La ricerca della verità crea la selezione dei migliori
È un errore pensare che la ricerca della verità sia una cosa che riguarda solo poche persone, cioè i filosofi di professione, mentre la gran parte degli esseri umani ha cose più concrete e più importanti da sbrigare, come sbarcare il lunario, mantenere una famiglia, occuparsi dell’educazione dei bambini e dell’assistenza ai vecchi. Al contrario, non c’è nulla che sia più importante della verità, nulla che venga prima di essa. E, del resto, la ricerca della verità non è un’altra cosa rispetto alle normali e necessarie attività della vita quotidiana, ma è la stessa cosa, solo fatta con piena ed intera consapevolezza, laddove, molto spesso, quelle attività vengono espletate alla meno peggio, come si sa e come si può, cioè senza consapevolezza autentica di quel che si sta facendo, e del perché lo si stia facendo.
Ma facciamo un passo alla volta. Una società sana è una società nella quale le singole persone cercano di realizzare il loro fine individuale, ma anche il fine proprio dell’essere umano: nella quale, cioè, ciascuno è aiutato a trovare e costruire se stesso, non solo come un atomo disperso e isolato, ma come parte della famiglia umana, dalla quale riceve gli strumenti per diventare ciò che deve essere, e alla quale restituisce, a sua volta, tali strumenti, nelle persone dei propri figli, amici, colleghi, eccetera. In una società di questo genere, la verità è percepita come un elemento essenziale per orientarsi nella vita, sia a livello individuale, sia a livello collettivo: il solo fatto di credere che essa esiste crea una interazione virtuosa fra il singolo individuo e la società nel suo insieme, a cominciare dalla sua cellula fondamentale e naturale, che è la famiglia. Ovviamente parliamo della famiglia vera, quella formata da un uomo, una donna e, possibilmente, dei bambini; non delle sue sconce contraffazioni odierne, e meno ancora di una famiglia “aperta”, “fluida” e fluttuante, secondo gli umori e gli orientamenti psicologici e quelli sessuali, più o meno transitori, più o meno durevoli, dei suoi membri.
Il nostro problema è che abbiamo costruito con tenacia, con testardaggine, con intransigenza, una società dominata dalla dittatura del relativismo. Abbiamo deriso, scoraggiato, svalutato, per decenni, l’idea che la verità esiste, e applaudito qualunque imbecille il quale gridasse a più non posso che esistono tante verità quanti sono gli esseri umani, anzi, quanti sono i loro temporanei stati di coscienza: con il bel risultato che siamo piombati nel caos intellettuale e spirituale più completi, nel quale ciascuno cerca di affermare il proprio io e il proprio punto di vista a discapito degli altri: perché, dopotutto, anche se lo negano a parole, di fatto gli uomini non possono vivere senza affermare un principio di verità. E, in mancanza di un principio oggettivo, valido e riconosciuto, ognuno cerca di affermare il proprio, gridando più forte degli altri e sforzandosi di mettere il piede sulla testa dei suoi vicini. Non solo: in una società relativista, non esiste il merito, o, per essere più precisi, si fanno strada le persone senza meriti: i più cialtroni, i più aggressivi, i più superficiali, i più banali, ma, nello stesso tempo, i più ambiziosi; insomma, i più egoici. Ora, alle perone egoiche non importa nulla degli altri, e meno che meno importa di dare un contribuito positivo alla società: tutto quel che domandano, alla società, è che essa offra loro un palcoscenico permanente, per dare spettacolo della loro supposta intelligenza, bellezza, bravura, competenza, eccetera, anche se tali qualità esistono solo nella loro mente tarata.
A lungo andare, tutto questo produce una vera e propria selezione dei peggiori, in una spirale negativa senza fine, che conduce sia gli individui, sia la società tutta, sempre più in basso, verso livelli sempre più infimi di ignoranza, stupidità, volgarità e inconsapevolezza. In una società del genere, qualunque ciarlatano può passare benissimo per un grande filosofo o per un grande scrittore (pensiamo a Umberto Eco, tanto per non far nomi, che ha sfornato, applauditissimo, decine di libri come altrettante varianti sullo stesso tema, il giocattolino della semiotica, smontato e rimontato all’infinito, e sempre a sostegno del “pensiero debole”, cioè del relativismo eretto a sistema), purché si accodi ai gusti della maggioranza e ripeta instancabilmente, come il raglio dell’asino, che ciascuno ha la sua verità, che la verità in se stessa non esiste, e che il mondo è bello perché è pluralista, ossia perché non riconosce alcun principio di verità oggettiva e superiore (cfr. i nostri articoli Il problema della cultura democratica è che ogni cretino si crede un Aristotele, e Una società relativista produce la selezione dei peggiori, pubblicati sul sito di Arianna Editrice, rispettivamente il 02/09/2011 e il 25/01/2016). E, in una situazione di questo genere, sia le persone, sia la famiglia e la società, si trovano quanto mai lontane, non diciamo dalla verità, ma anche dal semplice desiderio della verità.
Tuttavia, siccome il bisogno di verità è uno dei bisogni primari dell’uomo, senza i quali non si potrebbe vivere, l’uomo moderno e la società moderna si trovano imprigionati in questo circolo vizioso: cercano qualcosa che rifiutano, anelano a ciò che disprezzano, e si protendono verso quel che non vogliono, né ammettono che vi sia. Di conseguenza, come sempre succede in tali casi, si crea un corto circuito, e la conseguente paralisi, di cui approfittano tutti i mestatori, i venditori di aria fritta, gli avventurieri più o meno spericolati, i saltimbanchi intellettuali, e anche, purtroppo, i cattivi maestri, quelli veramente pericolosi, perché votati alla causa del male, decisi a sfruttare sino in fondo il momento favorevole per sospingere l’umanità verso l’abisso, illudendola però che essa sta procedendo verso le magnifiche sorti e progressive.
Pertanto, nella situazione attuale, ciascun essere umano si trova solo di fonte al bisogno di verità, senza alcun supporto da parte della società. La famiglia, per prima, ha ceduto al relativismo; la scuola e le altre agenzie educative, non ne parliamo. Da ultimo, ma in maniera clamorosa, pacchiana, insopportabile, ha ceduto, quasi di schianto, la Chiesa cattolica, che migliaia di preti e centinaia di vescovi hanno scambiato per la loro personale tribuna oratoria e per sfrenare il loro particolare estro creativo, infischiandosene altamente della verità, che, per un cattolico, è, o dovrebbe essere, la Verità per eccellenza, da scrivere con la lettera maiuscola, e non una verità fra le altre verità. E qui si son visti i pessimi effetti di un certo “spirito di Assisi”, di un certo ecumenismo e di un ceto dialogo inter-religioso, insomma di un certo “spirito” (con la minuscola!) del Concilio Vaticano II, diffuso da cattivi maestri fin dagli anni Cinquanta, come Teilhard de Chardin, o prima ancora, dai campioni del modernismo, Tyrrell, Loisy, Buonaiuti, che ora vivono il loro momento di gloria postumo, la loro rivincita spettacolare, e che forniscono le bandiere con le quali i vari Rahner, Kasper, Marx, Küng, Bianchi, e adesso il papa Francesco, con i vari Paglia, Galantino, Sosa Abascal, Martin, eccetera, danno l’assalto all’ultima cittadella che ancora resiste: quell’Io sono la Via, la Verità e la Vita del Vangelo di San Giovanni. E il male è penetrato talmente in profondità, il veleno modernista si è talmente diffuso nell’intero organismo, che ormai molte persone, anche in buona fede, hanno smarrito, o stanno smarrendo, perfino gli strumenti linguistici, oltre a quelli concettuali, per riconoscere la verità e distinguerla dall’errore: per esempio – come ha osservato, recentemente, Alessandro Gnocchi -, confondendo la “marcia” con la “processione”, come se, per un cattolico, fossero più o meno la stessa cosa, e non già due manifestazioni radicalmente diverse nello spirito, nelle finalità, nella prospettiva spirituale.
E dunque: soli verso la verità. Non del tutto soli, tuttavia: il semplice fatto che ci siano ancora persone che cercano sinceramente la verità, attesta che, di fatto, qualche buon esempio esiste ancora: che qualche genitore, qualche adulto, qualche maestra, qualche prete, hanno lasciato cadere il buon seme anche in mezzo ai campi più ingrati. Ma, soprattutto, non completamente soli, perché chi cerca sinceramente la verità, dalla Verità sarà sempre aiutato, incoraggiato, guidato, indirizzato, sostenuto. La Verità è l’Essere; e l’Essere, in termini religiosi, si chiama Dio. Dio è il supremo garante della verità, perché è Egli stesso la Verità; la sua Parola, è Verità; il suo Figlio, è Verità; il suo Spirito, è Verità. Ecco dunque spiegato perché i cattivi maestri hanno voluto predicare ed imporre la dittatura del relativismo: per eliminare definitivamente Dio dalla prospettiva umana, processo incominciato con i philosophes illuministi. Ma eliminare Dio dall’orizzonte dell’uomo, quando Dio è vivo nell’anima dell’uomo stesso, è come mettere l’uomo in lotta contro se medesimo: cioè trasformarlo in una bestia furiosa, idrofoba, che odia e desidera l’acqua nello stesso tempo; in un ossesso, in un indemoniato, che si morde da se sé e che cerca di dilaniarsi le carni con i suoi stessi denti. La cultura moderna, pertanto, è la cultura del diavolo; e la società moderna è, alla lettera, il regno del diavolo. Queste non sono le fantasie o le allucinazioni di monaci medievali e di eremiti fanatici: questo è ciò che emerge da una analisi obiettiva e razionale dei fatti, ovviamente da un punto di vista spirituale e da una prospettiva autenticamente cattolica.
Ed ecco quel che ci divide, che ci divide radicalmente, irrevocabilmente, dai cattolici progressisti e neomodernisti: il giudizio sul mondo moderno. Per loro, il mondo moderno è il degno e legittimo interlocutore, con il quale bisogna intendersi, che si deve anzi abbracciare, in nome della fratellanza e del ”dialogo” con tutti; per noi, il mondo moderno è il “mondo” nel senso giovanneo del termine: ciò che si oppone alla Verità di Cristo, ciò che la vuol mettere a tacere, che la vorrebbe distruggere; ciò che lotta strenuamente, ora apertamente, ora subdolamente, contro di essa; e che, se non riesce a distruggerla con un assalto frontale (sono duemila anni che ci sta provando), tenta di realizzare il suo obiettivo penetrando silenziosamente dentro di essa, insinuandosi in maniera dolce e tranquilla, e arrivando al punto di sovvertirla dall’interno, senza che gran parte dei cattolici se ne siano neppure resi conto. Ma quale dialogo è mai possibile fra un vescovo che viene aggredito e quasi linciato dalla folla, per aver osato dire che l’omosessualità si può curare, a patto di volerlo, con le terapie riparative proposte dal dottor Joseph Nicolosi (è appena accaduto in Spagna) e un altro che, invece (e qui siamo in Italia) stigmatizza le veglie di preghiera in riparazione delle oscene manifestazioni omosessualiste, e, che, in tal modo – che sia in buona o in cattiva fede, non si sa – smorza la giusta preoccupazione dei credenti verso la diffusione dell’ideologia gender, minimizza la sensazione di pericolo e contribuisce a indebolire e offuscare la Verità, proprio quando si sta profilando il cimento supremo, allorché si giocherà davvero a carte scoperte.
Cercare la verità, dunque, contro tutti e contro tutti; andare controcorrente, affrontare la solitudine, l’incomprensione, il disprezzo, la derisione, le calunnie degli altri, del gregge abbrutito, degli uomini-massa disumanizzati e ormai post-umani, tubi digerenti che hanno dato il cervello all’ammasso e che non credono più a niente, tranne che al loro ventre, ai loro organi sessuali e al loro ego smisurato, ipertrofico, abnorme; e che non hanno più nemmeno un’anima, perché, a forza di vivere, pensare e sentire come le bestie, l’hanno fatta fuggire via, inorridita, ed è rimasta loro solo la compagnia dei demoni. Cercare la verità, sui sassi, fra le spine, con la sete, con la fame, con la stanchezza, con il sonno: anche con gli sterili dubbi, gli scrupoli paralizzanti, i tormenti interiori. Non sarò, per caso, un illuso, o un presuntuoso? Chi credo di essere io, per cercare la verità? Sono domande, queste, che vengono dal diavolo: il diavolo le suggerisce ai migliori, a quelli che si stanno avvicinando alla meta, e che potrebbero smascherare la sua grande menzogna, e vedere la luce di Dio. Il diavolo non vuole che nessuno si avvicini alla verità: per questo incoraggia e alimenta tutto ciò che è dubbio corrosivo, incertezza paralizzante, denigrazione sistematica dei sinceri ricercatori del vero. Vuol farli passare per dei pazzi pericolosi, per degli allucinati, per degli orgogliosi che pretendono di innalzarsi al di sopra degli altri. Il che, in parte, è vero (il diavolo dice sempre delle mezze verità, per meglio ingannare i suoi polli): sì, vogliono innalzarsi; ma non per meglio sfruttare e manipolare le masse, o per acquisire fama e privilegi, come fanno i cattivi maestri, bensì per indicare la loro stessa meta, cioè la verità, a tutti gli uomini di buona volontà, a tutte le anime generose e a tutte le menti capaci ancora di pensare liberamente.
Il diavolo, comunque, è instancabile. Se non riesce a impedire la marcia verso la verità sin dall’inizio; se non riesce a scoraggiarla, a ostacolarla, a deviarla nel bel mezzo, è però capace di un’azione ancora più subdola: rovesciarne il senso. Succede a molti ricercatori della verità, che, quando pensano di aver trovato quel che cercavano, immediatamente si abbandonano a una nuova forma di conformismo: cioè si mettono a sbandierare la “verità” ch’essi hanno raggiunto, giudicano tutti gli altri, approvano quelli che seguono le loro orme e biasimano o denigrano ferocemente tutti gli altri. In altre parole, il diavolo si serve dell’orgoglio umano per sviare i ricercatori della verità dal loro obiettivo, e per illuderli con falsi risultati, ingabbiandoli di nuovo nella prigione dell’ego, senza che se ne rendano conto. Ed ecco la ragione per cui cercare sinceramente la verità è cercare Dio, e per cui Dio aiuta sempre chi lo cerca con cuore puro: perché Lui solo può liberarci dalla trappola dell’io e sa sventare gl’inganni del diavolo. E lo può, perché la Verità che cerchiamo è Lui.
di Francesco Lamendola del 02-06-2017
http://www.liberaopinione.net/wp/?p=14750
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Un altro splendido scritto del prof. Lambendola, inappuntabile e veritiero, con alcuni aspetti autobiografici - mi pare - laddove si parla dei dubbi, scrupoli e tormenti interiori, che assalgono coloro che si sforzano di cercare la verità dentro una realtà che sistematicamente la contraddice e la combatte. È la perfetta descrizione di un doloroso travaglio, che io pure sperimento spesso. Grazie di cuore!
RispondiEliminaBravissimo caro prof. Lamendola! grazie per il Suo impegno in difesa della Verità Cristiana
RispondiEliminaRipropongo la mia richiesta al dottor Lamendola (che non so in qual altro modo raggiungere) pregando vivamente il direttore di questo blog, se può, di farsi da tramite per farmi avere una risposta. Grazie di vero cuore (seguo giornalmente questo blog) :
RispondiEliminaCaro dottor Lamendola,
i suoi articoli sono così interessanti ed illuminanti che non manco di copiarli in una mia personale "Antologia del modernismo nella Chiesa Cattolica", ormai giunta, però, a dimensioni da Enciclopedia Britannica. Per questo le rivolgo una preghiera "non pensa che sarebbe utile per noi lettori cattolici (non dico tradizionalisti, perché i modernisti, Bergoglio incluso, non sono più cattolici, e forse nemmeno più cristiani) se lei riunisse tutti i suoi articoli in un bel libro, così da ampliare anche la sua potenziale platea di lettori? La prego, ci pensi, e poi faccia sapere cosa pensa in proposito. Grazie, e Dio la benedica e la conservi. L J C !
Penso che si possano inviare al sito che purtroppo non viene riconosciuto nella url da blogger.com come riportato nei loro contatti
EliminaPer comunicazioni scrivere a:
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