ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 19 giugno 2017

Erano e sono dei rivoluzionari

Obiettivo dei modernisti è la rimozione del passato


I modernisti non sono dei miti cattolici desiderosi “soltanto” di aggiornare le forme e il linguaggio della religione e della Chiesa cattolica, per renderli più facilmente accessibili alla mentalità degli uomini d’oggi. Tanto per cominciare, i modernisti non sono cattolici, sono anticattolici e nemici di Cristo e della Chiesa: non è acqua fresca l’enciclica Pascendi Dominci gregis, del 1907, con la quale, centodieci anni fa san Pio X denunciava la loro eresia, la malvagità dei loro intenti e comminava per essi la pena della scomunica. La Chiesa non è solita scherzare su simili cose; il magistero non è un modo di passar e il tempo: se il modernismo è stato definito “la sintesi di tutte le eresie” e se Pio X ha adottato severissime misure per bloccarlo e per sconfiggerlo, compresa l’introduzione di un apposito giuramento antimodernista per i giovani sacerdoti, qualche motivo ci sarà stato. Qui bisogna avere il coraggio di ammettere che i casi sino due: o san Pio X esagerava, vedeva nemici dappertutto, farneticava, dava i numeri; oppure aveva visto giusto. Se aveva visto giusto, il pericolo era estremo, e lo era già allora; oggi è ulteriormente ingigantito, dato che il modernismo, pur senza adottare questo nome, non soltanto si è infiltrato pressoché ovunque nella Chiesa, ma, addirittura, sta dando alla cittadella l’assalto finale, e pare – umanamente parlando, e perciò, per fortuna, impropriamente parlando – assai vicino al raggiungere la meta agognata dio tutti i suoi sforzi: conquistare il vertice della gerarchia per poter procedere alla demolizione sistematica della Chiesa e della stessa religione cattolica.

Il modernismo è la sintesi di tutte le eresie perché in esso si depositano, come i rifiuti scaricati nel mare da tutti i fiumi della terra, quantità immense di veleni, ora sottili, ora grossolani; ora facilmente riconoscibili, ora abilmente nascosti dietro una maschera di rispettabilità, di buona fede, persino di candore. Non pochi modernisti erano, o apparivano, uomini e sacerdoti di specchiate virtù, sobri, frugali, devoti, intensamente spirituali: ma tutto questo non è che inganno e sterco di satana, se non si accompagna alla cosa più importante: l’umiltà nell’abbandono in Dio, il farsi piccoli e semplici nelle sue mani. Dietro l’apparenza della mansuetudine e dietro la “ragionevolezza” delle tesi moderniste (non si può andare contro la scienza!; Galilei docet) albergava in loro una superbia intellettuale quasi demoniaca; la loro mitezza esteriore non era che il travestimento di un’arroganza speculativa di tipo luciferino. Questo, naturalmente, nei più consapevoli; lasciamo stare i pasticcioni e i superficiali, come lo scrittore Antonio Fogazzaro, il quale, di teologia, ci capiva press’a poco quanto l’ultima delle fruttivendole (cin rispetto parlando delle fruttivendole) e, di autentico sentimento religioso, solo quel poco che il suo ego debordante e decadentista gli permetteva di lasciar filtrare. E Dio lo sa, se ce n’erano, di confusionari e velleitari, di brave persone bene intenzionate, ma fuorviate dalla presunzione e dall’assillo di scongiurare un nuovo, e fatale, “caso Galilei”, un nuovo autogol da parte della cultura cattolica e della Chiesa? Qualcuno ha osservato che provoca più danni una brava persona stupida, di un malvagio intelligente: e un fondo di verità deve pur esserci in questa affermazione, perché le “brave persone” sono realmente il flagello dell’umanità, convinte, come sono, anzi, arciconvinte, di rappresentare la marcia inarrestabile del Bene contro le tenebre e gli spaventosi abissi del Male, e dunque di dover andare sempre avanti, caschi pure il mondo, senza mai arretrare d’un passo, anche se, nella loro stupidità, fanno più danni d’un esercito di cavallette in un campo di grano.

Che cosa sostenevamo, in ultima analisi, i modernisti, sia che proponessero di applicare il “normale” metodo filologico alle Scritture, sia che auspicassero una apertura della Chiesa nei confronti dell’evoluzionismo darwiniano, sia, che domandassero una maggior libertà d’interpretare la Bibbia, sia, infime, che sostenessero il primato del “sentimento” sul dato oggettivo della divina Rivelazione? Sostenevano che la Chiese deve “aprirsi” al mondo e che deve aggiornarsi alla luce delle acquisizioni della cultura moderna. Niente di meno: cioè una duplice apostasia. La prima apostasia dalla fede consiste nel voler trovare, ad ogni costo, un modus vivendi con il mondo: ma il mondo è già stato giudicato, dice Gesù Cristo, nel Vangelo di Giovanni. La seconda consiste nella natura specifica ella civiltà moderna: che è nata da un preciso progetto irreligioso e anticristiano, con l’obiettivo di distruggere, in un modo o nell’altro, il Vangelo, vanificando, se possibile (e per fortuna non lo è…) il mistero dell’Incarnazione e della successiva Redenzione, per sostituirlo con i “lumi” della Ragione. Dunque, se è radicalmente sbagliato voler fa entrare il cattolicesimo nella prospettiva del mondo, è peggio che sbagliato, è diabolico, voler instaurare un “dialogo” con ciò che al cattolicesimo si oppone con tutte le sue forze, e che vorrebbe distruggerlo. E, a proposito, avete notato?, a partire dal Vaticano II, ma specialmente dall’elezione di papa Francesco, il “mondo”, e la cultura moderna, hanno smesso di calunniare, complottare e attaccare la Chiesa, anzi, si prodigano in battimani e complimenti, in cori da stadio per l’apertura, l’ecumenismo, la capacità di dialogo del nuovo pontefice. Se Benedetto XVI non aveva potuto tenere neppure una lezione all’Università La Sapienza, benché fosse stato invitato, per l’insormontabile opposizione della cultura laicista, non c’è discorso di papa Francesco che non incontri l’entusiastica approvazione di Scalfari, Bonino, La Repubblica e il Partito Radicale, che sembrano essersi auto-nominati (ma senza ricevere alcuna smentita da parte dell’interessato, anzi) al ruolo ufficiale di nuovi teologi e nuovi araldi del cambiamento ecclesiale voluto e annunciato da Bergoglio. Un po’ strano, non è vero? Che cosa fa venire in mentre a voi, una situazione del genere: il nemico di ieri, di sempre, quello stesso nemico che fino a pochi minuti prima non cessava di latrare e abbaiare, ora si avvicina tutto festoso e scodinzolante, e si accuccia ai piedi del pontefice, e gli lecca le mani, con gli occhi umidi e pieni di riconoscenza, come il povero cane Argo che non vedeva Ulisse, il suo padrone da vent’anni,e che un bel giorno se lo trovò davanti e immediatamente lo riconobbe? Che cosa hanno riconosciuto, quei signori, in Bergoglio, da corrergli intorno e fargli tutte quelle feste, come fosse il loro amatissimo padrone?
Ebbene; come tutti i rivoluzionari – perché, mitezza esteriore a parte, i modernisti erano e sono dei rivoluzionari, come lo sono, del resto, quasi sempre i poeti – i modernisti hanno fatto del progresso la loro bandiera e, del nuovo, la loro religione, nella stessa misura in cui considerano il passato come il male assoluto, ciò che va non solo distrutto, ma rimosso; non solo sconfitto e cancellato, ma proprio dimenticato, come se non fosse mai esistito. Inoltre, come tutti i rivoluzionari, essi, anche se, a parole, adorano il domani e spendono la loro vita per l’edificazione di un radioso futuro, tutto sommato, si fidano poco del tanto decantato progresso, il quale, dal loro punto di vista, ha il terribile difetto di procedere troppo a rilento: come tutti i rivoluzionari, essi sono dei progressisti impazienti, che non tollerano il minimo indugio, il minimo rallentamento, la più piccola battuta d’arresto,. In realtà sono calamitatati e quasi ossessionati dallo spettacolo di ciò che considerano il grande nemico, cioè il passato, e spendono gran parte delle loro energie, più che per creare qualcosa di nuovo, per far sparire ogni minima traccia del vecchio. Ma perché, per i modernisti, è così importante dedicare tanto tempo e tanta energia alla rimozione del passato? Perché non si accontentano di vincere, ma vogliono stravincere? Da dove nasce questo furore iconoclasta, questo bisogno quasi spasmodico, maniacale, di spazzar via, di annientare anche solo la sbiadita memoria di ciò che è stato? Vediamo.
Il passato da cancellare e da rimuovere, per loro, è la Chiesa anteriore al Vaticano II: il regno dell’errore, e dunque del male (anche se non troveranno mai il coraggio di dirlo chiaro e tondo: perché la regola numero uno, per costoro, è di camuffarsi da buoni e zelanti cattolici, e non dichiarare mai apertamente i loro scopi e le loro vere intenzioni: che sono non di “aggiornare” la Chiesa, ma di distruggerla; e non di trovare il modo per meglio diffondere il Vangelo, ma snaturarlo, pervertirlo e capovolgerlo (e in ciò appunto si riconosce il marchio di satana). Orbene: finché ci sarà un solo cristiano che ricordi com’era la Chiesa cattolica prima del Concilio, e finché ce ne sarà anche uno solo che intuisca, nello stato presente di essa, qualcosa che non va, i modernisti non avranno pace: per loro, sussisterà sempre il pericolo di essere smascherati, attraverso un confronto imparziale fra ciò che era e ciò che è, o anche fra ciò che è e ciò che dovrebbe essere. Per loro, è essenziale che nessun confronto possa mai essere fatto; che la realtà attuale appaia a tutti i cattolici come la sola realtà possibile, e la chiesa odierna come la sola chiesa possibile, oltre la quale non è dato immaginare nulla di diverso.
Prendiamo il caso di un cattolico nato dopo il 1965: che ne sa di com’era la Chiesa, di com’era il catechismo, di com’era la liturgia, di com’era il clero, di cosa erano la preghiera, le sacre funzioni, le pratiche devozionali, il Sacrifico della Messa, la Confessione, il Matrimonio, l’Ordine sacro? Tutte queste cose, egli le conosce solo nella versione post-conciliare: e, anche se ci viene assicurato che nulla, nella sostanza, è cambiato, noi – noi che siamo nati prima di quella data, noi che abbiamo visto e vissuto la Chiesa di allora – sappiamo bene che non è vero, che si tratta di una menzogna vera e propria, che qualcuno tenta di contrabbandare per moneta buona. Per un cattolico che ha meno di cinquant’anni, non parliamo poi per un giovane, il catechismo è un’ora di scherzi e barzellette; la dottrina, quella cosa di cui il papa ha detto che è brutta se diventa “ideologia”, e che solo i fanatici si tengono stretti ad essa; la liturgia è il teatrino in cui ogni prete e ogni comunità parrocchiale si sbizzarriscono a fare tutto ciò che vogliono, prima, durante e dopo la santa Messa; la Confessione, un optional, un rito formale, dal quale tutti escono sempre e solo assolti, anche senza bisogno del proponimento di non peccare più, tanto Dio è misericordioso (e se il prete, per caso, esitasse ad assolvere, basta minacciarlo e fare ricorso, come si fa ricorso per un concorso andato male, presso la pubblica amministrazione); il Matrimonio è un altro rito formale, che si può rompere senza troppi problemi; e la stessa cosa vale per l’Ordine sacro. 
di Francesco Lamendola del 19-06-2017
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