamericani in quest’area (vedasi, ad esempio, Boko Haram in Nigeria) e offrire un modello economico alternativo all’FMI/Banca Mondiale, che con i loro prestiti finanziari in cambio di “riforme strutturali” ed austerità, sono all’origine della disoccupazione a due cifre che affligge i Paesi africani come la Grecia o l’Italia. È questo un peso che l’Europa, completamente succube dei poteri atlantici e ripiegata su se stessa, non può neanche immaginare di sobbarcarsi.
Già, l’Europa: non c’è alcun dubbio che il Vecchio Continente sia l’obiettivo finale della politica migratoria attuata dall’establishment liberal. Il procuratore capo di Catania, Carmelo Zuccaro, ha scorto dietro la collusione tra ong e scafisti la volontà di “destabilizzare l’economia italiana per trarne dei vantaggi”4: se si tratta certamente di destabilizzazione, è riduttivo affermare che abbia soltanto finalità economiche, magari di breve termine. Le ondate migratorie verso i Paesi europei mirano ad una vera e propria destabilizzazione della società nel medio-lungo termine, soprattutto in quegli Stati dove la percentuale di immigrati sul resto della popolazione era ancora ridotta (Est-Europeo ed Italia) e le tensioni sociali relativamente ridotte (Germania). Lo Stato-Nazione coeso, pacifico e monolitico è il maggiore ostacolo che si frappone tra l’élite mondialista e la creazione di strutture sovranazionali sempre più allargate: società insicure, accartocciate su di sé e sfilacciate, sono la miglior garanzia perché l’oligarchia cosmopolita possa governare indisturbata.
L’improvviso attivismo del governo contro le ong (peraltro contestato da molti settori dello stesso PD) è politica spicciola in vista delle prossime tornate elettorale: attendersi qualche effetto sull’emergenza migratoria è illusorio. Il flusso coatto dall’Africa verso l’Europa si potrà fermare solo smantellando la gabbia UE/NATO in cui è imprigionato il continente, permettendo alle Nazioni di riappropriarsi del proprio destino: entriamo però nel campo dell’alta politica, lontana dagli espedienti adottati per vincere un’elezione amministrativa o legislativa. Anche in questo caso, non resta che riporre le speranze nelle imminenti presidenziali francesi: la vittoria di Marine Le Pen è un’occasione imperdibile per scardinare quelle istituzioni con cui si sta cercando di cancellare le identità europee.






Lo Stato sentenzia che le ONG non si toccano. E Saviano fa l’apologia di Al-Nusra dalla De Filippi 

Come volevasi dimostrare, il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, ha capito suo malgrado cosa significhi toccare un nervo scoperto. Anzi, un filo dell’alta tensione. Dopo aver improvvidamente avanzato l’ipotesi che alcune ONG impegnate nel salvataggio dei migranti potessero essere finanziate dagli stessi trafficanti di uomini, ieri sera ha fatto una parziale retromarcia, dicendo che le sue sono ipotesi di studio e non prove, almeno al momento attuale. Atteggiamento sbagliato: un magistrato deve indagare in silenzio e, quando l’ipotesi accusatoria che persegue pare solida, allora parla.

C’è però un problema: quante indagini quantomeno strampalate ha conosciuto questa stanca Repubblica, senza che il 90% della stampa e ben due ministri di punta, come quelli di Interno e Giustizia, sentissero il dovere di schierarsi preventivamente contro? Siamo sicuri che Minniti e Orlando sarebbero scesi in campo, se non si fosse trattato d immigrazione, ONG e accoglienza? Io no. Anche perché, se Catania ha esagerato nelle esternazioni, Roma (intesa come centro del potere) ha messo in campo una forza delegittimatrice che non si vedeva da tempo. Ad esempio, da quando una parte del pool Mani Pulite decise di dare un’occhiata ai rubli di Mosca in direzione Botteghe Oscure. Non c’è niente da fare: il potere in questo Paese non è solo cristallizzato, è una stalattite mortale per chiunque le si avvicini.
Io capisco che Andrea Orlando, candidato alla segreteria del PD, abbia sentito l’impulso irrefrenabile di dire qualcosa di sinistra a poche ore dalle primarie di domenica ma, esattamente come il procuratore di Catania, anche lui avrebbe dovuto spogliarsi dei panni del ministro e parlare da dirigente di partito: invece no, è stato Largo Arenula a dire chiaro e tondo da che parte sta in questa vicenda. La quale, tra l’altro, è agli inizi, all’acquisizione di prove: ma, state certi, è anche alla fine. Il retromarcia di ieri sera di Buccaro parla la lingua di uno che ha capito come si sta al mondo e, vedrete, che tutto finirà in una bolla di sapone: le ONG ne usciranno più pulite dell’Olandesina del mitico spot sul sapone degli anni Settanta.
Anche perché, guarda caso, le coincidenze si sprecano. Mentre il procuratore di Catania meditava su quanto detto al mattino ad “Agora” e si preparava alla mezza smentita all’Ansa dell’ora di cena, ecco che a Roma i pm avanzavano le richieste di condanna per “Mafia capitale”, mega-processo legato proprio all’attività di alcune coop e al duo Buzzi-Carminati, operanti nel settore dell’accoglienza: un comparto che “fa guadagnare più della droga”, come disse – intercettato – il ras delle cooperative, Salvatore Buzzi. La stessa formula usata da Buccaro per motivare la sua accusa di probabili pagamenti alle ONG da parte dei trafficanti, anche per colpire l’economia italiana. In un caso è Vangelo, anzi la madre di tutte le inchieste recenti, nell’altro trattasi pressoché di un mitomane.

Eppure, come ci ricorda “Panorama” dell’8 febbraio 2017, nell’articolo di Chiara Degl’Innocenti, “Mafia Capitale è stata archiviata. Non sono emersi “elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio” e così la posizione di 113 indagati nell’inchiesta viene, appunto, archiviata perché il reato al centro di tutte le indagini, l’associazione di stampo mafioso regolata dall’articolo 416 bis, non sussiste”. Insomma, se il procuratore di Catania ha ecceduto nelle esternazioni, forse trasportato dal clamore dell’inchiesta, quelli di Roma hanno forse ecceduto nel muovere delle accuse enormi: avete notizia di stampa indignata o, peggio, ministri che richiamassero alla continenza? Zero. L’unico magistrato fuori registro in Italia è Buccaro. Anzi, a essere fuori registro, è l’argomento della sua inchiesta: l’accoglienza non si tocca.

Proprio poco fa, dall’inchiesta sul terrorismo di cui è titolare la procura di Brindisi sono scaturiti un arresto in Germania e un’espulsione: le persone coinvolte avrebbero avuto legami con Amis Amri, l’attentatore di Berlino, poi freddato a Sesto San Giovanni. Ma lo stesso Viminale, quello che ha visto il suo titolare entrare in tackle scivolato sull’inchiesta di Catania durante il question time alla Camera, non aveva confermato che Amri era un lupo solitario, senza alcun aggancio o complice in Italia? Come vedete, nel corso di un’inchiesta le cose possono cambiare. Solo per Zuccaro c’è la certezza che tutto sia già scritto: le ONG sono candide come vestali. Punto, lo certifica lo Stato.
Ma se ieri è stato il giorno delle polemiche, domani sarà quello del rito di purificazione televisiva. Già, perché il sito di “Repubblica” ci informa, bontà sua, che domani sera sarà ospite ad “Amici” da Maria De Filippi il cantore della verità assoluta, Roberto Saviano, con una simil-piece dedicata indovinate a chi? Ai volontari che salvano i migranti! Lascio all’aulica prosa di “Repubblica” deliziarvi con i particolari: “L’audio di un bombardamento in Siria dopo gli applausi, le risate e il tifo. Sabato 29 aprile ad “Amici”, su Canale 5, Roberto Saviano porta il rumore della paura e della morte. Nello studio si crea un silenzio irreale… Il suo intervento nel programma di Maria De Filippi parte da un frammento dal documentario premio Oscar “Caschi bianchi”, per parlare della guerra “a tre ore di volo da qui” che in sei anni ha causato oltre 450mila vittime, e dei migranti. Nei giorni della feroce polemica sul ruolo delle Ong, Saviano mette al centro del racconto due storie esemplari, quella di Khaled Omar, 31 anni, volontario dei caschi bianchi che ha salvato centinaia di vite – ed è stato ucciso durante un bombardamento – e quella di Ileana Boneschi, 28 anni, l’ostetrica di Medici senza frontiere che fa nascere i bambini in situazioni estreme. Sotto le bombe, stremate dalla fame”.

Che meraviglia assoluta, non vi pare? Nemmeno la “Cura Ludovico” di Arancia Meccanica era arrivata a tanto: tra un ballerino e un cantante, ecco il nuovo eroe dei Due Mondi che ci racconta le gesta dei meravigliosi volontari delle ONG. E cosa utilizza per farlo? gli “Elmetti bianchi”, ovvero la protezione civile di Al-Nusra, di fatto dei fiancheggiatori a pieno titolo dei terroristi operanti in Siria, come ormai dimostrato da decine di documenti! E il tutto, in prima serata del sabato su Canale5, rete ammiraglia di Mediaset: questo sì che meriterebbe l’apertura di un’inchiesta per apologia di terrorismo internazionale ma, state certi, finirà solo con un botto di auditel e la canonizzazione in vita di Saviano, demiurgo che plasma la kora del politicamente corretto e spaccia per eroici salvatori dei supporter dei tagliagole. D’altronde, hanno vinto l’Oscar. Siamo alla circonvenzione di incapace di Stato, Kubrick era un dilettante e Orwell un mitomane.
White Helmets faking rescue
Netflix and the White Helmets, hand in hand with al Qaeda
Assad blamed for Gas attack Again. Truth about the White Helmets


White Helmets Staged Rescue
Saviano poi parla di “guerra a tre ore da qui”, per farci capire quanto siamo insensibili, non come quegli angeli delle ONG: e dove cazzo era Saviano quando la sinistra di governo che ora si strappa le vesti contro la Procura di Catania apriva le sue basi militari per bombardare a un’ora da qui, in Serbia? E, vi assicuro, che dopo l’assalto al Parlamento macedone di ieri notte, debitamente silenziato dai media italiani (dovevano dare conto di Matteo Renzi che cantava “Ricominciamo” di Adriano Pappalardo durante una visita a Corviale), proprio quel fronte balcanico tornerà a farsi sentire: anche a livello di flusso di profughi, visto che dopo l’ingresso del Montenegro nella NATO, la Macedonia e la sua tratta di confine con l’Albania rappresentano il corridoio perfetto verso l’Europa e per la nascita del progetto pan-albanese di destabilizzazione tanto perseguito dagli USA. Non a caso, l’ambasciata statunitense di Skopje è stata attivissima nello schierarsi subito con i partiti di minoranza nel loro tentativo, questo sì golpistico, di fare eleggere uno speaker della Camera fuori dalle norme parlamentari.
Mi sono rotto i coglioni di dover ribaltare la realtà distorta tutti i santi giorni, ve lo confesso. Ma non mi arrendo. Giuro che, parafrasando Nanni Moretti quando ricordava agli italiani che si meritavano la mediocrità da uomo medio di Alberto Sordi, io non mi merito Roberto Saviano. E la realtà, per quanto vi faccia ingoiare tonnellate di bocconi amari, alla fine emerge sempre. Come in Canada, dove il premier-sex symbol, Justin Trudeau, ha messo in pratica un po’ troppo in fretta la metafora di Ricucci, quella del lanciarsi facilmente in attività omosessuali con le terga altrui. E questi grafici


ce lo mostrano: i canadesi, a parole accoglienti e sprezzanti di quel gretto vicino di casa che è Donald Trump, cominciano ad averne pieni i coglioni loro stessi di profughi. Come certifica il “Financial Times”, non “L’eco del balilla”, “il passaggio di migranti dal confine del Quebec è triplicato su base annua e anche il dato dell’Ontario è aumentato moltissimo”. E, come ci mostra questo grafico

basato su un sondaggio della Reuters, ben il 46% dei cittadini canadesi è contrario alla politica del governo sull’immigrazione e chiede maggiori espulsioni. Di più,

addirittura il 40% dice che l’immigrazione illegale rende il Paese meno sicuro. Che cazzo di razzisti questi canadesi, quando Saviano ci delizierà con un’intemerata contro questi Grizzly senza cuore? Magari a “Forum”, tra un litigio e l’altro sull’eredità di zia Mariuccia? Ma nessuna paura, è solo una sparuta minoranza di razzisti, le istituzioni canadesi sono sane, liberali e aperte verso chi scappa da Trump: insomma, mica troppo. Lo conferma Anthony Navaneelan, avvocato di Toronto che si occupa proprio di immigrazione: “Abbandonare una richiesta avanzata negli Stati Uniti e venire in Canada dopo una decisione negativa delle autorità statunitense o, ancora, non avanzare richiesta di asilo ma aver passato comunque molto tempo negli USA, sono tutti aspetti molto negativi. Più a lungo stai lontano dal tuo Paese di origine, più è difficile che qui le istituzioni decidano che tu sia un rifugiato”. Insomma, aperti sì ma coglioni no. Quella è una prerogativa italiana.
Ma anche in Germania c’è qualche rogna con gli atteggiamenti buonisti, come ci mostra questo grafico:

i cittadini tedeschi hanno infatti scoperto, immagino con enorme gioia, che sono fino a 270mila i cittadini siriani che hanno maturato il diritto di portare tutti i membri della loro famiglia in Germania, questo su un totale di 431.376 che hanno presentato richiesta d’asilo nel 2015 e 2016. Auguroni. E se questi due grafici,


elaborati da uno studio Vladimir Shalak della Russian Academy of Science, l’istituto che ha sviluppato il sistema di analisi dei contenuti per Twitter (Scai4Twi), ci mostrano come – dall’analisi di 19mila tweets originali – Germania e Austria siano i Paesi più aperti verso i rifugiati, invitati a recarsi lì attraverso il social, quest’altro
ci mostra da dove sono generati quei tweets: USA e UK, solo il 6% viene davvero dalla Germania! Comunque tranquilli, non c’è nessuna pianificazione riguardo l’ondata migratoria, è tutto assolutamente spontaneo e figlio legittimo della fuga da guerre, fame, carestie, disturbi gastrici, suocere rompicoglioni e altre emergenze umanitarie. E, ovviamente, il procuratore di Catania è, a prescindere, un mitomane di Stato. Auguri, il futuro da schiavi sarà duro da sopportare. Ma ve lo siete cercato. Buon Saviano per domani sera, io ho altri programmi per il 29 aprile.
Di Mauro Bottarelli , il 0 Comment
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https://www.rischiocalcolato.it/2017/04/lo-sentenzia-le-ong-non-si-toccano-saviano-lapologia-al-nusra-dalla-de-filippi.html

san Nicola estirpato da Bari

Nel quadro generale dell'accoglienza degli immigrati acattolici, il programma ecumenico prevede l'esilio per i cattolici, a cominciare dai dottori della Chiesa.

In altre parole, il solito Papafrancé ha stabilito che san Nicola di Bari va spedito in Russia alla mercé degli scismatici (le spoglie erano state portate a Bari il 9 maggio 1087, indovinate perché?, perché Myra era stata invasa dai muslimslamici).

In altre parole, in Russia la fede non è qualcosa di cui vergognarsi (e Papafrancé presume che tra poco verremo ineluttabilmente invasi dai muslimslamici).

Qui sotto: novembre 2013, Putin bacia un'icona della Vergine di Vladimir appena donata a papa Bergoglio, mostrando al frastornato gesuita cosa significa onorare le immagini sacre. E pensare che a suo tempo Putin era "il capo del KGB, i servizi segreti dei komunisssssti!"

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