ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 22 giugno 2017

“I veri capi terroristi”

CONFLITTO IN SIRIA 

Senza Putin la Siria avrebbe cessato di esistere



di Eric van de Beek
Secondo il padre fiammingo Daniel Maes, che vive in Siria dal 2010, la copertura della guerra in Siria si basa su menzogne. Il Presidente Bashar al-Assad non è il problema, ma lo sono invece i nostri politici, che sostengono l’ISIS e Al Nusra, solo per rovesciare il governo siriano. “I veri capi terroristi si trovano nell’Occidente e nell’ Arabia Saudita”.

Padre Daniel Maes,79 anni, è tornato nel suo paese natale, il Belgio, per trascorrere un periodo nell’Abbazia Norbertine al villaggio fiammingo Postel. Nel 2010 ha lasciato il Belgio per la Siria, quando il Paese non era ancora in guerra. A Qara ha vissuto momenti critici, soprattutto quando il villaggio di 25.000 persone è stato invaso da un esercito ribelle di circa 60.000 uomini.
Adesso Padre Daniel Maes è in Belgio per recuperare le forze dopo essersi ammalato in Siria (‘ ho pensato: è la fine ‘) e non tollerava più la cucina locale. Ma è venuto in Belgio anche per raccontare alla gente in Occidente la “vera storia” della Siria, poiché i media mainstream non scrivono la verità.Verso metà giugno ritornerà con le valigie pieno di aiuti umanitari per la popolazione siriana bisognosa.
Intervista di Eric van de Beek
Lei vive in un monastero risalente al sesto secolo D.C., in un paese lontano da casa. Perchè?
Sono arrivato a Qara su invito della madre superiora, Suor Agnes-Mariam. È un bel personaggio. Per anni, lei ha girovagato il mondo come un’ hippie. E lei ha il dono di modernizzare la vita del monaco, mantenendone comunque l’autenticità. Nel monastero Mar Yakub io ho trovato quello che avevo cercato per tutta la mia vita: entusiasmo carismatico, apertura ecumenica, opera missionaria e la cura per i poveri. Il monastero era un rudere quando madre Agnes-Mariam l’ha scoperto nell’anno 2000 e dopo sotto la sua guida è stato restaurato in modo splendido. Sono venuto come un turista e l’avrei lasciato come un turista, ma madre Agnes-Mariam mi ha chiesto se volevo organizzare un anno propedeutico in questo monastero, cioè una preparazione per la formazione al sacerdozio, il primo seminario cattolico di tutta la Siria, e così ci sono rimasto.
Qual era la sua impressione della Siria prima della guerra?
Era un bellissimo paese. Come mi aspettavo, mancava la libertà politica. Ma sono soprattutto rimasto sorpreso in modo piacevole. Ho apprezzato molto l’ospitalità orientale, e ho sperimentato una società pacifica e ordinata che non avevo mai sperimentato prima nel mio paese o altrove. Rubare e insolenza erano praticamente inesistenti. Molti gruppi religiosi ed etnici vivevano in armonia tra loro.
Il paese non aveva debiti e non c’erano i senzatetto. Al contrario, oltre 2 milioni di rifugiati dai paesi vicini, come l’Iraq, erano curati e trattati nello stesso modo dei nativi siriani. Inoltre, la vita quotidiana era molto economica, come il cibo. Scuole, Università e ospedali erano gratuiti anche per noi stranieri. Ho parlato con un chirurgo francese che mi ha detto che gli ospedali in Siria erano meglio di quelli in Francia.
Comunità cristiane in Siria
Come è cominciato il conflitto in Siria? L’opinione prevalente in Occidente è che le prime proteste a Homs sono iniziate pacificamente, e che le cose sono precipitate (escalation) perché il governo ha reagito in modo violento.
Questo è una sciocchezza totale. Ho visto con i miei occhi come questa cosiddetta sollevazione popolare si è presentata a Qara. Un venerdì sera, nel novembre 2011, sulla strada verso il Vicariato dove ero invitato, ho visto un gruppo di circa quindici giovani presso la Moschea centrale. Gridavano che Assad era un dittatore, e che doveva lasciare il paese. Poi ho visto altri ragazzi che hanno fotografato queste scene. Hanno fatto tantissimo chiasso che mi ha dato i brividi. L’ho riferito al Vicario, ma lo sapeva già. Ha detto che già da tempo erano venuti qui alcuni uomini da fuori della Siria, per fare rumore, e invitando i giovani locali a scattare foto e video. Se consegnavano questi materiali ad Al Jazeera, avrebbero ricevuto denaro. ”
Questo succedeva nello stesso tempo in cui è iniziata la violenza a Homs?
Doveva essere intorno a quel tempo. Il padre olandese Frans van der Lugt, che viveva a Homs e fu poi ucciso lì, aveva anche visto e segnalato tutto questo nelle sue lettere dove scriveva anche che non era la polizia che ha iniziato a sparare, ma invece i terroristi nascosti tra i manifestanti.
Il ministro olandese degli affari esteri Bert Koenders ha dichiarato che Assad dovrebbe essere processato dalla Corte penale internazionale dell’Aia per i crimini di guerra.
Koenders è proprio come gli altri cosiddetti leader europei. E’ un ragazzino che fa il gioco di imperatore, pur non accorgendosi di non aver vestiti addosso. Chiunque, anche con mezzo cervello può vedere che lui è un burattino degli americani, dicendo esattamente le cose che è costretto a dire. Colui che serve gli interessi di potenze straniere e distrugge la vita delle persone di altre nazioni è un leader terrorista, indegno del nome di un uomo di stato.
Assad non ha sbagliato niente?
Guarda l’attacco con il gas velenoso in Goutha, vicino a Damasco, nel 2013, per cui Assad è stato accusato immediatamente. È così difficile capire che i terroristi erano dietro tutto questo?
Un anno prima dell’attacco con il gas velenoso, Obama ha detto che , “l’uso di armi chimiche implica una linea rossa”. In quel momento ogni giornalista dovrebbe aver pensato: “questo suona come il Presidente Bush, il quale ha detto che ” entro 48 ore, le armi di distruzione di massa dell’Iraq devono venire alla superficie”.
Ma i giornalisti si lasciano di nuovo ingannare.
Una Commissione internazionale d’inchiesta è stata inviata a Damasco, accompagnata dai media di tutto il mondo, e subito dopo il loro arrivo, c’è stato questo attacco enorme di gas velenoso, praticamente sotto il loro naso. Che tempismo, no? E questo precisamente a Ghouta, che è un’area disabitata, dove il popolo era già fuggito molto tempo fa. Entro due ore sono saltate fuori immagini con bambini morenti nelle stanze. Immagini di una qualità da Hollywood. Hanno scoperto che alcune foto sono stato scattate molto tempo prima e altre foto solo due ore dopo l’attacco. E da nessuna parte c’erano in vista le madri in lutto.
Tuttavia i padri e le madri erano assolutamente in lutto, ma essi non vivevano a Ghouta. I padri e le madri si trovavano a 200 chilometri di distanza, nei loro villaggi nei dintorni di Latakia. Loro hanno riconosciuto i loro figli nelle foto. Due settimane prima dell’attacco di gas velenoso infatti, i loro villaggi erano stati attaccati dai terroristi, che avevano rapito i loro figli. Così, questi bambini nelle immagini erano infatti bambini rapiti da Latakia, che sono stati uccisi per fare un colpo mediatico. Com’è possibile che ci siano tanti stupidi giornalisti che non hanno capito questo? Tutto questo è ben documentato nella relazione della madre Agnes-Mariam.
Pensa che non siano stati commessi affatto crimini di guerra da parte delle autorità siriane? Nel mese di febbraio, Amnesty International ha pubblicato un rapporto su esecuzioni di massa in un prigione vicino a Damasco.
Se, come giornalista, vuoi sapere cosa sta davvero succedendo in Siria, devi venire personalmente in Siria per scoprire la verità invece di leggere solo i rapporti di Amnesty. E io vi chiedo: come è possibile che un presidente che ha commesso tanti crimini di guerra contro il suo popolo sia ancora vivo e non ancora assassinato in un paese affollato di terroristi assassini? E perchè si vedono allora così tante persone in Siria con una foto di Assad sui finestrini delle loro auto?
Cristiani, sciiti, drusi e alawiti forse. Ma anche sunniti?
Assolutamente. La stragrande maggioranza dei sunniti è pro Assad. Se tu vieni a Tartous, dove vivono molti sunniti, vedrai non solo immagini di Assad, ma anche di Putin.
Per il rapporto di Amnesty sulla prigione di Saydnaya, decine di testimoni sono stati intervistati.
Questo è falso. L’ultima storia è che Assad ha cremato migliaia di persone in quella prigione. Questo non può essere vero. Questa prigione è così piccola, che non avrebbero mai potuto fare questo in un breve periodo di tempo.
Amnesty ha anche detto che non può confermare la storia degli US di cremazioni.
Ma Amnesty non lo ha neanche negato. E nel frattempo, i media hanno ripetuto questa ridicola denuncia così spesso che il pubblico ha iniziato a credere che sia la verità.
Come vede il ruolo del giornalismo? Come è possibile che il loro punto di vista sulla Siria sia così diverso dal suo?
Per questo devi leggere quel libro del giornalista tedesco Udo Ulfkotte: “Bought Journalists” (giornalisti comprati), che scrive della sua propria esperienza. Quando si va contro l’opinione dominante e non si segue lo ‘script’ (la versione corretta), arriva inevitabilmente lo scontro con i Poteri di fatto. E come conseguenza ti mettono fuori dal mercato.
In un certo senso posso capire questi giornalisti. Hanno spesso una famiglia di cui prendersi cura.
Ma io non sono assolutamente in grado di capire come un’organizzazione come ‘Pax Christi’ supporta l’assassinio dei cristiani siriani. Agendo nel nome delle comunità ecclesiali, essi promuovono e sostengono questi cosiddetti “ribelli moderati”. In questo modo essi si sono messi completamente contro i cristiani, i vescovi e i Patriarchi in Siria.
Ho visto una presentazione di un cosiddetto esperto di Medio Oriente di Pax Christi. Alla fine del suo intervento, ha mostrato le sue fonti. Erano: Al Jazeera, Al Jazeera e Al Jazeera.
Perche tanti paesi vogliono sbarazzarsi di Assad?
Nel 2009 il Qatar domandava a Bachar-al-Assad il permesso di far passare un ‘pipeline’ attraverso la Siria verso il Mediterraneo. Assad ha detto di no perché aveva già concesso a Iran e la Russia tale progetto. Poi è cominciata la guerra, e non nel 2011. Non dobbiamo dimenticare che Homs è un luogo importante per il passaggio del ‘pipeline’. Perciò non è una coincidenza che la violenza è iniziata proprio in Homs e che la stazione televisiva del Qatar, cioè ‘Al Jazeera’ lo trasmetteva nel dettaglio.
E gli altri paesi? Perché trattano Assad con tanta ostilità?
Per l’Occidente, è inaccettabile che la Siria sia ancora uno dei pochi paesi con una banca centrale che è veramente indipendente e che il paese non avesse nessun debito di stato e così non avesse bisogno di essere ‘salvato’.
E i turchi vogliono solo far rivivere l’Impero ottomano. È scandaloso quello che hanno fatto in Aleppo. La città di Aleppo era il cuore industriale della Siria. I turchi hanno smantellato tutte le fabbriche in pochi giorni e hanno trasportato il tutto in Turchia.
Israele è anche un motore molto importante dietro il conflitto. I sionisti vogliono uno stato ebraico puro dal Nilo all’Eufrate. Vogliono tagliare la Siria in Stati piccoli, deboli, che lottano l’uno contro l’altro. Come il vecchio motto romano: ‘divide et impera’: dividi e domina. Gli israeliani stannobombardando la Siria, mentre curano i terroristi feriti e forniscono armi.
Penso che il sionismo è così male per l’ebraismo come ISIS lo è per l’Islam. Ma non lo diciamo ad alta voce, perché molti potrebbero prendersela.
Gli israeliani dicono che hanno preso parte al conflitto a causa della presenza delle milizie di Hezbollah.
Questo è vero. Ma Hezbollah è uno dei più grandi movimenti di resistenza. Ho parlato con giovani uomini di Hezbollah, e dicono: “Abbiamo iniziato la nostra organizzazione, quando i sionisti sono venuti a cacciarci e uccidere le nostre famiglie. E quindi aiutiamo coloro che vengono eliminati nello stesso modo.”
Israele considera Hezbollah come un’organizzazione terroristica.
È anche grazie a Hezbollah che tanti cristiani e altri siriani sono ancora vivi. Sono venuti in nostro soccorso nelle nostre ore più buie. E lo stesso vale per l’esercito siriano e i russi. Se Putin non fosse venuto in nostro aiuto nel 2015, la Siria avrebbe certamente cessato di esistere.
Si dice che i russi sono venuti in Siria per tenerla nella loro sfera di influenza.
Certamente ci saranno alcuni interessi in gioco. Ma Putin è un vero cristiano, che vuole difendere il cristianesimo. E vuole anche un ordine mondiale multipolare, in cui nessun paese domini gli altri. Infastidisce Putin che gli americani non rispettano le regole internazionali. Gli americani hanno rovesciato il governo ucraino e poi hanno avuto la faccia tosta di dire che i russi hanno risposto così aggressivamente. La Siria è un paese sovrano. Ecco quello che Putin sottolinea. Egli dice anche: «Non siamo in Siria per la protezione di Assad, ma per la protezione dello stato siriano». La Russia non vuole un altro stato fallito, come l’Iraq e la Libia. E non dimentichiamo: quello militare russo è l’unico l’esercito straniero in Siria con il consenso del governo siriano. Che cosa stanno facendo gli altri paesi in Siria? Gli americani? I francesi? I sauditi? Non hanno diritto di essere lì. Stanno solo lavorando alla distruzione della Siria.
I governi occidentali dicono che stanno combattendo ISIS. Ha dei dubbi?
Vi ricordate quelle immagini stile Hollywood su come l’ISIS ha fatto la sua entrata in Siria? Unacolonna infinita di Toyota nuove. Si muovevano attraverso il deserto come bersagli. Non sarebbe stato facile per l’Occidente di spazzarli via dalla faccia della terra ? Ma non è accaduto niente. E perché no? E come hanno fatto ad avere tante Toyota nuove? Chi gli ha fornito questi nuovi costosi fuori strada?
Ripetutamente sentiamo che l’ISIS ottiene ‘accidentalmente’ armi che erano destinate agli inesistenti ribelli moderati, e sentiamo anche che ‘per errore’ hanno bombardato le truppe del governo siriano. Gli Stati Uniti e i suoi alleati uccidono qua e là alcuni guerrieri di ISIS, ma queste sono piuttosto delle eccezioni.
I cristiani sono una minoranza in Siria. Come considerano la violenza dell’ISIS, al Nusra e altri gruppi? Come un problema dell’Islam?
Prima di tutto, essi considerano questi gruppi terroristici come strumento politico dell’Occidente per distruggere la Siria e per cambiare il regime. E non solo i cristiani, ma anche i musulmani in Siria sono dello stesso parere. Si vergognano dell’ISIS e Al Nusra. Dicono: “Questo non è l’Islam.”
Come vedete la violenza nell’Islam?
L’Islam è ambiguo. Il Corano contiene versi molto belli sulla pace. Ma nel Corano si dice anche che i miscredenti, i non-musulmani, devono essere uccisi.
Neanche la Bibbia e la Torah non sono esenti da violenza.
E’ così. Ma le imperfezioni dell’Antico Testamento sono superate nel Nuovo Testamento. E del Corano, si potrebbe dire: è l’Antico Testamento senza lo spirito del Nuovo Testamento.
Ma Gesù disse: “Non sono venuto a portare la pace ma la spada.”
Se uno uccide o ferisce qualcuno con la spada, poi in tutta la cristianità nessuno dirà, “quell’uomo sta seguendo il Vangelo”. Ma se un musulmano si fa esplodere in mezzo a un grande gruppo di persone, poi ci sono musulmani che diranno, “in realtà dovrei farlo anch’io, ma non ho il coraggio.”
Ma le vostre esperienze con i musulmani in Siria sono principalmente positive?
Sono sempre stato trattato con la stessa ospitalità dai musulmani come dai cristiani. La Siria è uno stato laico. I siriani si considerano in primo luogo come siriani e in secondo luogo come cristiani, sunniti, grapi, alawiti o sciiti. È chiaramente visibile nel governo siriano: vi si vedono ministri di varie religioni. Ognuno può essere se stesso. La cooperazione armoniosa delle popolazioni è sempre stata una caratteristica della Siria. Si consideravano come una sola famiglia. Ho anche incontrato un colonnello dell’esercito siriano, un sunnita, che mi ha chiesto la benedizione prima di partire per Aleppo.
Che pensano i cristiani in Siria del sostegno dei governi occidentali ai gruppi jihadisti?
Soffrono per il fatto che i loro fratelli cristiani in Occidente li hanno abbandonati. Semplicemente non lo capiscono.
Forse ci sono cristiani in Siria che approvano il fatto che l’Occidente sostiene gruppi armati?
Non conosco queste persone, ma se li state cercando, forse li troverete. Ci sono sempre eccezioni alla regola, ma il siriano medio si oppone a qualsiasi supporto dell’Occidente verso qualsiasi gruppo armato.
E’ in contatto con qualche politico nell’Unione Europea?
Ho parlato con Herman van Rompuy, nel 2012, quando era presidente del Consiglio Europeo. Ho avuto l’impressione che sapeva a malapena dove era la Siria. Tutto quello che sapeva della Siria era fondato sui rapporti che descrivono il paese come la dittatura più terribile del mondo. Quell’incontro mi ha veramente deluso. Quando gli ho detto che nella mia esperienza il presidente Assad è sostenuto da una vasta maggioranza della popolazione, anche da quella sunnita, lui mi ha guardato come se avessi commesso un sacrilegio. Mi è sembrato che egli fosse principalmente preoccupato di non calpestare nessun piede dei membri del Consiglio Europeo. Ho letto che, nei Paesi Bassi, i partiti cristiani hanno votato a favore di una proposta di smettere di sostenere l’Esercito Siriano Libero, ma il partito di Geert Wilders “Partito della Libertà” ha votato contro. Riesci a capirlo? È perché sono sionisti? Se sei contro l’Islam radicale, come puoi votare per il sostegno ai terroristi islamici in Siria?
Molti siriani sono fuggiti in Libano e nelle zone in Siria sotto il controllo dello stato siriano. Che cosa distingue questi rifugiati da coloro che fuggono verso l’Occidente?
Tutti coloro che hanno avuto l’opportunità di fuggire nelle zone controllate dall’esercito governativo lo hanno fatto, ad eccezione di quelli che non hanno più speranza per un futuro in Siria.
Giovani uomini che lasciano la Siria per l’Europa sono oggetto di critiche. Gli europei si chiedono: perché non lottare per il loro paese e proteggere le loro madri, sorelle e altri membri della famiglia?
È una disgregazione organizzata. Quei giovani sono stati attratti verso l’Europa, perché l’Europa deve essere islamizzata.
Qualsiasi giovane può arruolarsi nell’esercito siriano? C’è un obbligo di servizio militare?
Sì, l’unico modo per sfuggire all’obbligo di servizio militare è nascondersi o fuggire all’estero. D’altra parte, molti uomini anziani si sono offerti come volontari nell’esercito.
L’Occidente impone sanzioni contro la Siria. Come i siriani riescono a sopravvivere?
Tanti aiuti sono portati nel paese attraverso la carità. Ma, con mia grande sorpresa – prima della mia partenza dalla Siria – ho visto farmaci provenienti da Aleppo. Così, nonostante tutta la devastazione, sono riusciti a ri-iniziare la produzione.
In una precedente intervista, lei ha espresso la speranza che il presidente Donald Trump avrebbe apportato modifiche alla politica degli Stati Uniti. E’ ancora così fiducioso su di lui?
Trump ha detto durante la sua campagna elettorale quello che qualsiasi persona sana di mente avrebbe detto al suo posto: “dobbiamo smettere di fornire armi ai gruppi di combattenti in Siria, perché non sappiamo chi sono. Smettiamola di intervenire in nazioni sovrane. E combattiamo il terrorismo insieme con la Russia. ”
Che era un messaggio pieno di speranza. Ma nel frattempo è venuto sotto attacco dello ‘deep state’, i veri dominatori del paese. Trump ha sparato quei missili verso quell’ aeroporto militare in Siria, probabilmente sotto la pressione dello ‘deep state’. Tuttavia, ha informato i siriani, così è stato fatto poco danno. La maggior parte dei velivoli erano stati già portati via e metà dei missili non sono neanche arrivati. Il giorno successivo l’aeroporto era di nuovo operativo.
E’ in vacanza in Belgio. Tornerà con un cuore riposato in Siria? Ne ha passato di tempi turbolenti…
Nel 2013, Qara è stata presa da un enorme esercito di decine di migliaia i terroristi. Hanno camminato per le strade sparando. Noi ci siamo nascosti nei sotterranei del monastero. Dopo una settimana, l’area è stata liberata dall’esercito siriano. Questi erano solo 200 uomini! Hanno spinto indietro i terroristi verso il Libano, un gruppo dopo l’altro. Infatti i terroristi non formavano un’unità. Hanno anche combattuto tra di loro. Eppure, non c’è spiegazione umana del perché i terroristi appena arrivati non hanno preso il monastero.
Non aveva paura in quel tempo?
La maggior parte di noi non aveva paura anche nei momenti in cui abbiamo pensato: ‘E la fine’. Inoltre non abbiamo avuto tempo di preoccuparci, perché c’erano bambini, donne e disabili di cui abbiamo dovuto prenderci cura. C’era anche un bambino nato mentre eravamo nel nascondiglio. Tutti erano molto preoccupati per gli altri. Abbiamo dovuto distrarre i bambini con giochi, preghiere e canti . Dopo pochi giorni, eravamo senza acqua, solo con latte e alla fine della settimana ha cominciato a nevicare. Quello fu l’inizio della fine dell’assedio.
( traduzione di A. Wilking)
Fonte: Ora Pro Siria

Gli USA stanno perdendo la guerra per procura in Siria: ed ora?


Sale la tensione in Siria, dove il 18 giugno un Su-22 dell’aviazione siriana è stato abbattuto da un jet americano: si tratta dell’ennesimo attacco in poche settimane diretto contro le forze governative, sostenute da Iran e Russia. Fallita la rivoluzione colorata nel biennio 2011-2012 e la successiva creazione di un Califfato sunnita nel cuore della Mesopotamia (2014-2017), il conflitto in Siria rischia di evolversi da guerra per procura a confronto diretto tra super-potenze. Anche l’estremo tentativo angloamericano di ritagliarsi una sfera d’influenza nell’est della Siria vacilla: a Washington non rimane che accettare la sconfitta o optare per una (improbabile) escalation militare.

Giù la maschera: non siamo in Siria per l’ISIS

Il velo di menzogne ed ipocrisie con cui si ammanta la politica estera più cinica e spietata, presto o tardi, cade, svelando il vero motore gli eventi: arriva il momento in cui la retorica “liberale” (l’esportazione della democrazia, la difesa dei diritti umani, la violenza delle dittature, etc. etc.) esce di scena, incalzata dagli eventi, duri e crudi. Rapporti di forza, sfere di influenza e ambizioni territoriali prendono il sopravvento anche nel dibattito politico e mediatico: cala il silenzio su proteste, dissidenti e minoranze e l’attenzione si sposta su confini, oleodotti e zone cuscinetto. La guerra in Siria non fa eccezione.
Sia chiaro: nessun “addetto ai lavori” ha mai avuto dubbio che in Siria andasse in onda una guerra per procura tra il declinante impero angloamericano e le potenze emergenti. Le prime a prenderne atto furono proprio Russia e Cina che, bruciate dal colpo di mano con cui la NATO rovesciò Gheddafi, si opposero in sede ONU a qualsiasi manovra occidentale contro Bashar Assad, sin dall’autunno 2011. Per due anni, si continuò comunque a a parlare di “insurrezione” e “guerra civile” contro il regime. Nel 2013 si cercò l’intervento militare americano, usando come pretesto il falso attacco chimico da parte delle truppe governative. Nel 2014 l’attenzione si spostò sull’improvvisa comparsa dell’ISIS e sulla successiva “lotta contro il Califfato” condotta dalla coalizione a guida statunitense. Dietro a tutto, si nascondeva la volontà di potenze occidentali e sunnite (USA, GB, Francia, Germania, Israele, Qatar, Turchia, Arabia Saudita, etc. etc.) di “balcanizzare” la Siria, dividendola su faglie etniche e religiose, e l’opposta determinazione di garantire l’integrità del Paese degli alleati di Bashar Assad (Russia, Iran, sciiti libanesi ed iracheni).
Giunti al settimo anno di guerra e scongiurato (grazie alla campagna militare russa) lo smembramento della Siria, il conflitto si sta facendo finalmente esplicito, mostrando la sua vera natura: uno spietato e sanguinoso braccio di ferro tra potenze, per il controllo dello strategico territorio che unisce il Mar Mediterraneo al cuore della Mesopotamia. Il passaggio da guerra per procura a conflitto semi-diretto è stato sigillato da un’azione militare: il 18 giugno un caccia americano F/A-18 ha abbattuto nei pressi di Raqqa un Su-22 dell’aviazione siriana, impegnato in bombardamenti contro i ribelli supportati dagli USA. La reazione di Mosca non si è fatta attendere: sospensione immediata del canale diretto con le forze americane operanti in Siria ed un sinistro avvertimento del ministero della Difesa: “gli aerei e droni della coalizione internazionale individuati ad ovest del fiume Eufrate saranno d’ora in avanti monitorati e considerati come bersagli”1Anche l’Iran ha sottolineato il “salto di qualità” nella settennale guerra siriana con un gesto carico di significati: a distanza di poche ore dall’abbattimento del Su-22, nella notte tra il 18 e 19 giugno, le Guardie Rivoluzionarie hanno lanciato una serie di missili a medio raggio Shahab-3, dal territorio siriano verso la città di Deir Ezzor ancora in mano all’ISIS. Se il bombardamento è formalmente una rappresaglia per l’assalto al Parlamento iraniano del 7 giugno, ci sono pochi dubbi che la prova di forza iraniana si inquadri nel più generale crescendo di tensione in corso.
Che la situazione per il blocco atlantico stesse volgendo al peggio, era emerso con chiarezza nell’autunno del 2016, quando le truppe governative avevano riconquistato Aleppo: rinsaldato l’asse tra la capitale ed il cuore economico-industriale della Siria, Bashar Assad poteva considerati raggiunti gli obbiettivi di massima della guerra. Da allora, la coalizione capeggiata da Washington ha dovuto rivedere i piani alla luce degli sviluppi sul campo. La nuova strategia contemplava una balcanizzazione “minima” del Paese: si preveda, in particolare, la nascita di un Kurdistan indipendente nel nord della Siria e la creazione di un feudo controllato dagli USA nell’estremo est del Paese (la zona di Raqqa ed il corso dell’Eufrate) così da impedire la nascita del temuto corridoio Damasco-Teheran via Baghdad. Il primo obbiettivo si è scontrato con la ferrea determinazione di Ankara di impedire la creazione di qualsiasi entità curda a ridosso dei suoi confini, col rischio che questa funga da catalizzatore per i milioni di curdi che vivono nel sud-est della Turchia: ne sono derivati i ripetuti bombardamenti aerei turchi contro i curdi alleati di Washington (SDF o YPG) che hanno incrinato i rapporti tra le due potenze2. Il secondo obbiettivo si è invece concretizzato con il dispiegamento di forze angloamericane nelle stesse zone controllate fino a poco prima dal Califfato.
Sul finire del 2016, gli USA creano (in barba a qualsiasi norma del diritto internazionale) una base nei pressi di At Tanf, ad una cinquantina di chilometri dal confine giordano ed iracheno: insinuandosi dentro i confini siriani, gli angloamericani mirano a tagliare le comunicazioni tra Damasco e Teheran che si avvalgono dell’autostrada per Baghdad ed a creare un cuneo per la conquista di Deir Ezzor, Raqqa e la valle dell’Eufrate. Dalla base di At Tanf, l’aviazione americana lancia saltuari raid contro le forze corazzate siriane in avanzata3, ma l’effetto deterrente è modesto: per impedire che l’enclave angloamericana sia sommersa, il comando militare statunitense decide quindi, ai primi di giugno, di dotare la base di missili balistici tattici con raggio di 300km (HIMARS). La mossa americana ha il sapore della disperazione: l’iniziativa militare è saldamente in mano a Damasco ed è altamente probabile che sia proprio la coalizione russo-iraniana ad entrare per prima a Raqqa e Deir Ezzor (si veda la recente riconquista di Rusafa4). L’abbattimento del Su-22 siriano di pochi giorni fa è nient’altro che il gesto inconsulto di chi vede svanire ogni possibilità di vittoria.
La realtà è molto amara per la coalizione “occidentale”: la pluriennale guerra per procura combattuta in Siria è sostanzialmente persa e con lei svaniscono le residue velleità neo-coloniali di Francia e Regno Unito, i progetti di un Nuovo Medio Oriente di USA ed Israele, le ambizioni regionali dell’Arabia Saudita e del Qatar. Di fronte a questo clamoroso scenario (il primo cambio di regime fallito dal crollo del Muro di Berlino), non resterebbe agli USA che un’ estrema opzione per ribaltare la situazione sul campo: accantonare la guerra per procura e procedere con un conflitto aperto, ingaggiando prima le forze governative siriane, poi l’Iran e, infine, la Russia. Come un incendio di devastanti proporzioni, la guerra si propagherebbe nel giro di pochi giorni dalla Siria all’intero Medio Oriente, dal Mar Mediterraneo al Mar Baltico, dall’Asia all’Europa, e poi oltre.
È uno scenario possibile ma, considerata la stanchezza economica, politica e militare degli USA, improbabile: più facile, invece, che l’establishment atlantico getti la spugna in Siria e contrattacchi altrove ricorrendo alle tattiche sinora utilizzate. Manovre sui mercati finanziari per abbattere il prezzo del greggio e le entrate fiscali russe (il barile è sceso attorno ai 40$), tentativi di rivoluzioni colorate in vista delle presidenziali russe, rilancio nei teatri periferici (Ucraina, Yemen, Centro Asia). È indubbio che esista una corrente oltranzista ed apocalittica che preme per il confronto militare con l’Iran e la Russia, ma è difficile che Donald Trump, sebbene tenuto sotto scacco dal “Russiagate”, voglia passare alla storia come il presidente che ha rischiato/condotto il primo conflitto nucleare.
La guerra per procura in Siria volge quindi al termine e, nonostante gli ultimi colpi di coda, si profila all’orizzonte una storica disfatta per il blocco atlantico: è l’ennesimo segnale di un sistema che marcia rapido verso il collasso economico, politico e morale.
1http://www.askanews.it/esteri/2017/06/19/siria-russia-jet-coalizione-a-ovest-eufrate-obiettivi-da-ora-pn_20170619_00653/
2http://edition.cnn.com/2017/04/25/politics/turkey-bombs-kurds-iraq-us-concerned/index.html
3http://www.telegraph.co.uk/news/2017/05/18/us-fighter-jets-bomb-assad-tank-convoy-advancing-coalition-base/

4https://southfront.org/syrian-army-captures-strategic-crossroad-town-of-resafa-in-raqqah-province-map/



PALESTINA ED OCCUPAZIONE ISRAELIANA

Lettera aperta dalle Comunità Cristiane della Palestina

Lettera aperta della Coalizione Nazionale delle Organizzazioni Cristiane in Palestina (NCCOP) al Consiglio Mondiale delle Chiese e al movimento ecumenico
Impara a fare bene; segui la giustizia. Difendi l’oppresso. (Isaia 1:17)
Il nostro appello
“Dio benedice coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno soddisfatti.” (Matteo 5: 6)
“Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.” (Matteo 5: 10-11)
Mentre ci troviamo di fronte a questo “momento impossibile”, non ci fa piacere affermare che “l’avevamo detto” otto anni fa quando abbiamo dichiarato il momento come momento Kairos (opportuno, NdT)! Ci troviamo di fronte all’impossibile, ma non abbiamo perso la speranza, poiché, come seguaci del Risorto, siamo il popolo della speranza.
Tuttavia, abbiamo bisogno di voi e abbiamo bisogno di voi ora più che mai. Abbiamo bisogno della vostra grande solidarietà. Abbiamo bisogno di donne e uomini coraggiosi disposti a stare in prima linea. Non è il momento per la diplomazia formale. Vi esortiamo ad ascoltare il nostro invito e ad adottare quanto segue:
1) Chiamate le cose con il loro nome: riconoscete Israele come uno stato di apartheid in termini di diritto internazionale e in accordo con quello che una persona come Desmond Tutu ha detto e come il rapporto dell’ONU ESCWA ha dichiarato: “Israele è colpevole di imporre un regime di apartheid al popolo palestinese“. Siamo turbati dal fatto che gli stati e le chiese si occupano di Israele come se la situazione fosse normale, ignorando la realtà dell’occupazione, della discriminazione e della morte quotidiana nella terra. Proprio come le chiese si unirono per porre fine all’apartheid in Sudafrica e come il WCC (Consiglio Mondiale delle Chiese) ha giocato un ruolo coraggioso e fondamentale di profezia e di leadership, ci aspettiamo che voi facciate lo stesso!
2) Condannate in modo inequivocabile la dichiarazione di Balfour come ingiusta e esigete del Regno Unito che chieda perdono al popolo palestinese e ricompensi le perdite. Chiediamo alle chiese e ai cristiani di sostenere i palestinesi nella loro richiesta di giustizia. Fu l’infame dichiarazione del Regno Unito che, dopo tutto, costruì il terreno per la concezione di uno stato etno-religioso, proprio la stessa cosa per cui oggi la nostra terra sta soffrendo.
3) Adottate una chiara e forte posizione teologica contro qualsiasi teologia o gruppo cristiano che giustifichi l’occupazione e privilegi una nazione rispetto ad un’altra sulla base dell’etnia o di un patto. Vi chiediamo di adottare e vivere la teologia suggerita da Kairos Palestina e di organizzare conferenze per portarne la consapevolezza.
4) Prendete posizione contro l’estremismo religioso e contro ogni tentativo di creare uno stato religioso nella nostra terra o nella nostra regione. Vi chiediamo di sostenerci nella lotta contro le fondamenta dell’estremismo e di ricorrere al nostro consiglio nell’agire contro l’estremismo religioso in modo da non mettere in pericolo e danneggiare la nostra posizione.
5) Rivedete e confrontatevi con i vostri partner nel dialogo religioso e siate disposti a ritirarvi anche dal partenariato se necessario – se l’occupazione e le ingiustizie in Palestina e Israele non vengono combattute.
6) Conducete campagne perché i leader religiosi e i pellegrini visitino Betlemme e altre città palestinesi da questo lato del muro in collaborazione con le agenzie di turismo e pellegrinaggio palestinesi, in risposta ai recenti tentativi di Israele. Vi chiediamo di sfidare pubblicamente ogni tentativo da parte di Israele o di altri cristiani che scoraggino i pellegrini dalla visita dei luoghi palestinesi.
7) Difendete il nostro diritto e il nostro dovere di resistere all’occupazione in modo creativo e non violento. Vi chiediamo di parlare a sostegno di misure economiche che spingano Israele a fermare l’occupazione, e di andare oltre sostenendo lo sport, le misure culturali e accademiche contro Israele fino a quando non rispetterà il diritto internazionale e le risoluzioni delle Nazioni Unite che sollecitano la fine dell’occupazione, dell’apartheid e delle discriminazioni, e non permetterà ai rifugiati di tornare nella loro terra e nelle loro proprietà. Questo è la nostra ultima risorsa pacifica. In risposta alla guerra di Israele contro il BDS, vi chiediamo di intensificare queste misure.
8) Create dei gruppi in difesa dei Cristiani palestinesi. Vi chiediamo di contestare pubblicamente e legalmente le organizzazioni cristiane che screditano il nostro lavoro e la nostra legittimità.
9) Pertanto, vi proponiamo di creare con la massima urgenza un programma strategico all’interno del WCC simile al programma “Combattere il Razzismo”, per fare pressione, sostenere e sviluppare programmi attivi verso la giustizia e la pace in Palestina e Israele e per lavorare al mantenimento della presenza dei Cristiani palestinesi attraverso il sostegno delle loro organizzazioni, del lavoro delle chiese e dei loro sforzi pacifici.


Manifestazione di protesta dei cristiani a Gerusalemme –

Come testimoni fedeli, riconosciamo, affermiamo e continuiamo la lunga tradizione profetica, in particolare quella avviata dall’appello di Amman e articolata nel documento di Kairos Palestina. Ci rendiamo conto che i leader della chiesa subiscono pressioni qui e all’estero per non dire la verità ed è per questo che stiamo lanciando questo appello.
La situazione è più che urgente. Siamo sull’orlo di un crollo catastrofico. L’attuale status quo è insostenibile. Questa potrebbe essere la nostra ultima possibilità di raggiungere una giusta pace. Come comunità cristiana palestinese, questa potrebbe essere la nostra ultima occasione per salvare la presenza cristiana in questa terra. La nostra unica speranza come cristiani deriva dal fatto che a Gerusalemme, città di Dio e nostra città, c’è una tomba vuota, e Gesù Cristo che ha trionfato sulla morte e sul peccato, ha portato a noi e a tutta l’umanità nuova vita.
Siamo pressati da ogni parte, ma non schiacciati; perplessi, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non distrutti. (2 Cor 4: 8-9)
12 giugno 2017
A firma di:
Gerusalemme
Arab Catholic Scouts Group
Arab Orthodox Society – Jerusalem
Caritas – Jerusalem
Department of Service to Palestinian Refugees – Middle East Council of Churches
Greek Catholic Sayedat AlBishara Association
International Christian Committee
Laity Committee in the Holy Land
National Christian Association
Pontifical Mission Palestine
SABEEL – Ecumenical Liberation Theology Center
Seeds of Better life
Union of Arab Orthodox Club – Jerusalem
Young Men’s Christian Association –YMCA
Young Women’s Christian Association –YWCA
Gaza
NECC office
Bethlehem (NCOB)
Network of Christian Organizations in Bethlehem
The East Jerusalem YMCA / Beit Sahour Branch
The Arab Educational Institute
Holy Land Trust, Bethlehem
Wi’am Center, Bethlehem
Saint Afram Assyrian Society
Holy Land Christians Ecumenical Foundation, Bethlehem
Joint Advocacy Initiative (JAI)
Arab Orthodox Club, Beit Sahour
Arab Orthodox Club, Beit Jala
Arab Orthodox Club, Bethlehem
The Arab Orthodox Charitable Society, Beit Sahour
Bethlehem Bible College
Siraj Center for Holy Land Studies
Alternative Tourism Group, ATG, Beit Sahour
Senior Citizen Charitable Society
Environmental educational Center, Beit Jala
Saint Vincent Charitable Society, Beit Jala
Shepherds’ Children Society, Beit Sahour
KAIROS PALESTINE
http://www.controinformazione.info/lettera-aperta-dalle-comunita-cristiane-della-palestina/#

Gerusalemme, Nicosia e la Terza Guerra Mondiale

gilad.co.uk
Cypriot press ha scritto la scorsa settimana di una grande esercitazione militare israeliana-cipriota.
Il video israeliano qui sotto, mostra una operazione di Commando di Brigata israeliano impegnato in una routine militare di aggressione sui monti  Trodos di Cipro.



Che cosa è successo? Com’è che i ciprioti – conosciuti per sostenere la causa palestinese – sono diventati una provincia dell’impero israeliano?
La risposta è : Un accordo sul gasdotto Israele-Europa.
All’inizio di aprile abbiamo saputo qualcosa di una proposta per un pipeline sottomarino di 2.000 chilometri che collega i campi di gas situati in mare aperto tra Gaza e Cipro con la Grecia e forse con l’Italia.
L’accordo sul pipeline tra Israele, Italia, Cipro e Grecia lascia fuori sia i turchi che i palestinesi. Mentre Gaza sta affrontando una crisi energetica critica con l’elettricità che viene erogata meno di tre ore al giorno; Israele mira ad accaparrarsi miliardi di dollari con una importante riserva di gas naturale, situata al largo di Gaza e ben all’interno delle acque territoriali palestinesi (supponendo che tale termine esista).
Yuval Steinitz, Ministro per l’energia di Israele, ha salutato il progetto del pipeline dicendo che dovrebbe essere in funzione nel 2025 come “l’inizio di una meravigliosa amicizia tra quattro paesi mediterranei”. Naturalmente non tutte le nazioni mediterranee collegate sono entrate nell’accordo. Possiamo prevedere che questa sia la ricetta per un disastro: la pipeline e le installazioni per il gas sono solo i primi obiettivi. La regione è volatile. Cipro sta mettendo a rischio la propria sovranità. Potrebbe, in breve tempo, Dio non voglia, diventare il campo di battaglia per spietati operatori globali.
La leadership di Cipro si rende conto di dover diventare una provincia di Israele se vuole disporre di un gasdotto che spedisca il gas naturale palestinese. E come viene mostrato nel video, Cipro ora gode dell protezione del suo fratello maggiore israelita. L’esercitazione militare congiunta israeliano-cipriota è stato effettuata per mandare un messaggio alla Turchia e ad altri giocatori della regione: qualsiasi tentativo di interferire con il loro progetto di rubarsi il gas, dovrà prima confrontarsi  con la brutalità militare israeliana.

Gilad Atzmon
Fonte :http://www.thetruthseeker.co.uk
Link: http://www.gilad.co.uk/writings/2017/6/19/jerusalem-nicosia-and-ww3
19.06.2017
https://comedonchisciotte.org/gerusalemme-nicosia-e-la-terza-guerra-mondiale/

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