REGGIO EMILIA, GAY PRIDE. CENTINAIA ALLA PREGHIERA DI
RIPARAZIONE, NONOSTANTE LA CURIA. INTANTO SI PREPARA QUELLA DI VARESE DEL 17
GIUGNO.
Oggi a Reggio Emilia si è svolta la processione di riparazione per il Gay Pride previsto nella città. Diverse centinaia di fedeli sono sfilati da piazza Duca d’Aosta fino a via Garibaldi, per inginocchiarsi poi davanti alla Basilica della Ghiara. La processione era guidata da don Luigi Moncalero di Treviso, affiancato da altri quattro sacerdoti e sei ministranti del culto, che indossavano cotta e talare. “La nostra non è una manifestazione contro il Gay Pride, – ha detto il sacerdote – ma una preghiera che vuole riparare il peccato pubblico: dal punto di vista morale l’omosessualità è un disordine fortemente fustigato dalle sacre scritture. Esaltare l’omosessualità significa non soltanto contraddire la Bibbia che dice ‘maschio e femmina Dio li creò’, ma invertire l’ordine naturale della natura”.
Cristiano Lugli, del comitato Beata Giovanna Scopelli, che ha organizzato la manifestazione, ha precisato che “non esistono spaccature all’interno della Chiesa, ma fedeli con diverse sfumature, che fanno però riferimento sempre al magistero della Chiesa, che condanna l’omosessualità”. “La processione è andata bene, a prescindere dal numero, perché abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, ovvero quello di riparare allo scandalo del Gay Pride. Chi ha tendenze omosessuali viene accolto dalla chiesa, ma non deve praticare la sodomia che è il vero peccato” dice Gabriele Colosimo di Radio Spada, associazione che ha appoggiato il comitato riparatore.
Alleghiamo all’articolo il commento di un lettore del blog, che ha partecipato all’evento.
“Preghiera fatta! Purtroppo lontano dalla Cattedrale di Reggio Emilia. Non è stato annunciato ma mi pare che l’ingresso alle chiese locali sia stato vietato alla processione, nei fatti non gradita al clero locale (vescovo o suo vicario di sicuro assente e mi sembra che nemmeno ci fosse qualche semplice prete della diocesi di Reggio Emilia). Pochi sacerdoti ‘di fuori’ presenti, ma più fedeli di quanto mi aspettassi e con un’età media gradevolmente bassa (direi sui 35-40 anni): diversi giovani genitori erano con loro bambini. E molto piacere mi ha fatto che i pochissimi stendardi a seguito dei sacerdoti fossero con la Madonna di Guadalupe. Personalmente non ho mai frequentato quei gruppi cristiani molto affezionati alle tradizioni pre-Vaticano II (“tradizioni” intenzionalmente in minuscolo non per sminuirle, anzi!, ma giusto per distinguerle dalla Tradizione dottrinale che deve essere necessariamente comune a tutti i cristiani cattolici che cerchino di vivere coerentemente al loro nome) entro i quali è nata la lodevole iniziativa della processione e temevo che la maggioranza dei partecipanti fosse in età da pensione. Invece fra i 600 ed oltre (mia stima in base alla lunghezza di circa 200 metri della processione) partecipanti, oltre a qualche bambino e giovanotto, c’erano parecchi nella fascia di età 30-50 anni. Azzardo una previsione: se ci fosse stata non dico (perché sarebbe umanamente troppo pretenderlo con l’attuale governo temporale della Chiesa) l’organizzazione a cura della diocesi di Reggio Emilia, ma almeno una “non-ostilità”, con l’informazione sulla processione lasciata circolare con reale “neutralità” nelle parrocchie della zona, i partecipanti sarebbero stati alcune migliaia in più. La mia opinione è che molti cristiani che comunque erano venuti a sapere della processione e che sentivano giusto chiedere pubblicamente perdono al Signore, alla fine non hanno partecipato per non andare contro al vescovo”.
Ma l’esempio di Reggio Emilia comincia a fare scuola. Infatti per il 17 giugno è prevista a Varese, sempre in occasione di un Gay Pride, un’analoga seduta di preghiera. (È stato creato per l’occasione un gruppo Facebook, qui https://www.facebook.com/groups/440373799651654/).
La proposta è quella della recita di un rosario pubblico di riparazione. Il luogo richiesto è il sagrato della Basilica di San Vittore. Pubblichiamo qui di seguito due lettere: la risposta del vicario di zona al laico organizzatore, e la replica.
“Sempre sia lodato!
Caro Alberto Speroni,
comprendo la Sua contrarietà a certe manifestazioni pubbliche (che vanno chiamate con il nome che hanno), ma ritengo inopportuno che il Santo Rosario sia usato come strumento di polemica culturale e politica. Fatto in questo modo si avrebbe l’effetto di dare ancora più pubblicità all’evento.
Preghiamo, certamente, e anche riflettiamo sul modo più vero ed efficacie di testimoniare e condividere con tutti l’umanesimo cristiano, i valori di convivenza civile e lo stile di comunicazione delle proprie idee.
La Chiesa del decanato di Varese ha proposto nei mesi scorsi molte occasioni di riflessione culturale, morale e educativa sui temi evocati dalla manifestazione.
La ringrazio e la saluto cordialmente
+ Franco Agnesi
Vicario Episcopale Zona Seconda”.
Ed ecco la risposta:
“Eccellenza Reverendissima,
voglio anzitutto ringraziarLa per la Sua pronta risposta e per la Sua comprensione verso i nostri sentimenti di contrarietà. Apprezzo anche come Lei voglia che “certe manifestazioni” vengano chiamate con il loro nome, ovvero la pretesa di un “diritto” alla sodomia.
Tuttavia, in piena coscienza, non possiamo dar seguito al suo invito per le ragioni che provo a riassumere di seguito.
1) Non è minimamente mia intenzione “usare il Santo Rosario come strumento di polemica culturale e politica”. Intendo semplicemente usarlo per quello che è, ovvero un potente strumento di preghiera e di riparazione. Non avendo la capacità o la possibilità di fare altro (ma chi può lo faccia, ovviamente!), penso che sia un’arma alla portata di tutti, sempre utile alla mia e all’altrui edificazione. Essa è utile a dare un pubblico richiamo alla Verità. Accetto tuttavia suggerimenti per altre forme di riparazione e di pubblico richiamo a Dio e alla Sua legge, tramite Sua Madre, per un auspicato e urgente ritorno di questa società allo sbando alla legge di Dio o, almeno, alla semplice legge naturale.
2) Credo che l’atto di riparazione a uno dei peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio debba necessariamente essere pubblico. Una bestemmia pubblica al Creatore, in quanto insulto all’ordine naturale da Lui stabilito, merita necessariamente una riparazione pubblica. Qualcuno disse “Quello che io vi dico nel buio, voi ripetetelo alla luce del giorno; quello che ascoltate sottovoce, gridatelo dai tetti”. Se non ad altro, questo servirebbe almeno a stimolare gli uomini di buona volontà perché non accettino passivamente la conquista dei cuori da parte del Male.
3) Il Suo “ritenere inopportuno che il Santo Rosario sia usato come strumento di polemica culturale e politica” mi sembra anche un processo alle intenzioni e un giudizio preventivo. E’ forse sbagliato opporsi ad una cultura mortifera, come tutte le menzogne, innalzando al cielo un grido che tutti possano udire? Credo sia un gesto missionario richiamare pubblicamente le persone ad una Presenza con la quale devono e dovranno prima o poi fare i conti tutti quanti! Cosa dovremmo fare? Abbassare anche i campanili? Silenziare le campane? Adombrare o togliere i crocifissi? Tutti questi segni indicano una Presenza che sta diventando sempre più scomoda allo spirito del mondo e al suo “Principe”. La nostra preghiera vuole essere un altro (piccolissimo) segno per indicare quella Presenza e l’ineluttabilità del Suo Giudizio. Io voglio essere pronto a rispondere a Quel giudizio, non a quello del mondo.
4) Il Principe di questo Mondo fa “fumo” (“fumo di Satana dentro le mura della Chiesa stessa“!) per mezzo di una “antilingua” e del “politicamente corretto”. Nella confusione, anche semantica, è più facile che un cattolico si perda. Tutto questo non fa parte del mio DNA, e penso sia anche dovere di un pastore provare a dissipare questo fumo per guidare il suo gregge. “Si, Si e No, No” diceva sempre quel Qualcuno di prima.
5) C’è un esplicito invito nel Vangelo a diventare, oltre che puri come colombe, scaltri come i figli di questo mondo. Chiediamoci perché i “figli di questo mondo” scelgono sempre più una visibilità che solo pochi anni fa era impensabile da ottenere. A forza di mettersi sulla difensiva, chi si avvantaggia è solo e sempre lui: il Principe di questo Mondo che se ne frega di non mostrarsi e di agire correttamente. Anzi, più si manifesta gridando e ostentando, e più danna le anime che, confuse e senza una precisa guida e una reazione pubblica che le risvegli dal torpore del quieto vivere, cadono come mosche nelle sue braccia di morte. Purtroppo noi cattolici facciamo come i gamberi che si ritirano sempre più verso l’orlo dell’abisso! Se continuassimo a seguire consigli come il Suo, a breve non si potrà più uscir di casa. E già oggi non siamo più in condizione di dare un insegnamento non dico cattolico ma per lo meno umano ai nostri figli. Riescono a mandare in TV personaggi come il Sig. Barilla a scusarsi (!?) per aver difeso la famiglia naturale. Riescono a far saltare incontri e conferenze già programmati da tempo perché non ne condividono i contenuti, alla faccia della libertà di espressione. La dittatura omosessualista ormai dilaga! A cosa servono richiami alla prudenza e alla non visibilità del Bene? A guadagnare giorni? Mesi? Forse anni di finta libertà? Andando avanti così, invece, si perderà tutto, compresa la Fede, come temeva già Nostro Signore! Concludo: una benedizione non la si nega a nessuno… ai figli soprattutto! L’attendiamo fiduciosi sul sagrato della Basilica di San Vittore il 17 giugno, ore 15.00.Invoco sin d’ora le Sue preghiere, Alberto”.
MARCO TOSATTI
http://www.marcotosatti.com/2017/06/03/reggio-emilia-gay-pride-centinaia-alla-preghiera-di-riparazione-nonostante-la-curia-intanto-si-prepara-quella-di-varese-del-17-giugno/
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https://www.corrispondenzaromana.it/notizie-brevi/il-popolo-cattolico-contro-i-gay-pride/
Il popolo cattolico contro i “Gay Pride”
Due anime hanno sfilato il 3 giugno per le strade di Reggio Emilia. Da un lato l’anima gaia e lasciva del “Remilia Pride”,
il primo Gay Pride in terra emiliana e dall’altro l’anima raccolta e
orante della contro manifestazione di riparazione rappresentata dalla
processione promossa dal neonato “Comitato Beata Giovanna Scopelli“.
La giornata conclude settimane di vibranti polemiche e botte e risposte tra i due schieramenti. Un acceso scontro che ha visto il Comitato promotore della processione finire anche sotto l’avvilente tiro del fuoco amico. A tale proposito, don Giordano Goccini, parroco di Fazzano e dal 2012 incaricato della Pastorale Giovanile della Regione Emilia, è arrivato ad accusare di “presunzione” gli organizzatori della processione, spiegando che “pregare in riparazione dei peccati altrui è un atto di presunzione”.
Inaccettabili accuse alle quali ha prontamente replicato, sulle colonne di “Radio Spada”, Cristiano Lugli, uno dei portavoce del Comitato, citando l’enciclica di Pio XI Miserentissimus Redemptor:
Per il futuro, c’e da auspicarsi che queste manifestazioni nate, per così dire, dal basso, in maniera spontanea grazie all’impegno e alla devozione di tanti fedeli indignati, possano essere promosse o, per lo meno, approvate e non silenziate, dalle gerarchie ecclesiastiche, per ricordare a tutti, in maniera netta ed esplicita, la posizione immutabile della Chiesa cattolica nei confronti del disordine morale e della violazione dell’ordine naturale e cristiano rappresentato dal peccato contro natura dell’omosessualità. (L.G.)
La giornata conclude settimane di vibranti polemiche e botte e risposte tra i due schieramenti. Un acceso scontro che ha visto il Comitato promotore della processione finire anche sotto l’avvilente tiro del fuoco amico. A tale proposito, don Giordano Goccini, parroco di Fazzano e dal 2012 incaricato della Pastorale Giovanile della Regione Emilia, è arrivato ad accusare di “presunzione” gli organizzatori della processione, spiegando che “pregare in riparazione dei peccati altrui è un atto di presunzione”.
Inaccettabili accuse alle quali ha prontamente replicato, sulle colonne di “Radio Spada”, Cristiano Lugli, uno dei portavoce del Comitato, citando l’enciclica di Pio XI Miserentissimus Redemptor:
“Il significato della riparazione non esiste più, e il motivo è semplice: eliminato il peccato non vi è motivo di dover riparare a qualcosa che – sempre secondo i don Goccini di turno – ha cessato di esistere. E non è tutto: se si elimina il peccato è perché si è eliminata la missione redentrice di Cristo, oscurando il Sacrificio della Croce.” Eppure nel messaggio di Fatima, osserva sempre Lugli “è inserito un forte e chiaro appello alla riparazione. Si potrebbe altresì supporre che in questi messaggi si prosegua ciò che fu iniziato più di due secoli prima a Paray-le-Monial, con le apparizioni del Sacro Cuore di Gesù a Santa Maria Margherita Alacoque. Nel caso di Fatima la riparazione viene richiesta anche per il Cuore Immacolato della Madre, unita alla Passione e allo strazio del Cuore del Figlio”.Non è la prima volta che processioni di riparazione vengono indette. Diciassette anni fa, il 1 luglio del 2000 il Centro Culturale Lepanto promosse infatti una processione di riparazione, dalla Basilica di San Giovanni al Santuario del Divino Amore, contro il “World Pride 2000”, il mega raduno gay mondiale, organizzato a Roma l’8 luglio di quell’anno in aperta sfida al Giubileo della Chiesa Cattolica. Un inammissibile affronto che Giovanni Paolo II non fece passare sotto silenzio, esprimendo, il giorno successivo alla parata, la propria amarezza per l’offesa arrecata ai valori cristiani, ribadendo l’insegnamento cattolico in materia di omosessualità:
“Un accenno ritengo di dover fare alle ben note manifestazioni che a Roma si sono svolte nei giorni scorsi. A nome della Chiesa di Roma non posso non esprimere amarezza per l’affronto recato al grande Giubileo dell’anno 2000 e per l’offesa recata ai valori cristiani di una città che è tanto cara al cuore di tutti i cattolici del mondo. (…) Vorrei a tale riguardo, limitarmi a leggere quanto dice il catechismo della Chiesa cattolica, il quale, dopo aver rilevato che gli atti di omosessualità sono contrari alla legge naturale, così si esprime: un numero non trascurabile di uomini e donne presenta tendenze omosessuali, profondamente radicate. Questa inclinazione oggettivamente disordinata costituisce per la maggior parte di loro, una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione”Dopo la processione di Reggio Emilia, è ora in programma un altro appuntamento per il prossimo 17 giugno a Varese, dove è annunciato un santo rosario sul sagrato della Basilica di San Vittore come riparazione pubblica al “Gay Pride” che si svolgerà quel giorno in contemporanea per le strade della città.
Per il futuro, c’e da auspicarsi che queste manifestazioni nate, per così dire, dal basso, in maniera spontanea grazie all’impegno e alla devozione di tanti fedeli indignati, possano essere promosse o, per lo meno, approvate e non silenziate, dalle gerarchie ecclesiastiche, per ricordare a tutti, in maniera netta ed esplicita, la posizione immutabile della Chiesa cattolica nei confronti del disordine morale e della violazione dell’ordine naturale e cristiano rappresentato dal peccato contro natura dell’omosessualità. (L.G.)
CHI CI SEPARERÀ DALL'AMORE DI DIO? LA FRANCIA MARCIA PER DIFENDERE LE SUE VERE RADICI, CHE SONO IN CIELO
Cento chilometri, dalla Cattedrale di Notre Dame di Parigi alla Cattedrale di Notre Dame di Chartres. È lo storico pellegrinaggio di Pentecoste, giunto quest'anno alla trentacinquesima edizione, che vede protagonista il mondo francese legato alla Tradizione, ma sempre più anche gruppi provenienti dall'estero. Tre giorni camminando fra campi e strade, cantando e pregando, per rinsaldare il proprio vincolo con una storia bimillenaria. E per affermare che nessuna legge, nessuna forza, nessuna potestà potrà mai distruggerlo.
L’iniziativa è organizzata dall’associazione Notre-Dame de Chrétienté e si ispira a un episodio della vita dello scrittore Charles Péguy, che si recò a piedi da Parigi a Chartres nel 1912, realizzando un voto fatto al capezzale del figlio malato.
I pellegrini sono divisi in gruppi di circa 50 persone, denominati «capitoli», accompagnati da almeno un sacerdote disponibile a confessare e a fare direzione spirituale durante il percorso.