ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 20 giugno 2017

Farsene una ragione?

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Un'altra lettera dei quattro cardinali al papa. Anche questa senza risposta


A distanza di sette mesi dai "dubia", papa Francesco ha ricevuto a metà di questa primavera un'altra lettera dagli stessi quattro cardinali, firmata da Carlo Caffarra a nome degli altri tre: Walter Brandmüller, Raymond L. Burke e Joachim Meisner.
E anche a questa lettera, come già ai "dubia", egli non ha risposto.
I quattro cardinali chiedevano al papa di essere ricevuti in udienza. Per parlare con lui delle divisioni generate da "Amoris laetitia" e della conseguente "situazione di confusione e smarrimento" di larga parte della Chiesa.
La lettera è nelle mani di Francesco dal 6 maggio. Ma la prolungata assenza di una risposta ne ha ampliato la natura. Come già è avvenuto per i "dubia", i quattro cardinali ritengono ora giusto che la lettera sia offerta alla riflessione dell'intero "popolo di Dio", dal quale sale la domanda di chiarezza a cui essi danno voce.
Il testo integrale della lettera è riprodotto più sotto.

Ma intanto è anche utile rilevare che, nei 45 giorni intercorsi tra la consegna della lettera al papa e la sua pubblicazione, la Babele delle interpretazioni di "Amoris laetitia" – ma non solo – è andata ulteriormente crescendo.
Si possono segnalare in proposito questi nuovi fatti.
– In Polonia, la conferenza episcopale ha annunciato che in ottobre pubblicherà delle linee guida per l'applicazione di "Amoris laetitia" che terranno fermo, senza eccezioni, l'insegnamento di Giovanni Paolo II sui divorziati risposati, i quali potranno fare la comunione solo se si impegnano a vivere "come fratello e sorella".
– Ma in Belgio i vescovi, in una "Lettera pastorale", hanno dato il via libera alla comunione per i divorziati risposati, anche se semplicemente "decisa in coscienza": cosa che in quel paese già avviene quasi ovunque da tempo.
– Anche in Italia la conferenza episcopale della regione Sicilia ha pubblicato degli "Orientamenti pastorali" sul capitolo ottavo di "Amoris laetitia" che prevedono "soluzioni pratiche differenziate secondo le situazioni", comprendenti l'assoluzione e la comunione per i divorziati risposati che vivono "more uxorio".
– In Argentina, nella diocesi di Reconquista, il vescovo Ángel José Macín, ivi insediato da papa Francesco nel 2013, ha festeggiato pubblicamente la piena riammissione nella Chiesa di circa trenta coppie di divorziati risposati che continuano a vivere "more uxorio", dando loro la comunione – ha detto – al termine di un percorso collettivo di preparazione sulla base delle indicazioni di "Amoris laetitia" e della successiva lettera scritta dal papa ai vescovi della regione del Rio de la Plata.
– Ancora in Italia, il teologo Maurizio Chiodi ha pubblicato sull'ultimo numero dell'autorevole "Rivista del Clero Italiano" un saggio nel quale argomenta alla luce di "Amoris laetitia" la possibilità della comunione per i divorziati risposati sulla base di "una teoria della coscienza oltre l'alternativa della norma". La "Rivista del Clero Italiano" è edita dall'Università Cattolica di Milano, sotto la direzione di tre vescovi: Gianni Ambrosio, Franco Giulio Brambilla e Claudio Giuliodori. E Chiodi è stato nominato dal papa pochi giorni fa membro ordinario della rinnovata Pontificia Accademia per la Vita.
– Sempre in Italia, a Torino, il sacerdote cattolico Fredo Olivero ha reso noto che il gruppo interconfessionale "Spezzare il pane" al quale partecipa si riunisce una volta al mese a celebrare l'eucaristia in rito ora cattolico ora protestante, con i presenti che fanno tutti la comunione. Si è detto sicuro che questo è il vero "pensiero personale" di papa Francesco, secondo quanto da lui detto il 15 novembre 2015 durante la visita alla chiesa luterana di Roma. Ha aggiunto che il dogma della transustaziazione va riletto in chiave "spirituale" e che, stando a Gesù, la messa la può celebrare chiunque e non solo un ministro ordinato. Don Olivero ha fatto questo "outing" sull'ultimo numero di "Riforma", il settimanale della Chiesa valdese.
– E infine, in Vaticano, risulta che sia stata insediata una commissione incaricata di "reinterpretare" alla luce di "Amoris laetitia" l'enciclica di Paolo VI "Humanae vitae" sulla contraccezione. Fanno parte di questa commissione Pierangelo Sequeri, preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, Angelo Maffeis, preside dell’Istituto Paolo VI di Brescia, e Philippe Chenaux, docente di storia della Chiesa presso la Pontificia Università Lateranense. Il coordinatore è Gilfredo Marengo, docente di antropologia teologica nel suddetto istituto fondato da Giovanni Paolo II e sostenitore da qualche tempo di tesi revisioniste.
Questo lo stato dei fatti. E questa la lettera al papa di quattro cardinali che non vi si rassegnano.
Oltre che in italiano, in inglese, in spagnolo e in francese, la lettera è disponibile anche in portoghese e in tedesco:
*
"LA NOSTRA COSCIENZA CI SPINGE…"
Beatissimo Padre,
è con una certa trepidazione che mi rivolgo alla Santità Vostra, durante questi giorni del tempo pasquale. Lo faccio a nome degli Em.mi Cardinali: Walter Brandmüller, Raymond L. Burke, Joachim Meisner, e mio personale.
Desideriamo innanzi tutto rinnovare la nostra assoluta dedizione ed il nostro amore incondizionato alla Cattedra di Pietro e per la Vostra augusta persona, nella quale riconosciamo il Successore di Pietro ed il Vicario di Gesù: il "dolce Cristo in terra", come amava dire S. Caterina da Siena. Non ci appartiene minimamente la posizione di chi considera vacante la Sede di Pietro, né di chi vuole attribuire anche ad altri l'indivisibile responsabilità del "munus" petrino. Siamo mossi solamente dalla coscienza della responsabilità grave proveniente dal "munus" cardinalizio: essere consiglieri del Successore di Pietro nel suo sovrano ministero. E del Sacramento dell'Episcopato, che "ci ha posti come vescovi a pascere la Chiesa, che Egli si è acquistata col suo sangue" (At 20, 28).
Il 19 settembre 2016 abbiamo consegnato alla Santità Vostra e alla Congregazione della Dottrina della Fede cinque "dubia", chiedendoLe di dirimere incertezze e fare chiarezza su alcuni punti dell'Esortazione Apostolica post-sinodale "Amoris Laetitia".
Non avendo ricevuto alcuna risposta da Vostra Santità, siamo giunti alla decisione di chiederLe, rispettosamente ed umilmente, Udienza, assieme se così piacerà alla Santità Vostra. Alleghiamo, come è prassi, un Foglio di Udienza in cui esponiamo i due punti sui quali desideriamo intrattenerci con Lei.
Beatissimo Padre,
è trascorso ormai un anno dalla pubblicazione di "Amoris Laetitia". In questo periodo sono state pubblicamente date interpretazioni di alcuni passi obiettivamente ambigui dell'Esortazione post-sinodale, non divergenti dal, ma contrarie al permanente Magistero della Chiesa. Nonostante che il Prefetto della Dottrina della Fede abbia più volte dichiarato che la dottrina della Chiesa non è cambiata, sono apparse numerose dichiarazioni di singoli Vescovi, di Cardinali, e perfino di Conferenze Episcopali, che approvano ciò che il Magistero della Chiesa non ha mai approvato. Non solo l'accesso alla Santa Eucarestia di coloro che oggettivamente e pubblicamente vivono in una situazione di peccato grave, ed intendono rimanervi, ma anche una concezione della coscienza morale contraria alla Tradizione della Chiesa. E così sta accadendo – oh quanto è doloroso constatarlo! – che ciò che è peccato in Polonia è bene in Germania, ciò che è proibito nell'Arcidiocesi di Filadelfia è lecito a Malta. E così via. Viene alla mente l'amara constatazione di B. Pascal: "Giustizia al di qua dei Pirenei, ingiustizia al di là; giustizia sulla riva sinistra del fiume, ingiustizia sulla riva destra".
Numerosi laici competenti, profondamente amanti della Chiesa e solidamente leali verso la Sede Apostolica, si sono rivolti ai loro Pastori e alla Santità Vostra, per essere confermati nella Santa Dottrina riguardante i tre sacramenti del Matrimonio, della Confessione e dell'Eucarestia. E proprio in questi giorni, a Roma, sei laici provenienti da ogni Continente hanno proposto un Seminario di studio assai frequentato, dal significativo titolo: "Fare chiarezza".
Di fronte a questa grave situazione, nella quale molte comunità cristiane si stanno dividendo, sentiamo il peso della nostra responsabilità, e la nostra coscienza ci spinge a chiedere umilmente e rispettosamente Udienza.
Voglia la Santità Vostra ricordarsi di noi nelle Sue preghiere, come noi La assicuriamo che faremo nelle nostre. E chiediamo il dono della Sua Benedizione Apostolica.
Carlo Card. Caffarra
Roma, 25 aprile 2017
Festa di San Marco Evangelista
*
FOGLIO D’UDIENZA
1. Richiesta di chiarificazione dei cinque punti indicati dai "dubia"; ragioni di tale richiesta.
2. Situazione di confusione e smarrimento, soprattutto nei pastori d’anime, "in primis" i parroci.
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N.B. Il seminario con i "sei laici provenienti da ogni Continente", al quale fa cenno la lettera, è quello di cui ha riferito Settimo Cielo lo scorso 22 aprile:

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2017/06/20/unaltra-lettera-dei-quattro-cardinali-al-papa-anche-questa-senza-risposta/                                                                                                                                               Lo scandalo del silenzio

I quattro cardinali, autori dei “dubia” concernenti l’Esortazione Amoris laetitia, hanno reso nota, attraverso il blog del vaticanista Sandro Magister, una richiesta di udienza che il cardinale Carlo Caffarra ha presentato al Papa lo scorso 25 aprile ma che, come i “dubia”, non ha avuto risposta. Il deliberato silenzio di Papa Francesco – che pure riceve a Santa Marta personalità molto meno rilevanti, per discutere di problemi molto meno importanti per la vita della Chiesa – è la ragione della pubblicazione del documento.
Nella richiesta filiale di udienza, i quattro cardinali (Brandmüller, Burke, Caffarra e Meisner) fanno sapere che avrebbero voluto spiegare al Pontefice le ragioni dei “dubia” ed esporre la situazione di grave confusione e smarrimento in cui versa la Chiesa, soprattutto per quanto riguarda i pastori d’anime e, “in primis”, i parroci. Infatti, nell’anno trascorso dalla pubblicazione di Amoris laetitia, «sono state pubblicamente date interpretazioni di alcuni passi obiettivamente ambigui dell’Esortazione post-sinodale, non divergenti dal, ma contrarie al permanente Magistero della Chiesa. Nonostante che il Prefetto della Dottrina della Fede abbia più volte dichiarato che la dottrina della Chiesa non è cambiata, sono apparse numerose dichiarazioni di singoli Vescovi, di Cardinali, e perfino di Conferenze Episcopali, che approvano ciò che il Magistero della Chiesa non ha mai approvato. Non solo l’accesso alla Santa Eucarestia di coloro che oggettivamente e pubblicamente vivono in una situazione di peccato grave, ed intendono rimanervi, ma anche una concezione della coscienza morale contraria alla Tradizione della Chiesa. E così sta accadendo – oh quanto è doloroso constatarlo! – che ciò che è peccato in Polonia è bene in Germania, ciò che è proibito nell’Arcidiocesi di Filadelfia è lecito a Malta. E così via. Viene alla mente l’amara constatazione di B. Pascal: “Giustizia al di qua dei Pirenei, ingiustizia al di là; giustizia sulla riva sinistra del fiume, ingiustizia sulla riva destra”».
Non c’è scandalo né ribellione nel fatto che dei collaboratori del Papa gli chiedano un’udienza privata e che, nella richiesta, descrivano con parrhesia, ma con oggettività, la divisione che ogni giorno si allarga nella Chiesa. Lo scandalo è il rifiuto del Successore  di Pietro di ascoltare chi chiede di essere ricevuto. Tanto più che Papa Francesco ha voluto fare dell’ “accoglienza” il marchio di fabbrica del suo pontificato affermando, in una delle sue prime omelie a Santa Marta (25 maggio 2013) che i «cristiani che chiedono non devono mai trovare porte chiuse». Perché rifiutarsi di dare udienza a quattro cardinali che non fanno altro che il loro dovere di consiglieri del Papa?
Le parole dei cardinali sono filiali e rispettose. Si può presumere che la loro intenzione sia stata di cercare di “discernere” meglio, in un’udienza privata, le intenzioni e i piani di papa Francesco ed eventualmente rivolgere al Pontefice  una correzione filiale in camera caritatis. Il silenzio di Papa Francesco nei loro confronti è ostinato e irriguardoso, ma nel suo perdurare esprime la posizione di chi va avanti con determinazione per la sua strada. Vista l’impossibilità di una correzione privata per il rifiuto inspiegabile dell’udienza, ora anche i cardinali dovranno andare avanti con decisione nella loro strada, se vorranno evitare che, nella Chiesa, il silenzio sia più forte delle loro parole. (Roberto de Mattei)
Il silenzio, un atteggiamento incomprensibile
È con grande amarezza che pubblichiamo oggi la lettera inviata due mesi fa dal cardinale Caffarra con la richiesta di udienza per i quattro cardinali che lo scorso 16 settembre hanno firmato i Dubia. Nessuna risposta ai Dubia, nessuna risposta neanche ora. 

Il Papa che non degna di un cenno dei cardinali, che non risponde alle lettere e alle richieste di udienza: credo non ci siano precedenti, almeno nella storia della Chiesa degli ultimi secoli. Tanto più pesante è questo silenzio quanto più si pensi alle telefonate, alle lettere, alle udienze che in gran quantità papa Francesco concede a tantissime persone, di ogni tipo. È difficile non leggere questo atteggiamento come una volontà di mortificare, di umiliare dei cardinali che vengono percepiti come un ostacolo a un disegno di riforma.

Però il motivo di questo atteggiamento è incomprensibile: il Papa può essere sicuramente in disaccordo con i quattro cardinali, può anche mal digerire la loro insistenza nel far notare le incongruenze della Amoris Laetitia e di tante sue interpretazioni; ma perché evitare di dirglielo apertamente, perché ignorare totalmente la loro esistenza? Forse che un cardinale, qualsiasi cardinale, non può nutrire perplessità su alcuni atti del Papa?  E per questo non ha neanche diritto ad avere una risposta alla richiesta di incontrare il Papa?

Sappiamo che ci sono i soliti “cantori della rivoluzione”, dal cardinale Marradiaga ad Alberto Melloni e altri, che non perdono occasione per irridere i quattro cardinali e descrivere la loro come una posizione totalmente isolata, rappresentanti solo di se stessi. Ma anche fosse così – e non lo è – in quanto cardinali non hanno diritto di incontrare il Papa?

Oltretutto non è così, dicevamo: la posizione dei quattro cardinali è tutt’altro che isolata. Lo stesso cardinale Caffarra, nella lettera che pubblichiamo, citando alcuni fatti precisi si fa portavoce di tanti che nella Chiesa in questi mesi hanno espresso disagio e smarrimento per quanto sta avvenendo, per quello che viene percepito come un attacco ai sacramenti e ai pilastri della Chiesa cattolica.

E il fatto che non si tratti di pochi, anziani, isolati cardinali lo dimostra anche il fatto che in occasione della nomina dei nuovi cardinali la prossima settimana, papa Francesco non abbia convocato per la seconda volta consecutiva il “Concistoro segreto”, ovvero quell’incontro consuetudinario in cui il Papa incontra i soli cardinali a porte chiuse per un franco scambio di idee sulla situazione della Chiesa e anche su temi precisi. Anche questo è un atteggiamento senza precedenti nella storia recente della Chiesa. L’impressione è che voglia evitare qualsiasi confronto con i cardinali, tutti i cardinali. 

Oltretutto, ad aumentare il senso di disagio è il fatto che questo atteggiamento sprezzante del Papa nei confronti di chi ha firmato i Dubia è in contrasto con tutta la sua predicazione. Prendiamo ad esempio la sua recente udienza alla Congregazione per il clero, quando ha raccomandato la vicinanza dei vescovi ai propri sacerdoti: «Quante volte io ho sentito le lamentele di sacerdoti… (...): ho chiamato il vescovo; non c’era, e la segretaria mi ha detto che non c’era; ho chiesto un appuntamento; “È tutto pieno per tre mesi…”. E quel prete rimane staccato dal vescovo. Ma se tu, vescovo, sai che nella lista delle chiamate che ti lascia il tuo segretario o la tua segretaria ha chiamato un prete e tu hai l’agenda piena, quello stesso giorno, alla sera o il giorno dopo – non di più – richiamalo al telefono e digli come sono le cose, valutate insieme, se è urgente, non urgente… Ma l’importante è che quel prete sentirà che ha un padre, un padre vicino. Vicinanza. Vicinanza ai preti. Non si può governare una diocesi senza vicinanza, non si può far crescere e santificare un sacerdote senza la vicinanza paterna del vescovo».
Ma se la vicinanza è un dovere dei vescovi con i sacerdoti, non dovrebbe valere anche per il Papa con cardinali e vescovi? 

di Riccardo Cascioli20-06-2017

DUBIA. A.L. I CARDINALI. UNA LETTERA SENZA RISPOSTA, UN’UDIENZA MAI CONCESSA. IL SILENZIO DEL PAPA. PAURA DI UN CONFRONTO?

Si presume che la richiesta d’udienza sia giunta al Pontefice nei giorni immediatamente successivi. E l’udienza non c’è stata, ed evidentemente non c’è stato, fra il papa e i cardinali, nessun contatto di altro tipo. Per questo motivo hanno deciso di rendere pubblica la richiesta di udienza; per evitare che i problemi sottolineati nei Dubia e nella lettera si cronicizzino, portando a letture talmente divergenti da svuotare alcuni sacramenti del senso che hanno sempre avuto nella Chiesa cattolica.
Che cosa accadrà adesso è molto difficile da prevedere.
Alcune considerazioni balzano agli occhi.
Il silenzio del Pontefice è inspiegabile.
La situazione paradossale esposta nella lettera è innegabile.
In Germania è corretto fare quello che in Polonia è peccato mortale, e questo vale per molti altri luoghi e diocesi del mondo.
Non voler vedere che un problema esiste, anche solo di logica, è inspiegabile; se non nell’ottica di una confusione voluta.
E’ possibile che l’udienza sia stata rifiutata perché si temeva che fosse il primo passo di una “correzione formale” di errore? Possibile. Ma chiudere le porte e celarsi dietro muri non risolve il problema.
Non rispondere è realmente abdicare a una responsabilità; non solo verso i cardinali, ma verso la Chiesa e il popolo di Dio.
MARCO TOSATTI

tratto da

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