ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 16 giugno 2017

Meglio soli che ius

Non esiste il diritto di essere italiano, esistono ordini a cui obbedire. E tempi rapidi per farlo

Mi basterebbe una semplice domanda per far crollare l’intero impianto ideologico della legge sullo ius soli: se questo provvedimento è tanto urgente perché legato a una questione di sacrosanti diritti negati, perché per giustificarlo si utilizza la chiave demografica e pensionistica? E’ un diritto delle persone o una necessità di cassa dell’INPS? Le due cose, come vedete, non collimano. Ma si sa, la retorica del “già oggi ci stanno pagando le pensioni” è collaudata, funziona meravigliosamente nei salotti televisivi: anche perché la gente non si prende la briga e l’onere di andare a vedere la reale situazione dell’INPS e il dato delle rimesse estere. Ma questa è un’altra storia. Che sia tutta una questione di fumo negli occhi, d’altronde ce lo dimostra la cronaca: cosa è rimasto delle giornata di ieri? La protesta di CasaPound fuori dal Senato e quella della Lega Nord dentro l’Aula, con cotè di ministro dell’Istruzione che finisce in infermeria per una botta al gomito. Ma tranquilli, Valeria Fedeli in tempo reale ha fatto sapere su Twitter di stare bene e di non aver paura delle provocazioni di chi si frappone sulla strada dei diritti. E come mai la Fedeli è così centrale in questa vicenda?

Perché la legge sullo ius soli si divide in due parti e la seconda fattispecie fa riferimento al cosiddetto ius culturae, ovvero la possibilità di ottenere la cittadinanza dopo un ciclo di studi completo. Insomma, ius soli per i figli di stranieri che nascono nel nostro Paese e ius culturae per chi va a scuola con profitto e ottiene il proverbiale pezzo di carta. Paradosso vuole che, curriculum alla mano, se la Fedeli fosse straniera, rientrerebbe a malapena nella seconda categoria. Ma tant’è, fa il ministro dell’Istruzione. E’ tutta ideologia, pura e semplice. Dei diritti degli stranieri non frega un cazzo a nessuno, in realtà, anche perché una legge che preveda la possibilità di richiedere la cittadinanza dopo 10 anni di permanenza in Italia, c’è già: l’unico comun denominatore qui è la fretta. Fretta di avere una nuova base elettorale, fretta d avere un nuovo esercito industriale di riserva tramite i migranti, fretta di disgregare il più possibile la società in nome del diverso che, per paradosso, garantisce l’omogeneizzazione del globalismo. Riconoscere i diritti di tutti per rispondere a un unico diritto totalizzante: quello del mondialismo apolide e liberista.
“Non esiste appellativo più importante nella nostra democrazia di cittadino australiano. E noi non dovremmo scusarci per il fatto di chiedere a chi viene qui per unirsi alla famiglia australiana di farlo come patriota australiano, legato ai valori che ci definiscono, legato ai valori che ci uniscono. Il nostro successo come società multiculturale è basato su fondamenta forti che includono la fiducia dei cittadini australiani nel fatto che il loro governo – e lui solo – determini chi possa venire in Australia”. Parole e musica, non più tardi di un mese fa, di Malcom Turnbull, primo ministro australiano, nel corso della presentazione della nuova legislazione – restrittiva rispetto alla precedente – riguardante la cittadinanza. Detto fatto, la trasmissione “The Drum” della ABC Australia ha scatenato una sorta di crociata al riguardo, arrivando a una vera e propria campagna di demonizzazione di quelle parole, bollate dagli ascoltatori come “fasciste” e “degne di Donald Trump”.
Malcolm Turdbull announces changes to citizenship test
Insomma, i globalisti hanno un serio problema con il concetto di nazionalismo e di patriottismo, li urta: per loro l’importante è tramutare il mondo in una grande famiglia felice stile Mulino Bianco, dove confini ed etnie non hanno più senso, dove la gente può muoversi liberamente senza dare spiegazioni e, soprattutto, dove nessuna società è peculiarmente migliore dell’altra. Perché, predicando la diversità, lo scopo è solo uno, ovvero ottenere il contrario: mischiarci dentro una monocultura globale che risponda non a diritti o tratti distintivi dell’essere ma semplicemente alle linee guida della “società aperta”. Le parole di Turnbull, niente più che buonsenso, sono diventate qualcosa di cui vergognarsi e contro cui battersi in nome del diritto universalistico a un mondo senza barriere, un mondo piatto che può essere calcato a destra e a manca senza limiti: per questo ius soli, perché l’alternativa è il sangue. E quello, almeno per ora, non lo si può ottenere attraverso l’alacre lavoro delle ONG.
E’ uno schema fisso e rispondente a un’agenda precisa. Come Turnbull ha la ABC, in Italia abbiamo “La Repubblica”. E non lo dico a caso, perché il senso di quanto accaduto ieri al Senato e di quanto accadrà ancora una volta passato il ballottaggio delle amministrative sta tutto in questa prima pagina del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari,

risalente allo scorso 30 maggio, quando l’accordo di base tra Forza Italia, PD, M5S e Lega Nord su una nuova legge elettorale di stampo proporzionale sembrava spalancare le porte al voto in autunno. Ecco allora che il direttore del giornale, Mario Calabresi, sentiva il bisogno di chiedere al morente esecutivo di non tradire almeno sei riforme, prima della fine anticipata della legislatura: una di queste, nemmeno a dirlo, era quello sullo ius soli. In subordine, cannabis e bio-testamento. Un’agenda etica più che politica, frutto marcio e riconoscibile della visitina di George Soros a Paolo Gentiloni il 3 maggio scorso. A Palazzo Chigi, non in sede privata. E perché era così importante accelerare, perché una legge che giace sui tavolini delle Commissioni parlamentari da anni, ora deve ottenere corsia preferenziale e prioritaria? Perché la rabbia sta montando e occorre blindare le basi della nuova società che ci aspetta, prima che quanto accaduto ieri mattina fuori dal Senato trovi la strada dell’urna e tracimi in qualcosa di più strutturato che un voto di protesta per il sindaco.

Qui non parliamo di raccolta differenziata o di illuminazione stradale, qui parliamo di una sostituzione etnica in corso che ha bisogno di pilastri e quinte colonne all’interno della società: serve il famoso “mediatore culturale”, serve il doppiogiochista dal volto umano che rende presentabile chi arriva agli occhi di chi non ne può più, serve il costruttore di ponti in un mondo che vuole, giustamente, muri. E, se possibile, anche fossati con tanto di coccodrilli. E un processo tanto semplice e plateale, quanto subliminale, esattamente come l’uso di sport e musica per veicolare messaggi ben più profondi e destabilizzanti. Nel viso del bambino cinese o nigeriano che anela per ottenere la cittadinanza, nelle lacrime dei suoi genitori che lo vogliono italiano a tutti gli effetti, nelle imprese di Mario Balotelli o Fiona May c’è il biscotto buonista da inzuppare nel caffè amaro del meticciato globalista, tanto per renderlo più deglutibile. Instillare il senso di colpa e al contempo di solidarietà/empatia verso quegli italiani non riconosciuti, in automatico umanizza e dà un volto anche a chi sbarca in continuazione nei nostri porti in queste ore, lo rende cittadino in pectore, lo trasforma nell’italiano che verrà e che dobbiamo accettare, felici e progressisti, in nome del multiculturalismo della società aperta.
Come mai, a vostro modo di vedere, la Commissione UE si è così accalorata per la vicenda dell’università di George Soros e delle restrizioni sul suo operato messe in campo dal governo ungherese? Tout se tient, come dicono i francesi. Tra la difesa a oltranza di Alexei Navalny nella campagna contro Vladimir Putin e il parossistico tradimento patrio di chi sostiene la legge sullo ius soli, non c’è differenza: non a caso, la centrale del globalismo che risponde al nome di “La Repubblica” sostiene con medesimo entusiasmo entrambi i processi di destabilizzazione. Fateci caso, poi: chi ha scatenato una polemica sul presunto incontro segreto fra Matteo Salvini e Davide Casaleggio, prodromico a un possibile patto Lega-M5S? Ovviamente il giornale diretto da Mario Calabresi, ieri in prima pagina. E come ha reagito il direttore alle smentite delle due parti in causa? Ribadendo la bontà delle sue due fonti, non rivelandone il nome ma solo la qualifica: due alti dirigenti della Lega.

Quindi, un ricatto alle fonti stesse: se non volete giocarvi la carriera, con Salvini che vi caccia in due minuti, reggete il gioco. E appena Luigi Di Maio ha minacciato querela e chiesto le dimissioni del direttore del quotidiano, come nel suo diritto di cittadino che vede diffamato il movimento in cui milita, ecco che Mario Calabresi ha assunto la postura della vittima e del martire della libertà di stampa: “Inaccettabili le minacce di Di Maio”. E’ il loro stle, colpire con la macchina del fango, le fonti anonime, le stesse fake news che a parole dicono di combattere e poi piangere e chiedere la protezione de Grande Fratello, se chi viene attaccato ha anche l’ardire di reagire. E’ lo stesso schema applicato su vari fronti: le balle sulla Siria, le interferenze russe, i diritti degli omosessuali, quelli dei migranti, quelli delle ONG, il Russiagate per colpire Trump, il gender che la sera negano e di giorno, in edicola, propagandano festanti.
Destabilizzare, criminalizzare l’avversario e poi piagnucolare, funziona a meraviglia su ogni fronte. Il caso di ieri è l’esempio calzante: tra quanto avvenuto dentro e fuori il Senato e quanto scatenato dalla prima pagina di “Repubblica”, traiamo il quadro perfetto del Matrix mondialista in cui siamo precipitati. A far paura non è stata l’opposizione in aula o in strada ma il fatto che l’agenda di priorizzare questa legge abbia fatto un cortocircuito da cui è nato il prodromo, magari destinato ad abortire subito, di un patto tra Lega e Cinque Stelle, un patto sovranista-nazionalista e, di fatto, anti-UE. Per questo, in tutta onestà, me ne frego altamente dei presunti diritti che vengono garantiti con un ciclo scolastico o con la nascita di un bambino (atto che garantisce la cittadinanza al genitore sprovvisto di permesso di soggiorno, tra l’altro, se il compagno/coniuge è in regola), me ne fotto del visino che impietosisce nelle campagne di propaganda, me ne fotto delle accuse di razzismo: la cittadinanza non è un do ut des burocratico, quella si chiama residenza.
Casaleggio: "Mai incontrato Salvini, Calabresi sveli fonti o lo querelo"
E nessuno ha diritto di essere cittadino per esigenze pensionistiche o agende politiche da consorteria segreta. La paura che ha instillato quel presunto incontro segreto fra Casaleggio e Salvini fa ben sperare, anche in assenza di un suo dato di realtà, paradossalmente. Significa che, a forza di tirare la corda, forse qualche filo comincia a strapparsi. E non basteranno tutte le Valeria Fedeli del mondo con il loro gomito indolenzito in favore di fotografi a fermare la consapevolezza di un popolo che finora ha dormito, quando ci si renderà conto che a prezzo di saldo non si sta regalando la cittadinanza a degli stranieri. Ma, bensì e ben più grave, svendendo identità e dignità sotto la falsa etichetta (oltretutto con data di scadenza molto ravvicinata per scelta del “produttore”) del riconoscimento di un diritto.
Sono Mauro Bottarelli, Seguimi su Twitter! Follow @maurobottarelli
Di Mauro Bottarelli , il 75 Comment

Contro lo ius soli e la distruzione della cittadinanza

di D. Fusaro Arianna Ed. – Il Fatto Quotidiano del 16-06-2017
0-1soli
Se fossimo nell’Amleto di Shakespeare potremmo compendiare tutto ciò che sta accadendo con le seguenti, imperiture parole: “Vi è del metodo in questa follia”. Stanno con successo riuscendo a far passare per plausibile l’inimmaginabile. Il capitale finanziario ha oggi come propria norma di sviluppo la destabilizzazione dello stabile, la precarizzazione del solido, lo sradicamento del radicato. Non vuole lavoratori tutelati, ma precari. Non vuole cittadini, ma migranti apolidi con erranza globale coatta.
Il capitale – non mi stancherò di ribadirlo – non vuole integrare i migranti. Vuole, invece, disintegrare i non-ancora-migranti. Non vuole cittadini radicati, attivi, con diritti. Vuole masse di schiavi apolidi, senza radici e senza stabilità lavorativa, etica ed esistenziale. Ci vuole tutti migranti e precari, disponibili per le pratiche della valorizzazione illimitata del valore.
Ed è in quest’ottica esiziale che deve essere letto il famigerato ius soli: con esso, si diventa tutti egualmente cittadini. Senza distinzioni. L’apice della uguaglianza, si potrebbe pensare. Ma il capitale conosce solo l’uguaglianza dell’irrilevanza, come la chiamava Hegel. Ossia ci rende tutti eguali nel senso di tutti egualmente irrilevanti. Chiama privilegi i diritti: per poterli distruggere in nome della lotta ai privilegi (vi ricorda qualcosa la rimozione dell’articolo 18?). Ed ecco lo ius soli: la cui ratio si compendia nel noto detto spagnuolo “todos caballeros”, dove ovviamente se sono tutti “caballeros”,  nessuno è veramente “caballero”.
Useranno questo grimaldello non per renderci tutti cittadini eguali, come sarebbe giusto: ma per distruggere il concetto di cittadinanza, con la gamma di diritti che esso storicamente implica. Si diventa tutti cittadini in astratto e, in concreto, il concetto di cittadinanza è svuotato: meglio, è rioccupato dal concetto di consumo. Il cittadino ha diritti che gli spettano in quanto tale. Il consumatore ha tanti diritti quanti può effettivamente acquistarne.
Preparatevi. E non unitevi al già nutrito branco dei lupi che ululano in modo irriflesso in difesa del pensiero unico, senza nemmeno capire ciò che stanno facendo.

Fonte: http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=59067 del 15/06/17 in redazione il 16 Giugno 2017

Ius soli, suicidio dei popoli – di Alfonso Indelicato

Redazione15/6/2017
di Alfonso Indelicato (*)
.
.
C’è un’argomentazione usualmente utilizzata dei sostenitori dello ius soli che ricorda la vecchia favola della cicogna, solo che di questa è assai meno innocua. Dicono cioè i fautori del “dentro tutti” che noi nati nei beati territori d’Occidente non abbiamo di ciò alcun merito: il dado, nel suo casuale rotolamento, è caduto dalla parte giusta, e così ci siamo ritrovati da questa parte del mondo; non avremmo, pertanto, alcun particolare diritto di godere di tanta fortuna né – di conseguenza – il diritto di respingere quanti arrembano sulle nostre coste.
Ora, questo ragionamento parte da un presupposto che è, come accennavo in principio, puerile. Presuppone cioè che noi esseri umani preesistiamo al nostro venire al mondo. Collocati in una dimensione dove non abbiamo che da attendere il momento della nascita, quando questo momento giunge veniamo casualmente proiettati in Asia piuttosto che in Oceania, in Europa piuttosto che nella Terra del Fuoco.
Le cose non stanno così. Il nostro nascere in una data località non è affatto casuale, nel preciso senso che è determinato dalla storia che ci precede. Questa storia è stata fatta da nostri padri, e prima ancora dai padri dei nostri padri, ed ora è continuata da noi. Nasciamo immersi in una cultura che ci fa essere quello che siamo. Senza questa cultura, non è che noi siamo un indefinito qualcosa in attesa di essere culturalmente plasmato: semplicemente non siamo.
E questa cultura che ci fa essere, che in senso spirituale ci crea,  ed è cultura  fatta di un’unica lingua, figlia – anzi prosecuzione diretta – della lingua latina, è fatta di una letteratura che con la letteratura latina fa tutt’uno, del coraggio dei nostri capitani di vascello, dell’intelligenza dei nostri scienziati, di un’arte ineguagliabile, dei mille campanili che svettano sulle nostre valli, del sangue sparso dagli avi sulle pietraie del Monte Grappa come sulle buche sabbiose di El Alamein, della faticosa e pur folgorante rinascita dopo le distruzioni della guerra.
Non ci ha portato la cicogna, lasciandoci per caso su un tetto di coppi invece che sulla paglia di un tucul. Ed è per questo che possiamo dire che siamo in casa nostra.
(*)  Consigliere comunale di FdI – AN eletto a Saronno

Kalergi lo sapeva: stanno sostituendo i popoli europei coi migranti
Il Capitale deporta dall’Africa schiavi senza coscienza di classe per disfarsi dei cittadini radicati e protetti dai diritti. Mentre l'ideologia gender e il nuovo mito omosessualista distruggono la nostra procreazione.
DIEGO FUSARO
Twitter
    
Ormai dovremmo averlo appreso. La “furia del dileguare” del cattivo infinito capitalistico mira a sostituire la popolazione stabile e protetta da diritti, radicata nel proprio territorio e nella propria storia, con un’immensa massa di nuovi schiavi nomadi e precari, che non hanno più storia ma solo geografia e che figurano come puri atomi al servizio dell’accumulazione flessibile, sempre pronti a essere sottoposti, come tutte le altre merci, ai processi di delocalizzazione di cui beneficia sempre e solo l’aristocrazia finanziaria.

EUROPA IN CALO DEMOGRAFICO. Da un lato l’integralismo economico favorisce, con metodi che sono tutto fuorché idillici, processi di immigrazione di massa. E, dall’altro, abbatte la crescita demografica nei Paesi occidentali, i cui cittadini non sono ancora integralmente ridotti al rango di migranti. Le aspettative decrescenti e la rassegnazione depressiva, ma poi anche la disgiunzione della sessualità dalla sua funzione procreativa (libertinismo edonistico, ideologia gender, disgregazione della vita etica familiare, elogio mediatico permanente di tutte le figure erotiche altre rispetto all’eterosessualità), secondo un principio in parte già teorizzato da Malthus nel suo An Essay on the Principle of Population (1798), determinano il calo demografico che sta investendo, nel nuovo millennio, il continente europeo.

ARRIVA UNA MASSA INDISTINTA. Un calo che procede di conserva con la sostituzione programmata della popolazione europea con il nuovo esercito industriale di riserva dei migranti provenienti dall’altra sponda del Mediterraneo. Sembra così realizzarsi, mutatis mutandis, il perverso disegno del conte Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi, espresso nel suo Praktischer Idealismus (1925) con l’idea, a beneficio dei dominanti del tempo, di una sostituzione di massa dei popoli nazionali d’Europa con una massa seriale e indistinta, post identitaria e post nazionale di schiavi ideali, migranti e sradicati, gregge multietnico senza qualità e senza coscienza.

L’uomo del lontano futuro sarà di sangue misto (Mischling). La razza futura (Zukunftsrasse) eurasiatica-negroide, simile agli antichi egiziani, sostituirà la molteplicità dei popoli con la molteplicità degli individui

IL CONTE RICHARD NIKOLAUS COUDENHOVE-KALERGI

Per un verso, l’ideologia gender disgiunge la sessualità dalla funzione procreativa e contrabbanda il nuovo mito omosessualista, transgenderista e post familiare come paradigma glamour per le masse precarizzate e indotte all’abbandono del modello familiare borghese e proletario mediante riti di normalizzazione post moderna (gay pride, sfilate arcobaleno, Pussy Riot). Per un altro verso, l’immigrazione di massa voluta dai signori apolidi del capitale deporta in Europa masse di nuovi schiavi disposti a tutto pur di esistere e privi di coscienza di classe e di memoria dei diritti sociali.

MEMORIA STORICA SPAZZATA VIA. La popolazione europea è, così, sottoposta a un pressante calo demografico e, insieme, è sempre più massicciamente sostituita dalle nuove masse migranti provenienti dall’Africa. In luogo dei popoli radicati e con memoria storica, con identità culturale e con coscienza mnestica dei conflitti di classe e delle conquiste sociali, prende forma una massa di schiavi post identitari umiliati, strutturalmente instabili, servili e sfruttabili senza impedimenti e a ogni condizione.


E LA CHIAMANO "ACCOGLIENZA". Da una diversa prospettiva, mediante le pratiche della deportazione di massa che la neolingua ha scelto di chiamare “accoglienza” e “integrazione”, il Capitale deporta dall’Africa migliaia di nuovi schiavi disposti a tutto e pronti a essere sfruttati illimitatamente, il “materiale umano” ideale per le nuove pratiche dello sfruttamento neofeudale. E, con movimento simmetrico, aspira a sostituire con questi nuovi schiavi il vecchio popolo europeo, composto da individui ancora troppo avvezzi ai diritti sociali, alla dignità del lavoro, alla coscienza di classe, alle conquiste salariali: in una parola, ancora memori del precedente assetto borghese e proletario del capitalismo non del tutto finanziarizzato.

Cinque "no" allo ius soli

Le tutele esistono già, la norma non ha senso. Ben 160 Paesi nel mondo non la applicano o la hanno edulcorata




Ma cerchiamo di chiarire il perché non possa funzionare in Italia e quali rischi si correrebbero trasformando lo ius soli in legge.

LE MOTIVAZIONI ASSURDE

Le motivazioni addotte per giustificare questo colpo di mano sono essenzialmente due, depurate naturalmente dai tanti deliri buonisti: il diritto all'uguaglianza e la presenza di troppi immigrati in attesa di diventare cittadini. Ebbene, sono entrambe ragioni che non stanno in piedi. La prima è addirittura una fandonia perché in Italia non viene violato alcun principio di uguaglianza: tutti i minori, a prescindere dalla cittadinanza, godono degli stessi diritti, dall'istruzione alle cure sanitarie fino all'iscrizione a società sportive o ad altre associazioni. La seconda motivazione, invece, è inaccettabile perché di fatto affermerebbe il principio della scorciatoia (con tutte le conseguenze che vedremo nel caso ius soli), negato ad esempio a milioni di italiani in attesa di una sentenza civile o penale, di un ricorso fiscale, di riscuotere un credito dallo Stato, di ricevere una cura sperimentale eccetera.

PERCHÉ NESSUN PAESE LO ADOTTA

Se 160 Paesi nel mondo non applicano lo ius soli ci sarà un motivo o vogliamo definirli tutti xenofobi? Detto che lo ius soli è tipico dei Paesi anglosassoni, soprattutto il Nord America, territorio d'immigrazione, bisogna ricordare che la Gran Bretagna e l'Eire, dove era in vigore, hanno deciso di abolirlo, rispettivamente nel 1983 e nel 2005. Anche la Germania, che applica lo ius soli, ha messo dei rigidi paletti: cittadinanza ai nuovi nati solo se i genitori hanno un permesso di soggiorno da tre anni e risiedano nel Paese da almeno otto anni. Perché nel mondo allora nessuno lo adotta? Semplice: per tutelare la cultura e l'identità della popolazione e, quindi, la sua sopravvivenza, messa a rischio da uno sbilanciamento etnico e demografico con generazioni che per cultura e fede difficilmente potranno integrarsi nella comunità nazionale.

CONSEGUENZE SOCIO ECONOMICHE

Se la legge entrasse in vigore, immediatamente quasi un milione di stranieri diventerebbero cittadini italiani. La «cittadinanza facile», provocherebbe un'altra spinta all'immigrazione, già a livelli insostenibili, aumentando il peso sul sistema sanitario, sulla previdenza e sull'occupazione. Nel 2016 quasi 200mila stranieri hanno ottenuto la cittadinanza italiana senza ius soli e il ritmo cresce di anno in anno. Di fronte a questi numeri si comprende quanto sia inutile una maggiore apertura. Nelle classifiche mondiali del net immigration rate (che tiene conto di immigrati ed emigrati), l'Italia figura fra i Paesi in vetta, davanti a Londra, Madrid, Lisbona. Un tasso elevato, come rilevano questi istituti di statistica, può provocare crescente disoccupazione e conflitti etnici. E la riduzione di forza lavoro in settori chiave, se continuasse la fuga all'estero dei giovani italiani.

NON INTEGRAZIONE MA INVASIONE

L'introduzione dello ius soli, come dicevamo, invece di favorire l'integrazione aprirebbe la strada a un'ulteriore immigrazione senza alcuna integrazione. Quanti stranieri approfitterebbero subito della politica delle porte aperte per far nascere i figli in Italia? Consapevoli degli scarsi controlli, sarebbero incoraggiati dalle nostre stesse leggi. Non esiste un'immigrazione contingentata e proporzionata alle necessità dell'Italia. Ma non solo. I migranti che sbarcano negli ultimi anni provengono in stragrande maggioranza da Paesi musulmani, con una fede e una cultura del diritto troppo lontana da quella occidentale che, è sotto gli occhi di tutti, sono pochi a voler far propria. La stessa Istat, nelle recenti proiezioni demografiche dei prossimi 40 anni senza lo ius soli, ha rilevato che la popolazione straniera potrebbe attestarsi a 20 milioni di persone. Che succederebbe con lo ius soli in vigore? Probabilmente in 20-30 anni, gli stranieri supererebbero la popolazione italiana e, acquisendo cittadinanza e diritto di voto, cambierebbero totalmente non solo gli equilibri sociali ma anche quelli politici.

IL RISCHIO TERRORISMO

Concludiamo con il rischio più grave, quello che minaccia la nostra sicurezza: il terrorismo. Lo ius soli diventerebbe il grimaldello per aprire anche le porte al terrore. Nel giro di pochi anni l'Italia si ritroverebbe inerme di fronte all'offensiva jihadista perché questa legge impedirebbe il ricorso alle espulsioni, che oggi ci permettono di neutralizzare la minaccia, rimpatriando quegli stranieri sospettati di fiancheggiare il terrorismo. A questo si aggiungerà quel fenomeno, ormai tristemente noto in Francia, Gran Bretagna e altri Paesi europei, delle seconde e terze generazioni di immigrati musulmani considerate terreno fertile per la diffusione dell'integralismo islamico. La possibilità di espellere potenziali terroristi negli ultimi due anni è stata decisiva: dal 2015 a oggi sono stati infatti espulse 175 persone sospettate di collusione con il terrorismo.



Lo Ius soli  è il vero razzismo
Lo Ius soli non ha un senso pratico: infatti, siamo già invasi, da anni, e lo siamo ogni giorno di più. Non c’è bisogno dello Ius soli per far entrare milioni di immigrati, né, specificamente, per far arricchire ONG varie di varia natura, e in particolare quelle pacifiste sinistrorse e quelle pseudo cattoliche (insieme alla criminalità organizzata, ovviamente). E i clandestini, e anche i non clandestini, hanno più “benefit” (come si dice oggi) degli italiani. Pertanto, lo Ius soli serve solo a dare loro il diritto di voto. Per farli votare a sinistra ovviamente.
Ma chi crede che venga introdotto per queste ragioni non ha capito. La portata dello Ius soli è immensa, ed è precipuamente ideologica. Occorre, ormai, a invasione in atto – nella tranquillità derivante dal fatto che nessuno si oppone veramente, nel senso concreto, pratico, ma anzi si ha l’appoggio pieno di interi settori della società, clero in primis – far passare nella mentalità generale il principio che se esiste l’Italia, non devono esistere più gli italiani. O meglio, continueranno a esistere anche gli italiani, ma non quelli che abbiamo avuto finora e che si sono formati in maniera naturale e libera nel corso della storia, bensì quelli che avremo da ora in poi. Si tratta insomma di costituire un nuovo “demos”.
Se il “moderato” di turno crede che stiamo esagerando, la risposta è facile: si potrebbero portare decine e decine di testimonianze e ragionamenti inoppugnabili in tal senso, ma mi limiterò a rendere noto quanto scritto da un politico “serio” (dal punto di vista dei moderati, s’intende) e generalmente apprezzato (candidato di peso perfino alla Presidenza della Repubblica alle ultime elezioni presidenziali) come Stefano Rodotà dopo i famosi “Trattati di Nizza” del 2001. Proprio alla luce di quanto stabilito in quei trattati – il cui senso era quello di fornire una nuova “carta costituzionale” all’Unione Europea alla vigilia dell’introduzione dell’euro – Rodotà sostiene che in una “Nuova Europa costituzionale”, antidiscriminatoria e ugualitaria, non può che essere inammissibile il principio di discriminazione razziale, o anche solo di differenziazione etnica, verso coloro che nascono in Europa ma sono di razze ed etnie non europee dal punto di vista storico: costoro hanno diritto allo Jus Soli, e, col tempo, non solo coloro che vi nascono nel continente, ma anche coloro che vi arrivano, sia che abbiano lavoro e famiglia o meno. Altrimenti si ricade nella discriminazione razziale e, in ogni caso, in una concezione ormai obsoleta della stessa Europa. Scrive testualmente Rodotà: «Perché non valorizzare il fatto che, salvo limitate eccezioni, i diritti della Carta prescindono dalla cittadinanza nazionale, e parificano così europei e stranieri, immigrati legali e clandestini?». E aveva scritto in precedenza: «Un demos, un popolo europeo non esiste ancora, ma non si può aspettare che esso nasca per fare passi decisivi verso una vera costituzione europea (…) Attraverso i diritti si pongono le premesse per la Costituzione di uno spazio pubblico europeo e si creano, quindi, le condizioni per la nascita di quel demos»[1].
Rodotà non afferma che il demos debba essere quello della somma degli europei “storici”, delle razze ed etnie da secoli e millenni stanziate nel continente, magari nel frattempo mischiatesi tutte e solutesi in un “melting pot” continentale. Rodotà afferma chiaramente che il demos della Nuova Europa va creato. Pertanto, nulla osta a far entrare milioni di immigrati, specialmente africani e medio-orientali nella vecchia Europa: anzi, è necessario.
Nella Nuova Europa costituzionale, ogni uomo può essere europeo, anche se non appartiene alle usuali stirpi che da millenni hanno abitato il continente, anche se vi arriva da adulto, purché appunto aderisca pienamente non all’identità, cultura, civiltà dell’Europa millenaria, ma al patriottismo costituzionale europeo, il nuovo DNA dell’essere europei scaturito dai Trattati di Nizza. Anzi, un extraeuropeo che aderisca a questo spirito democratico, ugualitarista e antidiscriminatorio, sarebbe certamente molto più “nuovo europeo” di un italiano, di un tedesco, di uno spagnolo, ecc., che invece rimanesse ancorato a una ormai superata visione di un’Europa (classica, cristiana, nazionalista, ecc.) che deve al contrario essere progressivamente perfino cancellata dalla memoria collettiva.
Insomma, come Rodotà (ma potremmo riportare decine di testimonianze di politici, intellettuali, burocrati) ci spiega, il fine ultimo dello Ius soli è la creazione del meticciato come nuovo demos del continente europeo. Che vuol dire ovviamente la distruzione razziale ed etnica degli italiani (in primis) e gli altri popoli europei. La cancellazione progressiva ma inesorabile dell’intera civiltà europea da ogni punto di vista, non ultimo quello specificamente razziale. Ecco perché ultimamente si fa un gran parlare del “Piano Kalergi”: perché è vero. E chi non è informato a riguardo, farebbe bene a informarsi.
L’Unione Europea, tramite anche i Trattati di Nizza, si è data lo scopo della distruzione non solo dell’ordine naturale del creato con la omosessualizzazione forzata della gioventù, con il gendersimo, con l’eutanasismo (che solo gli ingenui e i bugiardi possono credere che si limiti ai casi estremi di sofferenza: si veda il caso di Charlie in questi giorni) e tutti gli altri ismi della perversione morale e intellettiva oggi imperante; non solo della distruzione economica di interi popoli (come i greci, di cui nessuno parla più) e di intere società (come quella italiana); non solo della statualità nazionale (il concetto di patria, con cui tutti noi siamo cresciuti, non esisterà più); ma anche della distruzione razziale degli europei.
Ho usato appositamente il termine “razziale”, il più grande di tutti i “tabù” (utilizziamo il loro linguaggio…) dalla Seconda Guerra Mondiale a oggi. Per troppo tempo, sotto la costruzione di una maledizione collettiva di cui peraltro nessuno di noi ha colpa alcuna, abbiamo taciuto a riguardo, abbiamo acconsentito alla progressiva distruzione dell’ordine del creato anche da questo punto di vista. Infatti, le razze le ha create Dio, come ogni altra cosa, e – come ogni altra cosa voluta da Dio – sono quindi buone in sé.
La divisione in razze, popoli, etnie, dell’umanità, è una cosa meravigliosa. Come un campo di fiori che riempie la terra intera e la infarcisce di colori e profumi diversi, ovvero di civiltà e ricchezza per ogni gusto. Come lo stesso campo, se fosse rivestito di un solo unico fiore, sarebbe immensamente meno bello, così il nostro mondo sarà meno bello se abitato da una sola unica razza meticcia, ciò che è l’obiettivo finale di chi sta dirigendo oggi la storia verso gli scopi ultimi di un piano diabolico di distruzione di ogni differenza e bellezza (unica razza, unica lingua, unico Stato, unico governo, unica moneta, unica umanità totalmente sotto controllo e, ovviamente, religione unica per tutti). È il Creatore che ha creato i cinesi, gli indiani, gli egizi, i greci. È il Creatore che ha voluto che l’umanità avesse conformazione fisica differente: che vi fossero bianchi, neri, asiatici, e ha fatto in mondo che ogni megarazza o popolo o anche etnia avesse una sua sede naturale in questo pianeta e sue peculiarità fisiche, linguistiche, civili e culturali. È meraviglioso che vi siano i cinesi e i mongoli, gli africani e i giapponesi, indios e arabi, latini, germanici e slavi, ecc. E che ogni razza, popolo ed etnia abbia una sua sede storica naturale.
Se la parola “razza” incute una sorta di sotterraneo timore psicologico, ciò avviene a causa di un riuscitissimo immenso lavorio pluridecennale di responsabilizzazione collettiva di un male storico – relativo a una sola specifica ideologia, peraltro totalmente anticristiana, e limitata a un brevissimo momento cronologico dinanzi al corso dell’intera storia – di cui noi tutti – tedeschi attuali compresi – non abbiamo responsabilità alcuna: eppure, lo viviamo come se avessimo una vergogna da nascondere. La stessa parola “razza” dà fastidio: ma ci dimentichiamo che, come detto, è dono di Dio. Quest’opera genialmente satanica è servita, e serve, a farci odiare noi stessi, a farci accettare ciò che per i nostri antenati sarebbe stato inaccettabile, anzi, impensabile: il suicido – dopo quello morale, religioso, economico, politico, culturale – razziale ed etnico della nostra comunità.
Noi saremo la generazione che avrà distrutto l’italianità.
Non solo le razze e le etnie sono costitutive dell’ordine del creato, e quindi volute da Dio; non solo è cosa meravigliosa che ve ne siano tante, tantissime, dalle macrorazze fino alle più svariate “sfumature” etniche (basti pensare anche solo agli italiani, coacervo di etnie), dono immenso dell’umanità di ricchezza civile, culturale, linguistica, artistica, perfino culinaria, ecc.; ma va detto chiaramente che se esiste il “razzismo” (ogni cosa buona, di qualsiasi genere e natura, presenta in questa vita inevitabilmente la propria degenerazione), questo consiste proprio nell’odio verso le razze.
Mi spiego. Esistono due livelli di “razzismo”: quello più noto, il suddetto “incubo collettivo”, è in realtà, per quanto gravissimo e inescusabile in sé, il meno grave: un popolo, una razza, odia un’altra razza (o popolo), o alcune altre razze, e li vuole sottomettere (in casi estremi, eliminare): è accaduto, è una mostruosità storica, ma non è il livello peggiore. Vi è infatti un secondo livello di razzismo, che è immensamente più grave. È il razzismo di coloro che odiano tutte le razze, tutti i popoli, tutte le etnie, e vogliono eliminarli. Siccome non è possibile uccidere l’intera umanità (almeno per ora), si attua questo infernale progetto mischiando tutti i popoli – tramite invasioni di decine di milioni di persone, più o meno in difficoltà (e quando le difficoltà non sono sufficienti si creano: vedi Libia, Siria e altri casi simili) – in un’unica razza meticcia, il nuovo demos di Rodotà e soci. E, per far accettare il progetto alle popolazioni più benestanti e civili, che dovranno subire questa invasione, si prepara una colpa collettiva come una sorta di maledizione umana perenne e si scatena tutta la scuola, l’università, l’editoria, giornali e televisioni, la politica, e ovviamente il clero, per decenni, ogni giorno, ovunque, al fine di predisporre la quasi totalità delle persone all’immenso, folle, suicida cambiamento.
Voglio dire che il vero razzismo, il livello più “maturo” e devastante di razzismo, è quello degli antirazzisti di professione, che odiano tutte le razze. L’antirazzismo altro non è che l’altra faccia del razzismo: è un’ideologia totalitaria e intollerante, che prevede il carcere (e peggio) per legge a chi non vi aderisce, che si riconosce dal fanatismo di coloro che vi cascano (specie i giovani e i più semplici) ed è finalizzato alla realizzazione del piano (che noi chiamiamo di Kalergi, ma che è ben più antico, in quanto presente da sempre nei progetti massonici) di distruzione di ogni differenza razziale, culturale, civile, economica, religiosa, dell’intera umanità.
L’antirazzismo è essenzialmente distruttivo, e in quanto tale è costitutivo del razzismo. Il vero “non razzista” non è razzista appunto ma non è nemmeno antirazzista. In quanto ama ogni razza, popolo, etnia e vi vede, in ogni razza, popolo ed etnia, il piano e il dito di Dio. Come chi scrive.
E non si dica che le razze e i popoli si sono sempre mischiati. Questo è vero, almeno per l’Occidente (perché in realtà in Africa e Asia ciò non è mai avvenuto, tanto è vero che razze e popoli di quei luoghi mantengono pienamente le caratteristiche fisiche e culturali dei loro antenati): ma erano movimenti di popoli che avvenivano per ragioni storiche precise, non “organizzati” a tavolino a scopo distruttivo. Chi afferma che oggi non esistono più le “razze pure” e quindi è inutile fare questi discorsi, oltre a essere un ignorante (i giapponesi, i cinesi, gli indiani, gli arabi, i neri dell’Africa, insomma, miliardi di persone, non sono forse ancora oggi “razza pura”?) o bugiardo, è un vero razzista. Il problema non è la “purezza della razza”: il problema è la volontà prestabilità da ideologie totalitarie e dissolutorie di distruggere ciò che esiste da millenni per scopi inconfessabili.
Lascio al lettore l’intuizione su chi oggi, tra tutti i potenti e leader mondiali, sta attuando alla lettera questo piano, essendosi chiaramente venduto a quei poteri totalitari, sinarchici e finanziari che hanno avuto il compito di realizzarlo agli inizi di questo XXI secolo.
Un conto è la carità verso il prossimo in difficoltà: si vogliono aiutare i popoli africani e asiatici in difficoltà? Ottimo e semplice: si investe nei loro paesi, così li si fa progredire, non li si obbliga a dolorose separazioni e rischiosi viaggi, a sicura miseria qui, e si guadagna pure investendo in aree di sviluppo. Quindi, l’immigrazionismo non ha nulla a che vedere con la carità e l’ospitalità: ne è anzi l’antitesi. Lo Ius soli è invece fondato sull’odio distruttivo. Anzi, come detto, sul razzismo.
La vera carità consiste nel portare aiuto – sia chiaro: a chi veramente soffre, non al 90% degli immigrati che giungono in Italia e che sono tutti nel pieno delle forze fisiche, ricolmi di richieste di diritti e di tracotanza e disprezzo verso chi li ospita e spesso di violenza, mentre delle decine di milioni di persone che muoiono realmente di fame non v’è traccia alcuna – a chi è in difficoltà direttamente nelle loro terre, investendo lì in fabbriche, scuole, ospedali, bonifiche, lavoro, cultura, ecc. In questo modo, quelle persone rimangono nelle loro terre e patrie e crescono migliorando le proprie condizioni, mentre noi manteniamo il mondo lasciatoci dai nostri antenati. E ognuno mantiene la ricchezza meravigliosa della propria integrità, fiore dell’immenso campo dell’umanità, come Dio lo ha seminato.
Questa è la carità: il rispetto degli altri, l’aiuto agli altri nel rispetto verso noi stessi, la difesa dell’ordine del creato come il Creatore lo ha pensato e voluto. Il resto, è infernale trappola di distruzione. Per tutti, immigrati compresi.
E la carità verso noi italiani? La carità verso i nostri figli e nipoti? E la responsabilità di conservare e trasmettere quanto ci è stato conservato e trasmesso da tutte le precedenti generazioni italiane? Questa responsabilità è talmente onerosa, cogente e grave che venirne meno vuol dire essere traditori: verso i posteri, verso gli antenati, verso l’Italia, verso la storia della più grande civiltà umana, verso la Carità. Verso l’ordine del creato e quindi verso il Creatore.
Forse, proprio in nome della Carità e della responsabilità, dovremmo tutti muoverci contro il razzismo degli antirazzisti, per non essere noi stessi i primi razzisti. Questa è l’ora della Carità: anche di quella del nostro essere italiani.
[1] Rodotà Stefano, La Carta come atto politico e documento giuridico, in Manzella A. – Melograni P. – Paciotti E. – Rodotà S., Riscrivere i diritti in Europa. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, Bologna, Il Mulino, 2001, citazioni pp. 76 e 67.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.