ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 18 maggio 2017

Servus servorum Dei?

MA IN COSA CREDE, COSTUI ?

    Una nuova "Controchiesa". Ma in che cosa crede, costui? francamente, fino ad oggi non lo si è capito molto bene. Lo si è sentito fare affermazioni bislacche, sgradevoli, sconvenienti, e anche proferire qualche bestemmia 
di Francesco Lamendola  






Dal marzo del 2013, un miliardo e 300 milioni di cattolici sono appesi al filo delle sparate incessanti di papa Francesco, il quale, col suo protagonismo, col suo autoritarismo (nessun papa lo è mai stato tanto, nei tempi moderni), col suo sfrenato narcisismo, ha attirato l’attenzione su di sé a un punto tale, che la Chiesa, e perfino il Nostro Signore Gesù Cristo, sembrano tutt’uno con lui; mentre lui, fino a prova contraria, è solamente il pastore del gregge, il servus servorum Dei, e quindi non avrebbe alcuna autorità per fare e disfare, come sta facendo, creando una situazione, come lui stesso ha detto, dalla quale non si potrà più tornar e indietro.
Sorge perciò la domanda: in che cosa crede, costui? Perché, francamente, fino ad oggi non lo si è capito molto bene. Lo si è sentito fare affermazioni bislacche, sgradevoli, sconvenienti, e anche proferire qualche bestemmia; come quando ha detto che Gesù, sulla croce, si è fatto diavolo, si è fatto brutto da fare schifo (mentre san Paolo, che alcuni citano per “scusare” quella frase, ha detto che Gesù, sulla croce, si è fatto peccato, concetto teologicamente appropriato, ma che non ha nulla a che fare con le cose dette da Bergoglio); o come quando ha dichiarato che, nella Santissima Trinità, le tre Persone sono sempre intente a litigare fra di loro (e dove lo ha sentito dire?), senza però che nulla traspaia all’esterno; non solo discordi, dunque, ma anche ipocrite. Pertanto, è lecito, anzi, è doveroso, domandarsi in che cosa creda costui.
Un nostro amico sacerdote ci esprimeva tutto il suo disagio, tutta la sua sofferenza, per l’indirizzo che la Chiesa cattolica sta prendendo, precisamente sotto l’impulso e l’incoraggiamento di papa Francesco, anche se la deriva risale a molto prima e cioè agli anni del Concilio Vaticano II.
Ormai un parroco viene invitato a frequentare un corso di aggiornamento diocesano, e si trova davanti a un sedicente teologo che parla a favore del divorzio, a favore delle unioni di fatto, a favore delle unioni gay, a favore dei santi gay, e rimane spiazzato, confuso, indignato; sente una teologa tal dei tali spezzare una lancia a favore di Amoris laetita, sostenere in pubbliche conferenze che questa è la strada da seguire, la strada del perdono e delle misericordia, senza una parola riguardo al pentimento, senza un accenno riguardo al problema delle nuove famiglie e delle nuove unioni irregolari che si sono create, in spregio al matrimonio religioso precedentemente spezzato: e ci si sente soli, si vede che gli altri, o per conformismo, o per paura, o per ignoranza, o per superficialità, approvano, o tacciono, e pare che la dottrina, la morale, la pastorale, la liturgia, tutto sia stato cambiato, sovvertito, rovesciato, senza, però, che alcuno, neppure papa Francesco, si sia preso la responsabilità di fare un discorso bello e chiaro:
Cari fedeli, ci siamo sbagliati. In passato vi abbiamo raccontato un sacco di belle favolette, che hanno aiutato a vivere i nostri nonni; ma ora è venuto il tempo di dir le cose come stanno. La Chiesa non è più quella che avete conosciuto finora, è un’altra cosa: è un edificio senza porte, senza muri, aperto a tutti, atei, buddisti, giudei,  musulmani, dove chiunque entra ed esce, non c’è distinzione, ma solamente amore e accoglienza, inclusione e solidarietà; nessuno è respinto, nessuno deve pentirsi o far penitenza, nessuno deve rendere conto a Dio; è un luogo dove si decide a maggioranza, dove ogni giorno si aggiorna la fede, insieme alle opere. È un luogo aperto, dialogante, progressivo, che getta ponti in tutte le direzione, che si gloria di lasciar cadere fin le ultime barriere. Ecco, cari fedeli, la verità: e non domandateci più notizie del paradiso e dell’inferno, della morte e del giudizio, della grazia e del peccato, perché i problemi che contano, i problemi che scottano, e dei quali bisogna occuparsi ardentemente, se ci si vuol dire dei veri cristiani, sono il lavoro, la disoccupazione, l’immigrazione, i salari, le pensioni, la libertà di coscienza, la giustizia terrena, e, naturalmente, l’Olocausto.
No, nessuno ha il fegato di far questo discorso; neppure papa Francesco. E allora non resta che cercar di farsi un’idea, non solo ascoltando le sue omelie nella casa di santa Marta, e le sue fluviali interviste a bordo degli aerei che lo riportano in Vaticano dai suoi viaggi pastorali, ma anche andando a cercare i suoi scritti, dove, nero su bianco, si torva il Bergoglio-pensiero, magari sotto forma di conversazioni con qualchee giornalista suo amico. È il caso del rabbino Abraham Skorka, rettore del seminario ebraico di Buenos Aires, e vecchio amico del papa, fin da prima che questi venisse eletto nel conclave del 2013.  Il libro in questione s’intitola Il cielo e la terra (cielo con la lettera piccola; e infatti, come vedremo, del Cielo in senso religioso vi si parla poco e niente); sottotitolo: Il pensiero di papa Francesco sulla famiglia, la fede e la missione della Chiesa nel XXI secolo; sottotitolo che è un inganno, perché queste conversazioni risalgono all’epoca in cui Bergoglio era arcivescovo della capitale argentina e non papa. Si noti inoltre che “la famiglia” viene prima della fede e della Chiesa, nell’ordine degli interessi che vi vengono approfonditi. Ma il libro è stato prontamente stampato da Mondadori nel 2013, sull’onda dell’elezione del papa “venuto dalla fine del mondo”, e manca ogni riferimento alla data in cui Bergoglio ha rilasciato queste interviste. Sicché, farle passare per il pensiero del “papa” è un falso: per quel che ne sappiamo, il pensiero di Bergoglio, all’epoca del suo episcopato in Argentina, non era precisamente lo stesso che sta manifestando ora, da pontefice. Ma vediamo.
I capitoli sono ventinove, uno per ogni argomento discusso. Non ce n’è uno solo che abbia a che fare con la spiritualità, e, a dispetto, del sottotitolo, neppure con la fede; in compenso, ce ne sono a decine sui problemi sociali, sulla scienza, sulla politica, sulla globalizzazione, sull’Olocausto (poteva mancare?), sul conflitto arabo-israeliano, sul dialogo inter-religioso. A proposito di quest’ultimo:  il risguardo di copertina ci informa che il papa, parlando con “un uomo di profonda spiritualità”, si pone il compito  essenziale di ogni cristiano: “avvicinare l’anima dell’uno a quello dell’altro”, “finché l’anima dell’uno si riflette nell’altro”, cosa che è possibile solo “abbassando le difese, aprendo le porte di casa e offrendo calore umano”.
Avete capito bene. Il compito essenziale del cristiano, e dunque, a maggior ragione, del papa, è quello di avvicinare l’anima del cristiano a quella del giudeo, dell’islamico, dell’ateo, fino a farle riflettere una nell’altra; evidentemente, per abolire ogni differenza. Concetto che viene ribadito dall’affermazione che  si devono abbassare le difese e aprire le porte di casa: nella Chiesa, chiunque ha il diritto di entrare, e infatti lo si è visto; possono entrare gli islamici, auto-invitandosi alla santa Messa, e pregando il loro Allah; e le chiese possono, anzi, devono essere trasformate in centri di propaganda LGBT, nelle quali si indicono settimane di preghiera e di riflessione per lottare “contro l’omofobia”. Tutto questo equivale a dire che non c’è più nessuna Chiesa, perché una casa con le porte sempre aperte a chiunque  non è più una casa, ma una stazione della metropolitana; e se abbassare le difese equivale a svendere la propria identità e a sacrificare i propri contenuti per non urtare la sensibilità dell’altro, allora non si tratta più di un gesto amichevole verso costui, ma di un gesto suicida verso se stessi. Ama il prossimi tuo come te stesso, ha insegnato Gesù; non ha detto: più di te stesso, ma ha detto: come te stesso. Dunque, ciascuno deve amare se stesso: e amare se stessi significa anche avere rispetto di quel che si è, non confonderlo con quel che non si è, non annullarsi per far piacere agli altri, per essere giudicati accoglienti dagli altri, per avere le simpatie e l’applauso del mondo. Possibile che al papa Francesco non sia mai suonato strano tutto questo coro unanime di lodi, di applausi,  di ovazioni, proprio da parte dell’apparato mediatico che è sempre stato schierato contro i principi della Chiesa cattolica, e che lo è tutt’ora, dall’aborto, all’eutanasia, al divorzio, alle unioni omosessuali? Possibile che non gli sia mai venuto in mente che il sistema mediatico, e i suoi grandi amici radicali e massoni, Eugenio Scalfari ed Emma Bonino, hanno sempre osteggiato la Chiesa, l’hanno sempre attaccata, hanno sempre cercato di metterla in difficoltà? Possibile che non ricordi, quando lo invitano a parlare, e, spesso, anche a straparlare, su tutto e su tutti, sommergendolo di lodi e di applausi, che quegli stessi signori, quegli stessi studenti, quegli stessi professori, impedirono al suo predecessore, Benedetto XVI, di tenere un’unica lezione all’Università La Sapienza, e fecero le barricate perché non ci andasse, tanto che egli dovette infine rinunciare? Possibile che non ricordi come nessuno, allora, prese le sue difese, anche all’interno del mondo cattolico? E possibile che non  ricordi con quanta malizia, con quanta perfidia, gli stessi che oggi si spellano le mani ad applaudirlo e si sgolano a cantare le sue lodi, colsero un pretesto, una citazione d’un autore bizantino estrapolata dal contesto, per demolire il più bel discorso di Benedetto XVI, la lectio magistralis di Ratisbona su fede e ragione, e distorcerne il senso, facendola passare per un attacco anti-islamico? Possibile che a papa Francesco non venga in mente nessuna di queste cose, che non ricordi nessuno di questi fatti? No: egli gode, gode immensamente di essere al centro delle folle: non si è mai visto, nella storia degli ultimi secoli, un papa altrettanto bramoso di ricevere l’omaggio delle folle. Gli brillano gli occhi per la gioia, il suo ego esulta, la sua lingua si scioglie, e allora si mete a parlare a braccio, a improvvisare e a sparare delle inverosimili stramberie, degli spropositi teologici madornali, e, non di rado, anche qualcosa di peggio. E nessuno lo ferma; nessuno lo consiglia; nessuno lo corregge. Come i grandi tiranni e dittatori, antichi e recenti, egli si è circondato solo di servi e di clientes, ma non ha nessun amico; se l’avesse, costui gli avrebbe suggerito un po’ di prudenza quando parla.
Per quel che ne sappiamo, il modello da seguire, in qualsiasi circostanza, per un papa così come per l’ultimo dei cristiani, è e rimane sempre e soltanto Gesù Cristo. Qualcuno riesce a immaginarsi Gesù Cristo che si mette a “dialogare” con i sacerdoti delle altre religioni del suo tempo, con quelli di Cibele, di Attis, di Iside, o con quelli di Zeus, di Apollo, di Artemide, e dichiarare che la cosa “essenziale” del Vangelo è che i suoi seguaci “gettino un ponte” verso costoro, o che “si riflettano” in costoro? Proviamo a immaginare la scena: Gesù parla alla folla; si fa avanti un sacerdote di Baal, e Gesù lo abbraccia, lo bacia, gli domanda scusa se può averlo offeso, o se i suoi discepoli possono averlo offeso; poi si rivolge a tutti quanti e dichiara che non ci devono essere muri di alcun tipo, che il suo Vangelo è, in fondo, la stessa cosa del culto di Baal, con o senza sacrifici umani, l’importante è includere tutti, l’importante è che nessuno si senta escluso o respinto, che ci sia “il calore umano”. Sentiamo: è possibile, a qualcuno, immaginarsi un tale Gesù Cristo? Oh, certo: i gesuiti della tendenza bergogliana, come padre Sosa Abascal, verranno qui a dirci che noi non sappiamo come fosse  realmente Gesù, perché al suo tempo non c’erano i registratori. Benissimo; vuol dire che butteremo via i Vangeli e che li faremo scrivere di nuovo da quelli come Sosa Abascal. Ma sarà ancora il cristianesimo, quella cosa lì? Ed è ancora cristianesimo, quello che va predicando papa Francesco? Secondo noi, no; e questo spiega, paradossalmente, le folle oceaniche, gli applausi dei giornali e delle televisioni, le lodi sperticate dei poteri finanziari: Soros è d’accordo col papa sull’immigrazione/invasione dell’Europa da parte di milioni di falsi profughi africani; Barack Obama e la signora Clinton erano d’accordo col papa su un sacco di cose, dal “muro” ai confini del Messico alla politica sociale, compresa l’ostilità nei confronti del candidato repubblicano, ma a patto che lui tacesse rigorosamente, ben s’intende, su aborto, eutanasia, nozze gay e perfino sulla pena di morte. Ora, proviamo a fare due più due. Soros rappresenta la grande finanza cinica e amorale, che ha regalato al mondo la crisi del 2007; Obama e Clinton rappresentavano un laicismo impregnato d’individualismo e d’irreligiosità, e, secondo la tesi formulata dall’ex arcivescovo di Ferrara, Luigi Negri, hanno anche tramato per costringere Benedetto XVI alle dimissioni: come mai costoro si trovano schierati dalla stessa parte della barricata, insieme a papa Francesco? Come mai nessun grande giornale, nessuna grande rete televisiva, lo critica, lo attacca, come facevano continuamente con Benedetto XVI? Ciò dipende dal fatto che papa Francesco è più bravo di lui, che è più simpatico, e, soprattutto, che è più cattolico? Che è un papa più vicino al Vangelo? A sentire il coro, perfino stucchevole, dei suoi molti laudatores – i Cardini, i Melloni e tutti gli altri – si direbbe proprio di sì: papa Francesco è più vicino al Vangelo, perché è più “francescano”. Non ha forse scelto di chiamarsi Francesco (con molta modestia: il primo e l’unico in otto secoli di storia) come il poverello di Assisi? E non si preoccupa degli animali e dell’ambiente, al punto da dedicare a questi temi un’enciclica quanto mai francescana, visto che s’intitola Laudato si’? E non ha offerto la facciata della basilica di San Pietro perché vi si proiettassero, di notte, a grandezza gigantesca, leoni, tigri, squali, gorilla e cannibali con l’osso fra i capelli? E pazienza se quel menagramo di Soloviev aveva predetto un Anticristo che sarà vegetariano, animalista, ambientalista, filantropo ed ecumenista, e che sedurrà le folle, spacciandosi per un “vero” cristiano”. I fautori di papa Francesco non si turbano per così poco, e tirano diritti per la loro (cioè, per la sua) strada. Soloviev: e chi era costui? Difficile che l’abbiano sentito nominare. La loro cultura si ferma al Concilio Vaticano II...

Ma in che cosa crede, costui?

di Francesco Lamendola

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.